Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 15 agosto 2020

Il culto a Maria è esistito fin da subito?

Oggi, 15 agosto, è la Pasqua ovvero il trionfo della Beata Vergine Maria sulla morte similmente al Figlio (cfr. C. Siccardi, La Assunzione: trionfo della Madre di Dio, in Corrispondenza romana, 15.8.2018).

Questa festa ci addita il comune destino per coloro che credono: ricevere il premio eterno, con la partecipazione ad esso anche del proprio corpo. Al contempo ci dà degli insegnamenti, diciamo concreti, che rinnegano la vena puramente spiritualista del neo-modernismo: cioè i regni ultramondani non sono solo degli stati, ma sono dei luoghi. Se dei corpi sono stati assunti presso Dio, significa che i regni ultramondani sono luoghi fisici, non soltanto spirituali, in cui possono starvi dei corpi, che, per quanto spiritualizzati e non più soggetti alle leggi della fisica, hanno nondimeno una loro tangibilità e dimensione spaziale (occupano, infatti, uno spazio!). Si è parlato di corpi assunti presso Dio, perché mai non è l’unica assunta. Abbiamo Elia, che salì in Cielo su un carro di fuoco, ma anche Enoch, che, dopo aver camminato con Dio, «non fu più perché Dio l’aveva preso» (Gen 5, 24). Ed infine abbiamo la pia credenza – cara a S. Bernardino da Siena – che anche S. Giuseppe, sposo della Vergine, sia stato assunto in Cielo al momento dell’Ascensione del Signore. Ne fece cenno il papa Giovanni XXIII in occasione della Canonizzazione di S. Gregorio Barbarigo nel maggio 1960: «Con Gesù che ascende alla destra del Padre si aprono le vie dei cieli per i figli dell’uomo, ormai riassunto alla sua primitiva destinazione di creatura spirituale riservata ai beni eterni.

Già S. Matteo, il primo degli Evangelisti, aveva raccontato che al morire di Gesù sul Golgota, oltre allo scindersi del velo del tempio in due parti, al commuoversi della terra e delle pietre, anche i sepolcri si aprirono et multa corpora sanctorum qui dormierant surreoerunt, et exeuntes de monumentis post resurrectionem eius venerunt in sanctam civitatem et apparuerunt multis (Ps. 18, 7).

Come non scorgere in questo inaspettato prodigio il primo apprestamento della processione che dopo quaranta giorni doveva sollevarsi a volo, dall’oliveto per la via luminosa dei cieli e precisamente per accompagnare il trionfante Redentore Divino, nell’atto di prendere anche in forma umana il possesso del regno eterno a cui, Agnello sacrificato per i peccati del mondo, aveva assicurato il diritto sacro e glorioso?

Tra i Padri e i Dottori che variamente interpretano questo passo di S. Matteo, l’Aquinate nel suo Commentario prende posto decisamente presso quanti asseriscono che corpora sanctorum qui dormierant surreoerunt — egli aggiunge — tamquam intraturi cum Christo in coelum (Matth. 27, 52-53).

Spetta quindi ai morti dell’Antico Testamento, i più vicini a Gesù — nominiamone due dei più intimi alla sua vita, Giovanni Battista il Precursore e Giuseppe di Nazareth, il suo nutricatore e custode — spetta a loro — così piamente noi possiamo credere — l’onore ed il privilegio di aprire questo mirabile accompagnamento per le vie del cielo: e dare le prime note all’interminabile Te Deum delle generazioni umane salienti sulle tracce di Gesù Redentore verso la gloria promessa ai fedeli, alla grazia sua» (Giovanni XXIIIOmelia in occasione della canonizzazione di S. Gregorio Barbarigo26.5.1960).

C’è una differenza: se altre personalità sono state assunte o rapite in Cielo in anima e corpo, Maria nondimeno è l’unica assunta in quanto Immacolata e preservata immune dal peccato originale, perché Madre di Dio.

In suo onore, perciò, rilanciamo questo contributo, augurando ai nostri lettori una santa festa dell’Assunzione della B.V.M.


Annibale Carracci, Assunzione della Vergine Maria, 1600-02, Cappella Cersai, chiesa di S. Maria del Popolo, Roma


Il culto a Maria è esistito fin da subito?


di Corrado Gnerre


Alcuni sostengono che il culto mariano sia nato solo a partire dal V secolo, in seguito alla proclamazione dogmatica di Maria “Madre di Dio”. Non è così: numerose prove archeologiche e liturgiche attestano che la devozione dei cristiani per la Vergine Maria era fin da subito presente e molto sentita.


Fu il Concilio di Efeso nel 431 a decretare la “Maternità divina” di Maria e così i protestanti hanno preteso affermare che da lì sarebbe partita la devozione mariana tra i cristiani. Invece non è affatto così: la devozione mariana esiste da quando esiste il Cristianesimo.

A conferma di ciò basterebbe ricordare che il Concilio di Efeso si celebrò in un edificio dedicato alla Vergine, il che fa capire chiaramente che il culto mariano già esisteva.

La più antica preghiera rivolta a Maria di cui si ha traccia, Sub tuum praesidium («Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta»), è stata trovata ad Alessandria d’Egitto in un papiro egiziano, copto, acquistato nel 1917 dalla John Rylands Library di Manchester e pubblicato la prima volta nel 1938. Secondo gli studiosi, risalirebbe agli inizi del III secolo. Di sicuro risale ad un tempo molto anteriore al Concilio di Efeso (431) che – come abbiamo già detto – attribuirà a Maria il titolo di “Madre di Dio”.
In un’antica colonna nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, colonna probabilmente del II secolo o al massimo del III, è leggibile un’iscrizione in lingua greca, fatta da una pellegrina: «...sotto il luogo sacro di Maria». La pellegrina ha anche lasciato inciso il proprio nome e quello dei suoi cari, per affidarli alla Madonna. Ma, cosa interessante, nell’iscrizione la donna precisa di aver eseguito i riti e le preghiere prescritte.

Ancora a Nazareth, contemporaneamente alla scoperta di questa iscrizione, ne è stata trovata un’altra (sempre del II secolo, massimo del III), che testimonia con certezza il culto che i primi cristiani prestavano a Maria. In questa iscrizione, scoperta dall’archeologo padre Bellarmino Bagatti (1905-1990), si legge facilmente il saluto angelico: «Ave Maria».

Nelle catacombe di Priscilla, a Roma, si trova una rappresentazione che risale al III secolo. In essa si vede la figura di un vescovo che, imponendo ad una vergine un sacro velo, le indica come modello Maria Santissima, la quale è dipinta con il Bambino Gesù in braccio.

Sempre nelle catacombe della via Salaria si può osservare un epitaffio posto davanti al loculo di un defunto di nome Vericundus. Il nome è tracciato su due tegole unite tra loro, che chiudono il loculo. Fra queste due tegole, sulla calce che le unisce, spicca, dipinta molto probabilmente dalla stessa mano che tracciò il nome del defunto, una “M”, che, secondo la nota studiosa Margherita Guarducci, significa Maria. Insomma, si voleva porre sotto la protezione della Vergine l’anima del defunto. Ebbene, questo epitaffio risale al II secolo.

A Roma, sotto l’altare della confessione nella Basilica di San Pietro, nel cosiddetto “muro G2”, che conteneva le ossa dell’apostolo Pietro identificate dalla studiosa Margherita Guarducci, sono state trovate incise diverse scritte, databili all’inizio del IV secolo, dunque prima del Concilio di Efeso (431). Tra questi graffiti, molti dei quali furono scritti per impetrare la felicità del Paradiso ai defunti, si trova spesso un’acclamazione di vittoria di Cristo, di sua Madre e ovviamente dell’apostolo Pietro. Vi è anche un graffito in cui il nome di Maria appare per intero e non abbreviato, come si usava fare nell’antichità.

Sempre per capire quanto la devozione alla Vergine abbia preceduto il Concilio di Efeso (431), va ricordato come prima di questo Concilio siano state istituite varie feste in onore di Maria Santissima, a Betlemme, a Gerusalemme e anche a Nazareth. È certo che una solennità mariana esisteva a Costantinopoli prima del Concilio di Efeso. Ci sono, infatti, tutti gli elementi per considerare autentico un discorso del 429 di san Proclo, patriarca di Costantinopoli, nel quale si fa cenno ad una solennità liturgica in onore della Madonna.
Ci sono, inoltre, bellissime preghiere rivolte alla Vergine e composte da sant’Atanasio, san Giovanni Crisostomo, sant’Ambrogio, sant’Agostino. Santi che sono vissuti prima del Concilio di Efeso.

E poi, come dimenticare la raffigurazione della Madre di Gesù nel cimitero di Priscilla, sulla via Salaria Nuova, a Roma? In questa raffigurazione la Vergine stringe al petto Gesù. L’opera si fa risalire al II secolo, dunque ben prima del Concilio di Efeso.

Fonte: Il Settimanale di Padre Pio, 2.8.2020, fasc. n. 31

lunedì 20 luglio 2020

L'ecumenismo secondo il profeta Elia

"Ed Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!».
Li afferrarono. Elia li fece scendere al torrente Kison, ove li ammazzò."

(3 Reg. (1 Re), XVIII, 40)

Juan de Valdés Leal, Il profeta Elia ed profeti di Baal, 1658, Chiesa del Carmine, Córdoba

Elia uccide i sacerdoti di Baal, Monastero carmelitano, El Muhraqa

domenica 31 maggio 2020

Ricordo del mese mariano

Non potevamo lasciare i nostri lettori, in questo giorno, solenne sia per la ricorrenza della festa di Pentecoste sia per quella di Maria Regina, senza il ricordo del mese mariano, che volge al termine; un mese di maggio - questo del 2020 - davvero singolare, che ha conosciuto, almeno in Europa, ed in Italia in particolare, l'oscurità della chiusura, delle limitazioni dovute alla pandemia, ed ha visto la luce della graduale riapertura alla vita. Un mese davvero indimenticabile.




























sabato 23 maggio 2020

Una nuova interessante pubblicazione "Chiara da Montefalco" di Marino Pagano, con prefazione di don Nicola Bux

È da inizio aprile nelle librerie italiane il volume “Santa Chiara da Montefalco. Una monaca medievale con il cuore aperto al mondo”, a firma di Marino Pagano, giornalista e saggista su temi storiografici, libro edito da Fede e Cultura. Ecco qualche notizia sul libro.

BREVE SINOSSI DEL LIBRO
Chiara da Montefalco (1268-1308), monaca agostiniana, è una mistica venerata in Umbria e nel Centro Italia. La sua esperienza biografica e storica si inserisce nel solco del ramo femminile del monachesimo medievale, quello delle recluse innamorate di Cristo. Questo il senso del libro: iscrivere la sua biografia all’interno di questa tradizione spirituale e storiografica. La sua vita è stata improntata all’ascetismo, all’adorazione del Signore e alla fuga da ogni possibile peccato, e contiene perciò i caratteri del modello di perfezione degli exempla medievali: umile e solidale con chiunque si avvicinasse al suo monastero, lottò contro l’eresia e ogni individualismo slegato da Roma. Tuttavia è possibile leggere Chiara anche in una dimensione sociale, vista la sua anticipazione del declino del proprio tempo e delle sue strutture di appartenenza. Da qui l’interesse del volume. Chiara e la cultura del suo tempo. Chiara e la società. Senza dimenticare i punti di contatto con le donne mistiche e filosofe del Novecento, che legano la santa ai più grandi ambienti culturali e teologici di ogni epoca.


Chiara da Montefalco. Una monaca medievale con il cuore aperto al mondo
Edizioni Fede e Cultura 
Aprile 2020

DALL’INTRODUZIONE AL TESTO 
di Marino Pagano 
Questa pubblicazione delinea un profilo di Chiara da Montefalco, mistica nata nel 1268 e morta nel 1308, venerata soprattutto nella sua cittadina natale e in Umbria, una monaca agostiniana vissuta in gran parte nel XIII secolo, la cui esperienza biografica e storica si inserisce nel solco del ramo femminile del monachesimo medievale, munito del peculiare portato culturale offerto dalle cosiddette “Mulieres in Ecclesia”. 
Perché un nuovo volume su una santa su cui molto (tutto?) è ormai stato detto? L’obiettivo è fornire un agile tracciato dell’esperienza spirituale dell’agostiniana, tra ricerche indubbiamente debitrici della ricca bibliografia inerente la sua figura e qualche nuova suggestione. 
Il tema delle “visioni” di Chiara, dunque del suo lato eminentemente mistico, ci è apparso assai rilevante. 
Il tutto in una prospettiva divulgativa (pur nel rigore storiografico e filologico seguito senza indugi), utile sia all’appassionato di storia medievale, specie di storia del monachesimo femminile, sia al devoto clariano desideroso di conoscere con più specificità gli aspetti legati a questa grande santa. Una santa popolare in Umbria e in ambienti agostiniani ma non ancora, forse, nel più vasto “popolo di Dio”. 

GIUDIZI CRITICI 
Un’eccellente opera dal valore storico, legata al metodo di ricerca, quello concepito dal giornalista pugliese Marino Pagano su santa Chiara da Montefalco (1268-1308) che riesce ad appagare la sensibilità degli esperti e nello stesso tempo di coloro che desiderano conoscere la figura di questa meravigliosa donna, monaca agostiniana e mistica.
Una spiritualità che comprende i segni dell’esempio di perfezione medievali basata sull’ascetismo, sulla preghiera e sulla fuga dal peccato, ben sottolineato dall’Autore, che tratteggia il suo profilo portando l’attenzione del lettore  su questa Santa nel solco del ramo femminile del monachesimo medievale, quello delle recluse innamorate di Cristo. Santa Chiara da Montefalco, come donna del suo tempo, occupa un suo interesse culturale, avendo il dono della scienza infusa, era competente nel colloquiare con importanti uomini di Chiesa e teologi che si recavano da lei in virtù della sua fama di santità. Non ha lasciato nulla di scritto, fatta eccezione per i così chiamati “dicti” clariani, per lo più ordinati dalle sue consorelle dopo la sua morte. 
ANTONIO CALISI, storico e teologo

Uno stile assolutamente accorto e senza fronzoli domina nelle pagine del volume, come del resto nello stile di Pagano anche come cronista di cultura oppure come narratore e viaggiatore tra i borghi del nostro Mezzogiorno. La capacità di offrire un dato preciso, sconosciuto ai più, con poi la spiegazione di quel particolare. L’illustrazione, si potrebbe dire. Ed in effetti non molto nota la santa, forse, eccezion fatta per esperti e studiosi specialistici oppure per i fedeli umbri o di spiritualità agostiniana. Ecco il merito allora del nostro giornalista studioso di storia, ossia quello di consegnarci il valore di una figura che resta pur sempre letta nel suo stretto ambito storiografico e non certo nel mero senso teologico-agiografico. Chiara diventa così nota anche in altre zone italiane e non certo solo umbre.
LILIANA TANGORRA, storica dell’arte

Una santa umbra sconosciuta ai più ma dal grande carisma, interamente devota alla Croce di Cristo, cui uniformò la sua vita sin dalla più tenera età. Una storia che meritava di essere approfondita e divulgata, per aggiungere un tassello prezioso al variegato, seppur a tratti ancora incompleto, mosaico del monachesimo medievale. Ci ha pensato, con la viva passione storiografica e il metodo analitico che gli sono propri, Marino Pagano, giornalista e ricercatore storico. 
DOMENICO SCHIRALDI, docente e storico

L’AUTORE
MARINO PAGANO
Giornalista, classe 1980, scrive su testate di viaggi, ricerca storica e cultura. Collabora con Cultura e Identità, Borghi Magazine, e-Borghi Travel e Puglia Amazing. Segue la cronaca culturale pugliese sulle pagine del settimanale Epolis Bari In Week e su altre testate locali. Ha fondato, con Edoardo Spagnuolo, la pubblicazione di divulgazione storica Lo Scudo e La Spada e collabora alla redazione della rivista di storia e arte Neda. Saggista a tema storiografico (sulla storia della spiritualità medievale o sulle dinamiche del Risorgimento e del Brigantaggio postunitario al Sud) è direttore responsabile del semestrale Studi Bitontini.

venerdì 1 maggio 2020

Una bella storia per l'inizio del Mese Mariano: la Madonna entra in reparto e i contagi si fermano

In quest’inizio del mese mariano, non possiamo non affidarci alla Vergine, la quale, anche in questo frangente di pandemia, non ha mancato di dimostrare la sua materna protezione verso i suoi figli e per coloro che la invocano con fiducia.
Per questo non possiamo non condividere questa bella storia che ci giunge da Crotone, che è stato rilanciato anche sul blog MiL, Messa in Latino e su Chiesa e postconcilio.
Buon mese mariano a tutti.




























La Madonna entra in reparto e i contagi si fermano

di Andrea Zambrano




«Io di miracoli non parlo. Ma metti mai che…». Il cappellano ospedaliero don Claudio Pirillo mette le mani avanti, ma sa che qualche cosa deve essere andato per il verso giusto. Ad accorgersi che potrebbe essere un miracolo invece è stata un’infermiera dell’ospedale di Crotone San Giovanni di Dio. Dal 26 di marzo i contagi Covid si sono arrestati. E da quel giorno hanno iniziato a guarire i primi malati di Coronavirus fino a che da una settimana Crotone è una provincia Covid free dato che al momento non figurano nuovi contagi.

Ebbene. Il 26 marzo è anche la data in cui in ospedale ha fatto il suo ingresso anche una signora speciale. Si chiama Madonna di Capocolonna ed è la patrona della diocesi calabrese. L’effige della Madonna nera, che viene portata i processione tutti gli anni dai crotonesi fino al promontorio (Capocolonna) in cui oggi sorge il suo santuario, era stata prestata temporaneamente dall’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta con questa singolare motivazione: «Nei prossimi giorni il Quadricello della Madonna di Capocolonna, lo manderò per qualche giorno presso l’ospedale di Crotone come segno della vicinanza della nostra chiesa a questo luogo nel quale si sta combattendo una battaglia importante per la salute è il benessere di tutti noi».

Ebbene: da quel giorno i contagi si sono arrestati e le guarigioni hanno iniziato a contarsi copiose.
«È andata proprio così – spiega al Timone il cappellano don Claudio –. A Crotone abbiamo tre immagini: quella originale, grande, viene esposta ogni sette anni, mentre in processione una volta all’anno esce un “quadricello” che viene scortato da oltre 120mila crotonesi. Bene, il vescovo ha nella sua cappella privata una copia del quadricello della Madonna nera e dal 26 marzo me lo ha consegnato direttamente perché lo potessi custodire in ospedale».

Il quadro però non è rimasto solo nella cappella. «No, durante la preghiera e la Messa con il personale medico lo espongo – prosegue il sacerdote – e poi lo porto in processione per farlo vedere ai malati». E loro? «Pregano e si affidano», aggiunge. Quindi, pare di capire che la donazione del vescovo non sia stato un semplice gesto devozionale, ma qualche cosa di concreto deve averlo operato.

«Sì, ho letto l’articolo su quanto dice l’infermiera… che cosa vuole che le dica? Bè… diciamo che le vie del Signore sono davvero misteriose, ma in un’ottica di fede dobbiamo dire che se non ci avessimo creduto non l’avremmo esposta e non ci saremmo affidati a Lei».

Storia ricca di significati quella della Madonna di Capocolonna, che affonda le sue radici – come tante devozioni italiane – ai tempi in cui i Saraceni nel 1519 compivano le loro consuete scorribande da Sibari al basso Ionio. A Capocolonna, appena a sud di Crotone, i Mori devastarono il promontorio su cui sorgeva una chiesetta che ospitava il quadro di origine bizantina. Antica devozione, arrivata a sostituire il tempietto pagano di Hera Lacinia che della città fondata dagli Achei era il cuore religioso. Ed è li, nella città di Kroton, fratello di Alcinoo, Re dei Feaci, che diede ospitalità ad Odisseo, che i musulmani devastarono tutto, portandosi via anche quel quadro come bottino di guerra. Solo che la nave pronta a salpare per la Turchia, non voleva saperne di mollare gli ormeggi. Così, gli islamici decisero di gettare in mare quell’immagine quasi a volersi liberare di una zavorra. Recuperata da un pescatore, l’icona fu portata “trionfalmente” in città e da lì iniziò la sua nuova vita di Protettrice dei crotonesi.

Oggi, mutatis mutandis, la Madonna nera è ancora lì, pronta a difendere i suoi cittadini.
Miracolo? Rispondere non è facile, ma anche in questo caso è sempre meglio crederci. Anche perché non sappiamo che cosa sarebbe accaduto, e soprattutto quanti morti ci sarebbero stati, se la Madonna non fosse entrata in reparto dove è stata accolta con la stessa devozione dei crotonesi che nel ‘500 la salvarono dalle acque. Nel dubbio, sempre meglio optare per la scommessa di Pascal.