Sante Messe in rito antico in Puglia

martedì 13 febbraio 2018

"Magna cum laetitia" ..... per sorridere un po' ....

Finalmente un motu proprio sull’uso conviviale delle chiese ….!
Un nostro amico ed affezionato lettore, preso dallo spirito carnacialesco del martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale, ha ludicamente immaginato che l’odierno vescovo di Roma, .. anche lui in vena di far scherzi ai fedeli (e si sa che … a Carnevale, ogni scherzo vale), si fosse deciso finalmente (?) a pubblicare un documento col quale regolamentare l’uso, secolare e mondano, dei pranzi/cene nelle chiese, cattedrali e basiliche.
Per il momento, lo ribadiamo, si tratta di uno scherzo, di un gioco, di una burla, cioè di un componimento in tono scherzoso e faceto, a metà strada tra il latino ed il maccheronico. Lo stesso titolo «Magna cum laetitia» evoca nel gergo romanesco l'azione del “mangiare”.
Un componimento, dunque, scherzoso, ma che, nelle intenzioni dell’autore, dovrebbe far riflettere sulla presunta serietà delle motivazioni addotte dai sostenitori di quest’uso mondano dei luoghi sacri.
Poi, magari, chissà, il vescovo di Roma potrebbe trovare lo scritto così ben congegnato da trasfonderlo in un vero motu proprio. In quel caso, non ci sarà molto da ridere.
Per ora: buon divertimento … E, ovviamente, buon pranzo!






FRANCISCUS PP.

LITTERAE APOSTOLICAE
MOTU PROPRIO DATAE
MAGNA CUM LAETITIA

Magna cum laetitia in dominica die prima mensis octobris, anno Domini MMXVII, Nos concludi in civitate Bononiarum, Dioecesano Eucharistico Congressu cum prandium in Basilica Sancti Petronii [1]. Quid gaudium videre tot in hoc domus: in medio, et in contione.
Ecclesia omnium est! Domus Populi est!
In hac domo, ubi plerumque celebratur mysterium Eucharistiae, in mensa, in qua ponatur panis et vinum fiunt Corpus et Sanguinem Iesu, contritum et effudit pro multitudine hominum, quod Ipse amat, sit set semper a mensa amoris qui opus!
Ut dictum – cum particularem – Andreas Tornielli, dilectus filius noster, Evangelium est plena scaenae, ut describere Iesus ad mensam [2]: iustus eius sedentes ad mensam cum publicans et peccatores causando scandalum. Eucharistia se erat instituta circa a mensa posita ad prandium. Sanctus Ioannes Chrysostomus, Pater Ecclesiae, veneranda per catholicae et orthodoxae ecclesiae, scripsit: «Vis ad honorem Corporis Christi? Non ignorare eum, cum ipse nudus. Non despicias eum homagium in templo vestiti sericis, nisi tunc ad negligere eum extra, ubi ipse patitur frigore et nuditate. Qui dixit: “Hoc est Corpus meum”, idem est, qui dixit: “vidisti me esurientem et pavimus me”, et “Quid fecisti minimis fratribus meis, mihi fecistis”… Quid boni est, si autem extra mensam eucharisticam cumulatur cum aurea chalices, cum frater tuus est mori fame? Satus per satisfaciunt Eius fame et tunc, si quid est, reliquit ut ornare altare tam».
Haec verba Ioannes Chrysostomus testificantur indissolubilem nexum inter ministerium ad altare, eucharistiae et caritas, amor pro aliis, et pro pauperibus, ut legitur in Communio, theologica acta (certe non subversiva) anni Domini MMIX: «Relationem illustrat, in Scripturis tam argumentum messianici convivium, in quo ultimum saturabuntur».
Prandium in oppido erat communis in prima christianae generationes, et cum communitate conventus cum apostolica temporibus. Narrat Sanctus Ioannes Chrysostomus: «In ecclesiis erat consuetudo, quae fuit admirabile: pro fidelibus, congregati sunt simul, semel, ut audivimus, Verbum Dei, participes in omnibus ritu preces et tunc ad sancta mysteria. In fine conventus, instead of iens recta domum, dives, qui erant de adducere commeatus abunde, invitaverunt pauperes et omnes sedit in eadem mensa, et non praeparavit, in eadem ecclesia, et in omnes, sine distinctione, comedit, et bibit de eadem. Hoc potest intelligi, quomodo communis mensa, sanctitatem loco, fraterna caritas, quae manifestavit se ubique factus est pro unoquoque perennis fons, unde gaudium et virtutem».
Non inopia singula praescripta, dicit Communio, pro his prandia, quae saepe sunt etiam assistat episcopo, ut suadeant imago quaedam a «liturgia amoris». Etiam Gregorius Magnus, Episcopus Romanus ad finem quarto saeculo, aperit fores Ecclesiae, ut pascat pauperem, at difficile tempus in urbe, quo per vim et per condiciones extrema necessitate. Papa Gregorius est “triclinium pauperum”, caupona pro pauperibus, in oratorium Sanctae Barbarae, deinde ad eius commorationis in Celio. In medio parva ecclesia, constructa a magna marmorea tabula, ubi ipse Pontifex, omni die, servit farinam ad duodecim pauperes populi.
Etiam in basilica S. Petri – non cursu, sed vetus constantinianam – vidit prandia, quae sunt similia. S. Paulinus nolanus, qui vixit inter IV et V saeculo, narrat prandium pauperibus obtulit in basilica Sancti Petri in Vaticano a romano Pammachius, senator. Senator, qui est conversus ad christianitatem, obtulit prandium in memoriam eius defuncti uxor. Episcopus Paulinus, cum his verbis, laudat et confirmat opus eius amicus: «Te radunasti in basilica Apostoli [Petri] per multitudinem pauperum, qui sunt in patronos animarum nostrarum, ut tota urbe Roma, mendicans vivere... ut Mihi videtur, ad omnes illas turbas populi, miserem gregem in magna exercitus, imo ingentem basilicam gloriosi Petri... quod pulchra visum fuit ».
Prandium in ecclesia – sicut quod consuete praebet Communitatis de Sancto Aegidio pauperibus in die Natalis domini, in basilica Santctae Mariae in Trastevere – remansit, eximium eventus, ex quo erat loco pro liturgia et in oratione; cum Nos nuper diximus, “cum certitudine et cum magisteriale auctoritate reformatio liturgica letalis esse” [3], Nos decernimus, ut amodo in locis cultus, quos sanctificationem, sunt in ordinaria via sit amet, convivium rerum, ubi nemo est aut sentit excluditur, nec cura, non inmemor, quod sunt tempora, in quibus in ecclesiis, ad esse beatus ante Palio de Senensis, ingressus etiam equos.
Ut Dominus nos benedicat, et nos omnes, et auxilium nobis, ut movere deinceps in itinere vitae. Et bonum appetitus!

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die decimatertia mensis februarii, anno Domini MMXVIII, Pontificatus Nostri quarto.

FRANCISCUS PP.

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LETTERA APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
 “MOTU PROPRIO DATA”
MAGNA CUM LAETITIA
SULL’USO CONVIVIALE DEI LUOGHI DI CULTO

Con grande gioia domenica 1 ottobre 2017 abbiamo concluso a Bologna il Congresso Eucaristico Diocesano con un pranzo nella Basilica di San Petronio [1]. Che gioia vederci in tanti in questa casa: al centro e assieme.
La Chiesa è di tutti! È la Casa del Popolo!
In questa casa, dove normalmente si celebra il mistero dell’Eucaristia, la mensa sulla quale è deposto il pane e il vino che diventano il Corpo e il Sangue di Gesù, spezzato e versato per la moltitudine di uomini che Egli ama, apparecchiamo sempre una mensa di amore per chi ne ha bisogno!
Come ha – con particolare interesse – fatto osservare Andrea Tornelli, nostro diletto figlio, il Vangelo è pieno di scene che descrivono Gesù a tavola [2]: proprio il suo sedersi a mensa con pubblicani e peccatori provoca scandalo. La stessa eucaristia viene istituita attorno a una tavola imbandita per la cena. San Giovanni Crisostomo, Padre della Chiesa venerato dalle chiese cattolica e ortodossa, scriveva: «Vuoi onorare il Corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio Corpo”, è il medesimo che ha detto: “Voi mi avete visto affamato e non mi avete nutrito”, e “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me”... A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d’oro, quando Lui muore di fame? Comincia a saziare Lui affamato, poi con quello che resterà potrai ornare anche l’altare».
Queste parole di Giovanni Crisostomo attestano il legame indissolubile tra il servizio all’altare, l’eucaristia e la carità, l’amore per gli altri e per i poveri, come si legge in un numero del 2009 della rivista teologica (non certamente eversiva) Communio: «Un legame sottolineato nelle Scritture così come il tema del banchetto messianico, in cui gli ultimi saranno saziati».
Il pranzo in comune era frequente nelle prime generazioni cristiane e accompagnava la riunione della comunità fin dai tempi apostolici. Narra San Giovanni Crisostomo: «Nelle chiese c’era un’usanza ammirevole: i fedeli, riunitisi, una volta ascoltata la Parola di Dio, partecipavano tutti alle preghiere di rito e poi ai santi misteri. Alla fine della riunione, invece di tornare subito a casa, i ricchi, che si erano preoccupati di portare provviste in abbondanza, invitavano i poveri e tutti si sedevano a una stessa tavola, apparecchiata nella chiesa stessa e tutti senza distinzione mangiavano e bevevano le stesse cose. Si comprende come la tavola comune, la santità del luogo, la carità fraterna che si manifestava dappertutto diventavano per ognuno fonte inesauribile di gioia e di virtù».
Non mancano, ricostruisce Communio, disposizioni dettagliate per questi pranzi, cui spesso partecipa anche il vescovo, tanto da suggerire l’immagine di una sorta di una «liturgia della carità». Anche Gregorio Magno, Vescovo di Roma alla fine del IV secolo, apre le porte della Chiesa per far mangiare i più poveri, in un momento difficile per la sua città, segnata da violenze e da situazioni di bisogno estremo. Papa Gregorio allestisce il triclinium pauperum, una mensa per i poveri, nell’oratorio di Santa Barbara, accanto alla sua residenza al Celio. Al centro della piccola chiesa venne costruito un grande tavolo di marmo dove lui stesso, il Papa, ogni giorno, serve il pasto a dodici poveri.  
Anche la basilica di San Pietro - non quella attuale, ma quella precedente costantiniana - ha visto pranzi simili. San Paolino da Nola, vissuto tra il IV e il V secolo, racconta un pranzo per i poveri offerto nella basilica di San Pietro in Vaticano dal senatore romano Pammachio. Il senatore, convertitosi al cristianesimo, offrì un pranzo in memoria della moglie scomparsa. Il vescovo Paolino con queste parole loda e sostiene l’opera dell’amico: «Tu radunasti nella basilica dell’Apostolo [Pietro] una moltitudine di poveri, patroni delle anime nostre, che per tutta la città di Roma chiedono l’elemosina per vivere... Mi sembra di vedere tutte quelle moltitudini di gente misera affluire a sciami in grandi schiere, fino in fondo all’immensa basilica del glorioso Pietro... che lieto spettacolo era quello».
Il pranzo in chiesa – come quello che tradizionalmente offre la Comunità di Sant’Egidio ai poveri il giorno di Natale nella basilica di Santa Maria in Trastevere – è rimasto un evento eccezionale, dato che si trattava di un luogo destinato alla liturgia e alla preghiera; avendo Noi recentemente affermato “con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile” [3], decretiamo che d’ora in avanti i luoghi di culto, compresi i santuari, possano in via ordinaria essere usati per eventi conviviali, dove nessuno è o si senta escluso, compresi gli animali di compagnia, non dimenticando che ci sono occasioni particolari in cui nelle chiese, per essere benedetti prima del Palio di Siena, entrano persino i cavalli.
Ci benedica il Signore, tutti noi, e ci aiuti ad andare avanti nel cammino della vita. E buon appetito!
Dato a Roma, presso San Pietro, il 13 febbraio 2018, anno quarto del nostro Pontificato.

FRANCISCUS PP.

[1] Cfr. Parole del Santo Padre, Basilica di San Petronio (Bologna), Domenica, 1° ottobre 2017.
[2] Cfr. Quei poveri che pranzano in chiesa, e l’accusa di “profanazioneˮ, Vatican Insider, 1° ottobre 2017; Communio, 2009, fasc. 3.
[3] Discorso ai Partecipanti alla 68.ma Settimana Liturgica Nazionale, 24 agosto 2017.

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