Sante Messe in rito antico in Puglia

mercoledì 23 marzo 2016

La Corona di spine e i prodigi degli aculei verdi

Il prossimo Venerdì Santo, 25 marzo, a Dio piacendo, dovrebbe rinnovarsi il prodigio della spina della Corona di Cristo conservate in Andria (v. qui il sito della diocesi di Andria). L’ultima volta questo si verificò nel 2005, cioè quando il Venerdì Santo venne a coincidere con la festa dell’Annunciazione (v. qui il video. Per altri video dedicati all'evento del 2016, v. qui). La prossima coincidenza cadrà nel 2157.



Sacra Spina conservata nella Cattedrale di Andria

Sequenza del prodigio del 2005

Il prodigio vede quella spina, solitamente secca e con le macchie di sangue color bruno-scuro, ravvivarsi, ricoprirsi di una peluria bianco-argentea e, talora, di esilissime e sottilissime escrescenze e le macchie di sangue assumere una colorazione viva, di un colore rosso vivo, quasi fosse fresco (v. supra il video del prodigio verificatosi nel 2005; v. anche qui). 
Anche Bari, ed in particolare la Basilica di San Nicola, conserva una spina analoga, che in passato ha conosciuto, sempre in occasione della medesima coincidenza temporale, un fenomeno simile, sebbene nel 2005 non si verificasse nulla (v. qui il sito dedicato all’evento di quest’anno 2016 e qui). 



Sacra Spina conservata nella Basilica di S. Nicola, Bari

Al tema lo studioso Michele Loconsole ha dedicato alcuni studi, di cui riproduciamo qui un suo contributo.

La Corona di spine e i prodigi degli aculei verdi

«… e i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo». È questa una delle frasi più celebri che riecheggia nelle chiese e nelle cattedrali di mezzo mondo durante le austere letture delle liturgie quaresimali della Passione di Cristo. La pericope, presente nei vangeli sinottici, descrive il gesto derisorio, da parte della soldataglia romana, dell’incoronazione di Gesù il Nazareno.

Posta una corona di spine sul suo capo, egli viene schernito e proclamato Re dei Giudei. Tuttavia, non si trattò di una semplice corona o di un serto di spine, come verrà raffigurato dagli artisti nelle opere pittoriche, ma di un vero e proprio casco spinoso. Il macabro strumento, imposto sul capo di Gesù, avrebbe dovuto riprodurre la forma della mitria orientale, il copricapo regale dei regnanti giudei, come riportato su alcune monete che raffigurano, in bassorilievo, le effigi dei monarchi della Giudea romana. La Corona di Spine, unitamente alle altre Reliquie della Passione di Cristo, sarà portata alla luce da Elena, la madre dell’Imperatore Costantino, intorno al 326 d.C., allorquando, recatasi pellegrina in Terra Santa, comandò di rintracciare i principali luoghi evangelici della vita di Gesù, tra cui il sepolcro e il Golgota. Ed è proprio nel pressi del Calvario che l’Augusta imperatrice scoprirà la fossa in cui erano stati sepolti gli strumenti della Passione del Maestro galileo, oggi inglobata nella Cappella detta di Sant’Elena, all’interno della monumentale basilica gerosolimitana del Santo Sepolcro. 

Il primo pellegrino a dare testimonianza della presenza e del culto a Gerusalemme di una Corona di Spine, che aveva toccato e ferito il capo di Cristo, è il vescovo napoletano Paolino da Nola. Egli, giunto in Terra Santa nel 409, annota nel suo diario: «Alle spine con cui il nostro Redentore fu incoronato si rendeva omaggio unitamente alla Santa Croce e alla Colonna della flagellazione». Sarà san Vincenzo di Lerins, il pio e colto sacerdote francese, morto tra il 440 e il 445, a informarci che la Corona di Spine di Cristo venerata a Gerusalemme aveva la forma di «un pileus, ossia di un elmo militare romano, che toccava e rivestiva dappertutto il Suo capo». 

L’ipotesi che la Corona imposta a Gesù fosse, dunque, a forma di casco, e non di un semplice serto, è rafforzata anche da alcuni studi scientifici condotti sulla Sacra Sindone di Torino. Sul Telo sindonico, e in specie intorno al capo dell’Uomo della Sindone – l’immagine del corpo di un uomo, sia frontale che dorsale, la cui natura è ad oggi ancora ignota - sono state rinvenute più di settanta macchioline di sangue prodotte da ferite da punte acuminate, presenti sia nella zona frontale, sia occipitale. L’elevato numero dei decalchi fa pensare che l’oggetto in questione avesse proprio la forma di un casco, che ha torturato la testa del condannato fino a ferirne la nuca.  Da questa evidenza si comprende meglio il perché in Europa siano custodite oltre 200 Sacre Spine, tutte ritenute tratte dalla Corona di Spine di Cristo, di cui un centinaio in Italia. 

Se, infatti, sono almeno una settantina gli aculei che hanno insanguinato il capo dell’Uomo della Sindone – il numero sarebbe ancora più alto perché sul Lino torinese non si è potuta imprimere l’intera immagine della testa, a causa del risvolto operato sul tessuto che ne doveva permettere la corretta sepoltura secondo la ritualità vigente – molte altre sarebbero state le spine che formavano il macabro copricapo le cui punte, però, non hanno ferito la sua testa. Tante sono le Sacre Spine, custodite e venerate nelle chiese e nelle basiliche europee, che non presentano tracce di sangue raggrumato sugli steli legnosi. 

Lo studio scientifico sul Sacro Telo, poi, ci aiuta a comprendere se tra le due Reliquie della Passione di Cristo, la Sindone e la Corona di Spine, possano sussistere ulteriori elementi di confronto; ad esempio, se i pollini rinvenuti sul Lenzuolo torinese possono appartenere alle specie botaniche delle Sacre Spine considerate autentiche (1) o se il sangue presente sui Sacri Aculei è dello stesso gruppo sanguigno riscontrato sulla Sacra Sindone, nonché sulle particole dei numerosi Miracoli Eucaristici e sul Sudario di Cristo custodito ad Oviedo. La necessaria brevità di un articolo non permette di argomentare quanto accennato, questioni da me affrontate in un recente lavoro (2). Mi è però sufficiente aggiungere che le Sacre Spine ritenute della Corona di Cristo manifestano prodigi particolari, fenomeno che potrebbe spiegare, da solo, la loro autenticità. (3)

Quando il 25 marzo, festa dell’Annunciazione (o del concepimento di Gesù), coincide con il Venerdì Santo (memoria mobile della morte di Gesù) le Sacre Spine tratte dalla Corona di Cristo mostrano, e solo per quel giorno, una prodigiosa trasformazione fisica, come è stato documentato da numerosi atti notarili negli ultimi quattro secoli e, più recentemente, anche da fotografie e filmati. Alcune di esse rinverdiscono (l’aculeo sembra come ringiovanire o rinvigorirsi), altre prendono a fioreggiare (appaiono gemmazioni o funghi lattiginosi), altre ancora, infine, rosseggiano (le macchioline di sangue raggrumate, ove sono presenti sullo stelo legnoso, prendono a ravvivarsi di un rosso intenso). 

Non mancano casi in cui i fenomeni prodigiosi si manifestano nella duplice o nella triplice forma, come per le Sacre Spine di Andria (Bari), di Montone (Perugia) e di Napoli (Monastero delle Carmelitane Scalze ai Ponti Rossi). La concomitanza liturgica, rarissima, accade due o tre volte ogni cento anni. Nel secolo scorso è accaduto nel marzo del 1910, del 1921 e del 1932. Nel nostro secolo soltanto nel 2005 e nel 2016. In quello successivo, nel 2157 e nel 2168. La motivazione sembra chiara: è la coincidenza liturgica della memoria dell’Incarnazione di Cristo (prima Creazione) con la sua morte (che apre alla seconda Creazione o Risurrezione).  

* Studioso delle reliquie della Passione di Gesù, è autore tra l’altro dei libri “La tela e la spina – Due reliquie a confronto” (Progedit 2014), e “La corona di spine di Cristo. Storia e Mistero” (Cantagalli 2005)

1 Cfr. Michele Loconsole, Il Telo e la Spina. Due Reliquie a confronto, Bari 2016.

2 Cfr. Michele Loconsole, La Corona di Spine di Cristo. Storia e Mistero, Siena 2005, p. 17-22.

3 Cfr. Emanuela Marinelli, La questione dei pollini presenti sulla Sindone di Torino e sul Sudario di Oviedo, in I Congreso Internacional sobre la Sàbana Santa in España, Valencia (Spagna), 28-30 aprile 2012.

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