Sante Messe in rito antico in Puglia

domenica 27 marzo 2016

La Verità della Resurrezione nell'arte sacra cristiana

In questo giorno di Pasqua, una bella riflessione di Cristina Siccardi.

La Verità della Resurrezione espressa dall’arte sacra cristiana

di Cristina Siccardi

L’Arte Sacra è un’espressione imprescindibile della Fede Cattolica. Quando la committenza ecclesiastica seguiva i dettami della Fede e non il mercato dell’Arte Contemporanea, estranea e spesso ferinamente contraria alla sacralità, si venne a creare per secoli e secoli un connubio perfetto fra teologia e arte, fra ecclesiastici e artisti, trasmettendo in tal modo ai loro contemporanei e ai posteri vera catechesi, vera arte e vera bellezza.
A questo proposito, per la Pasqua, non proponiamo le pseudo produzioni artistiche né di Graham Sutherland con il suo Noli me tangere, né di Giuliano Giuliani con il suo È risorto, non è qui!, bensì un affresco del Beato Angelico della cella 8 del Museo di San Marco a Firenze, che conduce a riflessioni di sicura elevazione spirituale.
È l’alba della Domenica di Pasqua. Le pie donne, che hanno acquistato «oli aromatici» per terminare l’unzione del corpo di Gesù, si trovano davanti al sepolcro vuoto. I Vangeli rivelano i nomi delle donne: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome (la tradizione è solita identificare in lei l’anonima donna citata due volte dall’evangelista Matteo, quale moglie di Zebedeo e madre degli apostoli Giacomo e Giovanni).
San Luca, al posto di Salome, nomina Giovanna (Lc 24,10). Nell’affresco troviamo, nella parte inferiore, un sepolcro vuoto e sei figure, fra le quali anche la Madonna, la cui verginità è riconoscibile dalla veste molto accollata e dal velo turchese; inoltre, a differenza delle altre, che sono meste, ella abbozza una specie di sorriso e il suo volto è disteso e tranquillo. Un clima di estrema dolcezza e di mestizia tutto avvolge e l’armonia propria dell’autore, proveniente da una solidissima Fede, regna in ogni cosa.
I protagonisti in questo contesto sono due: Cristo, ai piedi del quale sta, ignara degli accadimenti ultimi, Santa Maria Maddalena, vestita di rosso e dalla quale emerge smarrimento misto ad una sorta di sconforto. Il suo rapporto speciale con Cristo la fa distaccare un poco dalle compagne e la troviamo così nell’atto di guardare all’interno della tomba vuota, facendosi schermo con la mano destra, mentre la sinistra si appoggia sull’orlo del sepolcro, quasi dovesse sostenersi per non venire meno. Dov’è l’amato Salvatore? Ed ecco che mentre la Maddalena guarda in giù, l’Angelo punta l’indice della mano sinistra verso su, mentre quello della mano destra designa il sepolcro, come a dire: il Figlio di Dio è passato dalla morte alla vita eterna, dalla terra al Cielo.
Scopo degli affreschi era quello di indurre nei monaci uno stato di contemplazione: parsimonia prospettica e immediatezza compositiva erano gli ingredienti indispensabili alla personale e diretta comunicazione con i misteri della Redenzione. Nell’estremo lato sinistro dell’opera Resurrezione, il Beato Angelico ha dipinto ancora San Domenico, raffigurato in ginocchio, per ricordare ai suoi confratelli e al mondo la dovuta adorazione di fronte a Cristo Signore.
Alle spalle delle donne si staglia, sullo sfondo delle tenebre, la cosiddetta «vesica piscis» o mandorla: un simbolo di forma ogivale ottenuto da due cerchi dello stesso raggio, intersecantisi in modo tale che il centro di ogni cerchio si trova sulla circonferenza dell’altro. Nel Cristianesimo questo simbolo viene riferito a Cristo, come è evidente nell’ichthys. L’autore toscano ha quindi racchiuso il Risorto in una mandorla di Luce ed è questa Luce ad illuminare la scena, perché dietro di Lui tutto è nero; indossa candide vesti e regge il velabro della vittoria (anche qui il pittore domenicano recupera un segno di antica tradizione iconografica), mentre nella mano destra tiene la palma del martirio.
La Maddalena ha il viso profondamente serio, tuttavia non piange e questo sta a dimostrare che la sua perplessità non è disperazione, ma angosciosa attesa di capire, perché la Fede è ancora nella sua anima, ma il suo stato è sospeso nell’incertezza dei sensi… Così, anche quando tutto sembra perduto – proprio come possono apparire i nostri tempestosi e apostati tempi, e come dimostra l’atteggiamento scosso di Maria Maddalena, che osserva, senza comprendere, nel vuoto sottostante – la presenza del vivente e trionfante Cristo è costante: «l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto (…) Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 5; 20).

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