Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 12 agosto 2016

«Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra»

Il 12 agosto è anche la festa del Beato Innocenzo XI, il papa della battaglia di Vienna.
In suo onore, postiamo questo contributo.

Beato Innocenzo XI, stampa, 1790 circa


Nicolas de Larmessin, Innocenzo XI, in Les augustes représentations de tous les rois de France, depuis Pharamond jusqu'à Louis XIV,... avec un abrégé historique sous chacun, contenant leurs naissances, inclinations et actions plus remarquables pendant leurs règnes, 1690

Galeazzo Gualdo Priorato, Innocenzo XI, in Historia di Leopoldo Cesare, 1670-74, Universitätsbibliothek, Salisburgo


Anonimo, Beato Innocenzo XI, XVII sec., cappella della Sacra Famiglia, Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo al Corso, Roma

«Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra»

di Lorenzo Benedetti

Idealizzare gli uomini è sicuramente pericoloso; ma leggere la vita e le gesta di Innocenzo XI può fungere da insegnamento per tutti i Cattolici. La sua esistenza è un exemplum per ogni autentico fedele che si professi tale, uno specchio in cui riflettere le nostre stesse vite tanto nell’errore, poiché nessun uomo è esente dal peccato, quanto maggiormente nelle virtù. Modello di rigore e pietà, animato da vera Fede, questo beato pontefice non ha mai smesso di ricercare, e seguire, la Verità.
Venuto alla luce in una ricca famiglia comasca nel 1611, Benedetto Odescalchi fu un ragazzo di ingegno vivace ed animo irrequieto: intrapresi gli studi umanistici, li interruppe per lavorare nella società di cambiavalute di famiglia, mestiere che presto abbandonò per poi peregrinare tra Milano e Como, ricoprendo incarichi militari ed vagheggiando un nuovo trasferimento a Napoli. Già in gioventù, dovette affrontare difficili prove, come la perdita del padre a soli undici anni, la morte di due fratelli e quella della madre, a causa della peste del 1630, la stessa descritta dal Manzoni ne I Promessi Sposi. Energico ed inquieto, nel 1636 decise ancora una volta di cambiare vita e si trasferì a Roma; lì venne introdotto presso il cardinale Alfonso de la Cueva-Benavides, e fu un incontro decisivo per la sua vita: notate le capacità non comuni del giovane, il prelato lo convinse infine a riprendere in mano i libri e laurearsi in utroque iure a Napoli. Così avvenne nel 1639, ed al brillante Odescalchi si aprì la carriera curiale: finalmente, Benedetto aveva placato il suo animo grazie alla chiamata al servizio di Dio, che sentì nascere dentro di sé come “la volontà di una vita celibe, segregata dal mondo e volta alle opere di beneficenza”, e ricevette la tonsura.
Se gli incarichi ufficiali – fu da subito Presidente della Camera apostolica e poi governatore di Macerata – gli impedirono il primo scopo, di certo lo favorirono nel secondo: da subito ridusse all’essenziale la sua servitù, visse in modo austero, applicò la legge in maniera rigorosa ed imparziale, rifiutando regali e favori e senza distinzioni di classe sociale. Alle sue profonde e preziose competenze economiche, che mise sempre al servizio della Chiesa e mai del proprio portafogli, univa l’incrollabile zelo: per questo nel 1645 fu creato cardinale, e nel 1648 inviato come legato a Ferrara per sanare l’avvilente carestia. Distribuì viveri e denaro ai poveri, punì gli speculatori, fissò un prezzo per il grano e ne ordinò la libera distribuzione a tutti i cittadini: il suo animo ferreo lo portò a insistere nel pacificare i nobili locali, invitandoli a rotazione alla sua mensa per obbligarli a dialogare. Inviato come pater pauperum, “padre dei poveri”, fu riconosciuto tale anche dal popolo che inneggiò al suo nome.
Eletto vescovo di Novara nel 1650, rinunciò alla diocesi quando fu chiamato come consigliere privato da Alessandro VII: in contrasto con la splendida vita romana, il cardinal Odescalchi visse con parsimonia, versando i suoi denari a ospedali, ospizi, pellegrini ed indigenti; all’indole caritatevole affiancò una sincera devozione, frequentando quotidianamente le chiese.
Così trascorse diversi anni, fino al conclave nell’anno 1676, allorché venne eletto Sommo Pontefice: umile e pio, declinò la tiara e vennero ripetute le votazioni, che lo videro nuovamente prescelto. Prima di accettare, presentò ai cardinali elettori una capitolazione da sottoscrivere, pena un suo nuovo rifiuto: il documento descriveva la linea di azione del pontefice, che essi non avrebbero dovuto ostacolare, e che prevedeva la difesa e propagazione della Fede cattolica, la diminuzione del lusso del clero ed il controllo sui costumi, la limitazione delle spese curiali e un’azione pastorale rivolta alla cura delle persone. Sorpresi, i porporati accettarono e Benedetto Odescalchi fu incoronato come Innocenzo XI il 4 ottobre con una semplice cerimonia: già si vedeva la ventata di novità portata dal papa, il quale devolse il denaro risparmiato ai poveri.
In ambito spirituale, l’11 settembre 1681 indisse un Giubileo straordinario per invocare l’aiuto di Dio contro le difficoltà della Chiesa: l’Europa ed il mondo cristiano stavano infatti vivendo con crescente preoccupazione l’avanzata dei Turchi verso Vienna, che nel 1683 fu cinta d’assedio da Maometto IV. Innocenzo XI si fece promotore dell’ultima grande crociata contro l’Islam: donò oltre un milione e mezzo di fiorini al re di Polonia e all’Imperatore d’Austria, che vinsero gli Infedeli e salvarono l’Occidente. Per celebrare l’evento di enorme portata storica, il Papa indisse la festa del SS. Nome di Maria, che con la sua intercessione aveva evitato la catastrofe.
Nel 1687 istituì la Taxa Innocentiana, che proibiva ai vescovi di riscuotere un pagamento per le dispense matrimoniali. Avversò il nepotismo, e decise di non assegnare alcuna carica ai parenti, che non si stabilirono nemmeno a Roma. Promosse gli ordini monastici, e spesso riceveva personalmente i missionari per avere informazioni sull’evangelizzazione nel mondo: saputo della schiavitù cui erano costrette molte popolazioni indigene, si adoperò per l’abolizione della tratta degli schiavi. Limitò il gioco del lotto, vietò sovente il carnevale, abolì la regata sul Tevere, tradizione romana nel giorno di San Rocco, e versò la cifra che per essa si spendeva ad un orfanotrofio.
Tutto questo, senza però mai cedere nell’ortodossia: nel 1687, con la bolla Coelestis Pastor, condannò come eretica la dottrina del quietismo, che escludeva il desiderio e la volontà umana come mezzi per raggiungere la beatitudine, abbandonandosi passivamente all’azione divina, un movimento che egli stesso, anni addietro, aveva in buonafede protetto. Con la bolla Sanctissimus Dominus stigmatizzò gli insegnamenti del lassismo, che predicava una morale molto rilassata – e c’è da chiedersi quanto oggi questa dottrina, sebbene in forme diverse, serpeggi tra i credenti, per cui l’osservanza ai comandamenti divini è divenuta un optional per un cattolicesimo fai-da-te.
Colpito da malattia, Innocenzo XI morì nel 1689, distaccato dai beni terreni e con il corpo provato dai molti sacrifici. Anche il suo ultimo afflato fu una parola di carità, nel donare ai poveri di Novara diecimila scudi, e di fede, raccomandandosi al Signore celeste per cui aveva vissuto ed operato sulla terra.

4 commenti:

  1. Non dimentico l'umiliazione fatta alle Sacre Spoglie del Beato Innocenzo XI togliendo le Sue Reliquie della Cappella di San Sebastiano a San Pietro in Vaticano per fare posto a un altro Papa l'anno 2011. Lī comincio' il declino di un terzo Papa.

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    Ma il Beato Innocenzo XI merita tornare alla Sua Cappella in San Pietro, la Cappella di San Sebastiano, tra le statue di Pio XI e il mirabile Pio XII di Francesco Messina. Wojtyla sia rimosso al piu presto.

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    Ma il Beato Innocenzo XI merita tornare alla Sua Cappella in San Pietro, la Cappella di San Sebastiano, tra le statue di Pio XI e il mirabile Pio XII di Francesco Messina. Wojtyla sia rimosso al piu presto.

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    Ma il Beato Innocenzo XI merita tornare alla Sua Cappella in San Pietro, la Cappella di San Sebastiano, tra le statue di Pio XI e il mirabile Pio XII di Francesco Messina. Wojtyla sia rimosso al piu presto.

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