Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 29 aprile 2016

Il santo assassino ovvero la redenzione del beato Carino da Balsamo

Il calendario tradizionale celebra oggi la festa del domenicano ed inquisitore S. Pietro da Verona. Tutti si sarebbero aspettati – avendo un’immagine distorta ed “illuminista” della Chiesa – che il suo uccisore finisse imprigionato, tormentato sotto tortura e magari pure ucciso in modo atroce dai “crudeli” Domenicani dell’Inquisizione e da una Chiesa medievale asseritamente - secondo la volgata comune - oscurantista e perfida. Ed invece no. Al contrario. La storia dell’autore del delitto, tale Carino da Balsamo, in un certo qual modo ricorda la storia di S. Paolo – la cui conversione fu ottenuta dal sangue versato da S. Stefano – o di un Alessandro Serenelli – convertito da S. Maria Goretti.
In effetti, l’uccisore di S. Pietro, convertitosi, vestì egli stesso l’abito di terziario domenicano e morì in concetto di santità nelle Marche, venendo elevato dalla Chiesa alla gloria degli altari e venerato come Beato Carino da Balsamo, la cui festa si celebra il 28 aprile (il giorno prima di quella di S. Pietro martire). Scrive un insigne domenicano, autore di una vita del Santo celebrato oggi, che: «Carino fu perdonato e si pentì del suo tremendo delitto; convertitosi, egli chiese di potersi ricoprire dell’abito che indossava il dolce servo del Signore, e finì fratello laico in un convento domenicano delle Marche dove si dedicò al lavoro e a tale durissima penitenza d’espiazione che il popolo lo venerò dopo la morte come beato» (P. Reginaldo Frascisco O.P., San Pietro martire da Verona, ESD, Bologna, 1996, p. 124).
Per cui, quest’oggi, oltre a S. Pietro martire vogliamo ricordare pure il santo suo assassino, che possiamo ascrivere come uno dei frutti più belli ottenuti dal sangue innocente e fecondo del servo del Signore Pietro da Verona. Per notizie sul beato Carino, rinviamo al recente libretto Marco Bulgarelli, Il santo assassino. Beato Carino da Balsamo, Edizioni san Paolo, Cinisello Balsamo, 2015.

Pedro Berruguete, Orazione di S. Pietro martire, 1493-99, museo del Prado, Madrid

Pedro Berruguete, Martirio di S. Pietro martire, 1493-99, museo del Prado, Madrid

Pedro Berruguete, S. Pietro martire, 1493-99, museo del Prado, Madrid

Pedro Berruguete, Venerazione e pellegrinaggi al sepolcro di S. Pietro martire, 1493-99, museo del Prado, Madrid

Anonimo, Vergine del Rosario tra i SS. Domenico e Pietro martire, XVI sec., museo del Prado, Madrid

Juan de Borgoña, SS. Maria Maddalena, Pietro martire, Caterina da Siena e beata Margherita d'Ungheria, 1515 circa, museo del Prado, Madrid

Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, Martirio di S. Pietro da Verona, 1528, Museo d’Arte Sacra San Martino, Alzano Lombardo

Giovan Battista Moroni, Martirio di san Pietro da Verona, 1555-60, Castello Sforzesco, Milano


Lorenzo Lotto, Ritratto di fra Angelo Ferretti come S. Pietro martire, 1549 circa


Jeremias Mittendorff, Trittico con storie di S. Pietro da Verone: Miracolo della falsa Madonna ovvero S. Pietro rompe il giogo satanico degli eretici; Martirio di S. Pietro da Verona; Miracolo della nube, XVII sec. (1616-29), Palais des Beaux-Arts, Lille





Le reliquie del beato Carino prima di essere traslate, nel 1934, al santuario di S. Martino, Balsamo


Reliquia del beato Carino con il falcastro usato per uccidere S. Pietro, Santuario di S. Pietro da Verona, Seveso. Il falcastro viene esposto nella ricorrenza del Calendimaggio per la festa del Santuario

Il santo assassino

di Oreste Paliotti

La potenza redentrice della misericordia divina si palesa nella figura del beato Carino da Balsamo, le cui spoglie sono venerate a pochi chilometri da quelle dell’ucciso, san Pietro da Verona. Una puntata nell’hinterland milanese, teatro di questa vicenda del XIII secolo

Con i suoi oltre 75 mila abitanti, Cinisello Balsamo è il terzo comune della provincia di Milano dopo il capoluogo e Sesto San Giovanni. Il suo sviluppo, dovuto alla fortissima immigrazione iniziata negli anni '50 per la vicinanza con le grandi industrie milanesi e le fabbriche di Sesto, ha in effetti stravolto l’identità e le caratteristiche fisiche dei due borghi agricoli originari, Cinisello e Balsamo, poi accorpati in un unico comune nel 1928 non senza resistenze degli abitanti soprattutto di Balsamo. Il primo borgo è l’erede della Cinixellum al tempo in cui le legioni romane conquistarono la Gallia Transpadana, mentre il secondo, circa tre miglia più a sud-est, deriverebbe il suo nome Balsemum o Balxanum da un’antica famiglia nobiliare milanese del X secolo. Tra i palazzoni moderni ancora resistono alcune vecchie case a corte, tipiche dei primitivi insediamenti.
Non so quanti dei laboriosi abitanti di questo hinterland milanese sappiano riferire qualcosa delle lotte religiose che nel Duecento misero in subbuglio la Lombardia e la stessa Milano. Mi riferisco all’eresia dei catari (o “uomini puri”), che in alternativa alla Chiesa cattolica di quel tempo, inquinata dal potere e dalle ricchezze, professavano un messaggio di salvezza e liberazione dalla soggezione al male. Per il rigore morale che li contraddistingueva, i catari, che si consideravano la vera Chiesa di Cristo e degli apostoli, esercitavano un grande fascino su quanti erano disgustati dal clero cattolico, spesso mediocre e corrotto. Inoltre essi avevano semplificato la liturgia, ammettendo un solo sacramento: il battesimo che, impartito agli adulti in prossimità della morte, assicurava il perdono dei peccati e la salvezza eterna.
Quando il dilagare dell’eresia e l’emorragia di fedeli furono accompagnate da un fatto di sangue come l’uccisione, nel 1208, del legato pontificio Pietro di Castelnau, papa Innocenzo III reagì col tribunale dell’Inquisizione e promuovendo la crociata che avrebbe segnato l’annientamento del catarismo prima in Lombardia e poi in tutta Europa (anche se non la fine delle eresie, sempre ripullulanti, magari con nomi diversi, a causa della incoerenza evangelica dei cristiani). Grande nemico dei catari fu il podestà di Milano Oldrado da Tresseno, intimo amico dell’inquisitore per la Lombardia Pietro da Verona. Uno dei motivi di rinnovata persecuzione nei riguardi dei catari fu appunto l’uccisione efferata di quest’ultimo, uomo integerrimo stimato da papa Innocenzo IV, nato da famiglia catara ma poi entrato a far parte dell’Ordine dei Frati Predicatori (i domenicani).
A questo punto verrebbe da chiedersi: cosa c’entra Cinisello Balsamo? Centra, perché alcuni potenti partigiani dei catari, che avevano deciso la soppressione dello scomodo frate, avevano assoldato come killer un tal Carino originario proprio di Balsamo. Per Pietro, di ritorno da Como a Milano insieme a un confratello, l’agguato era stato preparato nella foresta di Barlassina. Inizialmente Carino aveva con sé un complice, venuto poi meno al suo compito all’ultimo momento. Fu quindi costretto a consumare da solo il delitto: armato di un falcastro, una specie di lunga roncola da contadino, assalì i due religiosi, colpendo più volte Pietro e ferendo l’altro. La tradizione dice che in punto di morte la sua vittima intinse un dito nel sangue e scrisse per terra: «Credo». Era il sabato in albis del 3 aprile 1252.
Carino non la fece franca: fu raggiunto e imprigionato, ma riuscì ben presto a evadere. In fuga verso il Sud senza amici e denaro, attraversò tutta l’Emilia  Romagna. Ma a Forlì, gravemente ammalato e roso dal rimorso, dovette ricoverarsi nell’ospedale di San Sebastiano, frequentato dai domenicani del vicino convento. Ormai in fin di vita, confessò il suo delitto al priore, che credette al suo pentimento e gli diede piena assoluzione. Non solo: concesse a Carino, dopo una sorprendente guarigione, di essere affiliato al convento in qualità di penitente. Del resto anche altri due famosi catari del tempo, dopo la conversione, avevano vestito l’abito di san Domenico. Nei successivi quarant’anni Carino si prestò ai servizi più umili, non sappiamo se come semplice penitente o reale fratello converso dell’Ordine. Ironia della sorte: nei suoi lavori di giardinaggio adoperava una roncola simile a quella usata per l’omicidio. Si narra che fino all’anno della morte, il 1293, condusse una vita esemplare.
Quando iniziò a prendere piede il suo culto, dalla chiesa del convento le spoglie di lui vennero traslate nel duomo di Forlì. Nell’era moderna furono in parte restituite alla nativa Balsamo, e nel 1964 qui definitivamente riunite nella chiesa parrocchiale di San Martino. A Seveso invece, non lontano da Cinisello Balsamo, sorge il santuario con le venerate reliquie di san Pietro da Verona. In una teca dell’altare si conserva il falcastro utilizzato dal suo uccisore.
La figura del beato Carino da Balsamo ricorda per certi versi quella, secoli dopo, dell’assassino di santa Maria Goretti, Alessandro Serenelli, che in seguito al perdono ricevuto da lei in punto di morte si convertì e, dopo 27 anni di carcere, visse come giardiniere e portinaio in un convento di frati cappuccini delle Marche.
Tutta la vicenda è minutamente ricostruita nel bel libro di Marco Bulgarelli Il santo assassino, edito dalla San Paolo.  Scrive nella prefazione il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano: «Il miracolo della conversione che genera comunione rende possibile che, a pochi chilometri di distanza, oggi siano venerati sia l’ucciso che il suo assassino, diventati “uno” in Colui che è il Volto stesso della misericordia».

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