Sante Messe in rito antico in Puglia

mercoledì 14 febbraio 2018

Storia, pratica e decadenza del digiuno quaresimale

Rilanciamo quest’interessante breve saggio.
Ricordiamo e raccomandiamo i precetti di digiuno ed astinenza cui sono tenuti i fedeli (v. qui e qui).



Storia, pratica e decadenza del digiuno quaresimale

Non è qui necessario rimembrare la grandissima utilità spirituale del digiuno come pratica di penitenza e mortificazione, i frutti che esso porta, e la necessità di praticarlo da parte dei Cristiani. Sin dai primi tempi, distaccandosi dagli usi giudaici, fu stabilito che i Cristiani non avessero cibi proibiti di per sé, ma dovessero osservare un rigoroso digiuno due volte alla settimana, il mercoledì (giorno del tradimento) e il venerdì (giorno della Crocifissione); a questi si aggiunse anche il sabato nella tradizione latina. Contemporaneamente, è invalso anche l’uso di osservare dei periodi di digiuno, periodi che servono a preparare spiritualmente e fisicamente il fedele alla celebrazione dei grandi misteri della Religione. Già dal IV secolo, come attesta S. Atanasio, era uso di osservare 40 giorni di digiuno per prepararsi alla Santa Pasqua, donde il nome di Quadragesima o Τεσσερακοστὴ.
I primi cristiani praticavano il digiuno quaresimale per 40 giorni di seguito (anche se sabati e domeniche non erano considerati giorni di digiuno, e per questi i giorni reali erano almeno 46, da cui si dovevano poi sottrarre i sopraddetti giorni liberi), seguendo una dura regola che ci viene descritta per filo e per segno in alcuni documenti del X secolo (riferentesi di per sé al digiuno per chi si preparava a ricevere gli Ordini Sacri), riassumibile in tre punti principali:
- Un pasto solo al giorno, consumato rigorosamente dopo il tramonto;
- Divieto di consumo di qualsiasi prodotto di derivazione animale (carne, uova, latticini, grassi animali etc.);
- Divieto di consumo di alcolici.
Ciò che stupisce, leggendo le cronache antiche, è che chiunque, persino il contadino che lavorava nei campi per ore e ore anche durante la Quaresima, osservava rigorosamente il digiuno. La struttura fisica degli uomini di un tempo era sicuramente molto più robusta di quella dei nostri contemporanei, per permettere loro di compiere duri lavori a stomaco vuoto e senza proteine animali, potremmo dire; resta nondimeno il fatto che in Occidente si è visto un progressivo ammorbidimento delle normative circa il digiuno, alla qual cosa può essere (a mio modesto parere) imputabile anche l’indebolimento generale della nostra struttura fisica, che oggi fatica alquanto a restare senza determinati cibi per giorni e giorni, o senza cibo anche solo per poche ore. La debolezza di fisico è infatti la conseguenza della riduzione del digiuno, non già la causa, che va ricercata nello zelo scemante della società. Il punto di arrivo è l’assurdo digiuno prescritto dalla costituzione apostolica Paenitemini emanata da Papa Montini nel 1966, peraltro ad oggi messa in pratica da ben pochi tra i cattolici moderni, a dispetto dell’estrema rilassatezza del digiuno da essa previsto. Limitandosi ad osservare le norme per la Quaresima, ignorando il resto dell’anno, possiamo notare che per i cattolici conciliari i giorni di digiuno durante la Quaresima si riducono da 40 a 2, più 6 astinenze senza digiuno. Questa aberrazione, per cui possiamo realmente dire che i cattolici moderni non hanno né un vero digiuno né una vera Quaresima, dimostreremo qui come essa da una parte discenda effettivamente da una progressiva rilassatezza nella pratica diffusasi nel mondo occidentale, ma dall’altra rompa completamente con la tradizione, abolendo quasi del tutto le già permissive regole promulgate appena mezzo secolo prima da Papa S. Pio X. Le norme paoline, infatti, altro non sono che l’ufficializzazione delle disposizioni date in tempo di guerra da Pio XII (1941), le quali dovevano però inizialmente avere il carattere della temporaneità, e soprattutto erano riferite a una società attanagliata da un conflitto mondiale, non certo alla società dei consumi di oggi.

Il digiuno nella tradizione bizantina

Per un debito confronto, reputo anzitutto utile presentare le regole tuttora seguite dai cristiani d’Oriente, e cattolici e ortodossi, le quali ricalcano in modo pressoché identico le consuetudini originarie del Cristianesimo primitivo.
Dopo un periodo preparatorio (una settimana senza carne, ma con licenza di uova e latticini anche di mercoledì e venerdì), che termina con la Domenica dei Latticini, s’inizia dal primo giorno della Grande Quaresima a seguire quotidianamente la regola del digiuno stretto, che comporta l’astinenza da carne e derivati, uova, latticini, pesce, vino e olio d’oliva. Il sabato e la domenica non sono giorni di digiuno secondo la tradizione orientale, ma le sue regole sono talmente strette che prevedono in questi giorni solo la licenza di olio e vino (nonché di pesce nella tradizione slava), e continuano a prescrivere l’astinenza dai cibi di derivazione animale. La stessa regola ‘moderata’ si segue anche in alcuni giorni festivi che cadono durante la Quaresima, come l’Annunciazione ο il miracolo di S. Teodoro di Amasea.
Ai fedeli non è richiesto di fare un solo pasto al giorno, cosa che invece è praticata dai religiosi; i più zelanti, e specialmente i monaci, solo durante la I settimana, non toccano cibo dal lunedì mattina fino al mercoledì sera (quando fanno un pasto dopo la Liturgia dei Presantificati), e poi di nuovo fino a venerdì sera (sempre dopo la Liturgia).
Durante la Settimana Santa, invece, alla sera del giovedì, prima dell’Ufficio dei XII Vangeli, si fa idealmente l’ultimo pasto, poiché durante il Venerdì non è concesso nemmeno ai fedeli di prendere alcunché; tutt’al più, per sostenersi, può esser concesso di prendere della frutta e un po’ di vino al sabato mattina, dopo la Divina Liturgia della Prima Risurrezione. Il digiuno cessa dopo gli uffici della notte di Pasqua.

Evoluzione del digiuno nella tradizione occidentale

Per analizzare invece la complessa evoluzione del digiuno in Occidente, che non ha mantenuto la fissità di quello orientale, ci baseremo sui seguenti testi: le Regole dei primi Padri (e.g., S. Cesario, S. Benedetto), la Summa Theologiae di S. Tommaso d’Aquino, i manuali di teologia e penitenza di diverse epoche (P. Scarsella per il ‘500-’600, P. Corella per il ‘600-’700, P. Righetti per l’800), e infine il Codex Juris Canonici del 1917.
Come norma generale, sancita già da S. Tommaso, giova ricordare che l’astinenza in Occidente obbligava dai sette anni in poi, il digiuno dai ventuno ai sessantacinque. Inoltre, differenza fondamentale rispetto alle usanze orientale, in Occidente fu sempre consentito il consumo di pesce e simili animali a sangue freddo (come rane, molluschi, tartarughe, ecc.), poiché le loro non erano usualmente considerate carni. Gli anfibi vengono trattati secondo la categoria alla quale assomigliano di più, in accordo alla classificazione aristotelico-tomistica. Infine, in Occidente solo le domeniche sono giorni liberi dal digiuno, ma in essi non si osserva il ‘digiuno moderato’ di stampo orientale, ma è lecito di mangiare qualsivoglia quantità e qualità di cibo.
I Padri d’Occidente attestano che le regole da osservarsi all’interno dei monasteri (che prevedevano anche diversi giorni della Quaresima durante i quali non si mangiava alcunché), assomigliavano parecchio a quelle dei monaci bizantini; in Settimana Santa, poi, era uso di cibarsi solo di pane ed erbe salate. Simile era anche il digiuno praticato dai fedeli, con l’aggiunta della pratica di consumare quotidianamente un solo pasto, dopo il Vespero. Ancora fino alle riforme del 1955, del resto, forse più per relitto che per pratica vera e propria, le rubriche del Breviario Romano, al Vespero del sabato avanti la I domenica di Quaresima, riportano che hodie et deinceps usque ad Sabbatum sanctum, exceptis diebus dominicis, Vesperae dicuntur ante comestionem, etiam in Festis (oggi e d’ora in avanti fino al Sabato santo, tranne le domeniche, i Vespri si dicono prima di prender pasto, anche nelle Feste)
Proprio su questo aspetto s’iniziò, sin dall’alto Medioevo, a ricamare ‘sofismi’ che avrebbero poi portato all’alleggerimento del digiuno. Per esempio, dal X secolo, nei monasteri iniziarono a cantare Vespro in Quaresima all’ora nona, per poter prendere subito dopo la refezione; nel giro di pochi secoli, l’ufficio vespertino fu anticipato addirittura al mezzogiorno, tanto che S. Tommaso avverte che non è lecito, né ai religiosi né ai fedeli, di consumare il pasto prima di mezzodì. Con l’anticipazione del pasto, non dovette passare molto tempo perché (nel XIV secolo) venisse introdotta la possibilità di compiere una ‘refezioncella’ alla sera, la quale sarà, nei secoli successivi, quantificata dai moralisti in circa 250 grammi (i più severi, come l’Arregui, concedevano solo di mangiar pane in questa refezione; la maggioranza, cionondimeno, ammetteva qualsiasi cibo non proibito dalla legge dell’astinenza). Nel frattempo, s’inizia anche a normare cosa si possa prendere fuori pasto. Già la tradizione antica e bizantina ammetteva che l’assunzione di liquidi durante i giorni di digiuno fosse lecita (escluso ovviamente il latte); i moralisti stabilirono che era lecita qualsiasi bevanda presa per dissetarsi o riscaldarsi, giammai per nutrirsi. Alcuni ammettevano di poter sciogliere dello zucchero o un po’ di confettura all’interno della bevanda (sempre a patto che lo scopo fosse di addolcirla per renderla bevibile, e non di darsi nutrimento); particolarmente noto è l’aneddoto che vuole che Papa S. Pio V abbia fatto rientrare la cioccolata calda tra le bevande lecite, in quanto, essendone restato disgustato, l’aveva sentenziata come una ‘penitenza aggiuntiva’ (si deve tener conto, anche nell’osservanza di questo indulto, che la cioccolata dell’epoca era rigorosamente amara). Iniziano a studiarsi debitamente anche tutti i casi in cui si commetta peccato nel rompere il digiuno (p.e., quanta carne o quanto cibo fuori pasto lo rompa; chi possa esser scusato dal non aver osservato il digiuno, etc.). Compaiono tra il XVI e il XVII secolo le istruzioni circa la concessione delle dispense, concesse ordinariamente dai Parroci o dai Confessori, di poter consumare uova e latticini; rare sono invece quelle che svincolano dall’obbligo di digiunare, o di non consumare carne. Compaiono anche alcune dispense ‘nazionali’: in Spagna fu per esempio fu permesso su tutto il territorio nazionale di consumare uova e latticini in alcuni giorni della Quaresima; ai conquistadores in Messico fu concesso di consumare carne di topo, non essendovi altro mezzo di sostentamento per essi.
Ai primi dell’Ottocento il Righetti attesta due cose: la progressiva diminuzione dello zelo nell’osservare il digiuno (più volte nel suo manuale paragona i rilassati costumi dei suoi contemporanei a quelli molto più osservanti degli Orientali); l’introduzione di una nuova refezione lecita, ossia una piccola colazione al mattino (quantificata in 60 grammi) per darsi le energie necessarie a svolgere il proprio lavoro durante la mattinata. Con quest’ultima concessione, di fatto il ‘digiuno’ non ha più (se non nella sua formulazione teorica sine licentiis) il suo significato originale e antico di un solo pasto durante il giorno, ma indica piuttosto una certa riduzione della quantità di cibo consumate in due dei tre pasti quotidiani, e l’astenersi da prender cibo fuor da tali tre refezioni.
Verso la fine del XIX secolo la pratica appare assai abbandonata: a titolo d’esempio, quasi tutti i paesi godono di una licenza, parziale o totale, dall’astinenza da uova e latticini; gli Stati Uniti ottengono nel 1887 addirittura il permesso di consumare carne nel pasto principale di lunedì, martedì e giovedì, e di usare grassi animali tutti i giorni.
Queste son dunque le premesse che portarono alla nuova normativa del digiuno, stabilita da S. Pio X agl’inizj del XX secolo, e riportata dapprima nel suo Catechismo, e indi nel Codice di Diritto Canonico di cui egli iniziò la redazione, portata a compimento tre anni dopo la sua morte dal successore Benedetto XV. Si trattò infatti, più che di una ‘rivoluzione normativa’, di riscrivere in una forma più semplice la norma già allora osservata, recependo l’effetto di tutti quegl’indulti oramai globalmente diffusi.
Viene dunque sostanzialmente mantenuto l’obbligo del digiuno quotidiano, con annessa possibilità di refezioncella e colazione supplementari, mentre l’astinenza delle carni viene ridotta ai soli mercoledì, venerdì e sabati della Quaresima (mentre negli altri giorno sono lecite solo al pasto principale). Le uova e i latticini, precisa letteralmente, non sono mai proibite dalla nuova legge dell’astinenza. Scompaiono anche le prescrizioni particolari per la Settimana Santa, che a dire il vero erano state ignorate, e probabilmente dunque sostituite dall’estensione delle norme del resto della Quaresima, già da qualche secolo.

In conclusione, ritengo che al momento, viste le mutate condizioni fisiche e le abitudini contratte, sarebbe per gli Occidentali molto difficile ritornare alla purezza e al rigore del digiuno quaresimale della tradizione antica e bizantina; essi però, guardando con sana invidia all’esempio dell’Oriente che continua tutt’oggi ad osservare questa dura regola, dovrebbero applicarsi massimamente nell’osservazione del digiuno almeno secondo le norme promulgate da Papa San Pio X. Escludo a priori che seguire la regole del ‘66, improntate alla nuova mentalità ‘facile’ dei modernisti, possa portare mai un qualche frutto spirituale.
Digiunare non è infatti, come qualcuno vuol far credere, una pratica desueta, consuetudinaria ma sterile, solo esteriore e simbolica, ma è al contrario una delle pratiche ascetiche più efficaci, più probanti, più fruttuose, più vere. E solo un digiuno duro, sincero, magari praticato nel segreto, non senza fatica, unitamente alla preghiera ardente, umile e incessante, e alla carità in nome di Dio, è la chiave infallibile che un Cristiano possiede per poter vincere il demonio e le passioni e giungere purificato all’unione con il Signore nei Suoi misteri di Passione, Morte e Risurrezione.
Buona Santa Quaresima!

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