Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 25 marzo 2023

Una riflessione del cardinal Comastri sull'Annunciazione




 

L’Annunciazione nell’arte: origini e segreti dell’iconografia

In questa festa dell’Annunciazione di Maria, rilanciamo questo interessante contributo sul modo in cui quest’evento, che ha cambiato la storia dell’umanità, è stato rappresentato nell’arte.

L’Annunciazione nell’arte: origini e segreti dell’iconografia

L’Annunciazione a Maria è uno dei soggetti più rappresentati nella storia dell'arte. Ma come si è arrivati all'iconografia che tutti conosciamo - che comprende di solito tre personaggi: Vergine, angelo e colomba - e quali sono i significati che cela questa scena?

di Raffaela Fazio Smith*

Le due annunciazioni
L’iconografia dell’Annunciazione si ispira ai testi dei vangeli canonici di Matteo e soprattutto di Luca (1,26-38), ma anche ai vangeli apocrifi, tra cui il Vangelo dello Pseudo Matteo ed il Protovangelo di Giacomo (11,1-3). Questi apocrifi furono divulgati in occidente da Vincent de Beauvais (1250 circa) in Speculum Historiae e da Giacomo da Varagine (1260 circa) nella Legenda Aurea. A tali fonti apocrife va aggiunto il Vangelo armeno dell’infanzia che ebbe una grande influenza sull’iconografia bizantina.
Secondo i vangeli apocrifi ci sarebbero state due annunciazioni, non una. Il Vangelo armeno (5,2-9), ad esempio, dice che la Vergine fu salutata dapprima da un angelo invisibile mentre usciva di casa con una brocca per andare ad attingere l’acqua alla fontana.
Temendo uno stratagemma del demonio, Maria inizia a pregare, chiedendo a Dio di liberarla dalle tentazioni del diavolo. Poi, rientrata a casa, si mette a filare la porpora per il velo del tempio. Gabriele entra allora dalla porta chiusa e le compare, questa volta, come un essere in carne ed ossa, annunciandole che darà alla luce il messia. In quel momento, il Verbo di Dio penetra in lei attraverso il suo orecchio, dando inizio al concepimento.

Mosaico dell'Annunciazione, Santa Sofia, Istanbul

Mosaico dell'Annunciazione, Basilica di S. Marco, Venezia

Come tutto ebbe inizio
Tra le prime rappresentazioni di Annunciazione dell’arte cristiana si trovano quelle affrescate nelle catacombe di Roma, dove l’arte funeraria era una “preghiera”, una testimonianza di speranza. Particolarmente significativo è dunque il messaggio della vittoria sulla morte, operata definitivamente da Cristo. E l’Annunciazione è proprio l’inizio di questo messaggio.
La più antica immagine di Annunciazione che ci è pervenuta è affrescata sulla volta di un cubicolo della catacomba di Priscilla ed è databile alla prima metà del III secolo. Maria indossa tunica e pallio secondo la moda romana; essa ascolta, seduta su uno scranno, un uomo che le sta davanti, sulla destra, vestito con una tunica dalle ampie maniche, e che alza la mano in segno loquendi.

Annunciazione, Catacombe di S. Priscilla, Roma

In questa immagine, Maria è senza velo. Come attributo, il velo sarà inserito in seguito prendendo spunto dall'omophorion orientale (velo che si accompagna ad un mantello di colore blu scuro), anche se continueranno a coesistere in parallelo immagini di Maria senza velo, coi capelli sciolti, in segno di verginità (era questo il modo in cui portavano i capelli le donne non sposate). Il gesto di oratore di Gabriele lo ritroveremo continuamente anche nei secoli successivi, fino a quando non verrà sostituito sempre più frequentemente dall’indice alzato ad indicare la provenienza del messaggio.
Il modulo compositivo della catacomba di Priscilla si rifà ad uno schema iconografico esistente, che rappresentava il messaggero al cospetto di un personaggio di rango elevato. Il rimanere seduti, infatti, simboleggiava la dignità di colui che riceveva il visitatore. Il fatto che il messaggero divino sia raffigurato senza ali corrisponde alla prima iconografia cristiana, che voleva distinguere gli angeli cristiani dalle “vittorie alate” pagane.

Dietro la tenda
A partire dal IV e V secolo, l’Annunciazione è iscritta dunque in un contesto più vasto di quello del periodo delle catacombe. Essa viene inserita in cicli di scene epifaniche relative alla prima manifestazione agli uomini di Cristo.
Il senso epifanico dell’Annunciazione è spesso sottolineato dalla presenza di una tenda, come motivo non solo decorativo ma anche iconografico, di rivelazione: la tenda dei santuari delle religioni misteriche, infatti, nascondeva l’immagine sacra fino al momento della teofania e, quando si apriva, segnava l’inizio della rivelazione.
Il tema epifanico della tenda compare verso la fine del IV secolo nell’iconografia dei martiri: il primo esempio è quello del ritratto del Santo davanti alla Confessio della basilica dei Ss. Giovanni e Paolo a Roma.

Annunciazione, Basilica dei SS. Giovanni e Paolo, Roma

Ave Regina
Tale particolare lo ritroveremo ripetutamente nel corso dei secoli. Maria acquista una nobiltà ed una regalità di ispirazione chiaramente imperiale. La regalità di Maria è dovuta naturalmente alla regalità del Cristo, raffigurato sempre più come Cristo glorioso, che giudicherà l’umanità alla fine dei tempi. Il sedile della Vergine, che spesso poggia i piedi su un suppedaneo, è ricoperto da un cuscino imperiale oppure diventa addirittura un trono.
Non raro nel periodo tardo antico è il tema dell’edicola sormontata da un frontone che fa da sfondo alla cattedra su cui siede la Vergine e che richiama immediatamente l’idea di Maria come “dimora vivente” dell’Altissimo. In tal modo, la Vergine viene a simboleggiare anche la Chiesa.

Annunciazione, Cattedra di San Massimiano, Ravenna

In queste immagini, si riscontrano spesso frontalità e ieraticità che accentuano il carattere divino dei personaggi. La sfera emotiva è del tutto assente: non vi è la minima traduzione dei sentimenti nelle espressioni. I gesti hanno comunque una forte valenza simbolica, come, ad esempio, la posizione della mano di Maria portata al mento, in segno di riflessione.
Di solito, nello schema compositivo dell’Annunciazione, l’arcangelo Gabriele è solo, di fronte alla Vergine, con in mano un bastone o uno scettro, simbolo della verga del comando affidata dall’imperatore celeste al suo ambasciatore speciale. Ma non mancano eccezioni. A volte la scena presenta più di un angelo. Ad esempio, nel mosaico dell’Arco Trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma, quattro personaggi circondano Maria. Ma sarà dopo il Concilio di Trento (1545-1563) che si assisterà ad una moltiplicazione vera e propria di angeli, con l’inserimento di scorte di puttini.

Annunciazione, Arco trionfale, Basilica di S. Maria Maggiore, Roma

Vola colomba
Nel V secolo, nel già citato mosaico di Santa Maria Maggiore, compare per la prima volta in un'Annunciazione la figura della colomba in volo, come simbolo dello Spirito Santo. Nella Bibbia, la manifestazione dello Spirito sotto forma di colomba si ritrova solo nel racconto del Battesimo di Cristo e in nessun altro brano.
Tuttavia, nel 325 il Concilio di Nicea dichiara la colomba del battesimo valido simbolo dello Spirito Santo. Da allora, la colomba verrà rappresentata innanzitutto nell'Annunciazione a Maria, poi nelle scene della Pentecoste e infine nelle immagini della creazione e della Trinità.
Va detto, comunque, che la rappresentazione di Santa Maria Maggiore rimarrà per molto tempo un "unicum", forse a causa dell'avversione al culto ancora vivo di Venere, che aveva come attributo proprio la colomba. Occorrerà aspettare quattrocento anni prima che questo simbolo iconografico possa affermarsi e, a partire dall'XI-XII secolo, diventare parte integrante dell'Annunciazione.

Cosa succede all'inizio del medioevo
Nel VI secolo, si assiste ad un’inversione nelle posizioni reciproche di Maria e dell’angelo. Maria inizia a comparire sulla destra della scena. La figura principale si sposta nel senso della scrittura greca e latina, di modo che lo sguardo si arresta sull’immagine della Vergine. Essa, inoltre, comincia ad essere rappresentata in piedi, nell’atto di parlare.

Annunciazione, sex. IX, Codex Egberti, Stadtbibliothek Treviri

Tale iconografia risente della sensibilità dell’ambiente aulico bizantino-ellenistico, che tende a sottolineare non solo la nobiltà, ma anche la saggezza della Vergine, che, riconoscendo immediatamente la natura del messaggero, si alza in segno di rispetto e, ascoltato l’annuncio, è in grado di rispondere al suo interlocutore. La mano della Vergine può assumere varie posizioni.
Oltre a quella dell’oratore, essa può mostrare il palmo rivolto verso l’esterno, ad indicare il riserbo iniziale, oppure può mostrare il dorso quando è ripiegata sul petto, simbolo del consenso avvenuto (molto significativo è il gesto dell’orante, con le palme delle mani rivolte verso l’esterno all’altezza del petto, in segno di fiduciosa accoglienza.

Annunciazione, antico arazzo

Iconograficamente, l’immagine dell’orante riprende quella della “pietas” romana che rappresentava plasticamente il sentimento di devozione e rispetto non solo nei confronti degli dei, ma anche nei confronti della famiglia e della patria). In area bizantina, l’iconografia d’ispirazione aulica si affianca al filone più popolare, che continua a rappresentare Maria nell’atto di filare la porpora per il tempio, da seduta.

L'antica basilica dell'Annunciazione a Nazareth

Oggi, 25 marzo, ricorre la festa dell'Annunciazione della B.V.M.
Il luogo dell'Annunciazione oggi è sormontato da una basilica, costruita nel decennio 1959-69, dall'architetto Giovanni Muzio, che demolì, nel 1954, l'antica e splendida basilica sino ad allora esistente, che era stata costruita nel XVIII sec. sui resti della basilica di epoca crociata, che, a sua volta, sorgeva sui resti di quella bizantina del V sec.
Sebbene la nuova struttura sia sorta per mettere in luce gli scavi archeologici condotti dal frate francescano Camillo Bellarmino Bagatti, tuttavia, lo scrigno che li dovrebbe contenere appare freddo, scarno, minimalista, ed oggettivamente brutto, quasi un capannone industriale in cemento, rispetto a quella che era la struttura della chiesa precedente.
Ora non vogliamo instaurare paragoni, ma certamente la chiesa precedente era molto ma molto più bella e solenne, pur nella sua semplicità.
Qui, vogliamo darne un saggio attraverso alcune foto d'epoca.
Dalla stessa struttura architettonica si riconosceva la sua indole francescana:








martedì 14 marzo 2023

Un ricordo del Servo di Dio Papa Pio VII nell'anniversario della sua elezione a pontefice massimo

Il 14 marzo 1800 fu esaltato al sommo pontificato il cardinale Barnaba Niccolò Maria Luigi (in religione Gregorio) Chiaramonti, che assunse il nome di Pio VII, in onore del suo immediato predecessore, morto esule nell'agosto precedente in terra di Francia. Il conclave si era riunito a Venezia, nel monastero di San Giorgio, il 30 novembre 1799. Ma per quasi tre mesi, non si riuscì a raggiungere alcun accordo. Alla fine, fu grazie, tra gli altri, al segretario del conclave, mons. Ercole Consalvi (futuro cardinale e segretario di Stato), se si raggiunse una convergenza di voti sulla persona dell'allora cardinale arcivescovo di Imola, appunto il card. Chiaramonti. In breve egli riuscì ad ottenere l'unanimità ed, appunto, il 14 marzo del 1800, vide la sua elezione. Sono passati 223 anni da quel giorno. Eppure ancora oggi il ricordo di quel santo pontefice è vivo in molti autentici cattolici. 

Quanto manca al popolo cattolico un pastore santo ed accorto come lo fu il servo di Dio papa Pio VII!!!!


Toeodor Matteini, Ritratto di Pio VII, 1801, chiesa di San Giorgio Maggiore, Venezia


mercoledì 8 marzo 2023

La Chiesa dopo Benedetto XVI fra realtà e utopie - resoconto del dibattito del 3.3.2023

Alcuni giorni fa si annunciava un incontro-dibattito, in Molfetta (BA), tra mons. Nicola Bux ed il giornalista dott. Aldo Maria Valli (v. qui), svoltosi lo scorso 3 marzo.

In questo breve scritto del prof. Barile vi è un resoconto della serata. A seguire, il video dell’intero dibattito.

Prof. Nicola Barile "La Chiesa dopo Benedetto XVI fra realtà e utopie". Resoconto di un avvincente dibattito con Aldo Maria Valli e Don Nicola Bux

"La Chiesa dopo Benedetto XVI fra realtà ed utopia" è stato il tema dell’interessante incontro organizzato il 3 marzo 2023 dall’ Università Popolare Molfettese. La serata ha visto un folto pubblico assieparsi nella pur ampia sala “Don Tonino Bello” della parrocchia S. Pio X a Molfetta in provincia di Bari, ha visto protagonisti don Nicola Bux e Aldo Maria Valli, già vaticanista RAI, moderati da Nicola Barile. Non si è trattato di un simposio sul pensiero di papa Benedetto, quanto di una riflessione, a partire dal contributo del suo pensiero, sul bivio in cui si trova la Chiesa attuale, come ricordato dal moderatore: da una parte il realismo, quello metafisico di S. Tommaso d’Aquino, dall’altra la deformazione dell’idea di utopia coniata da S. Tommaso Moro, per giustificare l’imposizione di idee e concetti del mondo contemporaneo. 

Sia don Nicola, sia il dott. Valli hanno conosciuto Benedetto XVI e ne hanno ricordato entrambi il carattere mite e la profondità del pensiero; la loro interpretazione, tuttavia, diverge circa la valutazione del suo magistero, prima come teologo, poi come papa. Se per Valli Benedetto ha ereditato le tensioni che discendono, secondo lui, dal Concilio Vaticano II, non risolvendole, secondo Bux, invece, Benedetto ha manifestato creatività e originalità, ma sempre sforzandosi di mantenersi nel solco della tradizione cattolica; da qui la sua lettura non traumatica del Concilio, secondo quel principio della vita della Chiesa noto come “ermeneutica della continuità”. Se si pensa, ad esempio, alla trilogia su Gesù di Nazareth, non sarebbero pertanto il Concilio e le sue interpretazioni il problema della Chiesa attuale, quanto la riduzione della figura di Gesù a maestro di moralità, sostenitore di valori in linea con il mondo contemporaneo, ma inevitabilmente in contrasto con la realtà: si pensi, ad esempio, al mito del pacifismo, smentito dal ricorso, ancora oggi, dell’uomo alla guerra.   

Entrambi i relatori, tuttavia, hanno concordato in conclusione i rischi dell’attuale fase sinodale, che appiattisce la Chiesa alla sua dimensione burocratica, facendone dimenticare la natura sacramentale. Un dibattito reso breve dai tempi contingentati della serata ha comunque consentito alla partecipata assemblea di evidenziare i dubbi che, evidentemente, questo attuale corso della Chiesa non riesce a fugare. 

Fonte: Il pensiero cattolico, 7.3.2023







Fotografie di Vito Palmiotti

domenica 5 marzo 2023

martedì 28 febbraio 2023

Così “si vendica” Gesù...

Molte volte ci capita di pensare per chi è stato un grande peccatore che, allorché muoia, sia destinato a perdizione, dimenticandoci assai spesso che il Signore possa chiamare anche all’ultimo momento alla conversione e che solo l’ostinato rifiuto di quell’ultima grazia che il Signore offre fa sì che l’uomo, dopo la morte, sia irrimediabilmente separato da Lui. Il Signore, infatti, è assai rispettoso della libertà umana, che non può forzare alla salvezza colui che non voglia essere da Lui salvato. Il santo vescovo di Ippona e dottore della Chiesa cantava con queste lapidarie espressioni il suo meraviglioso inno alla libertà: “Qui ergo fecit te sine te, non te iustificat sine te”, cioè “Chi ti ha formato senza di te, non ti renderà giusto senza di te” [Sant'Agostino, Sermo CLXIX, 11.13, in PL 38, 923. Il testo latino del Discorso può leggersi qui].

Dunque, è nella libertà dell’uomo accogliere l’ultimo appello che Dio possa offrire all’anima peccatrice. Spetta all’uomo lasciarsi redimere.

Abbiamo avuto nella storia tanti esempi di accoglimento della grazia all’ultimo minuto utile. Possiamo ricordare l’esempio di Napoleone Bonaparte (ne parlammo qui), ma anche Giosué Carducci (v. qui).

Un caso di questi ultimi giorni è quello relativo alla morte del giornalista e conduttore televisivo Maurizio Costanzo, che era ateo ed affiliato alla massoneria (che l’ha celebrato come “fratello”) e che ha avuto quattro mogli. È parso strano a molti che, nonostante ciò, gli siano state concesse delle esequie ecclesiastiche nella Basilica romana di Santa Maria in Montesanto, detta volgarmente “chiesa degli artisti” (sic!). Eppure, nelle ore immediatamente dopo la morte si è appreso che, prima di morire, con il suo amico avvocato (e cattolico), Giorgio Assumma, abbia voluto recitare l’Ave Maria ed interrogarsi cosa ci fosse “dietro l’angolo”, cioè dopo la morte (vqui). Il celebrante i funerali ha poi ricordato: «Nel momento del combattimento finale ha alzato lo guardo al cielo e ha invocato la protezione della Vergine Maria. È stato compassionevole, lo commuoveva la fragilità delle persone, ha aiutato tanti artisti in difficoltà» (vqui).

Non possiamo sapere se il giornalista in questione, ora, si sia salvato. Però è plausibile pensarlo: la Vergine Maria non sarà rimasta a quell’ultimo appello che quel figliol prodigo le ha lanciato alla fine della vita e quindi possiamo ragionevolmente sperare che la grazia possa averlo investito in quel momento, essendosi aperto alla stessa.

Veramente la salvezza è un mistero per noi; un mistero noto solo a Dio.

Per questo, rilanciamo questo contributo, che riprende una storia lasciataci dal celebre medico francese dell’800, Jean Baptiste Félix Descuret.  

Così “si vendica” Gesù...

di Paolo Risso

Aveva ucciso diciassette preti e ne avrebbe eliminato un altro se si fosse presentato sul suo letto di morte senza consenso. Questa la storia di uno dei migliaia di malati visitati dal dottor Descuret, che però cambiò sorte prima di morire, per una grazia inattesa...


Mi è capitato tra le mani un vecchio libricino datomi da un giovane e dotto prete che – ormai non è più scontato dirlo – crede in Dio e in Gesù Cristo, e nella presenza reale di Gesù nella Santissima Eucaristia. Il libricino raccoglie mirabili “storie d’amore” di Gesù con le anime, anche le più lontane da Lui, recuperate grazie al loro pentimento e alla Sua misericordia. Una la voglio narrare ai miei Lettori.

Un malato impossibile

Il dottor Descuret, illustre e famoso medico francese, nella sua lunga e prestigiosa carriera aveva compiuto ben 13.000 visite a pazienti di ogni genere; tutto questo lo scrisse nel suo libro La medicina delle passioni, che gli valse di diventare membro dell’Accademia di Parigi. A pagina 52 del secondo volume, trattando dell’ira, racconta di un singolare ammalato, protagonista di una vita terribile.

Verso la metà dell’anno 1826, Descuret fu chiamato a visitare un albergatore di circa 60 anni, che teneva da anni un’osteria al numero 215 di via San Giacomo, a Digione. Affetto da grave cirrosi epatica, si era rivolto ai più illustri primari di Francia per curarsi, ma senza alcun risultato. Fin dalla sua prima visita, Descuret giudicò quest’uomo anziano ormai prossimo alla fine, per cui si limitò a ordinargli del siero con laudano, ossia una pozione calmante, una sorta di “impiastro” di oppio. Era la medicina palliativa del tempo. 

Con questi narcotici, il medico riuscì a calmare i dolori atroci che il malato provava e a procurargli una delle notti più serene che avesse trascorso da molto tempo. La mattina dopo l’infermo strinse con affetto la mano al medico fino a chiamarlo suo salvatore, e gli promise di seguire in tutto e per tutto anche i suoi minimi consigli.
Descuret, per altro, avvertì la famiglia che era imminente la morte dell’anziano: non conveniva per nulla credere a un vero miglioramento – che sarebbe stato solo momentaneo –, ma approfittarne per fargli mettere a posto “gli affari materiali e spirituali”... e se ne andò. Verso le sei del pomeriggio, il medico fu di nuovo chiamato in gran fretta, non per l’anziano, ma per sua moglie, che era stata ferita al petto proprio dal marito, il quale le aveva gettato addosso un vaso di porcellana. 
Dopo aver fermato l’emorragia e curata la donna ferita, il dottor Descuret stava per uscire, quando l’uomo, al quale non aveva neppur detto una parola, lo trattenne per la giacca dicendogli in modo manieroso: «Come, signor dottore, se ne va senza rivolgermi almeno uno sguardo?». Il medico gli rispose: «Perché dovrei curarmi di un malato che fa di tutto per rendere inutili i miei sforzi? Ho anche saputo che avete ingiuriato, come un villano, i vostri due primi medici, e che il nostro venerando decano prof. Portal non vi ha abbandonato se non quando siete giunto persino ad alzare le mani contro di lui! A tutti questi atti violenti, ora avete aggiunto la brutalità usata verso vostra moglie... e allora giudicate voi stesso se devo ancora curarmi di voi o partirmene subito!».

«I vostri rimproveri – replicò il malato con tono addolorato – sono giustissimi, sono davvero colpevole di aver maltrattato mia moglie. Ma se sapeste, dottore, che cosa voleva da me! Voleva che per forza facessi chiamare un prete, io che li ho sempre avuti in orrore!».

«L’intenzione di vostra moglie era lodevolissima. Proponendovi di mettere in pace la vostra coscienza, vi dava una nuova prova di affetto, e se ciò era in opposizione alle vostre idee, dovevate solo dirle di no, ma non fare ciò che avete fatto».

«Ma alla fine, dottore, voi che siete sapiente, che fareste nei miei panni, se vi proponessero tali cose?».

«Io non esiterei a mettermi in pace con la coscienza, prima per convinzione, poi perché la calma dell’anima contribuisce con forza ad alleviare i nostri patimenti, e anche a dissimulare le nostre malattie».

«Oh, questa è singolare davvero, che voi che avete studiato abbiate questa maniera di vedere!».

«Anzi – concluse l’illustre medico –, le mie convinzioni religiose sono in gran parte frutto dei miei studi».

Seguì un lungo attimo di silenzio, poi il malato prese a dire: «Ebbene, sia, facciamo venire il prete; è tanto, tantissimo tempo che non mi confesso. Ne ho proprio delle grosse, e pesantissime sulla coscienza!».

Preti ammazzati

La moglie, ancora dolorante per la ferita causata dall’ira del marito, ma felice per questa soluzione insperata, manda subito a cercare uno dei sacerdoti della parrocchia di San Giacomo. Appena il sacerdote fu entrato nella camera del malato, questi, con voce tremolante, prese a dire: «Prenda, reverendo, mi tolga subito questo coltellaccio che avevo posto sotto il cuscino... Dovete sapere che mi ero provvisto di quest’arma per conficcargliela nel cuore se lei fosse venuto senza il mio consenso!».

Quindi davanti a tutti i presenti soggiunse: «Nel settembre 1793, al tempo della Rivoluzione francese, massacrai diciassette preti e poco ci volle che lei non fosse il diciottesimo! Ma stia sicuro, Dio ha avuto pietà di me; per illuminarmi è bastato un raggio della sua grazia».

Non solo un povero peccatore, questo albergatore in fin di vita, ma un assassino, un delinquente, più volte omicida. E ora sta per “rubare” pure la misericordia di Dio! Il quale perdona, ma vuole il nostro pentimento, la nostra espiazione. Sì, Dio perdona... ma se ti penti. Pentirsi è la somma grazia di Dio. Chi ha ottenuto a costui questa grazia? Sicuramente molti hanno pregato per lui: pregare per la conversione dei peccatori è massima carità. Ne va di mezzo la vita eterna o la dannazione eterna delle anime. Noi sappiamo pure, come spiegano santi quali san Bernardo di Chiaravalle, sant’Alfonso M. de’ Liguori e ancor di più san Luigi M. Grignion da Montfort, che ogni grazia passa per le mani di Maria Santissima, “l’onnipotenza supplice” per i più lontani, la “raptrix cordium”, la rapitrice dei cuori, la condottiera delle anime a Gesù unico Salvatore. Sicuramente la Vergine Maria ha ottenuto la conversione di questo “disgraziato”.

Morto in ginocchio

Il dottor Descuret continua a narrare che il buon prete, fatto chiamare, prese il coltellaccio che gli veniva consegnato e che sarebbe servito ad ammazzarlo, quindi si intrattenne a lungo con il moribondo per ascoltare la Confessione di quella povera pecora nera e donargli il perdono di Dio. Stava uscendo dalla sua camera per annunciare la conversione ai suoi famigliari e che sarebbe tornato per il santo Viatico, quando l’infermo esclamò: «Torni presto, reverendo, ho bisogno della consolazione di Dio; ma non accosti il divino Redentore alle mie labbra che hanno orribilmente bestemmiato. Sono indegno di Lui».

«Ho visto il vostro pentimento che è sincero. Vi porterò i sacramenti della nostra santa fede cattolica», gli rispose il sacerdote. «Li riceverò, reverendo – rispose l’uomo –, ma dopo che avrò chiesto perdono anche a quelli che finora ho scandalizzato con le mie scelleratezze».

Fece chiamare due vicini, già suoi “compagni” nel male, e chiese perdono degli orribili esempi che aveva loro dati. Poi, piangendo, abbracciò la moglie e le chiese perdono della sua arroganza che era durata una vita intera. Quando ritornò il sacerdote con Gesù-Ostia per il santo Viatico, il pentito raccolse le sue ultime forze e si inginocchiò presso il letto e ricevette, in quella posizione, tutto tremante, Gesù Pane di Vita eterna.

Il sacerdote voleva che tornasse a letto, ma quello gli rispose: «Sento che la mia vita su questa terra sta per finire; e non posso offrire a Dio che le mie preghiere e le mie lacrime; mi lasci almeno la consolazione di morire in ginocchio, ciò che è ben poco per espiare i miei delitti». A mezzanotte, con un profondo sospiro, si addormentò nel Signore, ancora in ginocchio e, con le labbra appoggiate sulle piaghe del Crocifisso, che grondava delle sue lacrime.

Il suo volto perse la bruttezza ributtante che presentava in vita ed era avvolto di serenità e di pace, perché era andato incontro a Dio che l’avrebbe ancora purificato nel Purgatorio, ma che pure lo accoglieva tra i suoi.

Un’intera vita sbagliata. Diciassette preti ammazzati, peccati, scandali e chi più ne ha più ne metta. Il Cristo avrebbe potuto più volte fulminarlo, ma con chi si pente e gli chiede perdono, Lui “si vendica così”. Proprio come scrive santa Teresa di Gesù Bambino, concludendo la sua Storia di un’anima: «Sì, io lo sento, quand’anche avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei con il cuore spezzato dal pentimento a gettarmi tra le braccia di Gesù, perché io so quanto Egli ama il figlio prodigo che torna a Lui».

Fonte: Il Settimanale di Padre Pio, fasc. 9, 26.2.2023

domenica 26 febbraio 2023

I luoghi delle tentazioni di Gesù


Grotta delle Tentazioni, associata alla prima tentazione, Monte della Quarantena (o delle Tentazioni) Jebel (o Jabal) Quruntul

Ciò che rimane del pinnacolo del Tempio, Gerusalemme. Il diavolo dalla sommità invitò Gesù a gettarsi di sotto


Sperone di roccia associato alla terza tentazione e su cui sarebbe stato assiso Gesù, Monte della Quarantena (o delle Tentazioni).
Probabilmente il diavolo, da questo sperone roccioso, nel mostrare i regni della terra, avrà semplicemente indicato la florida città di Gerico, che sorgeva sotto il monte con la rigogliosa zona della valle del fiume Giordano


sabato 25 febbraio 2023

25 febbraio 1570 - S. Pio V scomunicava la regina Elisabetta I e la deponeva


Il 25 febbraio 1570 il Papa san Pio V pubblicava la bolla Regnans in excelsis:

“... Sorretti dunque da quella Autorità che volle collocarci, sebbene impari rispetto a tanto onere, su questo supremo trono di giustizia, nella pienezza della potestà apostolica, dichiariamo la predetta Elisabetta eretica e fautrice di eretici, e dichiariamo che, assieme ai suoi seguaci, è incorsa nella sentenza di scomunica e che così sono distaccati dall’unità del corpo di Cristo. In aggiunta, dichiariamo la medesima Elisabetta privata del preteso regno, così come di ogni dominio, dignità e privilegio; nonché sciogliamo da ogni giuramento i nobili, i sudditi ed i popoli di questo regno ..."