Sante Messe in rito antico in Puglia

domenica 11 marzo 2018

La Domenica Laetare o della Rosa

Questa domenica, detta Laetare, fa da pendant a quella di Avvento, Gaudate
A Roma, la messa stazionale oggi è presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Questa basilica, una delle sette basiliche romane di pellegrinaggio, fu edificata attorno ad una parte del Palazzo Imperiale di Sant’Elena, il Palazzo di Sessorium, trasformata in una cappella intorno all’anno 320. S. Elena aveva sparso un gran quantità di terra portata dal Golgotha, a Gerusalemme, ​​sul suolo di fondazione del santuario, dove aveva deposto diverse insigni reliquie della Passione, che sono ancora lì venerate. Alcuni decenni più tardi, la cappella fu trasformata in una vera e propria basilica, chiamata Heleniana o Sessoriana. Quando fu recuperata la vera croce, sottratta dai persiani, l’imperatore Eraclio fece dividerla in tre pezzi: Gerusalemme mantenne quella principale, ma l’imperatore inviò le altre due parti a Costantinopoli e Roma, che, naturalmente, la ricevette nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme (questa parte insigne del legno della vera croce fu traslata, nel 1629, per ordine di Papa Urbano VIII, nella Basilica di San Pietro, dove essa è conservata presso la statua monumentale di Sant’Elena).
La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma rappresenta simbolicamente la città santa di Gerusalemme. È per questo motivo che i testi della Messa di questo giorno vi alludono:
Laetare, Gerusalemme, Rallegrati Gerusalemme (Introito)
Sina enim mons est in Arabia, qui conjunctus est ei, quæ nunc est Jerusalem – Il monte Sinai si trova in Arabia; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale (San Paolo nell’Epistola di questo giorno, ai Galati);
Lætátus sum in his, quæ dicta sunt mihi: in domum Dómini íbimus - Quale gioia quando mi dissero: Andiamo alla casa del Signore (graduale);
Qui confídunt in Dómino, sicut mons Sion: non commovébitur in ætérnum, qui hábitat in Jerúsalem - Chi confida nel Signore sarà come il monte Sion: non sarà mai scosso colui che abita in Gerusalemme (tratto).
Jerúsalem, quæ ædificátur ut cívitas, cujus participátio ejus in idípsum - Gerusalemme, che è costruita come una città salda e compatta dove tutte le tribù ne fanno un popolo solo (ant. comunione).
Come la liturgia bizantina celebra quest’oggi, con gioia, la venerazione della Croce nella III Domenica di Quaresima [La III Domenica della Quaresima bizantina corrisponde esattamente alla IV Domenica di Quaresima romana, essendo differente il modo di contare: in Oriente si conta per prima Domenica di Quaresima quella che giunge al termine della prima settimana di digiuno completo, allorché a Roma questa è contata come II domenica di Quaresima], il rito romano, meditando nel mezzo della Quaresima davanti alle reliquie della Croce e Passione, non vi associa sentimenti di tristezza, ma piuttosto quelli di gioia: la Croce, un tempo simbolo della morte più vile riservata ai criminali, è diventata, mediante il sacrificio di Cristo, il glorioso albero della vita, che ci riconcilia con il Padre e riapre le porte della cielo.
Rispondendo anche all’appello dell’introito di oggi - Lætare Jerusalem – il rito romano sospende in questo giorno i rigori della Quaresima: gli ornamenti della Messa non sono più viola, ma rosa, si infiorano gli altari, il diacono e il suddiacono lasciano le casule plicate per prendere la dalmatica e la tunica che sono vesti di gioia, l’organo – muto dal Mercoledì delle Ceneri – fa risuonare questi accenti gloriosi e gioiosi.
È possibile che l’infioramento delle croci a Bisanzio in questa domenica abbia influenzato l’uso dei fiori nella liturgia occidentale di questa stessa domenica. A Roma, il Papa era solito benedire la rosa d’oro in questo giorno (vqui), che poi offriva ad una principessa cattolica o ad un santuario. Questa usanza è attestata almeno dall’XI secolo. Ecco il testo della benedizione usata in questa occasione:


(V.) Adjutórium nóstrum in nómine Dómini.
(R.) Qui fecit cælum et terram.
(V.) Dóminus vobíscum.
(R.) Et cum spíritu tuo.
Orémus.
Deus qui es lætítia et gáudium omnium fidélium, majestátem tuam supplíciter exorámus ut hanc Rosam odore visuque gratíssimam, quam hodiérna die in signum spiritúalis lætítiæ in mánibus gestámus, bene+dícere et sancti+ficáre tua pietáte dignéris, ut plebs tibi dicáta ex jugo Babilónicæ captivitátis edúcta, per Unigéniti Filii tui grátiam cæléstis Jerúsalem gáudium sincéris córdibus repræséntet.
Et quia ad honórem nóminis tui Ecclésia tua hoc signo hodie exúltat et gáudet, tu ei, Dómine, verum et perféctum gáudium et grátiam tuam largiáris, ut per fructum boni óperis in odórem illíus floris tránseat qui de radíce Jesse prodúctus, flos campi, lílium convállium mystice prædicátur. Qui tecum vivit et regnat in unitate Spíritus Sancti Deus per omnia saécula saeculórum.
(R.) Amen.
Postea imponit incensum in thuribulo. Deinde Rosam ungit balsamo imponitque ei muscum: aspergit aqua benedicta et adolet incenso.

O Dio, la cui parola e potenza hanno creato tutto,
la cui volontà governa tutte le cose,
Tu che sei la gioia e l’allegrezza dei tutti i fedeli,
Supplichiamo la Tua Maestà di voler benedire e santificare questa Rosa, così gradevole nell’aspetto e nella sua fragranza, che teniamo oggi nelle nostre mani, in segno di gioia spirituale:
affinché il popolo che Ti è consacrato, essendo strappato al giogo della cattività di Babilonia mediante la grazia del Tuo unico Figlio che è la gloria e l’allegrezza di Israele, rappresenti con cuore sincero le gioie di quella Gerusalemme celeste.
E come la Tua Chiesa, alla vista di questo simbolo, oggi esulta e gioisce per la gloria del Tuo Nome, Tu, o Signore, dalle una perfetta e vera contentezza,
gradisci la devozione,
rimetti il peccato,
aumenta la fede,
guarisci con il tuo perdono,
proteggi con la tua misericordia;
distruggi gli ostacoli,
accorda tutti i beni,
affinché questa stessa Chiesa Ti offra il frutto delle opere buone e, marciando al profumo di questo Fiore, prodotto dalla radice di Jesse, misticamente chiamato fiore del campo e giglio delle valli, meriti di gustare la gioia senza fine nella gloria del cielo, in compagnia di tutti i santi, con questo Fiore divino, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo in tutti i secoli dei secoli.
Amen.

Il vangelo cantato oggi è la storia della moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci. Questo vangelo fa parte del ciclo di preparazione al battesimo dei catecumeni, che riceveranno il Sacramento durante la veglia pasquale, e prefigura l’Eucaristia, dove Cristo, nel ringraziamento al Padre, si dona in un cibo, che non termina mai:
Perché è maggior miracolo governare tutto il mondo che saziare cinquemila uomini con cinque pani. Eppure quello nessuno l’ammira: e questo gli uomini lo ammirano, non perché sia più grande, ma perché avviene raramente. Perché chi anche adesso nutre l’intero universo, se non colui che da pochi grani fa uscire le messi? (Cristo) dunque agì da Dio. Per questa stessa potenza onde trasforma in ricche messi pochi chicchi di grano, egli moltiplicò nelle sue mani i cinque pani: perché ogni potere si trovava nelle mani di Cristo. E quei cinque pani erano come dei semi, che non furono, è vero, affidati alla terra, ma furono moltiplicati da colui che ha fatto la terra (Omelia di Sant’Agostino, vescovo, VIII lezione, III Notturno di questa domenica).

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