Sante Messe in rito antico in Puglia

giovedì 21 luglio 2016

22 luglio 1966/2016 - Cinquantesimo anniversario della morte di Caronti

Rilanciamo volentieri questo contributo di Vito Abbruzzi nel L anniversario della dipartita dell’insigne P. Emanuele Caronti (al secolo Giuseppe Caronti) (Subiaco 21.12.1882 - Noci 22.7.1966), Abate Generale della Congregazione Sublacense.

22 luglio 1966-2016: Cinquantesimo anniversario della morte di Caronti

di Vito Abbruzzi

Cinquant’anni orsono, esattamente alle 2.40 del 22 luglio del 1966, dopo una lenta agonia, cessava di vivere su questa terra l’Abate Don Emanuele Caronti, nel monastero che trentasei anni prima aveva fondato e dove i suoi resti mortali riposano: l’abbazia della Madonna della Scala in Noci (BA). Era finita la sua liturgia quaggiù; poteva finalmente iniziare, nella Liturgia Celeste, il suo canto eterno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Questo nel ricordo del suo biografo e figlio spirituale, lo scaligero Padre Don Giovanni Lunardi, monaco benedettino della medesima abbazia di Noci. Ma chi fu l’Abate Caronti? Ce lo dice un suo autorevole figlio spirituale, il beato Paolo VI (l’ultimo, in ordine cronologico, tra i suoi figli spirituali e amici ad essere salito agli onori dell’altare), nell’omelia da questi tenuta a Subiaco nel 1971:
«Singolare e radiosa figura di Monaco Sublacense, il sempre compianto Abate Don Emanuele Caronti, maestro fra i primi della rinascita liturgica in Italia, e monaco veramente saggio ed esemplare nell’armonica fusione della vita interiore con l’azione esteriore, sempre fedele alla formula incomparabilmente sintetica e feconda del programma benedettino: ora et labora».
Caronti abate di Parma nel maggio 1919 
Parole lapidarie che ben delineano l’inclita figura dell’Abate Caronti, insigne liturgista. E come tale amiamo commemorarlo.
Sì, egli fu davvero “maestro fra i primi della rinascita liturgica in Italia”, e non solo; intrepido paladino e strenuo difensore della sacralità della Liturgia, in special modo di quella eucaristica, per assistere alla quale vivamente al fedele raccomandava (e continua a farlo):
«Tu inginocchiati: l’anima tua ha bisogno della clemenza divina per assistere degnamente a un tanto mistero e partecipare fruttuosamente all’Eucaristia. […] Purtroppo l’uso prevalso presso i cristiani trascura quasi completamente questa prescrizione. Le nature odierne, deboli più nella fede che nella complessione fisica, stimano troppo grave fatica rimanersene in ginocchio durante una breve mezz’ora. Sull’altare si compie il grande sacrificio di espiazione per i tuoi peccati: non ti deve sembrare eccessivo un disagio corporale. D’altronde il sacrificio che tu farai, ti verrà abbondantemente ricompensato dai frutti spirituali che ritrarrai, qualora in unione colla Vittima divina potrai offrire al Padre le tue pene e i tuoi piccoli incomodi».
E ai suoi monaci sacerdoti:
«La azione liturgica sia celebrata con solennità, con ordine, e con decoro, ma si eviti nel modo più assoluto qualsiasi novità, attenendosi fedelmente ai decreti della Chiesa».
Pensiero questo in perfetta sintonia con quello di un altro grande maestro della rinascita liturgica in Italia, nonché suo confratello e amico: il beato Ildefonso Schuster, che, in qualità di abate benedettino (prima ancora di essere cardinale arcivescovo di Milano), sottolineava l’azione liturgica essere “a gloria di Dio e ad edificazione dei presenti”: «Spesso, infatti, nelle chiese delle abbazie benedettine assistono dei protestanti, degli ebrei, delle persone senza alcuna religione. L’esperienza dimostra che un coro ben eseguito, delle funzioni celebrate con ordine, con maestà, con devota pompa possono fare su quelle anime una profonda impressione».
Dunque, “tutto si compia col necessario ordine e decoro, né sia consentito ad alcuno, sia pur sacerdote, di usare i sacri edifici per arbitrari esperimenti”! È quanto leggiamo nella Mediator Dei, l’enciclica sulla Sacra Liturgia firmata da Pio XII, ma redatta dal nostro Caronti (lo stile lo dimostra!): enciclica di cui l’anno prossimo ricorre il settantesimo anniversario della pubblicazione. Sarà quella certamente un’occasione per ricordare ancora una volta e ancora meglio questo perfetto “uomo di Dio e della Chiesa” che fu l’Abate Don Emanuele Caronti.

Tomba dell'Abate Caronti presso l'Abbazia di Santa Maria della Scala, da lui fondata nel 1930, Noci (BA). La scultura della Vergine col Bambino è opera di Adolfo Rollo: artista completamente votato all'arte sacra, nella cui vasta produzione di opere, presenti soprattutto in Terra di Bari ma anche su tutto il territorio nazionale, non si può non scorgere la scintilla divina. Significativo il fatto che proprio Rollo abbia abbellito la tomba dell'Abate Caronti, il quale - a detta del suo biografo, il padre Don Giovanni Lunardi O.S.B. - stigmatizzava la crisi dell'arte sacra contemporanea con queste sferzanti e lapidarie parole: "Gli artisti non hanno fede e i preti non hanno gusto".

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