Sante Messe in rito antico in Puglia

giovedì 26 dicembre 2019

“Ascese Stefano perché discese Cristo”. Un sermone di S. Fulgenzio per la festa del Primo Martire

In onore di S. Stefano protomartire, rilanciamo questo sermone di S. Fulgenzio di Ruspe.

















Jean-Baptiste de Champaigne, Martirio di S. Stefano, XVII sec., collezione privata

Constantin Meunier, S. Stefano, 1867

“Ascese Stefano perché discese Cristo”. Un sermone di S. Fulgenzio per la festa del Primo Martire

Per offrire ai Lettori spunti di meditazione, riproduciamo parte di un sermone di S. Fulgenzio di Ruspe (lezione IV, V e VI del Mattutino del 26 dicembre) sul martirio del santo Levita che fu lapidato dai furibondi Giudei cui – essendo cattolico e non seguace della giudaizzante Nostra Aetate e di tutto il cascame del dialogo giudaico-cristiano nelle sue versioni progressiste conservatrice – predicava la necessaria loro conversione a quel Gesù annunziato dai Profeti e da loro inchiodato alla Croce.


Ieri abbiam celebrato la nascita temporale del nostro Re sempiterno: oggi celebriamo la passione trionfale d’un soldato. Infatti, ieri il nostro Re rivestito della nostra carne, uscendo dall’aula di un seno verginale, si degnò di visitare il mondo: oggi un soldato, uscendo dall’abitazione del suo corpo, salì trionfante al cielo. Quegli, conservando la maestà della natura divina ed eterna e prendendo l’umile veste della carne, entrò nel campo di questo mondo per combattere; questi, deposto l’indumento corruttibile del suo corpo, salì al palazzo celeste per regnare eternamente. Quegli discese coperto del velo della carne, questi salì incoronato del suo sangue.
Questi salì dopo essere stato lapidato dai Giudei, perché quegli era disceso fra la gioia degli Angeli. «Gloria a Dio nel più alto dei cieli», ieri cantavano esultanti i santi Angeli: oggi festanti ricevettero Stefano nella loro compagnia. Ieri il Signore uscì dal seno della Vergine: oggi il soldato è uscito dall’ergastolo della carne. Ieri Cristo per noi fu involto in panni oggi Stefano fu da lui rivestito della stola dell’immortalità. Ieri l’angusto presepio portò Cristo bambino: oggi l’immensità del cielo ricevette Stefano trionfante. Il Signore è disceso solo per elevare molti: il nostro Re umiliò se stesso per esaltare i suoi soldati.
Ma ci è necessario conoscere, o fratelli, con quali armi munito Stefano poté vincere la crudeltà dei Giudei, e meritare sì glorioso trionfo. Stefano adunque, per meritare di ricevere la corona che il suo nome significa, aveva per armi la carità, e con essa vinceva dappertutto. Per l’amore verso Dio non cedé al furore dei Giudei: per l’amore verso il prossimo intercedé per quelli che lo lapidavano. Per amore riprendeva gli erranti, perché si correggessero: per amore pregava per quelli che lo lapidavano, perché non fossero puniti. Armato della forza dell’amore vinse Saulo che inferociva crudelmente; e meritò d’avere compagno in cielo colui che aveva avuto persecutore sulla terra.

(S. Fulgenzio di Ruspe, Sermone 3 su Santo Stefano, PL XIV, 730-732)

mercoledì 25 dicembre 2019

Magnificat al termine del Santo Giorno di Natale




Aforisma di S. Agostino sul Natale


Auguri politicamente scorretti di Santo Natale con un testo di S. Bonaventura da meditare

Quali auguri fare a Natale? quali auguri porgere ai nostri lettori in questo giorno nel quale - come ci ricorda un nostro amico - la Chiesa Romana offre ben tre volte il Sacrificio in memoria della triplice nascita del Verbo: quella temporale secondo la carne (missa in nocte), quella della Grazia che germoglia nel cuore dei fedeli (missa in aurora) e quella ab aeterno nel seno del Padre (missa in die)? quali auguri fare per mostrare il distacco dal pensiero unico dominante?
Forse più che mai, si avverte, oggi, la necessità di auguri non politicamente corretti. Quale testo scegliere?
C’era solo l’imbarazzo della scelta. Avremmo potuto partire dal celeberrimo effato di S. Leone Magno «Agnósce, o christiáne, dignitátem tuam, et, divínæ consors factus natúræ, noli in véterem vilitátem degéneri conversatióne redíre» (Serm. I in Nativitate Domini, in PL 54, col. 192), che costituisce la lectio IV del II Notturno In Nativitate Domini.
Invece, abbiamo pensato per i nostri auguri anticonvenzionali e non politicamente corretti ad una nota pagina di un sermone di S. Bonaventura da Bagnoregio, dottore della Chiesa, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola e che illustra i prodigi avvenuti nella notte di Natale.
Santa Natività del Signore, secondo la carne, a tutti i nostri lettori affezionati. E … buona lettura e meditazione.



Carlo Maratta, Gesù Bambino tra S. Giovannino e Angeli, 1690


Lorenzo Lotto, Il bagnetto del piccolo Gesù, 1527-28 circa, Pinacoteca Nazionale Siena

Tutto fu miracoloso nella nascita di Cristo; il primo miracolo è questo: che Colei che lo generò era vergine prima del parto e rimase tale durante e dopo il parto come ci attestano i profeti; poiché essa fu raffigurata quale la verga di Aronne che spontaneamente fiorì o quale la porta di Ezechiele che sempre rimase sigillata. Ci attesta la verginità della Madonna anche la fida custodia di Giuseppe e la miracolosa prova che ne fu fatta: si narra che quando la Vergine stava per partorire, Giuseppe mandò a chiamare due levatrici per ottemperare alle consuetudini della sua terra. Una si chiamava Sebel l’altra Salomè. Sebel visitò Maria e la trovò vergine onde esclamò: «Una vergine ha generato!». Salomè non voleva crederlo senza farne esperienza onde le si paralizzò la mano. La invitò poi un angelo a toccare il neonato e subito riacquistò la salute.
(Legenda Aurea)

































San Bonaventura: I prodigi della notte di Natale

San Bonaventura è una delle figure più alte della Chiesa nell’epoca medioevale.
Nato nel 1217 a Bagnoregio (VT), entrò nel 1243 nell’ordine francescano, per conto del quale insegnò come maestro di teologia all’Università di Parigi. Nel 1257 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Roma, lo elesse ministro generale, e come tale nel 1260 fu uno degli artefici delle prime costituzioni generali dell’ordine. Nel 1273 venne nominato cardinale e vescovo di Albano da Papa Gregorio X, che lo fece partecipare al Concilio ecumenico di Lione; ma proprio alla fine del Concilio, nel 1274, Bonaventura morì.
Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa, e ricevette il titolo di Doctor Seraphicus per la luminosità della sua dottrina e per l’ardore del suo insegnamento. Oltre a scrivere numerose opere, il santo predicò celebri sermoni, fra i quali il Sermone XXI De nativitate Domini, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, che illustrava alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale.
Ne presentiamo qui sotto una traduzione dal testo originale latino.
«Questi, secondo diverse testimonianze, sono i miracoli manifestatisi al popolo peccatore il giorno della Natività di Cristo.
Primo – Una stella splendente apparve nel cielo verso Oriente, e dentro di essa si vedeva la figura di un bellissimo bambino sul cui capo rifulgeva una croce, per manifestare la nascita di Colui che veniva a illuminare il mondo con la sua dottrina, la sua vita e la sua morte.
Secondo – In Roma, a mezzo giorno, apparve sopra il Campidoglio un cerchio dorato attorno al sole – che fu visto dall’Imperatore e dalla Sibilla raffigurante al centro una Vergine bellissima che portava un Bambino, volendo così rivelare che Colui che stava nascendo era il Re del mondo che si manifestava come lo «splendore della gloria del Padre e la figura della sua stessa sostanza» (Ebrei 1,3).
Vedendo questo segnale, il prudente Imperatore (Augusto) offrì incenso al Bambino, e da allora rifiutò di essere chiamato dio.
Terzo – In Roma venne distrutto il “tempio della Pace”, sul quale, quando era stato costruito, i demoni si domandavano per quanto tempo sarebbe durato. Il vaticinio fu: «fino al momento in cui una vergine concepirà». Questo segnale rivelò che stava nascendo Colui che avrebbe distrutto gli edifici e le opere della vanità.
Quarto – Una fonte di olio di oliva sgorgò improvvisamente a Roma e fluì abbondantemente, per molto tempo, fino al Tevere, per dimostrare che stava nascendo la Fonte della pietà e della misericordia.
Quinto – Nella notte della Natività, le vigne di Engadda, che producevano balsamo e aromi, si coprirono di foglie e produssero nettare, per significare che stava nascendo Colui che avrebbe fatto fiorire, rinnovare, fruttificare spiritualmente e attirare con il suo profumo il mondo intero.
Sesto – Circa trentamila ribelli furono uccisi per ordine dell’Imperatore, per manifestare la nascita di Colui che avrebbe conquistato alla sua Fede il mondo intero e avrebbe precipitato i ribelli nell’inferno.
Settimo – Tutti i sodomiti, uomini e donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto ricordò San Gerolamo commentando il salmo:«È nata una luce per il giusto», per evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare la natura e a promuovere la castità.
Ottavo – Nella Giudea un animale parlò, e lo stesso fecero anche due buoi, affinché si comprendesse che stava nascendo Colui che avrebbe trasformato gli uomini bestiali in esseri razionali.
Nono – Nel momento in cui la Vergine partorì, tutti gli idoli dell’Egitto caddero in frantumi, realizzando il segno che il profeta Geremia aveva dato agli egiziani quando viveva tra loro, affinché si intendesse che stava nascendo Colui che era il vero Dio, l’unico che doveva essere adorato assieme al Padre e allo Spirito Santo.
Decimo – Nel momento in cui nacque il Bambino Gesù, e venne deposto nella mangiatoia, un bue e un asino si inginocchiarono e, come se fossero dotati di ragione, Lo adorarono, affinché si capisse che era nato Colui che chiamava al suo culto i giudei e i pagani.
Undicesimo -–Tutto il mondo godette della pace e si trovò nell’ordine, affinché fosse palese che stava nascendo Colui che avrebbe amato e promosso la pace universale e impresso il sigillo sui propri eletti per sempre.
Dodicesimo – In Oriente apparvero tre stelle che in breve si trasformarono in un unico astro, affinché fosse a tutti manifesto che stava per essere rivelata l’unità e trinità di Dio, e anche che la Divinità, l’Anima e il Corpo si sarebbero congiunti in una sola Persona.
Per tutti questi motivi la nostra anima deve benedire Dio e venerarlo, per averci liberato e per avere manifestato la sua maestà, con così grandi miracoli, a noi poveri peccatori».