Sante Messe in rito antico in Puglia

martedì 8 dicembre 2015

Vittorio Messori: "Fatima non fu solo per i cattolici"

Come si identificano gli avversari della fede cattolica? Semplice: dalla loro avversione alla Vergine Maria. Chiunque osi avanzare dubbi o perplessità su Maria è segno inequivocabile, non abbisognevole di ulteriori prove, che è avversario pure del Figlio di Lei, in quanto emulatore di colui che, più di tutte le creature, si scaglia con prava pertinacia contro la Vergine: cioè colui la cui testa è schiacciata dal piede dell’umile fanciulla di Nazaret. I privilegi di Maria, infatti, sono in verità privilegi del Figlio e concessi in Sua funzione ed in vista di Lui.
Parlando l’anno scorso dell’Immacolata Concezione della Vergine segnalavamo come l’opposizione a questo dogma sia dei protestanti sia dei c.d. ortodossi. Va notato tuttavia che, per quanto concerne la c.d. ortodossia, non si tratta di una visione unanime di avversione. Cfr. sul punto Kallistos Timothee Ware, La Madre di Dio nella teologia e nella devozione ortodossa, in Georges Gharib – Ermanno M. Toniolo, Testi mariani del secondo millennio, vol. I, Autori orientali, secoli XI-XX, Roma 2008, pp. 899-934. Ware spiegando il titolo di Panaghia, Tuttasanta, afferma che la c.d. Ortodossia, la quale «non accetta la dottrina cattolica romana riguardo all’Immacolata Concezione», lo intende «nel senso che Maria è libera da ogni peccato attuale, anche se è nata soggetta agli effetti del peccato originale, come gli altri santi uomini e donne dell’Antica Alleanza» (p. 915). Tuttavia l’A. non spiega come possa essere libera dal peccato attuale (godendo perciò – sottinteso – di un qualche speciale privilegio), ma non da quello originale e dagli effetti di questo, visto che esso ha reso la natura umana vulnerabile  e non più integra, né come Cristo, Sapienza di Dio (1 Cor 1, 24), possa aver abitato in un corpo “schiavo del peccato” (cfr. Sap. 1, 4), anche solo secondo natura. Dinanzi alle difficoltà – non esplicitate – tuttavia, solo in nota, l’A. è costretto ad ammettere che, prima della proclamazione del dogma dell’Immacolata nel 1854, «un certo numero di scrittori ortodossi ha ... affermato tale dottrina, o comunque qualcosa di simile» (nota 3, ivi). In effetti, si rinvia ad un contributo del medesimo A., The Sanctity and Glory of the Mother of God: Orthodox Approaches, in The Way, suppl. 51, London 1984, pp. 79-96, partic. pp. 85-92, in cui si ricorda come la dottrina immaculatista fu esplicitamente sostenuta da insigni ortodossi Cirillo Lucaris, Elia Miniati, san Demetrio di Rostov, Simeone di Polotsk, ecc. Il che fa comprendere che le ragioni di opposizione sono per lo più psicologiche, dovute cioè ad un «riflesso antiromano». Significativo a questo riguardo un altro Autore ecco come argomenta: «L’Immacolata Concezione come opinione teologica (theologoúmenon) è stata tollerata nella Chiesa ortodossa del passato ed è stata anche sostenuta da alcuni teologi degni di stima. Se non proprio il termine, per lo meno l’espressione di una credenza molto vicina a quest’idea è sicuramente presente nel patriarca Fozio e in Gregorio Palamas. L’Immacolata Concezione è apertamente insegnata dall’ultimo patriarca dell’impero bizantino, Giorgio Scolarios, morto nel 1456» (Elisabeth Behr-Sigel, in Thomáš Špidlík – Giovanni Guaita – Maria Campatelli, Testi mariani del secondo millennio, vol. II, Autori dell’area russa, secoli XI-XX, Città Nuova, Roma 2000, p. 576).
Tornando ora al nostro discorso, abbiamo già segnalato qualche giorno fa l’ultima fatica di Vittorio Messori nella riedizione del suo noto testo Ipotesi su Maria (v. qui). Oggi, nella festa dell’Immacolata Concezione ne riproponiamo volentieri un’ulteriore riflessione, questa volta appuntata contro le teorie di Enzo Bianchi. Già in altra occasione non si è mancato, da parte nostra, di evidenziare cosa il fondatore di Bose pensi di Maria (v. qui) … . Oggi quest’ultimo si scaglia contro l’apparizione della Vergine a Fatima, circoscrivendo il suo messaggio solo ai cattolici e non già all’intera umanità. A lui risponde con dovizia il nostro Messori.



Domenico Fetti, Immacolata Concezione, 1615-19, Hermitage, San Pietroburgo

Fra Juan Sánchez Cotán, Immacolata Concezione, 1617-18 

Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione c.d. Esquilache, 1645-55, Hermitage, San Pietroburgo

Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata Concezione c.d. Walpole, 1680 circa, Hermitage, San Pietroburgo

Miguel Jacinto Meléndez, Immacolata Concezione, XVII sec., collezione privata

Francisco Solis, Immacolata Concezione, XVII sec.

Mulier amicta sole, et luna sub pedibus ejus,
et in capite ejus corona stellarum duodecim ... .
Carlo Maratti, Visione di S. Giovanni a Patmos, 1680 circa, Rijksmuseum, Amsterdam

Juan Francisco de Aguilera, La Purísima Concepción con i santi gesuiti, 1720, Museo Nacional de Arte, Città del Messico

Francesco Podesti, Discussione su Maria concepita senza peccato, 1858-1865, Sale dell'Immacolata, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano, Roma


«Caro Enzo Bianchi, Fatima non fu solo per i cattolici»

di Vittorio Messori

Vittorio Messori torna alla carica con nuove «Ipotesi su Maria». Il fortunato volume pubblicato da Ares per la prima volta nel 2005, approda in libreria in una veste tutta nuova, in edizione interamente rivista dall’Autore e ampliata di 13 capitoli (150 pagine in più, per un totale di 672, al prezzo di 21,50 euro). Di seguito riportiamo, in anteprima, alcune spigolature tratte dal penultimo capitolo, in cui lo scrittore difende la veridicità di Fatima dalle critiche avanzate dal teologo Enzo Bianchi sulla scorta del padre domenicano Jean Cardonnel. 

Mi càpita di rivedere in rete l’articolo apparso su Le Monde nel maggio del 2000, quando Giovanni Paolo II fece rivelare al mondo quello che chiamano «terzo segreto» di Fatima. Il pezzo del giornale francese su questo evento è firmato da Jean Cardonnel, il domenicano morto alcuni anni fa, per tutta la vita l’intrattabile leader di ogni contestazione sia clericale sia politica, uno dei vedovi inconsolabili degli anni di piombo della Chiesa e della società. Uno per il quale non solo i soliti Mao, Che Gue­vara, Ho Chi Minh ma anche lo sterminatore del popolo cambogiano, Pol Pot, erano da venerare nell’Olimpo delle sacre rivoluzioni.

A Cardonnel si deve tra l’altro un precedente giuridico inedito e pericoloso. Era già molto vecchio, più vicino ai novanta che agli ottanta, insopportabile per la maggioranza dei confratelli per questa sua ossessione contestatrice, per il suo culto del «no» previo a tutto, ma si continuava a ospitarlo – data l’età – nel convento domenicano di Montpellier. Alla fine, il superiore di quella casa religiosa, non potendone più dei suoi costanti malumori, approfittò di uno dei suoi viaggi per sgomberare la sua cella, impacchettare con cura le cose e trovargli un posto in una casa di riposo per anziani. Al ritorno, l’ira di Cardonnel (egli pure, come da copione di ogni prete «adulto» che si rispetti, vietava a chiunque di chiamarlo «padre») esplose clamorosa e, dicendosi vittima di una violenza intollerabile, non pensò neanche un momento a confrontarsi con la legge della Chiesa, il diritto canonico.

Si rivolse invece alla legge della laicissima Repubblica francese, chiamando la Gendarmerie e denunciando il superiore per violazione di domicilio. Il tribunale, dopo lungo dibattito, gli diede ragione, condannò il superiore del convento che aveva proceduto allo sgombero e – per la prima volta, non solo in Francia – dichiarò che la cella di un religioso era un domicilio privato come ogni comune alloggio. Sentenza faziosa e pericolosa, dicevo, perché scavalca e in qualche modo imbavaglia l’autorità ecclesiastica anche all’interno dei suoi spazi.

Ma torniamo al Cardonnel commentatore di Fatima. Scriveva su Le Monde: «Quel presunto “segreto” è un falso, tanto falso quanto la donazione di Costantino con la quale si è voluto legittimare un diabolico controsenso: l’impero cristiano. Un grande teologo italiano – non si dimentichi il suo nome: Enzo Bianchi, fondatore di una nuova comunità monastica – si è subito reso conto della superstizione e della frode perpetrata dal Vaticano a Fatima. Sul quotidiano romano La Repubblica, fratel Bianchi mette implacabilmente il dito nella piaga. Scrive infatti: “Un Dio che, nel 1917, pensa di rivelare che i cristiani saranno perseguitati e che non parla della shoah e dei sei milioni di ebrei annientati non è un Dio credibile”». Continua l’articolo di Cardonnel: «Sì, bisogna scoprire la piaga: come non vedere la tara del presunto segreto di Fatima, la prova lampante che è un falso, che non può venire da Dio? Un falso che squalifica, che scredita l’Eterno. Un Dio, ripeto, non credibile: il Dio del razzismo cattolico, che si interessa solo dei suoi, della sua razza cattolica, nell’oblio del popolo di Gesù».

C’è da rimanere molto sorpresi da simili discorsi e soprattutto, per noi cattolici italiani, c’è da sorprendersi per la citazione (non smentita, anzi ribadita, dall’interessato) di fratel Bianchi. Circola ormai una convinzione, anche tra certi cristiani, secondo la quale la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti nei 12 anni tra 1933 e 1945 sarebbe, senza paragone possibile: il Male Assoluto, il Massimo Delitto della storia intera, l’Esempio Radicale della malvagità umana. Non a caso, la colpa nazista è considerata inespiabile e ancor oggi si braccano, per processarli e condannarli, dei novantenni se non dei centenari considerati in qualche modo responsabili di quello che viene detto, con termine religioso, «l’Olocausto» per eccellenza. Per un simile delitto, e solo per questo, non è prevista alcuna prescrizione. Stando al Cardonnel e al Bianchi, Dio stesso – se vuol parlarci attraverso Maria – deve, sottolineo deve, ricordare e ovviamente maledire la Shoah, altrimenti non sarebbe «un Dio credibile». Non è il vero Signore se non esecra esplicitamente Auschwitz.

Sia ben chiaro – è davvero inutile sottolinearlo – che non si tratta certo di sminuire la gravità del delitto perpetrato all’ombra di una croce uncinata, che fu il tragico rovesciamento della croce cristiana. Non c’è che da unirsi, ovviamente, alla condanna universale. Ma è davvero paradossale rifiutare Fatima perché nel 1917 la Madonna non avrebbe previsto e condannato – a nome del Figlio e della Trinità intera – quei lager tedeschi che sarebbero venuti una ventina d’anni dopo. Nel 1917, ripetiamo: proprio l’anno in cui Lenin prendeva il potere, dando inizio a quel mostro comunista che avrebbe fatto almeno 100 milioni di morti e che avrebbe praticato la più violenta e sanguinosa repressione religiosa della storia, in nome di un ateismo di Stato proclamato sin dalle Costituzioni dell’Unione Sovietica e dei suoi satelliti. 

La ricerca storica più recente, capeggiata dal celebre docente tedesco Ernst Nolte, dimostra, documenti alla mano, che il nazionalsocialismo nasce come reazione al marx-leninismo: senza Lenin nel 1917, niente Hitler nel 1933. Senza il colpo di Stato di San Pietroburgo, l’ex imbianchino di Vienna avrebbe al massimo fatto l’ideologo in qualche stube di Monaco di Baviera per qualche oscuro gruppetto di fanatici. Mettere in guardia, a Fatima, dal comunismo che proprio allora nasceva, significava mettere in guardia dalle altre ideologie mortifere che sarebbero venute dopo di esso e per causa di esso. Il nazionalismo primo fra tutti.

Tra l’altro, Bianchi e Cardonnel sono incomprensibili anche quando denunciano che a Fatima si sarebbe manifestato «il Dio del razzismo cattolico, che si interessa solo dei suoi, della sua razza cattolica». Ma che discorso è mai questo? Per l’ateismo sovietico non c’erano zone franche, nel mondo religioso: a parte il fatto che la stragrande maggioranza delle vittime da Lenin sino a Gorbaciov (egli pure ebbe una giovinezza da persecutore) passando per Stalin, non furono cattoliche, ma ortodosse, i due dimenticano che nell’immensa Unione Sovietica erano presenti tutte le religioni. Così, i pope furono massacrati alla pari dei preti, dei rabbini, degli imam, dei maestri buddisti.

Lo stesso avvenne ovunque, nel mondo, il comunismo giunse al potere: nessuno scampo per chi non accettava il materialismo e non condannava la religione, tutte le religioni, come «oppio dei popoli». E questo cominciò proprio in quel fatale 1917, quando la Madonna diede l’allarme per una ideologia perversa, anche perché si presentava con un volto nobile, apparentemente evangelico (giustizia, liberazione, eguaglianza, fraternità), ma che avrebbe risvegliato tutti i dèmoni, compreso quel regime tedesco che si presenta, sin dal nome, come l’unione di nazionalismo e di socialismo. 

Le apparizioni di Fatima, come tutte le altre pur ufficialmente riconosciute, non sono de fide, possono essere criticate e magari non accettate anche dai credenti. Purché, però, lo si faccia su basi più presentabili di queste.

Visto che parliamo di Fatima e di comunismo: viene giusto a proposito ricordare quanto avvenne a Vienna nel decennio tra il 1945 e il 1955. Mentre gli inglesi, esperti e pragmatici, avrebbero voluto contenere l’Urss a Est, l’insipienza americana fermò i suoi carri armati in vista di Berlino per permettere a Stalin di dilagare nell’Europa orientale, occupando anche l’Austria. Il Paese fu diviso in quattro zone, sul modello della Ger­mania, ma quella riservata ai russi era la più importante e vasta, era quella dove stava la capitale stessa. Il ministro degli esteri, quel Molotov che aveva firmato il trattato con Hitler, permettendogli così di scatenare la guerra, disse e ripeté che Mosca mai si sarebbe ritirata da ciò che aveva occupato e tutti si aspettavano che, come a Praga e a Budapest, i comunisti organizzassero un colpo di Stato per andare da soli al potere nell’intera Austria. Le stesse cancellerie occidentali sembravano rassegnate. Opporsi significava quasi certamente una nuova guerra.

Ma non si rassegnò un francescano, padre Petrus che, tornato dalla prigionia proprio in Urss (e conoscendo quindi sulla sua pelle l’orrore di quel regime), andò in pellegrinaggio nel santuario nazionale austriaco, a Mariazell, per avere ispirazione sul che fare per la sua Patria. Lì, fu sorpreso da una voce interiore, una locuzione interna, che gli disse: «Pregate tutti, tutti i giorni, il rosario e sarete salvi». Buon organizzatore, oltre che sacerdote stimato, padre Petrus promosse una «Crociata nazionale del Rosario», nello spirito esplicito di Fatima, che in breve tempo raccolse milioni di austriaci, compreso lo stesso presidente della Repubblica, Leopold Figl. Giorno e notte, grandi gruppi si riunivano, spesso all’aperto, nelle città e nelle campagne recitando la corona e la stessa Vienna era percorsa da imponenti processioni mariane, sorvegliate con ostilità dall’Armata Rossa.

Gli anni passavano senza che l’occupazione cessasse, ma il popolo non si stancava di pregare la Madonna di Fatima. Ed ecco che nel 1955, all’improvviso, il Cancelliere austriaco fu con­vocato a Mosca, dove fu ricevuto al Cremlino dal Soviet Supremo. Qui, gli fu comunicato che l’Urss aveva deciso di ritirare le sue truppe e di ridare all’Austria la piena indipendenza. In cambio, si poneva una sola condizione, che le autorità del Paese che veniva liberato accettarono di buon grado: un impegno di neutralità che, tra l’altro, avrebbe portato grandi vantaggi a Vienna, facendola diventare la terza città delle Nazioni Unite dopo New York e Ginevra. I governi occidentali furono colti di sorpresa da una decisione del tutto inaspettata e unica, sia prima sia dopo: mai, come aveva ricordato Molotov dieci anni prima, mai l’Urss aveva accettato né avrebbe accettato di ritirarsi spontaneamente da un Paese occupato. 

Furono stupiti politici, diplomatici, militari, nel mondo intero. Ma non si stupirono coloro che da anni pregavano con la «Crociata del Rosario»: in effetti, il giorno in cui la notizia del ritiro fu annunciata a Mosca al Cancelliere era un 13 maggio, l’anniversario dell’inizio delle apparizioni di Fatima. Tanto per completare il quadro, lo sgombero totale dell’Armata Rossa fu fissato dal governo comunista per l’ottobre: tra i generali russi (dispiaciuti di lasciare un Paese così bello e strategicamente così importante) nessuno, ovviamente, sospettava che proprio ottobre è, per la tradizione cattolica che risale ai tempi della battaglia di Lepanto, il mese del rosario.

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