Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 19 febbraio 2016

Un maestro per la Quaresima e per i nostri tempi: S. Alfonso Maria de' Liguori

In questo venerdì delle Quattro Tempora di Quaresima, nel quale si fa particolare memoria della lancia e dei chiodi di N.S.G. Cristo rilancio questo contributo su S. Alfonso M. de’ Liguori di Cristina Siccardi.


Carlo Saraceni, Ostensione del Sacro Chiodo da parte di San Carlo Borromeo, 1610-20 circa, Chiesa di San Lorenzo in Lucina, Roma

Giovanni Baglione, S. Carlo in preghiera dinanzi al Sacro Chiodo invoca la cessazione della peste, XVII sec., Chiesa di S. Pietro, Pogno


Gian Battista della Rovere detto Il Fiammenghino, Processione di S. Carlo del Sacro Chiodo durante la peste, 1602, Duomo, Milano





Reliquia del Sacro Chiodo, Duomo, Milano.
La reliquia è oggetto a Milano, in occasione della festa dell'Esaltazione della Santa Croce, del c.d. rito della Nivola. Cfr. anche Gregory Di Pippo, A Relic of the Passion in Milan Cathedral, in New Liturgical Movement, Sept. 10th, 2015

Sant’Alfonso, un grande maestro per il nostro tempo

di Cristina Siccardi

Il tempo di Quaresima è quello in cui le persone dovrebbero profittare con maggior determinazione per ordinare gli scompigli della propria anima. Viviamo immersi in una cultura di massa dove peccati e tentazioni non solo vengono considerati leciti, ma sono sponsorizzati continuamente e sono considerati “diritti”.
Si è disposti, per esempio, a fare mille sacrifici per essere fisicamente prestanti come vuole lo stereotipo proposto dalla pubblicità, dalla cinematografia, dalle riviste… ma poco o nulla si fa per la dieta dai peccati. La palestra e i centri benessere sono diventati luoghi di grande business “per il bene delle persone”. E mentre ogni attenzione e culto vengono prestati al proprio corpo, l’anima si separa sempre più dal Creatore, l’Unico a volere il vero bene della sua creatura. Eppure i grandi moralisti della Chiesa lo hanno sempre detto: offrire sacrifici, digiuni materiali, piccole penitenze (i misericordiosi «fioretti» insegnati dalle buone mamme ai loro figli) è assai vantaggioso non solo per esprimere in maniera manifesta il proprio Credo, ma per svincolarsi, con maggior forza e facilità, dalle schiavitù del mondo, dando così spazio alla vera libertà dell’anima. Sant’Alfonso Maria de’Liguori (1696-1787) è fra questi grandi moralisti.
Un tempo, quando nei Seminari si insegnava Teologia morale secondo gli orientamenti di quest’ultimo, i cattolici vivevano, pur nelle tribolazioni e peccati quotidiani, con maggiore serenità e il tessuto sociale cattolico seguiva coordinate serie e in armonia con le coscienze di ciascuno, costituite dalla legge divina inscritta in ogni individuo, perciò l’onestà e il senso del dovere tenevano più distanti le varie facce della corruzione. La teologia morale è la medicina più salutare di ogni altra, compresa quella farmaceutica, perché quando l’anima sta bene anche il corpo ne beneficia. Straordinario vedere come la Teologia morale di sant’Alfonso abbia connotazioni ferme, ma allo stesso tempo di immensa e prodigiosa misericordia.
Ai suoi tempi molti confessori erano portati ad avere una rigidità oltremisura nei confronti dei loro penitenti ed ecco che il vescovo di sant’Agata de’ Goti mise sulla direzione corretta la situazione che si era andata creando. Oggi siamo nella situazione opposta: misericordia, profusa dalla maggior parte dei confessori, senza il senso della giustizia divina e senza la pretesa dell’essenziale pentimento. Occorre ricordare che Padre Pio da Pietrelcina, portato a modello di confessore nell’attuale Giubileo, era un paladino della estrema serietà del sacramento della confessione.
Con sant’Alfonso Maria de’ Liguori siamo di fronte all’equilibrio della Tradizione: facile è per gli uomini (non ne sono esenti quelli di Chiesa) condurre idee e dottrine in accelerazione. Più difficile stare nei canoni della proporzione. Ebbene, Sant’Alfonso fu un sapiente equilibratore.
L’ordine morale, per sant’Alfonso, è costituito da un rapporto di conformità tra la volontà e la norma oggettiva, cioè la legge. Tale rapporto è dato dalla conoscenza che ha il soggetto della legge come norma obbligatoria. Da ciò egli è condotto a respingere la probabilità isolata come regola universale di condotta, perché essa, almeno nei gradi inferiori, non è conoscenza; lo è invece la certezza morale in quanto rapporto conoscitivo. Questo genio della teologia morale lavorò in maniera folgorante per contrastare le eresie sue contemporanee e la «Norma universale» divenne «certezza morale». Così si staccò dal facilismo dei probabilisti, accogliendo il lato migliore del probabiliorismo e stabilendo una posizione di netto contrasto di fronte a tutte le gradazioni del rigorismo e del giansenismo.
I suoi formidabili scritti e la sua infaticabile predicazione portarono sulla retta via gli insegnamenti nei Seminari, che erano diventati fucine di errori a causa di teologi fuori equilibrio: l’Europa prese contatto con la nuova Morale, alla quale si riconobbe a mano a mano il merito di aver consumato le sorti del giansenismo e le tendenze più discusse del probabilismo. Tutto il pensiero antecedente fu da sant’Alfonso riassunto: più di 70.000 citazioni da 800 autori attestano da sole il sovrumano lavoro di revisione, di critica, di vagliatura compiuto da quest’uomo di Dio.
La mentalità di sant’Alfonso, un po’ avversa alle discussioni astratte, riappare identica nella Morale come nella Dogmatica, nella Predicazione, nella Missione, nella Pastorale. Nella sua complessa ed articolata opera rientrano le nuove preoccupazioni, ispirate dalla lotta contro il materialismo, l’indifferentismo religioso e l’incredulità, come dimostrano la Breve Dissertazione contra gli errori de’ moderni increduli oggidì nominati materialisti e deisti e gli analoghi scritti successivi, con i quali il teologo si pone, primeggiando fra tutti, fra le tendenze controversistiche, antirazionalistiche, antilluministiche e apologetiche della seconda metà del XVIII secolo.
È un teologo libero da sé (esente dalla vanagloria) e dai pregiudizi (più facili da assumere rispetto all’affrancatura del saggio); scevro da influenze di indirizzi dell’una o dell’altra scuola di moda, ma fedelissimo alla Tradizione della Chiesa. Se si eccettuano alcuni autori prediletti, come santa Teresa d’Avila o san Francesco di Sales, la sua dottrina scorre fra i vari temi offerti dalla Tradizione con indipendenza di giudizio. Ama veleggiare nella Tradizione, quella libera e realista, e in questa sceglie e discerne per il bene delle anime, guardando sempre all’aspetto efficace, pratico, salutare. Ci sono poi temi sui quali non transige e sui quali insiste senza mai stancarsi: preghiera, uniformità alla volontà di Dio (che costituisce il termine dell’esercizio di perfezione), meditazione sui Novissimi e sulla Passione di Nostro Signore, Eucarestia, devozione alla Vergine Maria.
Scrive Giuseppe Cacciatore nel Dizionario biografico degli italiani dell’Enciclopedia Treccani (Vol. 2 – 1960): «Non si esagera dicendo che si deve a lui principalmente se le grandi teorie della mistica e dell’ascesi, le quali con san Francesco di Sales erano uscite dalla scuola ed entrate nella cosiddetta buona società, uscirono anche da questa e si riversarono tra il popolo. Alfonso, nell’ultima storia del pensiero cattolico, senza parere, è stato colui che ha ritrovato le vene dell’antica concezione eroica del cristiano ed ha, nella sua vita e nella dottrina – umile soltanto nella veste -, rinnovato i grandi teorici dell’amore di Dio, come li aveva conosciuti il Medioevo».
La sua Morale ruppe con facilità la resistenza del giansenismo e sorsero i suoi eminenti propagatori: Pio Brunone Lanteri, Giuseppe Cafasso, Giovanni Bosco in Italia; Gousset e Mazenod in Francia; Diesbach in Svizzera e in Baviera; Hennequin nelle Fiandre; Waibel in Germania. I suoi libri corsero il mondo in tutte le lingue.
Il filosofo Kierkegaard notava, nel sentimento religioso di questo Dottore della Chiesa, rispondenze d’anima che personalmente lo staccavano senza pentimenti dal pietismo protestante; mentre Gioberti e Döllinger, provando acceso fastidio nei suoi confronti, lo snobbavano dalle loro tronfie ed erronee cattedre. L’originalità di Sant’Alfonso è quella dei pensatori cattolici equilibrati, che si radica nel Pensiero Eterno di Dio; quella senza tempo, che trova dimora nella «Bellezza così antica e così nuova», per usare la sublime espressione di Sant’Agostino; quella in grado di sgomberare il giardino dai rovi e che si propone di raddrizzare il cammino verso Dio, distorto da taluni per ingenuità o per malafede.

Fonte: Corrispondenza romana, 17.2.2016

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