Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 21 marzo 2015

“Hæc est via, qua diléctus Dómini Benedíctus in cælum ascéndit” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI BENEDICTI, ABBATIS



La festa del santo Patriarca del monachesimo occidentale è entrato nel Sacramentario Gregoriano sin dall’Alto Medioevo, allorché il pontificato romano, l’episcopato, la gerarchia, la vita religiosa, l’apostolato tra i pagani, la scienza sacra e profana, sembravano identificati con l’attività della famiglia benedettina. Il primo autore di questo culto universale verso san Benedetto fu san Gregorio Magno, che, meno di cinquant’anni dopo la sua morte, scrisse la sua storia e propagò la sua Regola. Fu grazie a lui che questo codice immortale di perfezione, conservato come un tesoro negli archivi papali del Laterano, escluse prontamente in Europa tutte le altre forme anteriori di vita monastica e divenne la Regula Monachorum, vale a dire la Regola romana e papale per eccellenza dell’ascesi monastica.
Ecco quello che scriveva un contemporaneo di san Gregorio a lode di questo codice immortale di santità, considerato da quell’illustre Pontefice come uno dei più grandi prodigi compiuti da san Benedetto:

QUI • LENI • IVGO • CHRISTI • COLLA • SVBMITTERE • CVPIS
REGVLAE • SPONTE • DA • MENTEM • DVLCIA • VT • CAPIAS • MELLA
HIC • TESTAMENTI • VETERIS • NOVIQVE • MANDATA
HIC • ORDO • DIVINVS • HICQVE• CASTISSIMA • VITA
HOC • BENEDICTVS • PATER • CONSTITVIT • SACRVM • VOLVMEN
SVISQVE • MANDAVIT • HAEC • SERVANDA • ALVMNIS
SIMPLICIVS • FAMVLVS • CHRISTIQVE • MINISTER
MAGISTRI • LATENS • OPVS • PROPAGAVIT • IN • OMNES
VNA • TAMEN • MERCES • VTRISQVE • MANET • IN • AEVVM

Tu che aspiri a piegare il collo sotto il soave giogo del Cristo,
Applicati di buona lena a meditare la Regola, e ne trarrai un dolce miele.
Essa racchiude l’insegnamento dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Qui è descritto un metodo tutto divino, una vita tutta pura.
Fu il patriarca Benedetto che stabilì questo Codice sacro
E lo offrì all’osservanza dei suoi discepoli.
Simplicio, servo e ministro di Cristo
Propagò da tutte le parti il volume del Maestro, tenuto prima quasi nascosto
L’uno e l’altro, del resto, hanno ottenuto la stessa ricompensa nell’eternità.

Il Simplicio a cui si fa menzione fu il terzo Abate di Montecassino e san Gregorio Magno lo cita tra i testimoni da cui attingeva le notizie storiche sulla vita di san Benedetto: «Symplicio, qui congregationem illius post Eum tertius rexit» (San Gregorio Magno, Dialogorum Libri IV De Vita et Miraculis Patrum Italicorum, lib. II, Prolog., in PL 66, col 126B, ora in Id., Vita di san Benedetto e la Regola7, trad. it. di PP. Benedettini di Subiaco (a cura di), con Introduzione di Attilio Stendardi, Roma 2006, p. 56).
Al tempo di san Gregorio Magno, il monastero del Laterano era governato da numerosi anni da un discepolo di san Benedetto. Fu lì, in effetti, che si erano rifugiati i monaci di Montecassino quando la loro abbazia era stata devastata dai Longobardi nel 580 (G. Ferrari, Early roman monasteries, Coll. Studi di Antichità Christiana, 23, Città del Vaticano 1957, pp. 242-243). Il Laterano può dunque essere considerato come la culla del culto di san Benedetto a Roma, a meno che quest’onore non risalga al monastero che Gregorio aveva fondato nella sua propria dimora del Celio sotto il titolo di sant’Andrea. Durante tutto l’Alto Medioevo, Roma fu una vasta città monastica: tra il V ed il X sec., vi si contano non meno di 157 monasteri benedettini (Questa è la cifra della lista cronologica stabilita dal Ferrari, loc. cit. V. anche I. Schuster, Liber sacramentorum, Notes historiques et liturgiques sur le Missel romain, ediz. francese, Bruxelles 1931, tomo 7, pp. 19-90: L’oeuvre du monachisme dans la vie liturgique à Rome) incaricati del canto degli uffici divini nelle principali basiliche.
Se nel X sec. più di una cinquantina tra essi furono trasformati in comunità canoniche, un certo numero ritrovò allora un nuovo soffio vitale con la riforma cluniacense, che sant’Odone venne ad instaurare egli stesso a Roma verso il 936: il patrizio Alberico «stabilì Odone Arciabate di tutti i monasteri situati nelle vicinanze di Roma. Il santo si prese carico di San Paolo fuori le Mura, di Santa Maria dell’Aventino, San Lorenzo, Sant’Agnese sulla via Nomentana, Sant’Andrea al Celio» (J. Baudot – L. Chaussin (a cura di), Vies des Saints et des Bienheureux selon l’ordre du calendrier avec l’historique des fêtes par les RR. PP. Bénédictins de Paris, tomo IX, Paris 1941, p. 624).
La Roma medievale contava, inoltre, un numero considerevole di chiese, di oratori e di altari dedicati al santo Legislatore del monachesimo romano, un tempo suo concittadino, che, avendo abbandonato i suoi studi, fuggì da Roma e si ritirò nella solitudine di Subiaco, ma conservò sempre nel cuore l’amore della sua città natale, se è vero che, imitando le gesta eroiche di Leone I che fermò Attila e Genserico, Benedetto, con le sue minacce e la sua autorità, colpì di terrore Totila e rese meno disastrosa la caduta dell’Urbe nelle mani di questo re goto. Racconta Gregorio che, a seguito di una profezia di san Benedetto, nei confronti del re Totila, questi diminuì molto la sua crudeltà: «... dicens: “Multa mala facis, multa mala fecisti, jam aliquando ab iniquitate compescere. Equidem Romama ingressurus es, mare transiturus, novem annis regnabis, decimo morieris”. Quibus auditis rex vehementer territus, oratione petita recessit, atque ex illo jam tempore minus crudelis fuit ...» (San Gregorio Magno, op. cit., lib. II, cap. XV, in PL 66, col 161B-162B, ora in Id., Vita di san Benedetto e la Regola7, cit., p. 78).



Gaspar de Crayer, S. Benedetto riceve Totila, re degli Ostrogoti, 1633, Art Gallery of Ontario, Toronto

Ci limitiamo a citare qualche chiesa di Roma consacrata al nome del grande patriarca cassinese, per dare un’idea dell’importanza e della popolarità del culto resa a San Benedetto nell’antica pietà romana: S. Benedicti in Arenula (Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 408-409; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 209. La chiesa, una volta ricostruita, fu detta da allora SS. Trinità dei Pellegrini ed è officiata dal 2008 dalla Fraternità Sacerdotale San Pietro), S. Benedicti de cacabariis (Armellini, op. cit., p. 402; Huelsen, op. cit., pp. 209-210), S. Benedicti de thermis (Armellini, op. cit., pp. 439-440; Huelsen, op. cit., pp. 212-213), S. Benedicti in piscinula (Armellini, op. cit., pp. 676-677; Huelsen, op. cit., p. 211), S. Benedicti Scottorum, S. Benedicti «della ciambella» (Armellini, op. cit., pp. 456-457). Tuttavia, per comprendere il posto che occupava il Patriarca del monachesimo latino durante il Medioevo, dobbiamo anche menzionare una celebre pittura, risalente all’XI sec., della Chiesa di Santa Maria in Pallara o Pallaria (ora San Sebastiano al Palatino) (Su questa chiesa, cfr. ibidem, pp. 524-526; Huelsen, op. cit., pp. 353-355), in cui si vede san Benedetto tra i due Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo.
Una chiesa moderna, sorta nel 1912, nel quartiere Ostiense, nei pressi del gasometro, fu voluta da san Pio X, benché i lavori fossero avviati solo sotto il successore, in onore del quale l’edificio fu dedicato al santo di Norcia. Sotto Giovanni Paolo II, dal 1988, la chiesa è diaconia cardinalizia.
In questo contesto, non stupirà che la festa di san Benedetto sia attestata dalla quasi totalità delle testimonianze dell’XI e del XII sec. Il sacramentario monastico di San Pietro offre, oltre alle tre orazioni della messa, due aliæ, tra le quali la colletta OSD, qui carnis eductum ergastulo dell’antico Proprio monastico. Si trovano anche tre orazioni nell’Orazionale di Sant’Anastasio. Nel XII sec., il collettario di San Pietro propone due nuove orazioni, di cui quella rilevata nel secondo precedente. Nell’antifonario di San Pietro, l’ufficio di san Benedetto si trova in appendice. Esso è ordinato secondo il corso basilicale, ma trae i suoi testi dalla liturgia monastica: Fuit vir vitæ venerabilis. Se il messale del Laterano offre la messa abituale degli abati, non deve dimenticarsi che le tre orazioni sono quelle che indicano i Gelasiani dell’VIII sec. per la festa di san Benedetto dell’11 luglio (Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 228-229).
San Benedetto era celebrato con due feste nel Medioevo: il suo natale il 21 marzo e la traslazione delle sue reliquie l’11 luglio.
Il calendario romano ha sempre preferito però il 21 marzo, anche se la festa cade in Quaresima. Semidoppia nel XIII sec., fu elevata al rango di doppia poi dalla riforma di Pio V; in seguito divenne doppia maggiore nel 1883.
Grazie ai suoi numerosi monasteri, tutta la Città eterna poteva dirsi che era benedettina, poiché lo spirito della Regula Sancta, come si chiamava, informava la società tutt’intera. Quest’età dorata, purtroppo, è venuta meno quando la famiglia monastica cominciò a declinare. Ancor più, all’apparire degli Ordini mendicanti, votati in maniera particolare alle opere della vita attiva, essendo mutati i bisogni della famiglia cattolica, una moltitudine di altri astri brillarono nel cielo della Chiesa. San Benedetto tuttavia rimase sempre come il grande patriarca di tutto questo coro di fondatori. È lui, in effetti, che, come un altro Mosè, ha guidato la Chiesa durante numerosi secoli attraverso il disastroso deserto dell’Alto Medioevo. E come dopo Mosè, per continuare la sua opera, apparvero i Giudici la cui gloria non oscurò quella del grande Legislatore d’Israele, così la celebrità degli illustri restauratori della vita religiosa in Occidente dopo il XII sec. non oscurò in nulla l’aureola che circonda la fronte di san Benedetto, tanto che una splendida armata di papi, di dottori, di apostoli di diverse nazioni d’Europa, di martiri e di santi lo salutano come loro padre e loro legislatore.
Gli ultimi pontefici che, nel XIX sec., professarono la Regola di san Benedetto, furono Pio VII e Gregorio XVI. Il papa Benedetto XV nutriva per questo santo una tenera devozione. Ne venerava l’immagine sul suo tavolo di lavoro e recitava ogni giorno delle preghiere speciali per il glorioso patriarca. Egli celebrava la festa di san Benedetto come quella del Patrono del suo Pontificato ed in questo giorno attribuiva al quadro di san Benedetto sospeso al muro dietro la sua scrivania un posto di onore a scapito anche di quello rappresentante l’apostolo san Giacomo il Maggiore, di cui questo Papa aveva comunque ricevuto il nome al battesimo.
Non è raro trovare negli antichi manoscritti del Sacramentario Gregoriano delle splendide messe, con collette e prefazi propri per la festa di san Benedetto, il cui nome era talora pronunciato durante il canone. Tuttavia, nel Messale di san Pio V la messa è interamente dal Comune degli Abati, come il 5 dicembre. Il rito doppio maggiore non fu accordato che dal papa Leone XIII nel 1883, su preghiera dell’Ordine benedettino, che vedeva con rammarico la festa del suo patriarca molto spesso omessa nel calendario della Chiesa universale, per il solo fatto che, coincidendo con una domenica o una feria privilegiata di Quaresima, essa non poteva essere trasferita in un altro giorno. In qualche sacramentario monastico dell’inizio del Medioevo, la festa di san Benedetto era preceduta da una vigilia. L’abbazia di Farfa conserva ancora quest’antica tradizione liturgica.
San Gregorio Magno, raccontando una celebre visione del grande patriarca Benedetto, che in un raggio della luce celeste, poté osservare tutta la creazione, considera che, per questo, non fu necessario che il mondo si rimpicciolisse, ma bastò che l’anima del santo, immersa in Dio, fosse dilatata nella visione della gloria deificata, poiché, come diceva il santo Dottore, a chi contempla il Creatore, tutte le creature sembrano piccole (Cfr. San Gregorio Magno, Dialogorum Libri IV, cit., lib. II, cap. XXXV, in PL 66, col 199A-200A, ora in Id., Vita di san Benedetto e la Regola7, cit., p. 100).
Ecco precisamente il grande segreto per superare il fascino delle cose mondane e per non lasciarsi spaventare dalle opposizioni degli uomini, che possono minacciare, certo, ma che non possono torcerci un capello senza il permesso della Provvidenza di Dio.
Nell’Ordo Romanus XIV della collezione del Migne è prescritto di omettere il Concistoro papale nelle tre feste di san Gregorio Magno, di san Benedetto e dell’Annunciazione della Santa Vergine (Ordo Romanus XIV, § CI, in PL 78, col., col. 1228C).
Per concludere, ci sia permesso riportare qualche verso di sant’Adelmo, che, nel VII sec., nel suo De Laudibus Virginum, unisce le lodi del santo Patriarca cassinese a quelle di san Gregorio Magno e di quaranta monaci romani, che, su ordine del santo Pontefice, partirono dal Laterano per andare ad evangelizzare l’Inghilterra e vi introdussero la Regola benedettina (Sant’Adelmo di Sherborne, Poemata De Laudibibus Virginum, in PL 89, col. 253C-254A):

Cujus præclaram pandens ab origine vitam
Grægorius Præsul chartis descripserat olim,
Donec æthralem felix migraret in arcem.
Hujus alumnorum numero glomeramus ovantes,
Quos gerit in gremio fœcunda Britannia cives;
A quo jam nobis baptismi gratia fluxit,
Atque magistrorum veneranda caterva cucurrit.

La vita ammirabile (di Benedetto) dalla sua infanzia
Fu descritta un tempo dal pontefice Gregorio.
La condusse sino al felice ingresso del Santo nelle dimore eterne
Noi ci gloriamo di appartenere al numero dei suoi discepoli,
Quelli che la Bretagna, feconda madre di cittadini, culla sul suo seno.
Da Benedetto in effetti venne la grazia del Battesimo
E la venerabile truppa dei nostri primi dottori.


Urna con le reliquie di S. Benedetto preparata per la festa di S. Benedetto, Basilica di S. Benedetto, Montecassino

Cappella di S. Benedetto, Basilica di S. Paolo fuori le mura, Roma

Juan Correa de Vivar, S. Benedetto benedice S. Mauro, 1540-45, Museo del Prado, Madrid

El Greco, S. Benedetto, 1577-79, museo del Prado, Madrid

Fra Juan Andrés Rizi, La cena di S. Benedetto, XVII sec., museo del Prado, Madrid

Fra Juan Andrés Rizi, S. Benedetto benedice il pane, 1655 circa, museo del Prado, Madrid

Fra Juan Andrés Rizi, Visione di S. Benedetto con il globo ed i tre angeli, 1655 circa, museo del Prado, Madrid

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