Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 2 dicembre 2016

I cardinali nella Chiesa hanno diritti di …

A proposito della lettera (qui) dei quattro Cardinali al Papa, Scuola ecclesia mater, dopo aver offerto una prima larga sintesi, ha anche pubblicato la traduzione di un articolo apparso sul portale Internet della Chiesa cattolica tedesca, che difendeva i cardinali autori della lettera dall’accusa di eresia (I buoni pastori non sono eretici). L’accusa proveniva dal vescovo greco Frangkiskos Papamanolis.
Tuttavia il presule greco non è stato l’unico dimostratosi ultra zelante a ergersi contro i presunti atteggiamenti indebiti dei cardinali (leggi ad es. qui).
Persino il decano della Rota Romana, mons. Pio Vito Pinto, ha sentito il dovere di esprimere “oltre le righe” il proprio «scandalo» nei confronti dei quattro Cardinali, giungendo persino a prospettare che il Papa privi i cardinali della Sacra Porpora (qui, qui e una sintesi qui).
Su questo argomento è intervenuto sul suo blog il canonista Edward N. Peters (1957-), dottore in diritto canonico, nonché dal 2010 referendario della più alta istituzione giuridica della Chiesa cattolica, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

I cardinali nella Chiesa hanno diritti di …

di Edward Peters

La più precipitosa risposta ai dubia dei quattro Cardinali rimane, finora, quella del vescovo Frangkiskos Papamanolis, presidente della Conferenza episcopale greca, le cui invettive – contro le questioni (dubia) poste dai cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra, e Meisner a riguardo al documento Amoris laetitia di papa Francesco – sono tali che, affinché si possa credere che sono state pronunciate, bisogna leggerle. Il prelato greco urla epiteti del tipo apostasia, sacrilegio, eresia, scisma contro quattro fratelli nell’episcopato, dando pochi indizi sul fatto che egli abbia qualche nozione di quale sia il significato di quei termini canonico-teologici. Ma li urla contro quattro confratelli che fanno niente più che un uso da manuale del loro diritto (can. 212 § 3) di porre questioni dottrinali e disciplinari che necessitano di essere affrontate al momento. Mi piace pensare che anche i più accaniti difensori di Amoris laetitia abbiano visibilmente inorridito leggendo Papamanolis. Ma forse sono ingenuo.
E benché si possano suggerire altri concorrenti per il Primo premio di reazione esagerata, io qui prendo in considerazione le speculazioni cui ha dato voce il decano della Rota romana, mons. Pio Vito Pinto, e cioè che papa Francesco potrebbe privare i quattro Cardinali della loro dignità cardinalizia.
Lasciando da parte quanto sia inappropriato che l’officiale giuridico più alto della Chiesa si dedichi a pubbliche speculazioni sulla possibile responsabilità giuridica e relative conseguenze canoniche contro vescovi fino ad oggi incensurati, passiamo invece a parlare di quale sia l’autorità canonica del Papa su prelati che rivestono la dignità di cardinali.
Undici canoni (cann. 349-359) regolano l’istituzione cardinalizia nella Chiesa romana, inclusa una norma (can. 351 §1), che stabilisce, in un passaggio qui pertinente, che «dal momento della pubblicazione [quando il papa annuncia i loro nomi] essi sono vincolati dai doveri e godono dei diritti definiti dalla legge». E quali sono questi diritti?
Benché in gran parte di natura onorifica, il titolo di cardinale – almeno per coloro che non sono giunti agli 80 anni – comporta anche un «ufficio» nella Chiesa (can. 145) dando, tra le altre cose, l’autorità di eleggere il papa nel conclave (Universi Dominici Gregis, n. 33). La nomina all’«ufficio» di cardinale è fatta per un «tempo indeterminato», nel senso che chi detiene tale nomina può essere «rimosso» dal detto ufficio «per cause gravi e osservato il modo di procedere definito dal diritto» (can. 193 § 1) o può essere «privato» dal detto ufficio come punizione per un crimine canonico presunto e provato a norma di diritto (can. 196 § 1). Poiché il pensiero che Brandmüller e gli altri abbiano commesso un «crimine» canonico farebbe semplicemente ridere, rimane solo considerabile la possibilità che Francesco voglia trattare un cardinale che pone domande sul documento Amoris laetitia come una «causa grave» e rimuovere così quattro cardinali dall’ufficio cardinalizio (e eliminando così anche due elettori attualmente elegibili al prossimo conclave). Ma Francesco (che è l’unico a poter giudicare un cardinale, can. 1405 § 1, 2°) non ha detto una parola circa la rimozione di quattro cardinali dalla loro dignità e nemmeno circa la messa al bando di qualcuno di loro dal futuro conclave; finora queste sono soltanto speculazioni di Pio Vito Pinto.
Ma anche volendo considerare, contro ogni precedente e contro lo stesso buon senso, che chiedere al papa chiarimenti su importanti questioni sorte a seguito del suo documento costituisca una «grave causa» per sollevare più d’un prelato dal proprio ufficio, rimarrebbero ancora da onorare, ad ogni stadio del processo di rimozione, numerosi diritti di natura canonica garantiti espressamente per tutti i fedeli cristiani. Il diritto a «difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente», il diritto «di essere giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità» e il diritto «di non essere colpiti da pene canoniche, se non a norma di legge» (can. 221). E si noti che privare qualcuno «della potestà, dell’ufficio, dell’incarico, di un diritto, di un privilegio, di una facoltà, di una grazia, di un titolo, di un’insegna, anche se semplicemente onorifica» costituisce una pene espiatoria per un crimine (can. 1336 § 1, 2°), perciò gli standard delle prove addotte devono essere davvero assai alte (can. 18).
Stando ai fatti, dunque, a me sfugge il modo per il quale qualcuno possa giungere alla conclusione che i quattro Cardinali rischiano di essere privati del loro ufficio.
Nessuno, ultimi poi tra tutti i quattro Cardinali in parola, mette in dubbio la speciale autorità che un papa gode sulla Chiesa (can. 331) e nemmeno essi nutrono l’illusione che un papa possa essere forzato a dare una risposta alle questioni da loro avanzate. La mia impressione è che quattro cardinali, per quanto accoglierebbero volentieri una risposta papale, sono probabilmente contenti d’aver comunque posto in cantiere alcune questioni vitali in vista di un giorno nel quale sarà possibile che esse abbiano finalmente una risposta. Tuttavia essi potrebbero senz’altro esercitare il loro proprio ufficio episcopale di maestri della fede (can. 375) e proporre risposte fondate sull’autorità loro propria. Infatti, essi sono uomini, credo, preparati ad accettare anche la derisione e a soffrire l’incomprensione e la cattiva interpretazione delle loro azioni e dei loro motivi.
Ma, un reale attacco contro i loro uffici o contro i loro possibili ruoli in una futura elezione papale? No, io questo non lo vedo accadere.

Fonte: traduzione da In the Light of the Law - A Canon Lawyer's Blog, Nov. 29th, 2016

1 commento:

  1. Brandmüller, Meissner, Caffarra, Burke. I nomi più preclari del Sacro Collegio. Amici i tre primi degli ultimi due Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
    Senza parole. Siamo arrivati al ridicolo!

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