Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 10 marzo 2017

“In eo supplício mórtui sunt omnes, præter Melithónem natu mínimum. Quem cum præsens mater ejus, fractis crúribus, adhuc vivéntem vidísset, sic cohortáta est: Fili, paulísper sústine; ecce Christus ad jánuam stat ádjuvans te. Cum vero reliquórum córpora plaustris impóni cérneret, ut in rogum inferréntur, ac fílium suum relínqui, quod speráret ímpia turba púerum, si vixísset, ad idolórum cultum revocári posse; ipso in húmeros subláto, sancta mater vehícula Mártyrum corpóribus onústa strénue prosequebátur. In cujus ampléxu Mélithon spíritum Deo réddidit, ejúsque corpus in eúmdem illum ceterórum Mártyrum rogum pia mater injécit; ut qui fide et virtúte conjunctíssimi fúerant, fúneris étiam societáte copuláti, una in cælum pervenírent” (Lect. VI – II Noct.) - Ss. XL (QUADRAGINTA) MARTYRUM

Questi soldati di Sebaste, nell’antica Armenia, martirizzati un 9 o 10 marzo verso il 320, ebbero un culto celebrato in tutto l’Oriente, in special modo in Cappadocia ed in Siria, dalla fine dello stesso secolo, come ci testimonia anche Sozomeno (cfr. Sozomeno, Historia Ecclesiastica, lib. IX, cap. 2, De inventione reliquiarum sanctorum quadraginta martyrum, in PG 67, col. 1597B-1602B). Furono cantati dai grandi dottori san Basilio (San Basilio Magno, Homilia XIX, In sanctos Quaradraginta martyres, a. 372, in PG 31, col. 507B-526A), san Gregorio di Nissa (San Gregorio di Nissa, Oratio I in Laudem SS. Quadraginta Martyrum, in PG 46, col. 749A-756C; Oratio II, ivi, col. 757A-772B; Oratio Laudatoria In Quadraginta Martyres dicta in eorum martyrio, ivi, col. 773A-788B), sant’Efrem Siro (Sant’Efrem il Siro, Hymni in SS. 40 martyres), ma anche san Guadenzio di Brescia (San Gaudenzio di Brescia, Sermo XVII, De diversis capitulis septimus, in PL 20, col. 959B-971B), i quali pronunciarono delle omelie in loro onore.
Di essi si fa menzione, poi, nel lezionario di Gerusalemme del 415-417 e poi nel Geronimiano.
La Chiesa di Armenia celebra la loro festa il sabato della IV settimana di Quaresima; il rito siriano il sabato tra il 7 ed il 14 marzo; il rito bizantino il 9 marzo, che è il giorno dato dalla loro Passio.
Ottennero, sin dall’Alto Medioevo, una grande celebrità anche in Occidente.
Il loro culto apparve a Roma nell’XI sec.: il sacramentario di San Lorenzo in Damaso ed il calendario dell’Aventino, ma anche il martirologio di San Pietro e di San Ciriaco, il lezionario di San Gregorio ed il passionario dei Santi Giovanni e Paolo menzionano questi martiri. Questo culto si è mantenuto da allora. Non sembra che esso fosse introdotto nella liturgia romana sotto l’influenza germanica, poiché all’infuori dell’Inghilterra, i calendari nordici non accordano grande interesse ai Martiri armeni. Poiché sono iscritti nel calendario di Napoli, bisognerebbe pensare piuttosto ad un’influenza orientale.
In ogni caso, la loro memoria penetrò nel Messale romano nell’XI sec. grazie alle diverse chiese medievali, che furono a loro dedicate nella Città eterna e dove assunse una forma decisamente popolare.
Il più antico luogo di culto nell’Urbe dedicato agli odierni Martiri fu un oratorio, eretto nel Foro romano, a sud dell’antica Fonte di Giuturna, nei pressi della Chiesa di Santa Maria Antiqua, verso l’VIII sec. Tale oratorio conserva ancor oggi – sebbene non più dedicato al culto – sulla parete di fondo un affresco della metà dell’VIII sec. raffigurante i Santi Martiri a cui era dedicato (cfr. Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 426). Nascosto da molto tempo, l’oratorio riapparve alla luce se non soltanto nel 1900.
Nel XII sec., Callisto II eresse loro un piccolo oratorio ai piedi del Gianicolo, non lontano dal titolo trasteverino di Callisto, ed è denominato oggi Chiesa dei Santi Quaranta Martiri e san Pasquale Baylon (Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 663; Ch. Huelsen, op. cit., p. 427). Un’altra chiesa sotto il loro nome (Sanctorum Quadraginta in Vivariolo), e di cui si sa poco essendo oggi scomparsa, si elevava presso l’antico Campo Pretoriano: è menzionata all’epoca di Celestino III e poi ancora in quella di Innocenzo IV (Armellini, op. cit., p. 824; Huelsen, op. cit., p. 427). Più vicino al centro di Roma, sulla via papale, si elevava il tempio Sanctorum Quadraginta de calcarariis, consacrato oggi alle stigmate di san Francesco (Sacre Stimmate) (Armellini, op. cit., p. 492; Huelsen, op. cit., pp. 425-426) ed, infine, in prossimità dell’anfiteatro Flavio, si trovava il tempio Sanctorum Quadraginta, titolo cardinalizio oggi distrutto (Armellini, op. cit., pp. 139-140; Huelsen, op. cit., p. 426).
Un altare era loro dedicato nella basilica del Laterano (cfr. Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p. 227), vicino alla tomba di papa Silvestro II, non lontano dall’entrata nella navata meridionale, ed opposto a quello sant’Antonino di Apamea nella parte settentrionale che l’Ordo lateranensis chiama in porticu maioris ecclesiae, benché sia già all’interno dell’edificio (ibidem, p. 374). I Quaranta soldati di Sebaste (Armenia) e sant’Antonino di Apamea, perciò, rappresentano i martiri d’Oriente al Laterano.
La messa ha un sapore assai antico, ma non presenta nulla di originale, poiché essa è composta di diverse parti di altre feste anteriori. Nel messale tradizionale la messa è con Rito semidoppio.
L’introito è tratto dal Sal. 34 (33). La natura dei santi martiri, esattamente come la nostra, inorridiva all’idea di soffrire: per questo, in presenza della prova, alzavano verso il Cielo le loro grida. Dio li ascoltò, non sottraendoli a questa prova, ma rendendoli superiori alla tentazione.
La preghiera-colletta è oggi molto bella, ma è tratta dalla messa dei sette Figli di santa Felicita.
La lettura è identica a quella dei santi martiri Fabiano e Sebastiano, il 20 gennaio.
Il Graduale, tratto dal Sal. 133 (132), esalta la costante concordia dei Martiri che sopportano insieme i tormenti, animati da una stessa fede e da un’identica unzione interiore dello Spirito Santo.
Il tratto e la lettura del Vangelo sono dal Comune dei Martiri, come il 20 gennaio.
L’offertorio è tratto dal Sal. 32 (31) e descrive la gioia celeste che succede al duro martirio.
Il versetto evangelico (Mt 12,50), cantato durante la Comunione, si rivela fuori dal suo posto primitivo, per il solo fatto che non corrisponde alla lettura del Vangelo del giorno. Appartiene difatti alla festa dei sette Fratelli martiri, figli di santa Felicita; e poiché questa festa era anche, a Roma, quella della loro madre, l’antifona della Comunione fa graziosamente allusione al senso più elevato che Gesù attribuisce al titolo di fratello, di sorella e di madre, dati a coloro compiono la volontà del suo Padre celeste.
Nella preghiera finale si afferma che, in presenza degli insondabili disegni di Dio, l’unico atteggiamento che convenga all’uomo è l’adorazione nel silenzio e nell’umiltà. Nessuno è necessario a Dio, e la sua gloria non soffre alcun detrimento anche se rifiutassimo di cooperarvi. Dio può trarre figli di Abramo anche dalle pietre; se siamo indocili, il danno è tutto nostro, perché Dio compirà per mezzo di un altro ciò che si sarebbe degnato di fare per nostra opera. Così fu per i quaranta Martiri di Sebaste. In cielo, gli angeli avevano preparato quaranta corone; uno dei confessori della fede svenne nei tormenti ed apostatò; ma fu sostituito immediatamente da uno dei boia che meritò la quarantesima corona.
Il culto verso i quaranta Martiri di Sebaste era anticamente molto diffuso in Oriente. Noi possediamo ancora il testo del loro testamento, che ormai la maggior parte dei critici ritiene autentico e che merita, di conseguenza, di essere considerato come vero gioiello dell’antica letteratura cristiana.





I quaranta martiri di Sebaste, X sec. d.C., Museum für Byzantinische Kunst, Bode-Museum, Berlino


Autore greco sconosciuto, I Santi 40 Martiri di sebaste, 1000 circa, Hermitage, San Pietroburgo

Santi Quaranta Martiri di Sebaste, XVI sec., Monastero Dionysiou, Monte Athos

Alessandro Turchi detto l'Orbetto, Martirio dei 40 martir di Sebaste, 1619-20, chiesa di S. Stefano, Verona

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