Sante Messe in rito antico in Puglia

lunedì 23 novembre 2015

“Clemens, Románus, Faustíni fílius, de regióne Cælii montis, discípulus beáti Petri, cujus méminit Paulus scribens ad Philippénses: Etiam rogo et te, germáne compar, ádjuva illas quæ mecum laboravérunt in Evangélio, cum Cleménte et céteris adjutóribus meis, quorum nómina sunt in libro vitæ. Hic septem Urbis regiónes divísit septem notáriis, síngulas síngulis attríbuens, qui passiónes Mártyrum et res ab eis gestas, diligentíssime conquisítas, lítteris mandárent” (Lect. IV – II Noct.) - SANCTI CLEMENTIS I, PAPÆ ET MARTYRIS

Il Titulus Clementis, ai piedi dell’Esquilino, presso cui oggi si celebra la divina liturgia, e dove si venerava la memoria di san Clemente, onorato come martire, è già menzionato, alla fine del IV sec., da san Girolamo: Nomini ejus memoriam usque hodie Romæ extructa ecclesia custodit (San Girolamo, Liber De viris illustribus, cap. XV, in PL 23, ed. 1845, col. 631B-634A; ed. 1883 col. 663B-666A; partic. ed. 1845, col. 633A-634A; ed. 1883, col. 665A-666A, ora trad. it, Introduzione e note di Enrico Camisani (a cura di), Gli uomini illustri di Girolamo, Roma 2000, p. 101); il titolo si rapporta molto probabilmente ad un ricordo domestico del suo titolare di cui il Liber Pontificalis ci dice, in effetti, che era de regione Cæliomonte (L. Duchesne, Le Liber Pontificalis, tomo I, Paris 1886, p. 123). E presso il portico di questo Titolo giacque elemosinando quel beato Servolo il paralitico di cui parla san Gregorio Magno (san Gregorio Magno, Dialogorum Libri IV De Vita et Miraculis Patrum Italicorum, lib. IV, cap. XIV, De transitu Servuli paralytici, in PL 77, col. 341B-344B. Il Santo Pontefice parla di san Servolo anche in una delle sue Omelie sui Vangeli, narrandone l’ammirabile pazienza, avendolo conosciuto personalmente. L’Omelia è quella da lui tenuta nella Basilica di san Paolo una Domenica in Sessagesima, allorché ebbe modo di commentare il brano di Lc 8, 4-15. Cfr. San Gregorio Magno, Homilia XV, § 15, in XL Homiliarum in Evangelia libri duo, lib. I, in PL 76, col. 1133C-1134C).
Se la Depositio Martyrum dà il nome di Clemente in testa ai Quattro Coronati in una notizia che è, evidentemente, alterata, il martirologio geronimiano annuncia il suo natale al 23 novembre. Il sacramentario di Verona propone questo giorno quattro formulari per la messa di san Clemente sacerdos et martyr. Questo è anche il giorno in cui si commemora in Africa e nelle liturgie gallicane (Missale gothicum, pubblicato a cura di L.C. Mohlberg, Roma 1961, p. 34) ed ispaniche, mentre è festeggiato con san Pietro d’Alessandria nel rito bizantino. Nel VII sec., il nome di Clemente è iscritto nel canone romano ed il suo natale è attestato anche dall’evangeliario del 645, nonché dai sacramentari gregoriano e gelasiano (Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p. 314).
Gli Atti di Clemente (Martyrium S. Clementis Papæ romani, in PG 2, col. 617A ss.) sono, è vero, apocrifi; ma il suo martirio era indiscusso, a Roma, nel IV sec., tanto che Rufino, il papa Zosimo ed il Sacramentario Leoniano ne danno testimonianza. Non c’è dunque alcuna ragione seria per dubitarne. Secondo gli Atti sarebbe stato sepolto a Cherson, in Crimea, ed, in effetti, il pellegrino Teodosio ci dice nel suo Itinerario che ibi domnus Clemens martyrizatus est (cfr. Paul Geyer, Itinera hierosolymitana sæcvli IIII-VIII, Pragæ-Vindobonæ-Lipsiæ 1898, p. 143).
Un gran numero di archeologi pensa che qualche confusione si sarà prodotta tra Clemente romano ed un martire omonimo, di Sebastopoli.
Quando, nell’868, il due fratelli Cirillo e Metodo, apostoli degli slavi, andarono a Roma per giustificare la loro missione davanti ad Adriano I, portarono con loro, per farne dono al Papa, le reliquie di san Clemente ritrovate da loro a Cherson. Una pittura dell’antica basilica sotterranea di San Clemente a Roma riproduce il corteo trionfale del Papa, del popolo e del clero romano che accompagnò il corpo da San Pietro fino all’antico titolo del Monte Celio:

HVC A VATICANO FERTUR PP. NICOLAO
IMNIS DIVINIS QD AROMATIB SEPELIVIT.

Traslazione del corpo di S. Clemente dal Vaticano sino al Titolo di Clemente 

Il dominicum Clementis, come si trova nominato su una medaglia d’identità di uno schiavo di epoca costantiniana, menzionata dal Baronio (cfr. Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 124-135; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 238), che si innalza al di sotto di tutta una serie di edifici antichi sovrapposti. Al livello primitivo, si riconosceva un muro in opus quadratum del V o del VI sec. di Roma, e che Giovanni Battista De Rossi stimava essere appartenuto ad una fabbrica di moneta; la seconda stratificazione è rappresentata da una ricca casa del I sec., che può corrispondere molto bene al luogo dove Clemente riuniva i suoi discepoli. Accanto a questa casa, si è ritrovata una tana degli adoratori dell’idolo Mitra. Su questi edifici si elevò, nella prima metà dell’IV sec., il dominicum Clementis, che rimase in piedi fino al 1084, epoca in cui Roberto Guiscardo, nella sua lotta contro Enrico IV, mise a ferro e fuoco tutta questa regione del monte Celio intorno al Laterano.
Infine, all’inizio del XII sec., un cardinale titolare del nome di Anastasio fu incaricato da Pasquale II di ricostruire la basilica – quella che vediamo attualmente – ed egli conservò gli amboni e l’altare della chiesa precedente.
Le reliquie del papa Clemente e quelle di Ignazio di Antiochia, che un’antica tradizione afferma essere conservate in questa chiesa, sono menzionate nei versi seguenti:

IMPIVS • INSANO • TE • MERSIT • IN • AEQVORA • CAESAR
HIS • POSITIS • ARIS • NVNC • PIA • ROMA • COLIT
VICINVM • TIBI • PROBRA • TVLIT • NVMEROSA • THEATRUM
HIC • TIBI • DELATVS • PROBRA • REPENDIT • HONOS.

Un empio, Cesare, ebbe l’insensata idea di annegarti nel mare;
adesso Roma prosternata davanti a questi altari Ti venera.
Nell’anfiteatro vicino, (o Ignazio) fosti prostrato da ingiurie
che vogliono compensare il culto onorifico che ti è reso ora.

La Roma cristiana ha dedicato a san Clemente, oltre al celebre Titolo, anche una chiesa moderna nel quartiere di Monte Sacro, la cui costruzione è iniziata nella seconda metà degli anni ‘50 del XX sec. Esisteva poi un’altra chiesa, oggi sconsacrata ed in decadenza, sulla via Casillina, San Clemente al Castello di Torrenova risalente al XVI sec.
L’introito sembra formato da differenti passi di Isaia (59, 21; 56, 7): «Il Signore dice: “La mia parola non farà difetto sulle tue labbra, perché il tuo nome mi è caro; ed i tuoi sacrifici saranno graditi sul mio altare”» (Questo testo è quello del Graduale, secondo l’edizione Vaticana, e non quello del Messale). Adest enim nomen tuum, ciò che comporta un programma di clemenza e di misericordia. Segue il primo versetto del Sal. 112 (111): Beatus vir qui timet Dominum, etc.
Tutti i cristiani sono dunque predestinati al martirio, giacché la Chiesa, nella prima colletta di oggi, nella versione anteriore al 1940, domanda in generale, virtutem passionis imitemur?
No. Non tutti sono chiamati alla grazia di versare il loro sangue per la fede; ma la vita cristiana stessa, col freno che impone alle passioni, con la mortificazione che esige, con la rinuncia a se stessi affinché il Cristo viva in noi, è paragonata dai Padri ad un duro e lento martirio.
La prima lettura, tratta dall’epistola ai Filippesi (3, 17-21; 4, 1-3), è la stessa della XXIII domenica dopo la Pentecoste. Questo passo è stato scelto perché l’Apostolo, dopo aver parlato dei cristiani ridondanti dei piaceri del mondo che sono un’ironia per la Croce del Cristo, ed opponendo loro la vita tutta di umiltà e di mortificazione dei veri fedeli, menziona tra i suoi collaboratori nella predicazione del vangelo un Clemente il cui il nome è registrato nel libro di vita. Questi è lo stesso Papa che portava quel nome?
Molti lo suppongono e non ci sono delle serie ragioni per negarlo: ce lo conferma, del resto, anche san Girolamo, op. cit., ed. 1845, col. 631B-632B; ed. 1883, col. 663B-664B, ora in Camisani, op. cit., p. 100. Pure Origene (Commentariorum In Evangelium Johannis, t. VI, § 36, in PG 14, col. 293B-294B) ed Eusebio (Hist. eccl., lib. III, cap. 15, in PG 20, col. 249A-250A, ora trad. it. e note di Salvatore Borzì (a cura di), Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, Libri I-V, con Introduzione di Franzo Migliore, vol. I, Roma 20052, p. 159) ne danno conferma. Quando, durante la sua prima prigionia a Roma (61-62), san Paolo scrisse l’epistola ai Filippesi, Clemente poteva essere ancora giovane. Morì sotto Traiano, verso l’inizio del II sec., in modo che, malgrado la sua veneranda età, il discepolo di san Paolo non avrebbe superato per questa la media comune della vita umana.
Verso la fine del I sec., il nome di Clemente riappare nella prima parte del Ποιμήν, che Erma, fratello di colui che dové divenire il futuro papa Pio I, redasse a Roma sulla questione, allora molto controversa, della penitenza. Clemente fu incaricato di diffondere degli esemplari di quel piccolo libro nelle città straniere, poiché quello era il suo ufficio, κείν γρ πιτέτραπται: «... λθεν πρεσβυτέρα κα ρώτησέν με ε δη τ βιβλίον δέδωκα τος πρεσβυτέροις. ρνησάμην δεδωκέναι. Καλς, φησίν, πεποίηκας· χω γρ ήματα προσθεναι. ταν ον ποτελέσω τ ήματα πάντα, δι σο γνωρισθήσεται τος κλεκτος πσιν. γράψεις ον δύο βιβλαρίδια κα πέμψεις ν Κλήμεντι κα ν Γραπτ. πέμψει ον Κλήμης ες τς ξω πόλεις, κείν γρ πιτέτραπται. Γραπτ δ νουθετήσει τς χήρας κα τος ρφανούς»; «Scribes ergo duos libellos, et mittes unum Clementi, ed unum Graptæ. Mittet autem Clemens in exteras civitates; illi enim permissum est: Grapte autem commonebit viduas et orphanos. Tu autem leges in hac civitate cum senioribus qui præsunt Ecclesiæ» (Sant’Erma, Pastor, lib. I, Visio II, cap. 4, § 3, in PG 2, col. 899A-900A, ora trad. it., introduzione e note di Antonio Quaquarelli (a cura di), I Padri Apostolici, Roma 19989, p. 249; ed in trad. Id., Il Pastore di Erma, con Introduzione di Dag Tessore, Roma 2007, p. 23).
Vediamo qui una nuova prova della sollecitudine universale che nutrivano fin da allora i primi Pontefici per il governo della Chiesa cattolica tutta intera.
La lettura evangelica, secondo l’elenco di Würzburg, contiene la parabola dei talenti divisi tra i servitori; mentre il Messale di san Pio V assegna un altro passo di san Matteo (24, 42-47), utilizzato dal Comune dei Confessori Pontefici: Vigilate.
La missione di vegliare è imposta particolarmente ai vescovi; tanto che il loro stesso nome esprime in greco la sorveglianza che devono esercitare senza tregua sul loro gregge.
San Guido, che viveva nell’XI sec., e che, dopo essere stato monaco a Farfa, diventò abate di San Clemente di Casauria, in provincia di Pescara, morì, nell’anno 1045, in questo giorno, dedicato al santo Titolare della sua abbazia. Questo beato trapasso avvenne nel momento in cui il diacono cantava in chiesa il testo evangelico concernente il fedele servitore che distribuiva il frumento ai suoi al tempo opportuno.
Quasi tutti i prefazi romani per la festa di san Clemente, con l’allusione ai suoi genitori, che perse e poi ritrovò, s’ispirano ai libri pseudo-clementini, detti Recognitiones (Pseudo-Clemente, Recognitiones, in PG 1, col. 1206 ss. Per il testo, in lingua italiana, v. Id., I ritrovamenti, trad. introduzione e note di Silvano Cola (a cura di), Roma 1993, passim). In questo testo si narra, in maniera romanzesca, la storia della famiglia di Clemente, composta dal padre Faustino, dalla madre Mattidia e dai figli gemelli Fausto e Faustino e dal più giovane Clemente. Varie circostanza, portano i membri del nucleo familiare a disperdersi finché, sempre avventurosamente, grazie ai viaggi missionari di Pietro, tutti quanto si ritrovano e si riconoscono. Da qui il titolo dell’opera (così ricorda Cola, Introduzione a Pseudo-Clemente, I ritrovamenti, cit., p. 17). 

Bernardino Fungai, Miracolo di S. Clemente, 1498-1501, City Art Gallery, New York

Bernardino Fungai, Martirio di S. Clemente, 1498-1501, City Art Gallery, New York


Domenico Ghirlandaio, Madonna in trono con Bambino e Santi (SS. Clemente papa, Pietro, Paolo e Sebastiano), 1479 circa, Duomo San Martino, Lucca



Martirio di S. Clemente, Refettorio, Basilica di S. Clemente al Laterano, Roma

Pietro de Pietri, S. Clemente impone il velo a S. Domitilla, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma

Sebastiano Conca, Miracolo di S. Clemente in Crimea, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma

Giovanni Antonio Grecolini, Martirio di S. Clemente, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma

Giovanni Odazzi, Traslazione del corpo di S. Clemente da parte dei SS. Cirillo e Metodio, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma

Giuseppe Chiari, Gloria di S. Clemente, 1711, Palazzo Barberini, Roma


Pier Leone Ghezzi, Martirio di S. Clemente, 1726, Pinacoteca vaticana, Roma

Giovanni Battista Tiepolo, Visione di S. Clemente, 1730-35, National Gallery, Londra

Giovanni Battista Tiepolo, Papa S. Clemente I adorante la Trinità, 1737-38, Alte Pinakothek, Monaco




Tomba di S. Clemente e busto-reliquiario di S. Flavio Clemente, Basilica di S. Clemente, Roma


Giuliano Finelli, Busto-reliquiario di S. Clemente papa, 1632-39, musei diocesano, Velletri

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