Sante Messe in rito antico in Puglia

domenica 7 luglio 2024

XVII anniversario (e forse ultimo) del Summorum Pontificum

Son passati 17 anni dalla promulgazione del Summorum Pontificum. Eppure sembra passato un secolo e, oggi, relegato quasi ad oggetto di antiquariato di nostalgici, che, come i c.d. soldati fantasmi giapponesi, abbandonati nelle sperdute isole del Pacifico, continuavano a combattere per l’impero del Giappone, nonostante la seconda guerra mondiale fosse terminata da tempo.

Oramai, quindi, siamo forse negli ultimi giorni di scampoli di questo documento voluto da Benedetto XVI, prima che su di esso si abbattano – inesorabili – le tagliole del – si vocifera – ormai prossimo documento vaticano, che, dovrebbe porre la pietra tombale sul m.p. di papa Ratzinger (cfr., tra i tanti, URGENT - URGENT - Growing Rumors of a “Final Solution” for the Traditional Latin Mass – TLM, in Rorate coeli, 17.6.2024; Archbishop Viola, the violator of Tradition -- the dangerous secretary of Divine Worship and the man behind the attempts to ban the Traditional Mass. His letter to the Melbourne Archbishop, ivi; Il Dicastero per il Culto Divino dice no al Vetus Ordo in cattedrale, in Silere non possum, 18.6.2024; Il Vaticano sta pianificando un divieto «definitivo» della Santa Messa tradizionale, probabilmente il 16 luglio, in blog Messa in latino, 20.6.2024).

Certo, potrebbe pure porsi termine alla liberalizzazione della c.d. messa antica, ma altrettanto certamente questa messa non potrà mai essere soppressa, nonostante le macchinazioni dell’odierno establishment vaticano.

Quindi, sebbene nel contributo che segue di Franco Parresio, scritto per celebrare il 17° anniversario del Summorum lo scorso 7 luglio, questi esclami – alla maniera appunto dei soldati giapponesi di cui si è detto – “Auguri, Summorum! E buona vita!”, noi preferiamo rivolgere quell’auspicio di “buona vita” alla messa in rito antico nonostante tutto, ricordando l’eroica resistenza, in Francia, a Port Marly, nel lontano 1987, nella I Domenica di Passione (cfr. Un ricordo del 1987 sulla resistenza per la Messa Tradizionale, ivi, 8.7.2024).


Buona lettura.


Diciassette anni del Summorum Pontificum

di Franco Parresio

Diciassette anni sembrano pochi e invece sono un bel traguardo! Il nostro Summorum, tra tante incertezze che lo hanno accompagnato sin dalla sua nascita, è quanto mai vivo e rigoglioso. E questo perché non è opera dell’uomo – come a certuni può sembrare – ma di Dio. Il tre volte sette, che lo caratterizza, parla chiaro: promulgato il sette luglio duemilasette (7.7.7) e pubblicato – guarda caso! – alla pagina 777 (vol. 99) degli Acta Apostolicae Sedis. Il crescente interesse, infatti, verso l’Usus Antiquior della Liturgia Romana è ormai un dato acclarato: solo chi ostinatamente non vuole vedere, continua nella sua illogica propaganda denigratoria di esso. Sorprende, in modo commosso, notare che in sua difesa non scendono in campo solo i cosiddetti tradizionalisti, ridicolizzati come “indietristi”, bensì quell’insospettato mondo di intellettuali e attivisti fuori dalla Chiesa, come Agatha Christie e Bianca Jagger, alle quali va tutta la nostra riconoscenza.

Leggo in Messainlatino.it che era il 6 luglio del 1971 quando il Times di Londra (il quotidiano più autorevole al mondo) pubblicò «un appello a Papa Paolo VI in difesa della Messa tradizionale in latino firmato da scrittori e artisti cattolici e non cattolici, tra cui Agatha Christie, Graham Green, Barbara Hepworth e Yehudi Menuhin». A distanza di cinquantatré anni lo stesso giornale il 3 luglio scorso ha pubblicato un appello analogo sottoscritto da «nomi  illustri [che] hanno firmato la petizione per implorare la S. Sede di preservare e mantenere la MTL (cioè la Messa Tradizionale in Latino). Tra essi si leggono: Bianca Jagger (moglie del mitico Mick Jagger dei Rolling Stones), Lloyd-Webber (produttore di celebratissimi Musical quali Jesus Christ Superstar, Cats, Evita, The Phantom of the Opera), Kiri Te Kanawa (soprano stimato anche dalla Regina), la principessa Michael del Kent, lo stilista Paul Smith, l’ex ministro Michael Gove».

Ancora una volta è quell’insospettato mondo anglosassone, del quale scimmiottiamo modi di dire, rendendoci ridicoli, a salvaguardare la cultura latina, ben strutturata nella Liturgia Romana precedente alle riforme montiniane.

La petizione del 6 luglio 1971, dunque, guarda lontano (ben oltre l’ottenimento di un semplice indulto che porta il nome della stessa Agatha Christie): a quel 7 luglio 2007, giorno della promulgazione del Summorum Pontificum, in cui esplicitamente si dice che «è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962», perché «mai abrogato». E questo è un dato incontrovertibile, ammesso dalla stessa Lettera di accompagnamento al motu proprio Traditionis custodes, in cui, richiamando un passo del m.p. ratzingeriano, si parla del «Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato».

Auguri, Summorum! E buona vita!

domenica 31 marzo 2024

Al termine del Santo Giorno di Pasqua, il canto del Magnificat

 





Benedizione Urbi et Orbi del papa

PASQVA ROMANA
Il filmato risale al 1940. Mostra la benedizione papale "Urbi et Orbi" (per la Città - Roma e il mondo) data direttamente dopo la solenne Messa papale di Pio XII nella Basilica Vaticana


Antifona pasquale del Regina Coeli

 


Ultimo papa a cantare il Regina Coeli ..... praticamente un millennio fa .....


Seguace di Roger van der Weyden, Cristo risorto appare a sua madre, 1475 circa, National Gallery of Art, Washington 

Cristo è veramente risorto! Auguri di Santa Pasqua

Christus resurrexit, vere a mortuis resurrexit!

Cristo è risorto, è veramente risorto dai morti. Auguri di Santa Pasqua ai nostri lettori

Irma Martin, Le tre donne alla tomba di Cristo, 1843, Musée du louvre, Parigi


sabato 30 marzo 2024

Immagini per meditare il Sabato Santo


Francisco Goya (attrib.), Pietà, 1774

Scuola fiamminga, Pietà, XVII sec.

Addolorata e Cristo morto, Vico del Gargano

Pierre Jean Van der Ouderaa, Le sante donne ritornano dalla tomba di Cristo, 1893

Antonín Krisan, Pietà, 1884, Galleria d'arte moderna, Hradec Králové

Hanuš (Hans) Tichý, Oplakávání (Pietà), 1888, Moravská galerie, Brno

giovedì 28 marzo 2024

Sul luogo del rinnegamento: la basilica del Gallicantu

In questo giovedì della Settimana Santa, soffermiamoci sul luogo del rinnegamento di Pietro: la basilica gerosolominata di San Pietro in Gallicantu.

La basilica del Gallicantu

di Pietro Romano

L’abbandono, il tradimento, la disperazione, la presenza salvifica di Maria Santissima... Quanto abbiamo da meditare presso San Pietro in Gallicantu!

La chiesa sorge sul lato orientale del monte Sion. Verso la metà del V secolo, vi fu eretto un monastero bizantino dedicato alle lacrime di pentimento versate da san Pietro e non al suo tradimento. La chiesa del monastero era menzionata dai pellegrini con il nome di Chiesa delle lacrime. Dopo le invasioni arabe, tale cappella fu ricostruita dai crociati nel XII secolo e rinominata San Pietro in Gallicantu, per far memoria del gallo che cantò dopo che san Pietro rinnegò per tre volte il Maestro (cf Mt 26,69-75). 

La Chiesa, edificata nei pressi del luogo dove si suppone sorgesse la casa di Caifa, sommo sacerdote, dalla fine del XIX secolo appartiene ai padri Agostiniani Assunzionisti, che nel 1888 compirono degli scavi archeologici, riportando alla luce le rovine del monastero bizantino e un complesso di grotte, facenti parte probabilmente di abitazioni del I secolo. Vi è anche la cosiddetta prigione di Cristo, ossia il luogo dove, secondo la tradizione, il Redentore passò la notte, dopo il processo avuto presso Anna e Caifa, prima di essere consegnato a Pilato. Recentemente vicino alla Chiesa è stata scoperta una strada a gradini di epoca romana, che dal monte Sion scende verso la piscina di Siloe e verso il Getsemani. Quasi sicuramente per questa strada Gesu?, dopo l’Ultima Cena, scese per andare con i suoi Apostoli a pregare nell’orto degli ulivi. 

Verso la casa di Caifa: Gesù solo

Arrestato Gesù e legato con funi, i soldati lo condussero via. Era solo. Nessun amico gli era rimasto vicino. Gli Apostoli, infatti, smarriti e impauriti dal tintinnio delle catene e dal luccicore delle spade, erano fuggiti, tutti. Le guardie fecero il percorso inverso fatto poche ora prima da Gesù con gli Apostoli: attraversarono il Cedron e risalirono sulla collina occidentale della città, dove si trovava la casa del sommo sacerdote Caifa, dove, in un diverso appartamento, abitava anche Anna, non più in carica, ma ancora potentissimo. Quel doloroso cammino fatto dal Salvatore, ogni anno viene ripercorso da molti fedeli che, dopo la celebrazione dell’Ora santa in compagnia di Gesù agonizzante fatta al Getsemani verso le 20.30, si dirigono con le fiaccole accese e pregando il santo Rosario verso la basilica del Gallicantu, attraversando la valle del Cedron e risalendo la collina, sui passi di Gesù, per riparare gli oltraggi che Egli ricevette dai soldati lungo tutto il tragitto e per colmare la solitudine in cui Egli si trovò sin dall’inizio della sua Passione. 
O tu che leggi, recati in spirito presso l’orto del Getsemani e accompagna Gesù lungo la via che conduce da Caifa. Non lasciarlo solo anche tu! Confortalo, aiutalo, in quella notte di fitte tenebre.

L’interrogatorio e gli oltraggi

Due furono gli interrogatori cui fu sottoposto Gesù, avvenuti in due fasi e sedi differenti, uno alla sera, dinanzi ad Anna, e uno al mattino, davanti a Caifa e al sinedrio. La prima fase fu religiosa: Gesù, infatti, venne imputato di delitto religioso e dichiarato dal sinedrio degno di morte. Poiché tale sentenza aveva solo un valore teoretico, non potendo il sinedrio eseguire sentenze capitali senza l’approvazione dell’autorità romana, allora questi si rivolse al procuratore di Roma, aprendo così la seconda fase del processo che si svolse dinanzi al tribunale civile. 


Il primo interrogatorio, verso le 2.00 del mattino, avvenne dinanzi ad Anna, il quale interrogò Gesù circa i suoi Discepoli e il suo insegnamento. Egli rispose rinviando alle testimonianze di coloro che lo avevano ascoltato insegnare e predicare. Uno schiaffo violento concluse l’interrogatorio e Gesù fu consegnato alle guardie del sinedrio perché lo custodissero sino alla seduta del mattino. Stanchi e irritati per la notte passata insonne a causa sua, i soldati, condotto il prigioniero in uno dei sotterranei, fecero del condannato l’oggetto dei loro scherni: schiaffeggiato, sputato in faccia, insultato e bastonato.

Ancora oggi si può visitare la prigione di Cristo, dove, nella penombra della grotta, si è invitati ad unirsi alle sofferenze del Redentore, recitando il Salmo 88: «Mi hai gettato nella fossa più profonda, / negli abissi tenebrosi. /Pesa su di me il tuo furore / e mi opprimi con tutti i tuoi flutti. / Hai allontanato da me i miei compagni, / mi hai reso per loro un orrore. / Sono prigioniero senza scampo, / si consumano i miei occhi nel patire. / Tutto il giorno ti chiamo, Signore, / verso di te protendo le mie mani» (Sal 88,7-10).
Gesù fu condotto da Caifa attraverso un cortile e «appena fu giorno» (Lc 22,66), probabilmente verso le 5.00 del mattino, fu tenuta la seconda seduta, alla presenza di tutti e tre i gruppi del sinedrio. Molti falsi testimoni si fecero avanti ad accusare Gesù (cf Mt 26,61; Mc 14,58), contraddicendosi tra loro. Caifa, alterato per la situazione difficile, dopo la risposta di Gesù, lo accusò di bestemmia, strappandosi le vesti. Scrive il Ricciotti: «Per rendere più visivo e più impressionante il suo sdegno, il sommo sacerdote mentre aveva lanciato il primo grido si era anche strappato l’orlo superiore della tunica, com’era usanza di fare quando si assisteva ad una scena di sommo cordoglio; ma in realtà se quell’uomo avesse mostrato palesemente sul volto i veri sentimenti che aveva nel cuore, il suo aspetto sarebbe apparso illuminato di profonda e sincera gioia. Egli infatti credeva d’esser riuscito a far bestemmiare Gesù, e con ciò ad implicarlo nella sua propria condanna».

Il rinnegamento di Pietro: il valore di uno sguardo

Tre volte san Pietro fu interrogato se conoscesse Gesù, tre volte rinnegò e subito cantò il gallo per la seconda volta, come gli era stato predetto dal Messia (cf Mc 14,72). Proprio in quel momento Gesù, legato e circondato dagli sbirri, aveva appena terminato la seduta notturna e veniva condotto nel sotterraneo, passando attraverso l’atrio dove era stato acceso il fuoco. Udito il gallo, Pietro si scosse, guardò più in là e vide che Gesù passava e che a sua volta lo fissava con uno sguardo d’amore speciale. A quel punto Pietro, ricordandosi di quello che Gesù gli aveva detto, «uscito fuori, pianse amaramente» (Mt 26,75). Scrive sant’Agostino: «Eccovi dunque Pietro, un uomo che rinnega e che ama; che rinnega per debolezza umana, che ama perché sorretto dalla grazia divina. Il giorno che rinnegò Pietro scoprì ai suoi stessi occhi chi realmente fosse. In effetti era stato un presuntuoso e con orgogliosa vanteria aveva, per così dire, sbandierato le sue forze. Affermando: Signore, io resterò con te fino alla morte, aveva presunto delle proprie forze [...]. E di fatto [...] prima che il gallo cantasse, quel servo, pur così entusiasta, negò tre volte il Signore. E dopo che l’ebbe rinnegato tre volte, cosa troviamo scritto nel Vangelo? Il Signore lo guardò e [Pietro] pianse amaramente. Se il Signore non l’avesse guardato, Pietro non avrebbe pianto» (Discorso 229/P, n. 3). A lui fa eco sant’Ambrogio che commenta: «Tutti coloro che Gesù guarda, piangono. La prima volta Pietro rinnegò e non pianse: perché il Signore non lo aveva guardato. Lo rinnegò una seconda volta e neppure questa volta pianse, poiché non lo aveva guardato il Signore. Quando lo rinnegò per la terza volta, però, Gesù fissò su di lui il suo sguardo e cominciò a piangere con amarezza incontenibile [...]. Pietro pianse, e con amarezza profonda; pianse affinché le sue lacrime potessero lavare il suo peccato. Anche tu devi piangere la tua colpa con lacrime se vuoi ottenere il perdono nello stesso momento ed istante in cui Cristo ti guarda. Se ti capita di cadere in qualche peccato, colui che ti è testimone nel più intimo del tuo essere, ti guarda per farti ricordare e confessare il tuo errore» (Sant’Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, X, 89-90). 

A ricordo di questo episodio, fuori la basilica è stata posta una statua che rappresenta san Pietro accanto al fuoco, nell’atto di rinnegare Gesù. Sotto si essa vi è la scritta: «Non novi illum» (Lc 22,57).

La morte di Giuda

La mattina si seppe subito della cattura e della condanna di Gesù. Giuda allora per la prima volta si rese conto delle conseguenze del suo tradimento e si disperò. Il suo amore per il Messia era torbido e impuro per cui non seppe far prevalere la speranza del perdono. I trenta sicli ricevuti per il tradimento gli divennero fonte di insopportabile amarezza, come fossero arroventati e si recò al sinedrio per restituirli, gridando di aver tradito sangue innocente, ma ricevette solo una fredda risposta: «A noi che importa? Pensaci tu!» (Mt 27,4). Gettò le monete d’argento nel Tempio, si allontanò mentre «l’amore suo per Gesù credeva scorgere davanti a sé una rupe insormontabile per raggiungere la persona sempre amata. Da ogni parte il traditore vedeva attorno a sé il vuoto. Una nerissima tenebra avvolse allora la sua mente, ed egli fuggendo via dal Tempio», «andò a impiccarsi» (Mt 27,5).

Mai dubitare del perdono della Madre divina. Secondo la mistica Anna K. Emmerick, il Redentore aveva accennato alla Madre del prossimo tradimento di Giuda per cui la Vergine Maria pregò compassionevolmente per il miserabile Discepolo. Ma al contrario di san Pietro, che, secondo alcuni Padri, dopo aver rinnegato Gesù, si gettò ai piedi della Madonna per ottenere il perdono e rialzarsi, Giuda si lasciò andare alla disperazione, il demonio l’afferrò, lo condusse quasi alla pazzia e non fu più capace di rivolgersi a Colei che avrebbe potuto aiutarlo.

O tu che leggi, ricordati che Gesù ti guarda dal tabernacolo con sguardo d’amore, nonostante i tuoi peccati e le tue miserie. Non disperare mai del suo perdono e del perdono della Madre sua, anche se le cadute fossero gravi. Medita e piangi la Passione di Gesù e impara da Maria Santissima a compatire le sofferenze del Redentore. 

Fonte: Settimanale di Padre Pio, fasc. 9, 25.2.2024

domenica 24 marzo 2024

Domenica delle Palme ed arte

Henry Courtney Selous - Charles Mottram, Gerusalemme nella sua grandezza ovvero L'ingresso di Gesù a Gerusalemme, 1860, collezione privata

Zdzisław Jasiński, Domenica delle Palme, 1891


Alfred Emile Stevens, Palmsonntag (Domenica delle Palme), 1862 circa


Gustave Janet, Pio IX in processione la domenica delle Palme in San Pietro, XIX sec. Incisione da "Le Monde Illustré" n.209 del 13 aprile 1861 

Michel des Gobelins Corneille, S. Genoveffa riceve la palma da S. Medardo la Domenica delle Palme (o S. Chiara d'Assisi riceve la palma dal vescovo di Assisi il 20 marzo 1212), XVIII sec.

Artista sconosciuto, Pio IX in sedia gestatoria la Domenica delle Palme in San Pietro (disegno ispirato a Gustave Janet), XIX sec.

Serafima Nasonovna Blonskaya, Domenica delle Palme, XIX sec.

G. S. Amato, Un costume quaresimale: l'ingresso solenne la Domenica delle Palme a Roma, XIX-XX sec.

Jean Leon Gerome (ambito di), L'ingresso di Gesù a Gerusalemme, collezione privata

Gustave Dorè (ambito), L'ingresso di Gesù a Gerusalemme, XIX sec.

Jehan Georges Vibert, La Domenica delle Palme in Spagna, 1873

Désiré François Laugée, La Domenica delle Palme, 1892, collezione privata



Ambito europeo, Fotografia colorata della Domenica delle Palme, XIX sec.