Sante Messe in rito antico in Puglia

giovedì 15 febbraio 2018

Il Grande Canone di S. Andrea di Creta

Tradizionalmente, durante la Grande Quaresima, i cristiani dell’Oriente cristiano viene cantato il Grande Canone di S. Andrea di Creta, all’inizio ed alla fine del periodo quaresimale.

Rilanciamo anche noi questo contributo al riguardo.


Il Grande Canone di S. Andrea di Creta


Il Grande Canone di S. Andrea di Creta (in greco μγας Κνων γου Ανδρου Κρτης; in slavo Великий Канон святого Aндрея Критского) è un lungo poema quaresimale (250 tropari contro i 30 di un canone normale), un inno al pentimento e alla contrizione di cuore, composto tra VII e VIII secolo dal santo vescovo cretese, un insieme di riflessioni, ricordi, citazioni di tutto l’Antico Testamento, mozioni di cuore, suppliche a Dio affinché abbia misericordia di noi peccatori, come ben s’intuisce dallo stico con cui il coro intercala ogni tropario: λησν με Θες, λησν με! (slavo: Помилуй мя Боже, помилуй мя), ossia “Abbiate misericordia di me, o Dio, abbiate misericordia di Dio”.
Questo canone, entrato nel cuore di tutti i cristiani bizantini, si canta durante la Grande Quaresima in due momenti: all’inizio, dal lunedì al giovedì della ‘settimana pura’ (ossia, guardando alle rispettive date del rito romano, dal lunedì di Quinquagesima al giovedì dopo le Ceneri), diviso in quattro parti, durante il lungo e suggestivo officio della Grande Compieta (Μέγα πόδειπνο); alla fine, il giovedì della quinta settimana, durante la veglia notturna (nelle parrocchie si anticipa al mercoledì sera), quando lo si canta integralmente, le cui odi sono intercalate per altro da altri tropari di composizione ecclesiastica successiva, e arricchite da tropari in memoria di S. Andrea di Creta e di S. Maria Egiziaca, santa asceta egiziana del IV-V secolo, esempio fulgido di pentimento e conversione, cui è dedicata la quinta settimana di Quaresima nella tradizione orientale. In questo modo, dunque, questo lungo e probante ufficio segna l’inizio e il termine della Quaresima per un cristiano bizantino. Un vescovo di Smirne lo definì come “uno squillo di tromba che cerca di portare l’uomo alla consapevolezza del suo peccato e condurlo al pentimento e alla conversione a Dio”. Prosegue poi: “Il Grande Canone è un inno di profondo scontro e di scioccante pentimento. L’uomo sente il peso del peccato, comprende che la sua amara vita è lontana dal Dio vivente; si comprende la dimensione tragica di alienazione della natura umana nella caduta e la distanza da Dio. Cade a pezzi. Sprofonda, si riduce in cenere. Ma si sta preparando la salvezza, perché apre a sé la via del pentimento. La via che porta all’esistenza umana di Dio, la fonte della vita vera e la pienezza dell’ineffabile carità e della gioia indicibile”.
L’intensità drammatica del poeta è veramente notevole: vengono presentate decine di esempi dalla Scrittura, alcuni dei quali magari citati in un solo versetto del Pentateuco, per cui a noi moderni potrebbero ad un primo sguardo risultare ignoti, esempi positivi e negativi, di virtù e di peccato, nell’arcaica storia della Salvezza. Il Canone presenta le classiche caratteristiche, dunque, della liturgia quaresimale e orientale e occidentale, ossia un continuo riferimento alle vicende d’Israele, alle quali dobbiamo guardare come un antico modello del popolo eletto, il quale ora non sono più i Giudei, ma siamo noi battezzati in Cristo, i quali, nondimeno, come il ‘popolo di dura cervice’, non manchiamo di offendere e allontanarci dal nostro Creatore, al quale dobbiamo ritornare con cuore umiliato e pentito, se vorremo salvarci. Il poema, nel complesso, è caratterizzato da un ricco lirismo e da elementi poetici notevoli: le descrizioni scattanti, con immagini che colpiscono, gli esempi, il simbolismo efficace e vivo, la lingua combinata con il canto triste e solenne, conferisce un fascino unico a questo componimento, veramente una fonte di grazia che colpisce nel cuore chi lo legge o lo ascolta. L’uso di domande retoriche e l’introduzione di dialoghi, spesso usati dal poeta, conferiscono al Canone un grande dramma. I ritratti biblici sono abbozzati con grazia, presentando al contempo la vicenda e le considerazioni morali, in una sintesi chiara ed immediata. Ma dobbiamo ricordarci che l’autore parla anzitutto a se stesso, descrivendo con tinte fosche il suo pensiero, ammettendo i suoi gravi peccati e mancanze, presentando la sua situazione personale come la condizione generale dell’essere umano. Ed effettivamente, il Canone calza all’anima di chiunque, essendo impossibile all’uomo non peccare, dopo la macchia originale. S. Andrea fu in vita sua un eretico: egli cionondimeno si pentì, e dedicò la sua vita al ministero ecclesiastico. Egli sa dunque quale fosse il suo sentimento Ma qualunque uomo ha le sue mancanze, le sue colpe davanti all’Altissimo, e qualunque uomo non può fare a meno che riconoscersi nelle scure parole di questo Canone.
Di seguito riporto una sintesi commentata del contenuto delle singole odi del Canone, scritta da Sua Beatitudine Manuel Nin, attuale Eparca della Chiesa Greco-Cattolica Bizantina, quando ancora era assistente spirituale dei greci cattolici a Roma:
Nella prima ode la vicenda di Adamo ed Eva e di Caino e Abele è intrecciata alle parabole del Figliol prodigo e del Buon Samaritano: “Avendo emulato nella trasgressione Adamo, il primo uomo creato, mi sono riconosciuto spogliato di Dio, del regno e del gaudio eterno, a causa del mio peccato. Ahimé, anima infelice! Perché ti sei fatta simile alla prima Eva? Hai toccato l’albero e hai gustato sconsideratamente il cibo dell’inganno. Cadendo con l’intenzione nella stessa sete di sangue di Caino, sono divenuto l’assassino della mia povera anima. Consumata la ricchezza dell’anima con le dissolutezze, sono privo di pie virtù, e affamato grido: O padre di pietà, vienimi incontro tu con la tua compassione. Sono io colui che era incappato nei ladroni, che sono i miei pensieri, mi hanno riempito di piaghe: vieni dunque tu stesso a curarmi, o Cristo”.
Ancora le figure di Adamo ed Eva sono accostate nella seconda ode a quelle del pubblicano e della prostituta: “Ho oscurato la bellezza dell’anima con le voluttà passionali, e ho ridotto totalmente in polvere il mio intelletto. Ho lacerato la mia prima veste, quella che ha tessuta per me il creatore. Ho indossato una tunica lacerata, quella che mi ha tessuto il serpente col suo consiglio, e sono pieno di vergogna. Anch’io ti presento, o pietoso, le lacrime della meretrice: siimi propizio, o salvatore, nella tua amorosa compassione. Anche le mie lacrime accogli, o salvatore, come unguento. Come il pubblicano a te grido: Siimi propizio!”.
Vengono poi presentate nelle odi successive la fede di Abramo, la scala di Giacobbe, la figura di Giobbe, la croce come luogo dove Cristo rinnova la natura decaduta dell’uomo, l’esperienza del deserto e delle infedeltà del popolo e dei re d’Israele, e Cristo che guarisce e salva: “Crocifisso per tutti, hai offerto il tuo corpo e il tuo sangue, o Verbo: il corpo per riplasmarmi, il sangue per lavarmi; e hai emesso lo spirito, per portarmi, o Cristo, al tuo genitore. Hai operato la salvezza in mezzo alla terra. Per tuo volere sei stato inchiodato sull’albero della croce e l’Eden che era stato chiuso, si è aperto”.
L’ottava ode canta i grandi penitenti dell’Antico e del Nuovo Testamento: “Hai sentito parlare, o anima, dei niniviti, della loro penitenza in sacco e cenere davanti a Dio: tu non li hai imitati, ma sei stata più stolta di tutti coloro che hanno peccato prima e dopo la Legge. Come il ladrone, grido a te: Ricordati! Come Pietro, piango amaramente; perdonami, salvatore, a te io grido come il pubblicano; piango come la meretrice: accogli il mio gemito”.
Infine, nell’ode nona è presentato tutto il mistero salvifico di Cristo che guarisce, chiama l’umanità per seguirlo e salva: “Ti porto gli esempi del Nuovo Testamento, o anima, per indurti a compunzione: Cristo si è fatto uomo per chiamare a penitenza ladroni e prostitute. Cristo si è fatto bambino secondo la carne per conversare con me, e ha compiuto volontariamente tutto ciò che è della natura, eccetto il peccato”.
Il grande canone di Andrea di Creta racconta la storia della salvezza operata da Dio verso ognuno di noi. In un testo che ci mette davanti i diversi aspetti con cui la Chiesa lungo la quaresima ci confronta, cioè la misericordia di Dio e per mezzo di essa il nostro cammino di ritorno a Dio, avendo Cristo stesso come pastore e come guida, che finalmente il giorno di Pasqua prende di nuovo per mano Adamo ed Eva per farli uscire dagli inferi e riportarli nel paradiso.

Per chi fosse interessato, fornisco il pdf del testo greco (forma integrale). Chi volesse cercare le suddivisioni per singoli giorni del canone, le trova in slavo ecclesiastico QUI. Per la traduzione, invece, invito a fare riferimento a questo sito. Faccio presente che tra le tre versioni potrebbero esserci delle minime variazioni testuali (per esempio, nel testo slavo vi sono alcuni tropari che non compaiono nel testo greco perché considerati spurii).
Allego anche due video di celebrazioni del Grande Canone, una in slavo (officiata dal Patriarca di tutte le Russie Kirill) e una in greco (ma senza immagini). Si tenga conto che nelle ferie del tempo quaresimale gli slavi utilizzano i paramenti neri in segno di macerazione della carne, mentre i greci usano il viola per indicare la penitenza come i latini. 



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