Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 21 novembre 2015

Parigi e la caduta di Roma

Parigi è prossima a cadere. Non è necessario essere profeti o figli di profeti per prevederlo con ragionevole sicurezza. No. Basta ri-leggere la storia passata, che senz'altro getta luce su quella a venire. Gli uomini, evidentemente, non imparano quasi mai dai propri errori passati. Spesso li ripropongono, sia pur in forme diverse. Si tratta, tuttavia, sempre dei medesimi errori. 
Ed in effetti la Parigi laicista odierna preferisce inneggiare la Marsigliese, anche nella Cattedrale di Notre Dame (v. qui), o innalzare "altari laici", cioè atei (v. qui e qui), piuttosto che tornare a Dio. 
Questo avviene mentre la Chiesa irenista pensa di frenare la dissoluzione occidentale proponendo messaggi buonisti di "fratellanza" universale, dimenticando che una vera fratellanza, non effimera, si può ottenere solo in Cristo, cioè con l'adesione degli uomini a Lui.
Ma tutto ciò sono solo dei segni che accompagnano e preannunciano la prossima caduta: la sicurezza di se stesso, da parte dell'Occidente, la presunzione e la boria di trovare meramente in se stesso la forza di rivaleggiare contro un pensiero forte, giustapponendo a questo il proprio pensiero debole e laicista (v. qui). In fondo, questa sicurezza di se ricorda molto da vicino le motivazioni culturali e morali, che portarono alla sconfitta di Roma ed alla sua caduta!
Per cui, la caduta di Parigi, e con essa dell'ideologia occidentale, non sembra essere molto diversa da quella di Roma del 410 d.C. sotto le truppe di Alarico, che, pur generale romano (era infatti magister militum dell’Illyricum) e di fatto governatore dell’Epiro, non esitò, per una serie di vicende politiche del tempo, a saccheggiare Roma (24 agosto 410 d.C.). Si trattò di un evento che sconvolse l’intero mondo antico e che ispirò il De Civitate Dei di S. Agostino, in cui il Dottore d’Ippona rammenta:
«Fecerunt itaque civitates duas amores duo, terrenam scilicet amor sui usque ad contemptum Dei, caelestem vero amor Dei usque ad contemptum sui. Denique illa in se ipsa, haec in Domino gloriatur. Illa enim quaerit ab hominibus gloriam; huic autem Deus conscientiae testis maxima est gloria. Illa in gloria sua exaltat caput suum; haec dicit Deo suo: Gloria mea et exaltans caput meum (Ps 3, 4). Illi in principibus eius vel in eis quas subiugat nationibus dominandi libido dominatur; in hac serviunt invicem in caritate et praepositi consulendo et subditi obtemperando. Illa in suis potentibus diligit virtutem suam; haec dicit Deo suo: Diligam te, Domine, virtus mea (Ps 17, 2). Ideoque in illa sapientes eius secundum hominem viventes aut corporis aut animi sui bona aut utriusque sectati sunt, aut qui potuerunt cognoscere Deum, non ut Deum honoraverunt aut gratias egerunt, sed evanuerunt in cogitationibus suis, et obscuratum est insipiens cor eorum; dicentes se esse sapientes, id est dominante sibi superbia in sua sapientia sese extollentes, stulti facti sunt et immutaverunt gloriam incorruptibilis Dei in similitudinem imaginis corruptibilis hominis et volucrum et quadrupedum et serpentium: ad huiuscemodi enim simulacra adoranda vel duces populorum vel sectatores fuerunt: et coluerunt atque servierunt creaturae potius quam Creatori, qui est benedictus in saecula (Rom 1, 21-23.25). In hac autem nulla est hominis sapientia nisi pietas, qua recte colitur verus Deus, id exspectans praemium in societate sanctorum non solum hominum, verum etiam angelorum, ut sit Deus omnia in omnibus (1 Cor 15, 28)»; 
«L’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l’amore di Dio portato fino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. [...] I cittadini della città terrena son dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l’uno all’altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale» (De Civitate Dei, lib. XIV, cap. 28).
Nella descrizione del celebre Padre della Chiesa sembra poter leggere profeticamente la descrizione dell'attuale nostra società.
Una situazione non diversa, dunque, vive il nostro mondo occidentale, un tempo cristiano.
Anche oggi i “neo barbari”, forti della debolezza culturale, morale e religiosa, tentano di conquistare il “ricco” ed opulento Occidente, dimentico di Dio, scristianizzato, ateo e vizioso. E ci riusciranno, in quanto i sani anticorpi per resistere a quell’impatto, che non è solo militaresco o terroristico, ma anche ideologico, sono ormai stati deliberatamente disciolti.
Evidentemente, la storia, che pure è maestra di vita, non ha insegnato nulla. Anzi continuano i deliri di chi vuole ancor più indebolire il pensiero già debole e debosciato occidentale (v. qui).

Parigi e la caduta di Roma

Propongo il testo che segue, segnalato da Rosa Roccaforte e tradotto al volo dalla Redazione. Si tratta di osservazioni da non ignorare per arricchire le nostre chiavi di lettura di quanto sta accadendo. Se non si riflette a fondo, non si possono affrontare con la dovuta consapevolezza e responsabilità gli eventi che incombono nella intricata e complessa correlazione dei molteplici elementi in campo. Autore dell’articolo: Niall Ferguson – 16 novembre 2015 sul Boston Globe [qui]. Ferguson è professore di Storia all’università di Harvard, membro anziano della Hoover Institution e autore del libro “Kissinger, 1923-1968: The Idealist.’’
Sto elaborando riflessioni anche in relazione ai mantra ricorrenti, dopo aver riscontrato sui media (stampa e TV) una informazione sbilanciata la cui problematicità si innesta in questo discorso.

Parigi e la caduta di Roma

Saccheggio di Roma ad opera dei Visigoti
Non ripeterò quanto avete già letto o ascoltato in questi giorni. Non vi dirò che ciò che è successo a Parigi venerdì sera è di un orrore senza precedenti, perché non è vero. Non solleverò appelli perché il mondo si schieri al fianco della Francia, perché si tratterebbe di una frase vuota. Non applaudirò l’impegno del presidente Hollande a esercitare una vendetta “senza pietà”, perché non ci credo. Piuttosto, vi dirò che è proprio in questo modo che una civiltà crolla.
Così Edward Gibbon descrisse il saccheggio di Roma da parte dei Goti nel mese di agosto dell’anno 410 d.C.:
“Nell’ora della licenza selvaggia, in un’epoca in cui ogni passione era infiammata e ogni freno morale era rimosso … uno sterminatore crudele venne inflitto ai Romani; […] le strade della città erano piene di cadaveri. […] Ogni volta che si cercava di opporsi ai barbari, questi, sentendosi provocati, estendevano il massacro ai più deboli, agli innocenti, alle persone indifese [...]”
Ora, ciò non sembra forse la descrizione delle scene di Parigi di venerdì sera, di cui siamo stati spettatori?
È vero, la Storia del declino e della caduta dell’impero Romano di Gibbon rappresentava il decesso di Roma come un processo che si è sviluppato lentamente nel córso di più di un millennio. Ma una nuova generazione di storici, come Bryan Ward-Perkins e Peter Heather, ha sollevato l’ipotesi che il processo di declino dell’impero Romano sia stato in realtà improvviso – e sanguinoso – piuttosto che graduale: una “conquista violenta […] da parte di barbari invasori” che distrusse una civilizzazione complessa nell’arco di una singola generazione.

Processi misteriosamente simili stanno distruggendo oggi l’Unione Europea, anche se molti di noi non vogliono riconoscerli per quel che sono.

Dobbiamo essere chiari su ciò che sta accadendo. Come l’impero Romano nei primi anni del quinto secolo, l’Europa ha permesso che le sue difese si affloscino. Di pari passo con l’aumento della sua ricchezza, le sue capacità militari e la sua autostima si sono ridotte. È diventata una civiltà decadente rinchiusa in centri commerciali e stadi di calcio. Allo stesso tempo, ha aperto le sue porte a estranei che desiderano possedere la sua ricchezza senza rinunciare alla loro fede ancestrale.
Il colpo a distanza a questo edificio barcollante è stata la guerra civile siriana, che è stata il catalizzatore e una causa diretta della grande Völkerwanderung [esodo di popoli, NdT] del 2015. Come era successo precedentemente, sono arrivati in tanti da tutte le parti della periferia imperiale – dal Nordafrica, dal Levante, dall’Asia del Sud – ma questa volta ne sono arrivati milioni.
Certo, molti sono venuti solo perché speravano di trovare una vita migliore. La situazione economica nei loro paesi è diventata sufficientemente buona per permettergli di viaggiare all’estero, e quella politica è diventata sufficientemente negativa per spingerli a rischiare di lasciare la propria terra. Ma non è possibile che tutte queste persone sciamino in direzione settentrionale e occidentale senza recare con sé il proprio malessere politico. Come Gibbon aveva visto, i monoteisti convinti rappresentano una grave minaccia per un impero secolare.
È ormai diventata un’abitudine affermare che la gran maggioranza dei musulmani che vivono in Europa non sono violenti, e questo è senza dubbio vero. Ma è anche vero che la maggioranza dei musulmani in Europa nutrono dei punti di vista che non possono conciliarsi facilmente con i principi delle nostre democrazie liberali moderne, ivi compresi quelli recentemente raggiunti a proposito dell’uguaglianza dei sessi e della tolleranza non solo della diversità religiosa ma anche di quasi tutte le tendenze sessuali. Ed è incredibilmente facile, per un gruppo minoritario di queste comunità che presuntamente amano la pace, acquistare delle armi e preparare attentati contro una civiltà.
Non ho nozioni abbastanza approfondite del quinto secolo per poter citare le fonti Romane che descrivevano ogni nuovo atto di barbarie come un atto senza precedenti, anche se in realtà erano drammi che si erano già verificati molte volte in epoche anteriori; o che sollevavano pii inviti alla solidarietà dopo la caduta di Roma, persino quando rimanere in piedi l’uno a fianco dell’altro significava in pratica cadere insieme; o che emettevano sterili minacce di vendetta senza pietà, anche se in realtà l’unica cosa che volevano era di richiamare l’attenzione con le loro pose melodrammatiche.
Quel che so bene, invece, è che l’Europa del XXI secolo non solo deve biasimare se stessa per il pasticcio in cui si trova in questo momento, perché non c’è alcun altro luogo del mondo che abbia dedicato più risorse allo studio allo studio della storia che l’Europa moderna. Quando sono andato ad Oxford più di trent’anni fa, davo per scontato che già dai primi córsi del mio primo anno di studi avrei studiato Gibbon. Non è servito a nulla. Non abbiamo imparato nulla che avesse realmente a che vedere con la storia, ma un mucchio di sciocchezze che avevano come fondamento il presupposto che il nazionalismo fosse una realtà negativa, gli stati-nazione ancóra peggio, e gli imperi la cosa peggiore di tutte.
Nel suo libro La caduta di Roma, Ward-Perkins ha scritto: “Prima della caduta, i Romani erano tanto sicuri che il loro mondo sarebbe rimasto per sempre sostanzialmente immutato quanto lo siamo noi oggi. Si sbagliavano. Faremmo bene a non ripetere il loro atteggiamento di sufficienza”.
Povera Parigi. Uccisa da un atteggiamento di sufficienza.

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