Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 28 aprile 2017

Omelia di Sua Ecc.za Mons. Pozzo a Bari in occasione del V Pellegrinaggio Regionale Pugliese "Summorum Pontificum", Bari, 24 aprile 2017

Pubblichiamo in anteprima assoluta l’omelia dettata da Sua Ecc.za Mons. Guido Pozzo in occasione del V Pellegrinaggio Regionale Pugliese Summorum Pontificum, svoltosi a Bari, presso la Basilica di S. Nicola, lo scorso 24 aprile.








SUA ECC.ZA REV.MA MONS. GUIDO POZZO

ARCIVESCOVO TITOLARE DI BAGNOREGIO,
SEGRETARIO DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE
“ECCLESIA DEI”

BASILICA PONTIFICIA DI S. NICOLA
Bari, 24 aprile 2017

OMELIA

Cari fratelli e sorelle,

siamo qui riuniti per celebrare la Santa Messa nell’anno del decimo anniversario della pubblicazione del Motu Proprio di Benedetto XVI Summorum Pontifìcum, con il quale il Papa ha ridonato alla Chiesa la forma antica e plurisecolare del Rito Romano. Il nostro tempo è segnato da un’inaudita e quasi generale crisi liturgica ed eucaristica, a causa della negligenza pratica della verità che l’Eucaristia è il tesoro dell’altare della Croce e della maestà ineffabile di Dio. Nessun’altra azione compiuta dai fedeli cristiani è così santa ed è così divina come questo tremendo mistero. Nella Santa Messa ogni giorno l’ostia vivificante viene dai sacerdoti immolata a Dio sull’altare e appare chiaro che si deve usare ogni impegno e diligenza perché esso possa essere celebrato con la maggior purezza e trasparenza interiore e con atteggiamento esteriore di devozione e di pietà. Queste parole del Concilio di Trento rimangono attuali oggi più che mai.

Senza mettere in competizione i due usi dello stesso Rito Romano, la celebrazione della Messa nel Vetus Ordo, attraverso il silenzio, la riverenza e la partecipazione contemplativa, attraverso le sue ripetute genuflessioni, ci ricorda che il nostro orizzonte non è quello terreno, ma quello celeste; ci ricorda che nulla è possibile senza il sacrificio di Cristo e che la via soprannaturale della grazia è essenzialmente “mistero”.

Benedetto XVI ha dato alla Chiesa una possibilità, un tesoro, una ricchezza in più da riscoprire; questa legge universale della Chiesa, promulgata dal Motu Proprio, entra così di diritto nella vita normale della Chiesa, perché forma extraordinaria non vuol dire eccezionale o rara, ma speciale, che va conservata con il debito onore per il suo uso universale e antico.

Celebrare questa ricorrenza vuol dire anche riflettere sulla realtà dei nostri tempi. Nella coscienza degli uomini di oggi la liturgia e in genere le cose di Dio non sono avvertite come urgenti. Negli anni successivi al Concilio Vaticano II il malinteso della riforma liturgica portò sempre più a mettere l’accento sull’attività della comunità cristiana e sulla creatività nella liturgia. La cosa più importante è diventata il fare degli uomini, oscurando il primato della grazia e della presenza di Dio.

In realtà la Chiesa è in pericolo quando il primato di Dio non appare più nella liturgia e nella vita della Chiesa. La causa più profonda della crisi che la Chiesa vive oggi risiede innanzitutto nell’oscuramento del primato di Dio nella liturgia. La riscoperta del Rito Romano nell’uso antico, così come la liturgia celebrata nell’Oriente cristiano - sia cattolico sia ortodosso- sono di grande aiuto a mettere in risalto la centralità del mistero di Dio e di Cristo salvatore nella sacra liturgia e così anche nella vita dei cristiani.

Ed è fortemente provvidenziale che il decimo anniversario della promulgazione del M.P. Summorum Pontificum cada nella ricorrenza del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima. I messaggi di Fatima sono sempre attuali perché ci parlano della salvezza, della conversione e della fiducia nella potenza misericordiosa di Dio. Il mondo in cui viviamo è apparentemente allegro, ma in realtà infinitamente triste, colpito dal relativismo, dall’edonismo e dal secolarismo che è penetrato persino nella stessa comunità cristiana, in un mondo ferito dalla violenza e contaminato dal peccato. Il messaggio di Fatima risponde a questo mondo con la forza della preghiera, e in particolare col Santo Rosario, con la devozione al Cuore Immacolato di Maria, con la penitenza e l’offerta di se stessi per la redenzione dei peccatori.

Queste parole non si sentono più tanto spesso nella predicazione, nella catechesi e nel linguaggio comune dei cristiani e degli stessi sacerdoti. Ma queste parole sono invece essenziali, fondamentali e incancellabili per un vero cattolico.

E non possiamo trascurare che la nostra Madre celeste ha voluto apparire, a Fatima come a Lourdes, a dei bambini e a dei bambini poveri. Qual’ è il significato di questo fatto ? La risposta è che la Madonna ha voluto rivelarci il segreto del suo Cuore immacolato. E il segreto è nient’altro che il Vangelo, ma quale Vangelo? Il Vangelo senza compromessi, senza accomodamenti con lo spirito del mondo. Il Vangelo di Gesù Cristo non è aperto ai venti e alle opinioni o correnti di pensiero che ritengono che tutte le religioni si equivalgono e che non accettano norme morali assolute. Il Vangelo è la Buona Notizia che la salvezza è giunta in Gesù, vero Dio e vero uomo. E il Vangelo porta con sé la vera dottrina e la vera morale, che è sapienza e santità di vita. E a questo annuncio l’uomo deve rispondere con la conversione del cuore e della vita per ottenere la salvezza.

Noi sappiamo che i beati Francesco e Giacinta di Fatima hanno preso talmente sul serio l’annuncio del Vangelo, che ogni giorno offrivano sacrifici per la conversione dei peccatori. Il pressante invito oggi, mentre rendiamo grazie per la Liturgia antica restituita alla Chiesa e per l’avvenimento mariano di Fatima, è di accogliere con gioia il mistero del sacro e le realtà spirituali della conversione e della penitenza, nella nostra vita e nel nostro apostolato cristiano, perché esse sono presenti nella croce di nostro Signore Gesù Cristo, che professiamo come unico Signore e Salvatore del mondo. Sia lodato Gesù Cristo.

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