Visualizzazione post con etichetta apoftegmi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta apoftegmi. Mostra tutti i post
domenica 9 aprile 2017
In ricordo della strage di cristiani d'Egitto nella Domenica delle Palme (9 aprile 2017)
domenica 17 gennaio 2016
Sant’Antonio Abate. Meditiamo dai suoi scritti
Rilancio volentieri
questo contributo di Chiesa e postconcilio.
![]() |
Luca Della Robbia (attrib.), S. Antonio abate, XV sec., Pieve, Fabbrica |
Nanni Di Bartolo, S. Antonio abate, 1450 circa, Oratorio del Crocifisso, Borgo a Mozzano, Lucca |
Sant’Antonio Abate.
Meditiamo dai suoi scritti
Oggi è Sant’Antonio
Abate. Attingiamo con gratitudine da uno dei tesori della Chiesa e meditiamo.
Dagli scritti
… L’anima in possesso
della sapienza pura e della vita autentica si manifesta nel modo di guardare,
di comportarsi, di parlare, di sorridere, di conversare e di agire della parte
fisica. Tutto in lei è trasformato e positivamente buono. La sua parte mentale,
fertile per l’amore divino, è simile ad un vigilante guardiano che non permette
l’ingresso a pensieri di male e di passionalità.
… La mente che
attraverso l’amore diviene una sola realtà con Dio, è una benedizione
invisibile per tutti gli esseri, offerta da Dio stesso per condurre alla vita
pura chi ne è degno.
… Sappi che il male
fisico è inevitabile al corpo, essendo materiale e corruttibile. In casi di
malattia, l’anima che ha raggiunto la conoscenza, invece di lamentarsi con Dio
perché ha siffattamente costruito il corpo, mostra graziosamente coraggio e
pazienza. Chiunque desidera raggiungere la pienezza della perfezione in Dio,
insegni la purità alla sua anima, non soltanto in relazione alle passionalità
carnali, ma tenendosi lontano dall’avidità di guadagni, dalle brame di
possedere ciò che non gli appartiene, dal l’invidia, dall’amore dei piaceri,
dalla vana gloria; sappia rimanere distaccato davanti alle dicerie sul suo
conto e imperturbabile nei rischi mortali.
… La mente non è l’anima,
ma un dono di Dio che conduce l’anima alla liberazione. Quando la mente è in
una comunione di vita con Dio trascina volando l’anima, e le consegna quelle
parole che la mantengono intatta da ciò che è corruttibile e pesante nel tempo;
facendo fluire in lei l’amore per le realtà non legate all’esistenza, al
disfacimento ed alla gravezza della materia, l’introduce nella sfera della
santità, dove l’uomo diviene creatura di benedizione. L’anima continuando a
vivere nella carne, entra in un rapporto di conoscenza contemplante con le
realtà dell’Alto e divine; per questo la mente trasfigurata dall’amore di Dio è
un dono di pace e di salvezza alla coscienza umana.
… Dio è la pienezza
del bene, immune da passione e da mutamento. Se accettiamo come verità giusta l’immutabilità
divina, rimaniamo perplessi di fronte alle raffigurazioni umane di Dio che Lo
presentano gioioso del bene compiuto dall’uomo, sdegnoso col malvagio, irritato
con i peccatori e misericordioso con chi si pente. La risposta a tali
perplessità la troviamo nel pensiero che Dio non gioisce e non si irrita; gioia
e ira sono passioni e quindi mutamenti.
... Dio è la pienezza
del bene, e le sue opere non sono che bene, non reca male a nessuno ed è sempre
se stesso. Quando noi riusciamo ad esser buoni entriamo in comunione con Lui
attraverso la somiglianza nel bene; ‘quando siamo malvagi, ci separiamo da Lui,
perdendo la somiglianza nel bene. Vivendo con purità di vita siamo uniti a Lui,
vivendo malvagiamente ci stacchiamo da Lui. Non possiamo dire, in quest’ultimo
caso, propriamente che Dio è irritato con noi, ma piuttosto che i nostri
peccati non lasciano passare in noi la chiarità luminosa di Dio. Sono i peccati
che ci sottomettono alle fustigazioni dei demoni. Quando mediante la preghiera
e le azioni pure, otteniamo il perdono, non è Dio che cambia, ma noi. Col
pentimento e la purificazione curiamo il male nel nostro essere, e ritroviamo
la partecipazione alla bontà perfetta di Dio.
sabato 17 gennaio 2015
Sulle orme di S. Antonio il Grande, abate
Per assaporare la mistica e l'ascesi di S. Antonio abate, detto il Grande, riporto alcuni suoi apoftegmi o detti:
1. Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri. E diceva a Dio: «O Signore! Io voglio salvarmi, ma i pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?». Ora, sporgendosi un po’, Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto a intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l’angelo che diceva: «Fa’ così e sarai salvo». All’udire quelle parole, fu preso da grande gioia e coraggio: così fece e si salvò (76b; PJ VII, 1).
2. Il padre Antonio, volgendo lo sguardo all’abisso dei giudizi di Dio [1], chiese: «O Signore, come mai alcuni muoiono giovani, altri vecchissimi? Perché alcuni sono poveri, e altri ricchi? Perché degli empi sono ricchi e dei giusti sono poveri?». E giunse a lui una voce che disse: «Antonio, bada a te stesso. Sono giudizi di Dio questi: non ti giova conoscerli» (76c; PJ XV, 1).
3. Un tale chiese al padre Antonio: «Che debbo fare per piacere a Dio?». E l’anziano gli rispose: «Fa’ quello che io ti comando: dovunque tu vada, abbi sempre Dio davanti agli occhi; qualunque cosa tu faccia o dica, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture; in qualsiasi luogo abiti, non andartene presto. Osserva questi tre precetti, e sarai salvo» (PJ I, 1).
4. Disse il padre Antonio al padre Poemen: «Questa è l’opera grande dell’uomo: gettare su di sé il proprio peccato davanti a Dio; e attendersi tentazioni fino all’ultimo respiro» (77a; PJ XV, 2).
5. Egli disse ancora: «Nessuno, se non tentato, può entrare nel regno dei cieli; di fatto – dice – togli le tentazioni, e nessuno si salva» (Vedi Evagrio 5; cf. Poemen 13).
6. Il padre Pambone chiese al padre Antonio: «Che debbo fare?». L’anziano gli dice: «Non confidare nella tua giustizia, non darti cura di ciò che passa, e sii continente nella lingua e nel ventre».
7. Il padre Antonio disse: «Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra, e dissi gemendo: – Chi mai potrà scamparne? E udii una voce che mi disse: – L’umiltà» (77b; PJ XV, 3).
8. Il padre Antonio disse: «Vi sono di quelli che martoriano il corpo nell’ascesi e, mancando di discernimento, si allontanano da Dio» (PJ X, 1).
9. Disse ancora: «È dal prossimo che ci vengono la vita e la morte. Perché, se guadagniamo il fratello, è Dio che guadagniamo; e se scandalizziamo il fratello, è contro Cristo che pecchiamo» (PJ XVII, 2).
Fonte: Vita e detti dei Padri del deserto
Fonte: Vita e detti dei Padri del deserto
10.
Disse ancora: «Come i pesci muoiono se restano all’asciutto, così i monaci che
si attardano fuori della cella o si trattengono fra i mondani, snervano il
vigore dell’unione con Dio. Come dunque il pesce al mare, così noi dobbiamo
correre alla cella; perché non accada che, attardandoci fuori, dimentichiamo di
custodire il di dentro» (77c; PJ II, 1).
11.
Disse ancora: «Chi siede nel deserto per custodire la quiete con Dio è liberato
da tre guerre: quella dell’udire, quella del parlare, e quella del vedere.
Gliene rimane una sola: quella del cuore» (PJ II, 2).
12.
Alcuni fratelli si recarono dal padre Antonio per raccontargli le loro visioni
e apprendere se erano vere o dai demoni; essi avevano un asino, e morì lungo il
cammino. Quando dunque giunsero dall’anziano, questi li prevenne: «Come mai
l’asinello è morto lungo la strada?». Gli dicono: «E come l’hai saputo,
padre?». Ed egli a loro: «Sono stati i demoni a farmelo vedere». Gli dicono: «E
noi appunto per questo eravamo venuti: per chiederti se non siamo preda
d’inganno, perché abbiamo visioni che spesso si mostrano vere». Ora, con
l’esempio dell’asino, l’anziano li convinse che erano dai demoni (77d; PJ X,
2a).
13.
Nel deserto c’era un tale che cacciava belve feroci; e vide il padre Antonio
che scherzava con i fratelli e se ne scandalizzò. Ma l’anziano, volendo fargli
capire che occorre talvolta accondiscendere ai fratelli, gli dice: «Metti una
freccia nel tuo arco e tendilo». Egli lo fece. Gli dice: «Tendilo ancora», e lo
fece. Gli dice un’altra volta: «Tendilo». Il cacciatore gli dice: «Se lo tendo
oltre misura, l’arco si spezza». L’anziano gli dice: «Così accade anche nell’opera
di Dio: se coi fratelli tendiamo l’arco oltre misura, presto si spezzano.
Perciò talvolta bisogna essere accondiscendenti con i fratelli». Ciò udendo, il
cacciatore fu preso da compunzione e se ne andò molto edificato. E anche i
fratelli ritornarono confortati ai loro posti (77d-80a; PJ X, 2b).
14.
Il padre Antonio udì di un giovane monaco che aveva compiuto un prodigio sulla
strada: visti degli anziani affaticati dal cammino, aveva ordinato agli onagri
di venire e di portarli fino ad Antonio. Gli anziani riferirono la cosa al
padre Antonio. Dice loro: «Quel monaco mi pare una nave piena di tesori; ma non
so se giungerà in porto». Dopo qualche tempo, a un tratto, il padre Antonio si
mette a piangere, a strapparsi i capelli, a gemere. I discepoli gli chiedono:
«Padre, perché piangi?». Ed egli: «È crollata or ora una grande colonna della
Chiesa» – intendeva dire di quel giovane monaco. «Ma andate da lui – dice – a
vedere quel che è accaduto». I discepoli dunque vanno e trovano il monaco che,
seduto su una stuoia, piange il peccato commesso. Al vedere i discepoli
dell’anziano, egli dice: «Dite al padre che supplichi Dio di concedermi solo
dieci giorni di tempo, e spero di poterne fare ammenda». Dopo cinque giorni
morì (80bc).
15.
Un monaco fu lodato dai fratelli presso il padre Antonio. Egli lo prese seco e
lo mise alla prova per vedere se sopportava il disprezzo. Visto poi che non era
capace di soffrirlo, gli disse: «Sembri un villaggio tutto adorno sul davanti e
dietro devastato dai briganti» (PJ VIII, 2).
16.
Un fratello disse al padre Antonio: «Prega per me». L’anziano gli dice: «Non
posso io avere pietà di te, e neppure Dio, se non sei tu stesso a impegnarti
nel pregare Dio» (PJ X, 3).
17.
Un giorno, alcuni anziani fecero visita al padre Antonio; c’era con loro il
padre Giuseppe. Ora l’anziano, per metterli alla prova, propose loro una parola
della Scrittura e cominciò dai più giovani a chiederne il significato. Ciascuno
si espresse secondo la propria capacità. Ma a ciascuno l’anziano diceva: «Non
hai ancora trovato». Da ultimo, chiede al padre Giuseppe: «E tu, che dici di
questa parola?». Risponde: «Non so». Il padre Antonio allora dice: «Il padre
Giuseppe sì, che ha trovato la strada, perché ha detto: – Non so» (80d; PJ XV,
4).
18.
Dei fratelli, da Scete, vollero far visita al padre Antonio. Imbarcandosi per
compiere il tragitto, trovarono un anziano che pure voleva recarsi colà; ma i
fratelli non lo conoscevano. Seduti sul battello, discorrevano delle parole dei
padri, e di quelle della Scrittura, e dei loro lavori; il vecchio taceva.
Quando giunsero all’ancoraggio, si accorsero che anche il vecchio andava dal
padre Antonio. Arrivati che furono da lui, il padre Antonio dice loro: «Avete
trovato una buona compagnia in quest’anziano». E all’anziano: «Padre, ti sei
trovato con dei buoni fratelli». L’anziano risponde: «Buoni lo sono; ma la loro
corte è senza porta e chiunque vuole può entrare nella stalla e sciogliere
l’asino». Intendeva dire che parlavano di qualunque cosa venisse loro alla
bocca (81a; PJ IV, 1).
19.
Dei fratelli fecero visita al padre Antonio e gli dissero: «Dicci una parola:
come possiamo salvarci?». L’anziano dice: «Avete ascoltato la Scrittura? È quel
che occorre per voi». Ed essi: «Anche da te, padre, vogliamo sentire qualcosa».
L’anziano dice loro: «Dice il Vangelo: Se uno ti percuote sulla guancia destra,
porgigli anche l’altra (cfr. Mt 5, 39)». Gli dicono: «Ma di far questo non
siamo capaci». L’anziano dice loro: «Se non sapete porgere anche l’altra,
tenete almeno ferma la prima». Gli dicono: «Neppure di questo siamo capaci». E
l’anziano: «Se neppure di ciò siete capaci, non contraccambiate ciò che avete
ricevuto». Dicono: «Neppure questo sappiamo fare». Allora l’anziano dice al suo
discepolo: «Prepara loro un brodino: sono deboli». E a loro: «Se questo non
potete e quello non volete, che posso fare per voi? C’è bisogno di preghiere»
(81b).
20.
Un fratello che aveva rinunciato al mondo e dato ai poveri i suoi beni, ma si
era tenuto qualcosa per sé, fece visita al padre Antonio. Il padre, sapendo il
fatto, gli dice: «Se vuoi farti monaco, va’ al tuo paese, compera della carne,
legala attorno al corpo nudo e vieni qui». Così fece il fratello; e i cani e
gli uccelli gli dilaniarono tutto il corpo. Quando fu giunto dal padre, questi
gli chiese se avesse fatto secondo il suo consiglio: egli mostrò il suo corpo
pieno di ferite. Sant’Antonio allora gli dice: «Quelli che rinunciano al mondo
e vogliono tenersi dei beni, vengono in tal modo fatti a brani lottando contro
i demoni» (81c; PJ VI, 1).
Fonte: Vita e detti dei Padri del deserto
![]() |
Lorenzo Vaccaro - Domenico Ferraro - Domenico Antonio Ferro, Sant'Antonio Abate, 1850-60 Tesoro di San Gennaro, Duomo, Napoli |
Iscriviti a:
Post (Atom)