Sante Messe in rito antico in Puglia

domenica 30 ottobre 2011

Gli incontri con il prof. Nicola Bux a novembre

4 Novembre: Monopoli, "Ricordando S. E. Mons. Ruppi ...la messa a norma della Messa. Presentazione del libro "Come andare a Messa e non perdere la fede".

7 Novembre: Desenzano, conferenza "Il senso ed il valore liturgico-spirituale della dedicazione del Duomo", Duomo di Desenzano ore 21:00.

11 Novembre: Budapest, presentazione della traduzione ungherese del libro "Come andare a Messa e non perdere la fede".

17 Novembre: Radio Maria, rubrica "Chiesa e Liturgia", ore 18:00

23 Novembre: Roma, convegno "Sulla via del Concilio Vaticano II: la preparazione sotto Pio XII", Istituto Maria Bambina.

25 Novembre: Palermo, presentazione del libro "Come andare a Messa e non perdere la fede".

sabato 22 ottobre 2011

L’arte nelle chiese baresi, ovvero il letargo del buon senso

di Giannicola D'Amico

Due settimane fa, visto l’equivoco spettacolo di danze indiane nella Cattedrale barese con lotteria annessa, mi spinsi ad ipotizzare che durante le Notti sacre, indette dall'Ufficio Liturgico Diocesano, il buon senso dei responsabili della res ecclesiastica del capoluogo si fosse (temporaneamente) addormentato.
Esso purtroppo però sembra profondamente in letargo, nonostante la perdurante bella stagione.
Si è chiusa il 18 ottobre la mostra “Oltre il sacro”, ospitata nella Chiesa del Gesù, nel borgo antico, tempio ancora consacrato e regolarmente aperto al culto, poiché affidato alle cure dell’Ordine del S. Sepolcro.
In questo caso ai visitatori dell’allestimento, ed ai fedeli, non è stato risparmiato qualche effetto “speciale” che sarebbe stato meglio ospitare fuori di un luogo sacro, visto che già gli organizzatori avevano battezzato la mostra con una locuzione la quale, da sola, poteva evocare scenari di profanità, forse sfuggiti all’autorità ecclesiastica.
Si è trattato di un allestimento di opere d’arte contemporanea, di diverso genere e di varia mano, che solo in alcuni casi avevano qualche apparente addentellato con il “sacro”, ovviamente rivisitato in quelle forme così sibilline e solipsistiche delle varie correnti post-moderne e post-contemporanee.
Le opere sono rimaste esposte, anche durante le funzioni religiose, opponendo alle severe figure dei Santi Gesuiti che continuano ad occhieggiare benevole dalle tele degli altari, l’attonita immobilità di pesci stilizzati alquanto enigmatici o un ideale fotogramma di alcune enormi carte napoletane (di cui, fortunatamente si mostrava solo il dorso, con il motivo alla Escher), in un immoto quanto ingombrante ed improbabile equilibrio, proprio presso l’altar maggiore, oltre a scritture a tappeto formate da ossa, forse non umane, bianchi parallelepipedi marmorei “senza titolo” e via discorrendo.
Ma fin qui vorrei dire, con un po’ di amaro in bocca per ben immaginabili motivi, “nulla quaestio”: è ormai consuetudine che in chiesa si ospiti di tutto un po’, altrimenti il clero viene tacciato di oscurantismo, bigotteria, filoinquisizionalismo e i cattolici di avversare in modo tetragono ogni progresso artistico.
Senonchè sospesa alla cantoria restava la copia apparente della celeberrima Madonna del Granduca di Raffaello: solo apparente perché guardandola bene si restava gradualmente … stomacati!
Si trattava di una irridente parodia di uno dei capolavori del Rinascimento e di uno dei vertici dell’arte sacra di tutti i tempi: alla Vergine era stato sostituito il volto di Madonna, al secolo Louise Veronica Ciccone, apposte unghie degne di una geisha (per usare un eufemismo) e Gesù Bambino, dotato di orecchino (ma a forma di crocefisso!), piercing e tatuaggio sul deltoide (ma a forma di S. Cuore!), insinuava stranamente la manina in uno squarcio -  tutt’altro che raffaellita - dell’abito materno, all’altezza del petto.
Fatta salva la sacrosanta libertà di ricerca artistica ed accademica (oggi invero viepiù sacrosanta quando è fatta a spese dei … principi non negoziabili dei cattolici), ciò che scandalizza è l’aver ospitato un’opera siffatta in un luogo (ancora) consacrato e durante le funzioni del culto pubblico, poiché oltre che “reinterpretare” Raffaello, si sbeffeggiava chiaramente Maria Santissima.
Anche questa volta qualche domanda sorge spontanea:
  1. se proprio non poteva farsi a meno di prestare un luogo ecclesiastico alla mostra in questione, non si poteva allestirla presso la chiesa della Vallisa, ormai sconsacrata, o nel Portico dei Pellegrini o in qualche chiostro dismesso che, quali pertinenze dei luoghi sacri, arieggiano quel vissuto “religioso” oggi così di moda da dissacrare, ma sono tuttavia almeno esenti dalla celebrazione della divina liturgia?
  2. possibile che nessuno, in Curia, nella rettoria del Gesù, in seno al benemerito (e ciò lo dico senza celia alcuna) Ordine del S. Sepolcro, si sia accorto del tiro mancino? O della più o meno patente blasfemìa dell’allestimento?
La vergognosa distruzione della statua della Madonna e di un Crocifisso ad opera di facinorosi guerriglieri, durante i disordini romani, ha fatto scandalizzare più di quattro irriducibili tradì, alcuni giorni addietro.
Forse sarà il caso di cominciare ad indignarsi un po’ anche per simili sconcezze che, forse sol perché imbastite da “colletti bianchi” del secolarismo à la page, agli occhi di molti, anche cattolici e praticanti, passano per essere encomiabili operazioni che avvicinano la Chiesa al mondo dell’arte e della cultura contemporanee.
Ma a quale prezzo?

domenica 16 ottobre 2011

Vescovi disubbidienti al Papa

dal blog "Settimo Cielo" di Sandro Magister

In questi giorni in tutte le parrocchie e chiese degli Stati Uniti sta arrivando la nuova versione inglese del Messale Romano, che verrà utilizzata a partire dalla prossima prima domenica di Avvento, il 27 novembre.

Numerose e molto dibattute le variazioni rispetto al precedente Messale. Ma il cambiamento che ha suscitato maggiori dispute è certamente quello che riguarda le parole della consacrazione del vino, là dove nella versione latina si legge: "Hic est enim calix sanguinis mei […] qui pro vobis et pro multis effundetur". Il "pro multis" di questa formula nelle traduzioni in lingua volgare del postconcilio è stato generalmente tradotto con "per tutti": traduzione che non solo non rispettava la lettera dell’originale latino, a sua volta derivato da testi evangelici, ma ha ingenerato anche un sottile ma vivace dibattito teologico.

Per ovviare a questi problemi, nell’ottobre 2006 ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo è stata inviata una lettera, su "indirizzo" di Benedetto XVI, dalla congregazione per il culto divino allora presieduta dal cardinale Francis Arinze. In essa si chiedeva di tradurre il "pro multis" con "per molti". Cosa che hanno fatto gli episcopati d’Ungheria (da "mindenkiért" a "sokakért") e di vari paesi d’America latina (da "por todos" a "por muchos"), che si accinge a fare l'episcopato spagnolo, e che ha fatto, non senza vivacissime discussioni anche tra vescovi, l’episcopato degli Stati Uniti (da "for all" a "for many"). Quanto agli episcopati di Germania e di Austria, in essi si registrano forti resistenze al passaggio dal "fur alle" al "fur viele".

Per quanto riguarda l’Italia, l’argomento è stato affrontato dai vescovi nel corso dell'assemblea plenaria della conferenza episcopale tenuta ad Assisi nel novembre del 2010, nel corso dell’esame dei materiali della terza edizione italiana del Messale Romano.

In quella occasione, tra i vescovi italiani si è manifestata una massiccia riluttanza a introdurre il "per molti". Nel corso dei lavori, infatti, si è insistito sul fatto che le conferenze episcopali delle singole regioni erano già state "unanimi" nello scegliere la versione "per tutti". E quando i vescovi dell'Italia intera sono stati chiamati a votare su questo punto specifico del Messale il risultato è stato questo: su 187 votanti, oltre a una scheda bianca, ci sono stati 171 voti a favore di mantenere il "per tutti", 4 per introdurre la versione "per la moltitudine" (calco da "pour la multitude" in vigore nel Messale francese), e appena 11 per il "per molti" richiesto dalla Santa Sede nel 2006.

Nella stessa riunione i vescovi italiani votarono anche a favore di due cambiamenti nel Padre nostro e nel Gloria.

Per il Padre nostro, nel corso di una duplice votazione, i vescovi hanno dapprima scartato l’ipotesi di mantenere la frase "non ci indurre in tentazione"; questa frase infatti ha raccolto solo 24 voti su 184 votanti, meno delle due che poi sono andate in ballottaggio: "non abbandonarci alla tentazione" (87 voti) e "non abbandonarci nella tentazione" (62 voti). Di queste due, la più votata nel ballottaggio è risultata infine la prima, con 111 suffragi contro 68.

Per quanto riguarda il Gloria, su 187 votanti, 151 hanno approvato la variazione "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama", al posto di quella attualmente in uso "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà", che ha ottenuto 36 suffragi.

A proposito di questi stessi testi, i vescovi degli Stati Uniti hanno preferito non toccare il Padre nostro, lasciando inalterata la frase "and lead us not into temptation", linguisticamente più fedele al latino "et ne nos inducas in tentationem".

Mentre per quanto riguarda il Gloria hanno scelto di cambiare le parole "and peace to his people on earth" in "and on earth peace to people of good will", anche in questo caso seguendo testualmente l’originale latino "et in terra pax hominibus bonae voluntatis".

giovedì 13 ottobre 2011

santa Messa solenne a Lecce


Domenica 16 Ottobre 2011, ore 11,00

S. MESSA SOLENNE IN TERZO
nella forma straordinaria del Rito romano

celebrata da

don Federico Pozza
novello sacerdote dell'Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote

Coro polifonico diretto dal m° Luigi Mazzotta

Chiesa di Santa Chiara
Lecce


giovedì 6 ottobre 2011

Nelle “Notti sacre” il sonno del buon senso

di Giannicola D’Amico

Si è svolta per la seconda volta a Bari la manifestazione “Notti sacre” che ha visto un nutrito cartellone di concerti, conferenze, rappresentazioni nelle chiese della città vecchia: una delle tante kermesse di cui le nostre chiese, aperte o chiuse al culto, sono sempre più piene oggigiorno.
Non ci sarebbe stato bisogno di alcun commento ad una manifestazione che, come tante altre, segna indelebilmente i nostri tempi, se non fosse stato per le polemiche sorte a seguito degli spettacoli di chiusura, ovvero le danze indiane e l’estrazione della lotteria collegata alla manifestazione, avvenute nella Cattedrale del capoluogo, domenica 2 ottobre.
Gli altri concerti e serate dell’iniziativa – ancorchè scaturente dall’idea un po’ bizzarra di replicare in ambito ecclesiastico le notti bianche che ormai imperversano ovunque – sono stati ben organizzati e di buona riuscita, sebbene si debba auspicare che l’Ufficio Liturgico della Diocesi, nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali, possa pre-occuparsi più della musica all’interno della liturgia, che nelle chiese del capoluogo non è proprio di alto livello, piuttosto che di tali organizzazioni culturali.
Lo spettacolo di danza indiana però ha fatto storcere il naso a più di uno, unitamente all’aver proceduto all’estrazione del premio in palio (una autovettura) in Cattedrale, e non si può trattare di qualche anima pia o esaltato, come da qualche parte sono stati definiti i detrattori della manifestazione.
Ragioni di semplice prudenza “canonica” – senza scomodare alte questioni di desacralizzazione o profanazione del luogo, che forse sfuggirono agli organizzatori – avrebbero potuto evitare tale oggettivo scempio.
Il can. 1210 del Codice di Diritto Canonico recita “Nel luogo sacro sia consentito solo quanto serve all'esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione, e vietato qualunque cosa sia aliena dalla santità del luogo. L'Ordinario, però, per modo d'atto può permettere altri usi, purché non contrari alla santità del luogo.”
S.E. l’Arcivescovo deve aver approvato “per modo d’atto” l’esibizione della danzatrice indiana (ma milanese) al suono del sitar, forse perché al di fuori da una funzione sacra in senso stretto, ma qui soccorre la normativa secondaria.
Considerato che i concerti tenuti nelle chiese sono assimilati ipso iure ai pii esercizi, l’Istr. Musicam sacram del 1967 recita “gli strumenti che, secondo il giudizio e l’uso comune, sono propri della musica profana, siano tenuti completamente fuori di ogni azione liturgica e dai pii e sacri esercizi”.
Se negli anni Sessanta si parlava solo di strumenti musicali, ora bisogna tener conto anche degli strumenti coreutici……
Negli anni Ottanta, quando il fenomeno delle manifestazioni extraliturgiche cominciava ad ingigantirsi, una lettera della Sacra Congregazione per il Culto Divino dedicata proprio ai “Concerti nelle chiese” (5 novembre 1987) ribadiva: "Le chiese (...) non possono considerarsi come semplici luoghi "pubblici", disponibili a riunioni di qualsiasi genere. Sono luoghi sacri, cioè "messi a parte", in modo permanente, per il culto a Dio, dalla dedicazione o dalla benedizione. (…….) Quando le chiese si utilizzano per altri fini diversi dal
proprio, si mette in pericolo la loro caratteristica di segno del mistero cristiano, con danno più o meno grave alla pedagogia della fede e alla sensibilità del popolo di Dio, come ricorda la parola del Signore: "Domus mea, domus orationis vocabitur".”
Non sappiamo se, nell’organizzare la serata finale di Notti Sacre, in Curia si siano posti questi problemi visto che in passato (giustamente) quando manifestazioni simili erano allestite da enti terzi, si pretendeva di vagliare previamente i programmi musicali “ad tuendam catholicam fidem”.
Senza entrare nella gratuita polemica, alcune domande sorgono spontanee:
  1. era opportuno inscenare quello spettacolo in Cattedrale, giustificandolo con l’anniversario della nascita di Ghandi?
  2. sarebbe stato più giusto tenerlo nella chiesa della Vallisa, ormai sconsacrata da anni e devoluta stabilmente a concerti e spettacoli di vario genere?
  3. era necessario tenere in Cattedrale l’estrazione della lotteria (iniziativa in sé legittima), quando alle nostre latitudini il 2 ottobre poteva far simpaticamente prevedere l’iniziativa sul sagrato, o nel retrostante cortile dell’episcopio, se proprio il complesso Cattedrale- Episcopio-Istituto di Scienze religiose-Tribunale ecclesiastico fosse privo di una sala così capiente da accogliere le fiumane di aspiranti vincitori della vettura?
  4. se proprio all’Ufficio Liturgico nessuno bazzica di diritto, si poteva chiedere a qualche Ufficio di Curia un po’ più attrezzato nel campo?
Ma forse il problema, ahinoi!, non si è nemmeno posto.
Speriamo che, per pari trattamento ecumenico, qualche tempio braminico in India accolga presto un concerto di “Frammenti di Luce” con le musiche di don Antonio Parisi, maestro di Cappella della Cattedrale barese, gli amabili gorgheggi di sr Cristina Alfano e le severe bacchettate di don Maurizio Lieggi.

mercoledì 5 ottobre 2011

i prossimi incontri con Nicola Bux


Roma, venerdì 7 ottobre ore 17.30 
Centro Russia ecumenica, Borgo Pio, 141
Presentazione del libro di Alberto Carosa 
"L'opposizione al Motu Proprio Summorum Pontificum" 
ed. Fede & Cultura.

Bitetto (Ba), giovedì 13 ottobre ore 20 Cattedrale: 
Incontro sul tema: "Perchè la Messa in latino".


Chieri (To), venerdì 14 ottobre ore 21 
Teatro Duomo, via Balbo, 
Incontro sul tema: La Messa: Liturgia o happening? 
presentazione del libro "Come andare a Messa e non perdere la fede", 
organizzato da Associazione di formazione apologetica Landolfo Vescovo.

Bitetto (Ba), mercoledì 19 ottobre ore 20 Cattedrale: 
Celebrazione della S.Messa in forma extraordinaria.

domenica 2 ottobre 2011

Prosegue la riforma del Santo Padre in materia liturgica

Decisivo passaggio del percorso di riforma nella continuità che il Santo Padre Benedetto XVI ha tracciato sin dall’inizio del suo pontificato: col Motu Proprio “Quaerit semper”, firmato il 30 agosto 2011 e pubblicato in questi giorni, Sua Santità ha proceduto ad una importante riforma dei Dicasteri vaticani, trasferendo la competenza per i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato e di nullità della sacra Ordinazione dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ad un nuovo Ufficio costituito presso il Tribunale della Rota Romana. Ma ciò che rende tale provvedimento decisivo per la liturgia non è il suo oggetto specifico, bensì la sua finalità che il Papa ha voluto rendere esplicita nel preambolo:

"La Santa Sede ha sempre cercato di adeguare la propria struttura di governo alle necessità pastorali che in ogni periodo storico emergevano nella vita della Chiesa, modificando perciò l’organizzazione e la competenza dei Dicasteri della Curia Romana.
Il Concilio Vaticano II confermò, d’altronde, detto criterio ribadendo la necessità di adeguare i Dicasteri alle necessità dei tempi, delle regioni e dei riti, soprattutto per ciò che riguarda il loro numero, la denominazione, la competenza, i modi di procedere e il reciproco coordinamento (cfr. Decr. Christus Dominus, 9).
Seguendo tali principi, il mio Predecessore, il beato Giovanni Paolo II, procedette a un complessivo riordino della Curia Romana mediante la Costituzione apostolica Pastor bonus, promulgata il 28 giugno 1988 (AAS 80 [1988] 841-930), configurando le competenze dei vari Dicasteri tenuto conto del Codice di Diritto Canonico promulgato cinque anni prima e delle norme che già si prospettavano per le Chiese orientali. In seguito, con successivi provvedimenti, sia il mio Predecessore, sia io stesso, siamo intervenuti modificando la struttura e la competenza di alcuni Dicasteri per meglio rispondere alle mutate esigenze.
Nelle presenti circostanze è parso conveniente che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti si dedichi principalmente a dare nuovo impulso alla promozione della Sacra Liturgia nella Chiesa, secondo il rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II a partire dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium.

Ecco, dunque, la ragion d’essere del riassetto delle competenze: l’indicazione esplicita di una riforma liturgica “a partire dalla Costituzione Sacrosantum Concilium”, quasi a voler sottolineare che molto di quanto è venuto dopo non pare conforme alla decisione dei Padri conciliari che avevano disposto uno sviluppo organico nel solco della tradizione: non si introducano innovazioni... (SC, 23).