Sante Messe in rito antico in Puglia

martedì 28 febbraio 2023

Così “si vendica” Gesù...

Molte volte ci capita di pensare per chi è stato un grande peccatore che, allorché muoia, sia destinato a perdizione, dimenticandoci assai spesso che il Signore possa chiamare anche all’ultimo momento alla conversione e che solo l’ostinato rifiuto di quell’ultima grazia che il Signore offre fa sì che l’uomo, dopo la morte, sia irrimediabilmente separato da Lui. Il Signore, infatti, è assai rispettoso della libertà umana, che non può forzare alla salvezza colui che non voglia essere da Lui salvato. Il santo vescovo di Ippona e dottore della Chiesa cantava con queste lapidarie espressioni il suo meraviglioso inno alla libertà: “Qui ergo fecit te sine te, non te iustificat sine te”, cioè “Chi ti ha formato senza di te, non ti renderà giusto senza di te” [Sant'Agostino, Sermo CLXIX, 11.13, in PL 38, 923. Il testo latino del Discorso può leggersi qui].

Dunque, è nella libertà dell’uomo accogliere l’ultimo appello che Dio possa offrire all’anima peccatrice. Spetta all’uomo lasciarsi redimere.

Abbiamo avuto nella storia tanti esempi di accoglimento della grazia all’ultimo minuto utile. Possiamo ricordare l’esempio di Napoleone Bonaparte (ne parlammo qui), ma anche Giosué Carducci (v. qui).

Un caso di questi ultimi giorni è quello relativo alla morte del giornalista e conduttore televisivo Maurizio Costanzo, che era ateo ed affiliato alla massoneria (che l’ha celebrato come “fratello”) e che ha avuto quattro mogli. È parso strano a molti che, nonostante ciò, gli siano state concesse delle esequie ecclesiastiche nella Basilica romana di Santa Maria in Montesanto, detta volgarmente “chiesa degli artisti” (sic!). Eppure, nelle ore immediatamente dopo la morte si è appreso che, prima di morire, con il suo amico avvocato (e cattolico), Giorgio Assumma, abbia voluto recitare l’Ave Maria ed interrogarsi cosa ci fosse “dietro l’angolo”, cioè dopo la morte (vqui). Il celebrante i funerali ha poi ricordato: «Nel momento del combattimento finale ha alzato lo guardo al cielo e ha invocato la protezione della Vergine Maria. È stato compassionevole, lo commuoveva la fragilità delle persone, ha aiutato tanti artisti in difficoltà» (vqui).

Non possiamo sapere se il giornalista in questione, ora, si sia salvato. Però è plausibile pensarlo: la Vergine Maria non sarà rimasta a quell’ultimo appello che quel figliol prodigo le ha lanciato alla fine della vita e quindi possiamo ragionevolmente sperare che la grazia possa averlo investito in quel momento, essendosi aperto alla stessa.

Veramente la salvezza è un mistero per noi; un mistero noto solo a Dio.

Per questo, rilanciamo questo contributo, che riprende una storia lasciataci dal celebre medico francese dell’800, Jean Baptiste Félix Descuret.  

Così “si vendica” Gesù...

di Paolo Risso

Aveva ucciso diciassette preti e ne avrebbe eliminato un altro se si fosse presentato sul suo letto di morte senza consenso. Questa la storia di uno dei migliaia di malati visitati dal dottor Descuret, che però cambiò sorte prima di morire, per una grazia inattesa...


Mi è capitato tra le mani un vecchio libricino datomi da un giovane e dotto prete che – ormai non è più scontato dirlo – crede in Dio e in Gesù Cristo, e nella presenza reale di Gesù nella Santissima Eucaristia. Il libricino raccoglie mirabili “storie d’amore” di Gesù con le anime, anche le più lontane da Lui, recuperate grazie al loro pentimento e alla Sua misericordia. Una la voglio narrare ai miei Lettori.

Un malato impossibile

Il dottor Descuret, illustre e famoso medico francese, nella sua lunga e prestigiosa carriera aveva compiuto ben 13.000 visite a pazienti di ogni genere; tutto questo lo scrisse nel suo libro La medicina delle passioni, che gli valse di diventare membro dell’Accademia di Parigi. A pagina 52 del secondo volume, trattando dell’ira, racconta di un singolare ammalato, protagonista di una vita terribile.

Verso la metà dell’anno 1826, Descuret fu chiamato a visitare un albergatore di circa 60 anni, che teneva da anni un’osteria al numero 215 di via San Giacomo, a Digione. Affetto da grave cirrosi epatica, si era rivolto ai più illustri primari di Francia per curarsi, ma senza alcun risultato. Fin dalla sua prima visita, Descuret giudicò quest’uomo anziano ormai prossimo alla fine, per cui si limitò a ordinargli del siero con laudano, ossia una pozione calmante, una sorta di “impiastro” di oppio. Era la medicina palliativa del tempo. 

Con questi narcotici, il medico riuscì a calmare i dolori atroci che il malato provava e a procurargli una delle notti più serene che avesse trascorso da molto tempo. La mattina dopo l’infermo strinse con affetto la mano al medico fino a chiamarlo suo salvatore, e gli promise di seguire in tutto e per tutto anche i suoi minimi consigli.
Descuret, per altro, avvertì la famiglia che era imminente la morte dell’anziano: non conveniva per nulla credere a un vero miglioramento – che sarebbe stato solo momentaneo –, ma approfittarne per fargli mettere a posto “gli affari materiali e spirituali”... e se ne andò. Verso le sei del pomeriggio, il medico fu di nuovo chiamato in gran fretta, non per l’anziano, ma per sua moglie, che era stata ferita al petto proprio dal marito, il quale le aveva gettato addosso un vaso di porcellana. 
Dopo aver fermato l’emorragia e curata la donna ferita, il dottor Descuret stava per uscire, quando l’uomo, al quale non aveva neppur detto una parola, lo trattenne per la giacca dicendogli in modo manieroso: «Come, signor dottore, se ne va senza rivolgermi almeno uno sguardo?». Il medico gli rispose: «Perché dovrei curarmi di un malato che fa di tutto per rendere inutili i miei sforzi? Ho anche saputo che avete ingiuriato, come un villano, i vostri due primi medici, e che il nostro venerando decano prof. Portal non vi ha abbandonato se non quando siete giunto persino ad alzare le mani contro di lui! A tutti questi atti violenti, ora avete aggiunto la brutalità usata verso vostra moglie... e allora giudicate voi stesso se devo ancora curarmi di voi o partirmene subito!».

«I vostri rimproveri – replicò il malato con tono addolorato – sono giustissimi, sono davvero colpevole di aver maltrattato mia moglie. Ma se sapeste, dottore, che cosa voleva da me! Voleva che per forza facessi chiamare un prete, io che li ho sempre avuti in orrore!».

«L’intenzione di vostra moglie era lodevolissima. Proponendovi di mettere in pace la vostra coscienza, vi dava una nuova prova di affetto, e se ciò era in opposizione alle vostre idee, dovevate solo dirle di no, ma non fare ciò che avete fatto».

«Ma alla fine, dottore, voi che siete sapiente, che fareste nei miei panni, se vi proponessero tali cose?».

«Io non esiterei a mettermi in pace con la coscienza, prima per convinzione, poi perché la calma dell’anima contribuisce con forza ad alleviare i nostri patimenti, e anche a dissimulare le nostre malattie».

«Oh, questa è singolare davvero, che voi che avete studiato abbiate questa maniera di vedere!».

«Anzi – concluse l’illustre medico –, le mie convinzioni religiose sono in gran parte frutto dei miei studi».

Seguì un lungo attimo di silenzio, poi il malato prese a dire: «Ebbene, sia, facciamo venire il prete; è tanto, tantissimo tempo che non mi confesso. Ne ho proprio delle grosse, e pesantissime sulla coscienza!».

Preti ammazzati

La moglie, ancora dolorante per la ferita causata dall’ira del marito, ma felice per questa soluzione insperata, manda subito a cercare uno dei sacerdoti della parrocchia di San Giacomo. Appena il sacerdote fu entrato nella camera del malato, questi, con voce tremolante, prese a dire: «Prenda, reverendo, mi tolga subito questo coltellaccio che avevo posto sotto il cuscino... Dovete sapere che mi ero provvisto di quest’arma per conficcargliela nel cuore se lei fosse venuto senza il mio consenso!».

Quindi davanti a tutti i presenti soggiunse: «Nel settembre 1793, al tempo della Rivoluzione francese, massacrai diciassette preti e poco ci volle che lei non fosse il diciottesimo! Ma stia sicuro, Dio ha avuto pietà di me; per illuminarmi è bastato un raggio della sua grazia».

Non solo un povero peccatore, questo albergatore in fin di vita, ma un assassino, un delinquente, più volte omicida. E ora sta per “rubare” pure la misericordia di Dio! Il quale perdona, ma vuole il nostro pentimento, la nostra espiazione. Sì, Dio perdona... ma se ti penti. Pentirsi è la somma grazia di Dio. Chi ha ottenuto a costui questa grazia? Sicuramente molti hanno pregato per lui: pregare per la conversione dei peccatori è massima carità. Ne va di mezzo la vita eterna o la dannazione eterna delle anime. Noi sappiamo pure, come spiegano santi quali san Bernardo di Chiaravalle, sant’Alfonso M. de’ Liguori e ancor di più san Luigi M. Grignion da Montfort, che ogni grazia passa per le mani di Maria Santissima, “l’onnipotenza supplice” per i più lontani, la “raptrix cordium”, la rapitrice dei cuori, la condottiera delle anime a Gesù unico Salvatore. Sicuramente la Vergine Maria ha ottenuto la conversione di questo “disgraziato”.

Morto in ginocchio

Il dottor Descuret continua a narrare che il buon prete, fatto chiamare, prese il coltellaccio che gli veniva consegnato e che sarebbe servito ad ammazzarlo, quindi si intrattenne a lungo con il moribondo per ascoltare la Confessione di quella povera pecora nera e donargli il perdono di Dio. Stava uscendo dalla sua camera per annunciare la conversione ai suoi famigliari e che sarebbe tornato per il santo Viatico, quando l’infermo esclamò: «Torni presto, reverendo, ho bisogno della consolazione di Dio; ma non accosti il divino Redentore alle mie labbra che hanno orribilmente bestemmiato. Sono indegno di Lui».

«Ho visto il vostro pentimento che è sincero. Vi porterò i sacramenti della nostra santa fede cattolica», gli rispose il sacerdote. «Li riceverò, reverendo – rispose l’uomo –, ma dopo che avrò chiesto perdono anche a quelli che finora ho scandalizzato con le mie scelleratezze».

Fece chiamare due vicini, già suoi “compagni” nel male, e chiese perdono degli orribili esempi che aveva loro dati. Poi, piangendo, abbracciò la moglie e le chiese perdono della sua arroganza che era durata una vita intera. Quando ritornò il sacerdote con Gesù-Ostia per il santo Viatico, il pentito raccolse le sue ultime forze e si inginocchiò presso il letto e ricevette, in quella posizione, tutto tremante, Gesù Pane di Vita eterna.

Il sacerdote voleva che tornasse a letto, ma quello gli rispose: «Sento che la mia vita su questa terra sta per finire; e non posso offrire a Dio che le mie preghiere e le mie lacrime; mi lasci almeno la consolazione di morire in ginocchio, ciò che è ben poco per espiare i miei delitti». A mezzanotte, con un profondo sospiro, si addormentò nel Signore, ancora in ginocchio e, con le labbra appoggiate sulle piaghe del Crocifisso, che grondava delle sue lacrime.

Il suo volto perse la bruttezza ributtante che presentava in vita ed era avvolto di serenità e di pace, perché era andato incontro a Dio che l’avrebbe ancora purificato nel Purgatorio, ma che pure lo accoglieva tra i suoi.

Un’intera vita sbagliata. Diciassette preti ammazzati, peccati, scandali e chi più ne ha più ne metta. Il Cristo avrebbe potuto più volte fulminarlo, ma con chi si pente e gli chiede perdono, Lui “si vendica così”. Proprio come scrive santa Teresa di Gesù Bambino, concludendo la sua Storia di un’anima: «Sì, io lo sento, quand’anche avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei con il cuore spezzato dal pentimento a gettarmi tra le braccia di Gesù, perché io so quanto Egli ama il figlio prodigo che torna a Lui».

Fonte: Il Settimanale di Padre Pio, fasc. 9, 26.2.2023

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