Sante Messe in rito antico in Puglia

mercoledì 2 settembre 2015

“Regni vero negótia ita dispósuit, ut, accítis úndique prudentíssimis et sanctíssimis viris, nihil umquam sine illórum consílio molirétur; humíllimis ínterim précibus in cínere et cilício Deum déprecans, ut univérsum Hungáriæ regnum, ántequam e vita migráret, cathólicum vidére mererétur; vere, propter ingens dilatándæ fídei stúdium, illíus gentis Apóstolus nuncupátus, facta a Románo Pontífice ipsi posterísque régibus præferéndæ crucis potestáte” (Lect. V – II Noct.) “Dei Genitrícem, quam ardentíssime venerabátur, amplíssimo in ejus honórem constrúcto templo, Hungáriæ patrónam instítuit; ab eádem vicíssim Vírgine recéptus in cælum ipso suæ Assumptiónis die, quem Húngari e sancti regis institúto Magnæ Dóminæ diem appéllant” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI STEPHANI HUNGARIÆ, REGIS, CONFESSORIS

Oggi si presenta a noi un re glorioso e santo; egli è preceduto dalla Croce, come lo sono gli arcivescovi, poiché Silvestro II gli concesse questo grande privilegio in considerazione dell’apostolato svolto da lui per la conversione degli Ungari (ungheresi) alla fede (cfr. Silvestro II, Epist. V, Legati notabilitis, 27 marzo 1000, in PL 139, col. 274-276).
Dando a santo Stefano il titolo di apostolo dell’Ungheria, si è già fatto di lui il suo panegirico. Tutto ciò che ci si poteva da un apostolo santo, egli lo fece; col suo esempio e con il suo ascendente, egli portò i magnati ed il popolo ad abbracciare la fede cattolica; egli dette al suo regno una legislazione cristiana; fondò e dotò di sedi episcopali il suo paese; eresse dei monasteri, edificò degli istituti di beneficenza, non soltanto in Ungheria, ma sino a Costantinopoli, a Gerusalemme, a Ravenna ed a Roma.
In Vaticano, l’antico monasterium Sancti Stephani Cata Barbara patricia prese più tardi il nome degli Ungheresi, dopo che il loro santo re Stefano ne ebbe restaurato la chiesa e vi ebbe annesso un ospizio per i pellegrini che, dal suo regno, si recavano a Roma alle tombe degli Apostoli (cfr. M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vatican, Roma 18912, pp. 747-748; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 472). Quest’ospizio si ergeva sul luogo occupato, in parte, dall’edificio della nuova sacrestia Vaticana costruita sotto il pontificato di Pio VI (cfr. M. Armellini, op. cit., p. 749). La chiesa era parrocchia e, sulla facciata, si leggeva quest’iscrizione:
ECCLA • HOSPITALIS • SĈI • STEPHANI • REGIS • HVNGAR (ibidem, p. 748)
Sette anni prima della sua morte, santo Stefano fu preceduto in Cielo da suo figlio, sant’Emerico, un angelo di verginale e fresco candore, che Dio illustrò con numerosi miracoli.
Il nostro santo lo seguì nella tomba il 15 agosto 1038, ma la sua festa fu fissata, con rito semidoppio, dal beato Innocenzo XI, nel 1686, al 2 settembre, in memoria della vittoria sui Turchi, riportata in questo giorno a Budapest dall’armata cristiana. Il 30 maggio in Ungheria si celebra con messa propria la festa dell’invenzione della mano destra del Santo (Missa In Festo Inventionis Manus Dexteræ Sancti Stephani Regis Hungariæ. Die XXX. Maji).
La messa è la stessa di san Ludovico, il 25 agosto, salvo le collette.
Bisogna notare la caratteristica che la santa liturgia pone oggi in rilievo nell’ufficio di santo Stefano. È stato, non solo re, ma apostolo; anche il titolo glorioso che, per lo stesso motivo, la liturgia bizantina attribuisce al grande Costantino, Iσαπόστολος, gli conviene parimenti.
La preghiera sulle oblazioni si ispira ad una frase del Pontificale Romano per l’ordinazione dei sacerdoti: agnoscite quod agitis; imitamini quod traciatis.
Vi è poi un’allusione speciale alla Passione del Salvatore, che viene a proposito nella messa di santo Stefano, poiché ricorda la sua devozione per i Luoghi santi di Gerusalemme, consacrati dal sangue della Redenzione. Il monastero di San Giorgio può essere considerato come il monumento di questa pietà; fu eretto dal pio Re nella Città santa ed un ospizio vi fu annesso per ricevere i pellegrini ungheresi.
La vicenda umana di santo Stefano ci insegna che basta per noi godere solo di un tesoro grandissimo quale quello della fede. Affinché il capitale fruttifichi, bisogna renderlo attivo e metterlo in circolo: diventando apostoli, assicureremo la nostra salvezza eterna ed acquisteremo un grande merito, secondo la parola attribuita a sant’Agostino, animam salvasti, tuam prædestinasti.


Gyula Benczúr, Battesimo di Vajk (S. Stefano) per le mani di S. Adalberto di Praga, 1875, Magyar Nemzeti Galéria, Budapest


Gyula Benczúr, S. Stefano offre alla Vergine il suo regno facendone la Patrona Hungariae, XIX sec., Basilica di S. Stefano, Budapest

Ignác Roskovics, SS. Stefano e Ladislao d’Ungheria, 1882







Alajos Stróbl, S. Stefano, XIX sec., Altare maggiore, Basilica di S. Stefano, Budapest









Alajos Stróbl, S. Stefano, 1905-06, Bastione dei pescatori (Halászbástya), Budai Vár, Budapest








Károly Senyei, S. Stefano (Szent István), 1911, Monumento del Millennio (Millenniumi emlékmű), Piazza degli eroi (Hősök Tere), Budapest





Reliquia della c.d. sacra (mano) destra intatta di S. Stefano (Szent István ereklyéje a Szent Jobb), Basilica di S. Stefano, Budapest

Sezione anteriore e dorsale della sacra destra di S. Stefano, tratta da Georgius, Dissertatio historico-critica de sacra dextera divi Stephani primi Hungariae regis. Vindobonae 1771

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