Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 28 novembre 2015

Sulla legittima difesa dal punto di vista della morale cattolica

Nella Vigilia (anticipata) di S. Andrea e nella memoria di S. Giacomo della Marca, confessore, ricevuto, pubblichiamo questo sintetico saggio sulla legittima difesa dal punto di vista della morale cattolica.

Filippo Vitale, S. Andrea condotto al martirio, XVII sec.

Jusepe de Ribera, S. Andrea in preghiera dinanzi alla sua croce, 1615-18, Quadreria dei Girolamini, Napoli

Jusepe de Ribera, S. Andrea, 1616, Quadreria dei Girolamini, Napoli

Francisco de Zurbarán, S. Giacomo della Marca, 1659-60, museo del Prado, Madrid

Sulla legittima difesa

di Vincenzo Sasso

P - Recentemente mi è capitato che “Qualcuno” mi dicesse, forte delle sue personalissime impressioni e delle sue poche conoscenze della Dottrina della Chiesa, che io avrei le “idee confuse” nel momento in cui ipotizzo che sarebbe moralmente lecito (e dovrebbe essere legalmente lecito) per un uomo difendersi con un’arma da fuoco nel caso di un’effrazione anche quando l’aggressore non ha ancora dato segno di essere armato. Affronterò le affermazioni una per una, anche se molto sinteticamente.

1 - PRIMA: “La vita è sacra”. “Cosa direbbe il mio confessore di questo?”, la provocazione. Cosa direbbe non lo so, ma so cosa insegna la Chiesa. La Chiesa dice che è omicidio uccidere un INNOCENTE, non chiunque in qualunque caso: sono esclusi la guerra, la legittima difesa e la pena di morte. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (promulgato nel 1992; d’ora in poi CCC) al par. n. 2267 afferma la legittimità morale della stessa pena di morte, come anche il Catechismo Maggiore di San Pio X del 1905 al n. 413. Non è certo questo il momento di affrontare questo tema; chi vuole verificare, basta che cerchi su Internet. È anche vero che l’autorità ecclesiastica è oggi impegnata a far cessare l’uso della pena di morte nel mondo. Ma questo atteggiamento non contraddice necessariamente l’insegnamento richiamato: una cosa è la legittimità morale come principio universale e sovratemporale, un’altra è la decisione, che ha carattere contingente ed è legata alla situazione e alla prudenza personale. Infatti, nel corso di una valutazione, alla considerazione di un principio di ordine più generale si possono aggiungere altre osservazioni (cfr. S.Th. I-II, q. 97, a. 2).

2 - SECONDA: “Se spari, spari per uccidere”. È un’affermazione assolutamente gratuita. In guerra soltanto si spara per uccidere, in tutti gli altri casi non si dovrebbe. Il CCC 2263 recita: “Nulla impedisce che vi siano due effetti di uno stesso atto, dei quali uno sia intenzionale e l’altro preterintenzionale”; e al 2264: “un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui”. Sono citazioni di S.Th. II-II, q. 64, a. 7 co.

3 - TERZA: Starei dicendo “un mare di sciocchezze” quando porto come argomento il fatto che un tempo c’erano maglie molto più larghe nella legittima difesa, mentre dopo lo Stato ha avocato a sé maggiori prerogative. Innanzitutto, non si tratta di un’opinione, ma di verità storica: in passato era più facile armarsi e che un’uccisione o una lesione venisse giustificata, mentre in seguito la legge (almeno nei Paesi occidentali) ha ristretto sempre più queste prerogative.
Il motivo per cui si porta questo argomento è che esistono due piani della legge: il diritto naturale e quello civile. È di diritto naturale il diritto (e l’obbligo, in alcuni casi) alla legittima difesa e alla difesa dei propri sottoposti (ad es. il capofamiglia o lo Stato nei confronti dei loro sottoposti); è di diritto naturale che ogni delitto va punito con pene proporzionate. È di diritto civile la determinazione di quali facoltà vanno riconosciute ai soggetti perché possano esercitare la difesa propria e dei propri sottoposti; è di diritto civile l’esatta determinazione di quali pene siano da considerarsi proporzionate al delitto commesso. Il diritto naturale è universale, sovratemporale e immutabile e deve obbligatoriamente essere riconosciuto dall’autorità; il diritto civile è mutabile e corrisponde alla valutazione prudenziale dell’autorità in un certo dato momento e considerati determinati mezzi; da cui anche la possibilità di ripudiare la pena di morte, come spiega il CCC (cfr. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, ed. 2005 (d’ora in poi CDS), nn. 397-398; S.Th. I-II, q. 94, aa. 4-6 riguardo alla legge naturale; S.Th. I-II, q. 95, a. 2 riguardo alla legge civile o positiva). 
Ne consegue che è del tutto razionalmente fondato pensare e supportare un cambiamento in direzione di una maggiore libertà all’autodifesa.
Il fatto che una legge dice questo o quest’altro non significa che debba per forza rimanere così. Tantomeno si può compiere un salto logico dal piano della legalità a quello della moralità, altrimenti sotto le leggi razziali tutti avrebbero dovuto rispettarle; mentre è vero che la prima obbedienza spetta alla coscienza e solo dopo all’autorità, proprio per la distinzione tra diritto naturale e diritto civile. Ciò comporta la proibizione (morale, non legale!) di fare il male solo perché te lo ordina l’autorità (cfr. CDS 400-401; S.Th. I-II, q. 96, a. 4).
Volendo aprire una parentesi, si potrebbe aggiungere che un tempo (non occorre indicare un’epoca storica precisa) c’erano pochi mezzi per assicurare la giustizia e si conduceva una vita povera, con un’economia piuttosto orientata alla sussistenza. Di conseguenza, sparare o comunque combattere e forse uccidere un ladro assumeva un valore molto diverso. Personalmente ritengo (per una valutazione prudenziale, appunto) che fosse del tutto lecito, in certe condizioni, difendersi e difendere la proprietà con ogni mezzo. E infatti anche la legge lo ammetteva pienamente. E puniva atrocemente quelle violazioni della proprietà altrui a cui oggi si dà un valore molto minimo.

4 - QUARTO: “Legittima difesa è quando c’è proporzione...”. Esatto. Ma per determinare la proporzione non basta considerare solo un aspetto: se l’aggressore è armato e quale arma utilizza. Vi immaginate un paraplegico (o anche un anziano o anche una persona qualunque) che deve fare a botte con un omaccione che gli entra in casa? Non ce la farà mai a difendere un bel fico secco, ma può riuscirci con un’arma da fuoco. E siccome: A) “se [uno] reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita” (CCC 2264); B) la moderazione è il giusto mezzo tra due estremi non in astratto, ma in una situazione storica (spazio-tempo) precisa, considerati quindi i rischi, i benefici e i mezzi; C) allora l’uso di un mezzo tecnologicamente superiore e molto probabilmente letale è lecito.
Naturalmente ciò non toglie un’altra considerazione: se l’aggressore si arrende, è immobile e disarmato, sparargli sarebbe più un’esecuzione che legittima difesa. Ben diverso dal caso considerato prima, cioè di un aggressore disarmato, ma determinato a dartele di santa ragione (cfr. S.Th. II-II, q. 64, a. 7).

5 - Naturalmente questo ragionamento non comporta un’autorizzazione a fare tutto ciò che si crede giusto solo per una propria personale valutazione.
Quindi, per quanto concerne l’argomento in questione, il fatto di poter fare questa riflessione personale a livello morale non significa necessariamente che uno deve con leggerezza fare qualcosa che per legge non è consentito, né deve dare un peso eccessivo a quelle che sono impressioni personali (benché in questo non si tratti di impressioni personali, ma di un pensiero scientificamente fondato), ma certamente può mantenere le riserve della propria coscienza rispetto alla legge. La legge sovrana per la coscienza è quella morale (cioè quella di Dio), non quella di pinco palla o del Parlamento (cfr. CDS 399; S.Th. I-II, q. 93, a. 6).

6 - Se c’è un moralista (filosofo o teologo) che vuole dimostrarmi la fallacia del mio ragionamento (quando i nessi logici sono solo apparenti) o la falsità di una premessa (Aristotele: la verità delle conclusioni dipende dalla verità delle premesse), si faccia avanti senza paura. Io sono sempre disposto a rivedere quelle che sono le conclusioni sì di ragionamenti fondati, ma pur sempre personali.

7 – “Qualcuno” dovrebbe riflettere sul fatto che il dialogo non è solo una bandiera ideologica che serve a dire che le religioni sono tutte uguali e per affermare il relativismo morale (prostituzione, aborto, eutanasia...), ma è soprattutto (è solo) un impegno concreto: quando si parla, non si danno giudizi all’interlocutore, ma si usano argomenti.

8 - Spiego le cose una sola volta, perché distinguo le persone in ragionevoli e oneste da una parte e ideologiche, fideiste e sofiste dall’altra.

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