Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 11 dicembre 2015

“… la mia pace, non come la dà il mondo, io la do a voi …”: sul significato della Vera Pace

Cosa deve intendersi per pace? è solo assenza di guerra? la può dare il mondo? Questi sono alcuni interrogativi da cui l’Autore del seguente contributo muove alla luce del suo significato più autentico, partendo cioè da chi della pace ne è il Principe, pacem Christi in regno Christi, come ricorderà più volte Pio XI (v. anche Allocuzione al Concistoro Segreto, Iam annus, del 14 dicembre 1925). Per cui, ogni sforzo di costruire una pace senza di Lui sarà vano. Come dice il Sal. 127 (126): «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno» (vv. 1-2).

Mosaico della Tomba di papa Pio XI, Grotte Vaticane, Città del Vaticano, Roma

“… la mia pace, non come la dà il mondo, io la do a voi …” (Gv 14, 27)

di Vincenzo Sasso

Oggi si fa un gran parlare della pace. Soprattutto di fronte alla minaccia del terrorismo, e alla minaccia di una reazione antimusulmana dovuta agli atti di terrorismo. Bisogna saper stare in pace con tutti! Dunque, la pace che si invoca sarebbe l’unione di tutti gli uomini, che vivono in concordia, o almeno nel “rispetto reciproco”. Qual è lo scopo di questa pace? La sicurezza: l’integrità fisica della persona, la conservazione delle sue sostanze, la garanzia di poter continuare a vivere e ad esprimersi come essa ritiene. Quale sarebbe il fondamento di questa pace? Il diritto di ogni uomo a vivere sicuro, lontano dai pericoli, a prescindere dalla sua appartenenza nazionale e religiosa e dalle sue scelte di vita. È la pace che propugna il liberalismo. Oggi si direbbe anche: il relativismo.
Questo tipo di pace potrebbe essere anche chiamata, almeno sotto un certo aspetto, “concordia”. La pace serve alla libertà. Infatti, si tratta di unire gli uomini sotto il comune impegno a rispettare i confini della individualità altrui. Individualità vista, appunto, come contraddistinta essenzialmente o, meglio, definita dalla libertà di matrice liberale o borghese. Invece, per la persona di buon senso, che segue la logica, e per il cattolico in particolare, la libertà è solo finalizzata al bene: non può esistere un diritto della libertà alla scelta del male. Infatti, la libertà rimane sempre un bene creato e come tale si deve misurare con la natura circostante e la sua ragion d’essere. La libertà è quindi la facoltà della volontà di scegliere il bene che mostra l’intelletto; solo la ragione può mostrare la strada, non una voglia irrazionale e neanche il potere.
Tralasciando il discorso filosofico, a cui comunque siamo obbligati in quanto esseri dotati di ragione, cosa dice Gesù Cristo nel Vangelo? A mia memoria, vi sono due passi in cui Egli tratta della pace. Il primo è molto significativo e molto politicamente scorretto, oltre che, di questi tempi, ecclesialmente scorretto ed è questo: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me» (Mt 10, 34-37); vulgata: «Nolite arbitrari quia pacem venerim mittere in terram: non veni pacem mittere, sed gladium: veni enim separare hominem adversus patrem suum, et filiam adversus matrem suam, et nurum adversus socrum suam: et inimici hominis, domestici ejus. Qui amat patrem aut matrem plus quam me, non est me dignus: et qui amat filium aut filiam super me, non est me dignus». Il secondo passo completa il quadro della rivelazione divina sul tema della pace e ne svela pienamente il vero senso ed è questo: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14, 27a); vulgata: «Pacem relinquo vobis, pacem meam do vobis: non quomodo mundus dat, ego do vobis».
Penso che non ci sia bisogno di commentare questi passi. Noto soltanto che in entrambi risulta evidente la precedenza del dono di Dio e quindi della libertà dell’uomo ad accoglierlo e a corrispondervi responsabilmente rispetto al desiderio umano di pace e alla sua capacità di raggiungerla con le sue forze.
Ma lascio la parola al Dottore comune san Tommaso d’Aquino, che nella Summa theologiae offre una spiegazione precisa, sintetica e allo stesso tempo esaustiva di cosa è veramente la pace.

S.Th. II-II, q. 29, a. 1.
arg. 1: Sembra che la pace si identifichi con la concordia. Infatti… […]
arg. 2: La concordia è una certa unione di volontà. Ora, l’essenza della pace consiste in tale unione: infatti Dionigi afferma (I nomi divini, cap. XI), che “la pace è l’elemento che unisce tutte le cose, e ne produce il consenso”. Dunque la pace s’identifica con la concordia.
arg. 3: Due cose che hanno il medesimo contrario sono identiche tra loro. Ora, è identico il contrario che si oppone alla concordia e alla pace, cioè il dissenso; infatti S. Paolo afferma: “Egli non è il Dio del dissenso, ma della pace” (1Cor 14, 33). Perciò la pace si identifica con la concordia.
s.c.: IN CONTRARIO: La concordia può esserci anche tra gli empi, sia pure nel male. Invece Isaia afferma che “non c’è pace fra gli empi” (Is 48, 22). Dunque la pace non si identifica con la concordia.
co.: RISPONDO: […] la concordia propriamente è in rapporto ad altri: poiché consiste nel consenso dei voleri di più cuori in una determinata decisione. […] Il cuore di un uomo però può tendere verso cose diverse: e questo in due modi. Primo, in base alle sue diverse potenze appetitive: l’appetito sensitivo, p. es., spesso è in contrasto con l’appetito razionale, secondo le parole di S. Paolo: “La carne ha desideri contrari allo spirito” (Gal 5, 17). Secondo, in quanto un’identica potenza appetitiva tende verso oggetti contrastanti, che non è possibile conseguire simultaneamente. E quindi è inevitabile un contrasto tra i moti dell’appetito. Ora, nel concetto di pace si ha l’unione di codesti moti: poiché l’uomo non ha il cuore pacificato fino a che non ha ciò che vuole, oppure avendo ciò che vuole, non è in condizione di poter avere altre cose che pure vorrebbe. Invece questa unione non rientra nel concetto di concordia. Perciò la concordia implica l’unione degli appetiti di diverse persone; mentre la pace oltre a questo implica l’unione degli appetiti in ciascuna di esse.

S.Th. II-II, q. 29, a. 2.
ad 3: La pace consiste nella quiete e nella coesione dell’appetito. Ora, come l’appetito può avere per oggetto il bene vero o il bene apparente; così anche la pace può essere vera o apparente. Ma non può esserci vera pace che nel desiderio del vero bene; perché qualsiasi male, anche se da un certo punto di vista è bene e soddisfi così l’appetito, ha molte carenze, che lasciano l’appetito inquieto e turbato. Perciò la vera pace non può trovarsi che nei buoni e nel bene. Mentre la pace dei cattivi è una pace apparente e non vera. Nella Scrittura infatti si legge: “Vivendo in grandi guerre, a motivo della loro ignoranza, tanti e così gran mali essi chiamano pace” (Sap 14, 22).
ad 4: La vera pace non ha per oggetto che il bene; perciò, come esistono due tipi di bene, cioè quello perfetto e quello imperfetto, così esistono due tipi di vera pace. C’è una pace perfetta, che consiste nella fruizione del sommo bene (ndc: Dio), mediante la quale tutti gli appetiti si fondono quietandosi in un unico oggetto. E questo è l’ultimo fine della creatura ragionevole, secondo le parole del Salmista: “Ha messo la pace tra i tuoi fini” (Sal 147, 3; vulgata: qui posuit fines tuos pacem). C’è poi una pace imperfetta, che è l’unica possibile in questo mondo. Poiché, anche se i moti principali dell’anima tendono a Dio, ci sono sempre delle cose, che dentro e fuori turbano questa pace.

Volendo operare una sintesi, concludo ricordando l’insegnamento dell’Enciclica Quas primas di Pio XI e affermando che fino a che le Nazioni non si sottometteranno a Cristo Re esse non avranno la pace. Perché solo l’Ordine impresso da Dio nella Creazione e rinsaldato nella Redenzione è vero ordine. Quello umano, da cui deriva la pace umana, è, come tutte le nozioni che l’uomo elabora per sostituirsi a Dio, un inganno.

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