Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 11 giugno 2016

“Discípuli autem Pauli et Bárnabæ, suis facultátibus Christiános, qui in Judæa erant, sustentábant, eo mitténtes pecúniam per Paulum et Bárnabam. Qui perfúncti illo caritátis offício, adhíbito Joánne, cui cognómen erat Marcus, rediérunt Antiochíam” (Lect. V – II Noct.) - SANCTI BARNABÆ APOSTOLI

San Paolo attribuisce costantemente a Barnaba il titolo di apostolo, che la liturgia, anche orientale, gli ha conservato (Ο Απόστολος Βαρνάβας). Si tratta di una designazione speciale e di un’elezione di Barnaba da parte dello Spirito Santo, che lo destinò con l’Apostolo delle Genti all’evangelizzazione dei Gentili, come, in principio, diresse Pietro verso i circoncisi. Il Paraclito stesso, negli Atti degli Apostoli, ci ha fatto l’elogio di Barnaba, chiamandolo vir bonus, et plenus Spiritu Sancto et fide, uomo buono, pieno di Spirito Santo e fede (At. 11, 24); e Paolo, malgrado la divergenza momentanea delle loro vedute riguardo il discepolo Marco, cugino di Barnaba, ha sempre conservato per il suo primo compagno d’armi, Barnaba appunto, un profondo sentimento di venerazione.
La vita di Barnaba, dopo la sua separazione da san Paolo, ci è quasi interamente sconosciuta. Andò dapprima a Cipro con Marco; ma poi? Quando l’apostolo rimase due anni prigioniero a Roma, troviamo san Marco in sua compagnia. Dove era suo cugino, di cui san Paolo aveva un tempo citato ai Corinzi l’immensa autorità come associata alla sua? «Numquid non habemus potestatem mulierem sororem circumducendi, sicut et ceteri Apostoli, et fratres Domini, et Cephas? Aut ego solus et Barnabas non habemus potestatem hoc operandi»; «Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? Ovvero solo io e Barnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?» (1 Cor. 9, 5-6).
Che cosa sapevano di Barnaba i Corinzi, e quale ragione aveva Paolo di associarselo, dopo un sì grande numero di anni trascorsi dalla loro separazione? Si erano ritrovati forse di nuovo e Barnaba poteva rivendicare, pur’egli, come Paolo, dei diritti sui Corinzi? Questo sembrerebbe emergere dall’argomentazione dell’apostolo. Gli antichi attribuivano inoltre a Barnaba una lunga epistola, molto venerata da Clemente di Alessandria e da Origène, ma di cui le critiche moderne gli rifiutano generalmente la paternità. Tuttavia gli argomenti di questi ultimi non sembrano assolutamente convincenti, e la domanda rimane aperta.
Il corpo di san Barnaba sarebbe stato scoperto miracolosamente, verso il 478, nell’isola di Cipro, a Salamina: lì sarebbe stato martirizzato mediante lapidazione dai giudei (secondo i tardivi Atti apocrifi del suo martirio, però, messagli una corda al collo, sarebbe stato trascinato sul luogo dove sarebbe stato bruciato ancora vivo e le ceneri disperse). Secondo la leggenda, il Santo sarebbe apparso in sogno al vescovo Antemio di Costanzia (presso Salamina), al quale avrebbe indicato il luogo della sua sepoltura sotto un carrubo; lì vi sarebbe stato sepolto da Giovanni Marco, l’evangelista. Recatosi sul posto, il vescovo trovò la tomba con le ossa di san Barnaba. Sul petto del Santo vi era una copia del Vangelo di Matteo. Il vescovo, quindi, si recò dall’imperatore Zenone, portandogli quel Vangelo. L’imperatore, quindi, riconobbe l’autocefalia alla Chiesa cipriota dal patriarcato di Antiochia; accordò lo scettro imperiale al vescovo ed il privilegio di poter firmare con inchiostro rosso gli atti.
Sul luogo della tomba di Barnaba, Artemio fece costruire non distante una chiesa. Scavi recenti nei pressi della chiesa attuale e del relativo monastero, hanno rilevato l’esistenza in loco di una precedente chiesa con due tombe vuote: quella dell’Apostolo Barnaba e del vescovo Antemio.
Nel XVI sec. sant’Antonio Maria Zaccaria fondò a Milano una nuova famiglia di religiosi, che presero il nome di Barnabiti, dalla chiesa di San Barnaba presso cui dimoravano. San Francesco di Sales li stimava molto, tanto che diceva graziosamente di sé che pur’egli era barnabita, cioè figlio della consolazione.
Nel rito bizantino si celebrano l’11 giugno i santi Bartolomeo e Barnaba. Questo sarebbe l’anniversario della scoperta del corpo di Barnaba nell’isola di Cipro nel 478 (cfr. Martyrologium romanum ... Accesserunt notationes ... auctore Caesare Baronio, Romæ 1630, p. 233). Beda ha scelto questa data per far menzione dell’apostolo che ebbe un sì grande posto di rilievo dopo i Dodici nella Chiesa primitiva.
La festa di san Barnaba è, invece, entrata abbastanza tardi nel Calendario romano, mentre appare già nel calendario di marmo di San Giovanni Maggiore a Napoli, nell’IX sec. Nello stesso secolo apparve nei calendari inglesi ed in quello di San Gallo. Alla fine del secolo, il sacramentario di Modena dava le orazioni della sua messa. Esse riprendevano quelle di san Nicomede al 1° giugno nel Gregoriano. Ma è soprattutto dal X e dall’XI sec. che la festa dell’apostolo si propagò. Tuttavia, nell’XI sec., ancora numerose chiese, quella di Vich per esempio, l’ignoravano ancora. A Roma, il nome dell’apostolo di Cipro si trovava, fin dalla prima ora, accostato a quelli di Stefano e di Mattia nella seconda sezione della grande Intercessione contenuta nel canone romano: Nobis quoque.
La festa è attestata a Roma nell’XI sec. e si sviluppò nel XII. Nel Messale del Laterano si trovano le stesse orazioni del sacramentario di Modena risalente a tre secoli prima. Esse rimasero tali sino al 1970. Per il resto, il messale attribuisce a san Barnaba i testi propri degli Apostoli, facendo legge come epistola At. 5, 40-42. Allorché il culto di san Barnaba era ben attestato in Vaticano sin dall’XI sec., non si saprebbe dire il perché il calendario e l’antifonario di San Pietro lo passino sotto silenzio. È vero che l’antifonario presenta un vuoto inspiegabile nel santorale di giugno. Non vi si trova alcun nome del santo tra il 31 maggio ed il 24 giugno (così ricorda Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 244-245).
Rito doppio maggiore. Nel codice delle rubriche del 1960, è la sola festa di III classe ad aver conservato il Credo.
Il catalogo Torinese delle chiese di Roma nel XIV sec. menziona, vicino alla Porta Maggiore, una piccola chiesa, Sancti Barnabæ de porta, servita da un solo prete. Ogni traccia n’è persa attualmente (cfr. Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 803; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 205).
Nel 1957 gli è stata dedicata una chiesa nel quartiere Prenestino-Labicano in stile neoromanico.
La messa manca di unità nella sua redazione, chiedendo in prestito i suoi canti ad altre feste più antiche. Le orazioni sono riprese dall’antica messa della dedicazione della basilica di San Nicodemo al 1° giugno, festa in seguito scomparsa.
L’antifona per l’introito è quella del 30 novembre.
Le collette si ispirano a quelle della festa di san Giorgio.
Nella prima si chiede di ottenere da Dio, per l’intercessione ed i meriti di Barnaba, i favori divini. Tutto ciò che otteniamo da Dio è sempre l’effetto della sua misericordia; non solo perché siamo dei peccatori indegni delle sue grazie, ma anche perché il dono del Signore è un’effusione del suo amore, e questo è di un tal valore che non sopporta alcun paragone. Per questo, il Sapiente ha potuto dire: «Si dederit homo omnem substantiam domus suæ pro dilectione, quasi nihil despiciet eam»; «Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio» (Ct 8, 7).
La prima lettura è tratta dagli Atti degli Apostoli (At 11, 21-26; 13, 1-3), e riguarda il primo viaggio di Barnaba ad Antiochia e la sua elezione all’apostolato. Barnaba doveva essere già un personaggio molto considerato e di grande merito quando i Dodici lo destinarono ad una missione così difficile e così importante quale quella della diffusione del Vangelo nella capitale della Siria, Antiochia. Il Santo fece d’altronde onore a questa scelta, e siccome era perspicace, comprese immediatamente che Saulo poteva essere l’uomo della situazione. Andò a cercarlo a Tarso dunque, e avendolo portato con lui sulla riva dell’Oronte, l’uno e l’altro seppero imprimere alla comunità di Antiochia un tale spirito di espansione e di iniziativa che i discepoli del Nazareno ricevettero per la prima volta il nome che, da allora, attraverso i secoli, avrebbe dovuto designarli per sempre: Cristiani.
Paolo si trovava allora in sottordine, così che, negli Atti, occupa l’ultimo posto tra i preti di Antiochia. Ma il Signore si compiace degli umili, e può, dalle semplici pietre, suscitare dei figli di Abramo; un giorno di liturgia solenne, mentre l’assemblea badava ai digiuni ed alla preghiera, ordinò di riservargli Saulo e Barnaba per la grande missione alla quale li destinava presso i Gentili. In quel tempo di fede eroica, si era ristabilita, tra la comunità dei fedeli e lo Spirito Santo, l’antica familiarità di cui Adamo, nell’Eden, aveva goduto un tempo con Dio. Il Paraclito interveniva direttamente negli affari della comunità, per mezzo dell’effusione dei suoi carismi. Parlava e gli si rispondeva; ordinava e gli si ubbidiva; istruiva e lo si ascoltava.
Quando, dunque, ad Antiochia, in occasione dei digiuni solenni, fece intendere la sua voce: Segregate mihi Saulum et Barnabam, riservatemi Saulo e Barnaba, nessuno vi fece opposisione né mise ritardo nell’eseguire il comando ricevuto: i sacerdoti, ieiunantes et orantes, imponentesque eis manus, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani – ecco i tre elementi primitivi che accompagnano, dai tempi apostolici, la collazione della potenza gerarchica – consacrandoli Apostoli.
Il graduale è tratto dal Sal. 19 (18), come quello della festa di san Marco fuori del tempo pasquale. In un modo figurato, questi astri che indorano coi loro raggi il cielo della Chiesa e narrano dovunque la gloria di Dio, sono i predicatori del santo Vangelo.
La lettura evangelica è tratta da san Matteo (Mt 10, 16-22). Gesù dichiara che manda i suoi apostoli come pecore in mezzo ai lupi, non per far loro la guerra, ma affinché dai lupi ne facciano degli agnelli. Prosegue che le pecore che vanno nel mezzo dei lupi non devono ripromettersi necessariamente di conservare sempre intatto il loro vello; il corpo è in pericolo, ma è sufficiente che l’anima non perisca. Una grande prudenza non sarebbe dunque opportuna; per questo il Salvatore vuole che sia unita alla semplicità della colomba. Al posto della prudenza umana sulla quale non conviene appoggiarsi troppo, Gesù sparge al contrario nei suoi araldi una prudenza tutta divina, suggerendo loro, al momento opportuno, ciò che dovranno rispondere davanti ai giudici nei tribunali; perché, come Egli soffre nei suoi martiri, così, con la loro bocca, rende continuamente, come dichiarò un tempo a Pilato, testimonianza alla verità.
L’offertorio è lo stesso della festa di san Mattia, il 24-25 febbraio così come l’antifona di Comunione. Durante il tempo pasquale, tutti i canti della messa sono improntati alla festa di san Marco, il 25 aprile.
Il primo gesto di Barnaba, quello di disfarsi dei suoi beni e di depositarne il valore ai piedi degli Apostoli, fu ciò che lo designò alla missione dell’apostolato. L’araldo evangelico deve essere libero da ogni imbarazzo e legame terrestre, affinché, indipendente dagli uomini, reso agile come uno spirito, mostri agli altri, con la sua vita stessa, che cerca solamente le anime: «Da mihi animas, cætera tolle»; «Datemi anime e prendetevi il resto» (Gen 14, 21).







Sandro Botticelli, Vergine con Bambino tra angeli e sei santi (SS. Caterina d’Alessandria, Barnaba, Agostino, Giovanni Battista, Ignazio d’Antiochia, Michele arcangelo), c.d. Pala di S. Barnaba, 1488-90 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze


Paolo Veronese, S. Barnaba guarisce un malato, XVI sec., Musée des Beaux-Arts, Rouen

Fabritius Barent, Lapidazione di Paolo e Barnaba a Listra, XVII sec., collezione privata

Ambrosius Francken I, detto il Vecchio, Paolo e Barnaba scelti come apostoli dallo Spirito Santo, XVII sec., Koninklijk Museum voor Schone Kunsten Antwerpen, Anversa

Jacob Jordaens, SS. Barnaba e Paolo a Lystra, 1616 circa, Hermitage, San Pietroburgo

Michel Corneille il vecchio, Paolo e Barnaba a Listra, 1644, musée des Beaux-Arts, Arras

Nicolaes Berchem, Paolo e Barnaba a Listra, 1650, Musée d’Art, Saint-Etienne

S. Barnaba, chiesa del Palazzo Nazionale di Mafra, Mafra, Portogallo

SS. Pietro, Barnaba e Giulio, XIX sec., Chiesa di S. Barnaba, Marsiglia



Sarcofago di S. Barnaba, Monastero di Salamina, Cipro

Cranio di S. Barnaba, Monastero di S. Rosa, Conca dei Marini. La reliquia fu donata dal Vescovo di Pozzuoli mons. Girolamo Dandoli, nato a Conca nel 1772

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