Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 6 settembre 2014

Perché non in Italia?

Si riporta ben volentieri dal sito di Paix liturgique un'interessante proposta per l'Italia (analoga a quella avanzata pure in Francia, in Spagna e per l'intera Europa): cioè favorire, nei seminari nostrani, una formazione dei candidati al sacerdozio anche sotto l'aspetto tradizionale, segnatamente quello liturgico (e non solo), che consenta ai novelli presbiteri di celebrare la S. Messa non solo nel rito ordinario, ma pure in quello straordinario, secondo quella che è stata la mens di Benedetto XVI, imitando così altre esperienze, come quella del Seminario Maggiore di Guadalajara, in Messico. In questo, infatti, come già segnalato tempo fa da altri (v. anche qui), i giovani candidati al presbiterato hanno l'opportunità di accedere apertamente, non in maniera "catacombale" e senza timore di reprimende e censure dai loro formatori, alle bellezze dell'antica liturgia.
Si tratta, dunque, di un invito da accogliere e valorizzare onde consentire ai giovani seminaristi di poter completare, a tutto tondo, la loro formazione spirituale, umana e sacerdotale, apprendendo un'autentica "arte del celebrare", con la giusta gravitas e pietà; qualità, che, del resto, devono contraddistinguere la vita del presbitero sia sull'altare sia nella vita ordinaria, come auspicava, ad es., il beato Antonio Rosmini.

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PERCHÉ NON IN ITALIA?

Guadalajara è la sede di una delle principali arcidiocesi messicane. Di solida tradizione cattolica, conta 2000 sacerdoti e, soprattutto, il più grande seminario maggiore del mondo. Fondato nel 1696, conta oggi più di 600 seminaristi, che vuol dire il 20% del totale dei seminari italiani e più o meno quanto la totalità dei seminari diocesani francesi...

Il 2 giugno 2014, per la prima volta dalla riforma liturgica, un sacerdote è veramente salito all’altare del Signore nella cappella del seminario San Giuseppe di Guadalajara per celebrarvi la Santa Messa secondo il messale di San Giovanni XXIII. È padre Jonathan Romanoski, uno dei sacerdoti della Fraternità San Pietro installata a Guadalajara, che ha celebrato questa messa alla presenza di circa 300 studenti del seminario. Bisogna dire che anche prima della promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, la diocesi di Guadalajara aveva lasciato uno spazio alla liturgia tradizionale in modo tale che la coabitazione fra le due forme si svolgesse senza intoppi.

Padre Romanoski, originario della Pennsylvania e ordinato nel 2008 dal Cardinale Castrillón Hoyos, aveva precedentemente già avuto occasione di animare degli incontri per la scoperta della forma straordinaria del rito nel quadro del seminario. Tuttavia questi corsi avevano un carattere limitato mentre la messa del 2 giugno ha radunato circa la metà dei seminaristi ed è stata cantata in modo molto ufficiale dalla schola cantorum del seminario.
Prima della celebrazione, organizzata a richiesta dei seminaristi, padre Romanoski ha potuto esporre brevemente le principali caratteristiche della forma straordinaria del rito romano. Scommettiamo dunque che questa messa del 2 giugno 2014 lascerà il segno perché ha consentito a numerosi futuri preti di scoprire le bellezze e le ricchezze della liturgia tradizionale in un ambito assolutamente ufficiale e molto “normale” come quello del loro seminario. Dando notizia di questi fatti l’articolista spagnolo Fernández de La Cigoña, direttore di un blog ben conosciuto nel mondo ispanico, ha voluto sottolineare che quella celebrata a Guadalajara era la messa dei Cristeros: “Loro non ne conoscevano altra. Da lei avevano la grazia di essere cattolici. Ma non semplicemente dei cattolici come noi. Degli eroi, dei martiri, dei santi.

(Foto Una Voce Mexico)

I COMMENTI DI PAIX LITURGIQUE

1) Deo gratias! Se i frutti della Santa Messa del 2 giugno devono ancora venire, è evidente che quella celebrazione è già di per sé un meraviglioso frutto del Motu Proprio di Benedetto XVI. Chi avrebbe potuto immaginare, alla vigilia del gesto di riconciliazione voluto da Benedetto XVI, proprio mentre si manifestava una grande ostilità da parte di alcuni vescovi, che qualche anno più tardi le porte di uno dei più grandi seminari del mondo si sarebbero spalancate alla liturgia tradizionale?

2) “Fare l’esperienza della tradizione”: Ce ne sarà voluto di tempo perché Roma ascoltasse questo appello di Monsignor Lefebvre, ma, dopo il 2007, è proprio ciò che alcuni settori della chiesa, quando ne hanno avuto la possibilità e se ne hanno avuto la libertà, hanno iniziato a fare. E questo è, in ogni caso, ciò che i futuri sacerdoti dell’arcidiocesi di Guadalajara hanno potuto conoscere il 2 giugno 2014. I seminaristi lo hanno chiesto, la direzione dell’istituto ha risposto favorevolmente ed è stato reperito un sacerdote idoneo. Questa è la normalità alla quale aspiriamo, quella della quale parla regolarmente il Cardinale Cañizares, ormai ex Prefetto del Culto divino.

3) In Italia, mentre i seminari si trovano in una lenta agonia proprio come in tutta l’Europa, fino ad oggi quasi nessuno ha tentato di fare l’esperienza della tradizione: giusto a Massa-Carrara-Pontremoli la forma straordinaria non è totalmente ignorata grazie alla creazione della sezione del seminario dedicata al Beato John Henry Newman ed affidata alla Fraternità San Filippo Neri di don Pietro Cantoni. In Francia, dopo un’esperienza abortita a Lione, solo la diocesi di Fréjus-Toulon offre ai futuri preti l’accesso alla liturgia tradizionale.

4) Nonostante ciò ci sono in Francia, ma anche in Italia, dei vescovi che amerebbero poter disporre di preti “Summorum Pontificum”, capaci di celebrare sia l’una che l’altra forma liturgica. Alcuni peraltro non si fanno scrupoli a rimproverare ai sacerdoti “Ecclesia Dei”, che hanno fatto in tutta legittimità la scelta della forma straordinaria, di non celebrare quella ordinaria, mentre sono incapaci di offrire ai loro seminaristi diocesani la possibilità di formarsi alle due forme liturgiche del rito romano. La ragione di questa cautela da parte dei vescovi può essere spesso rintracciata nell’ostilità da parte del corpo docente dei seminari e di una parte del clero diocesano che rifiuta ciò che viene visto come un processo di “tradizionalizzazione” della diocesi. Fin tanto che esisterà questo rifiuto ideologico di aprirsi alla tradizione da parte dei seminari europei, contrariamente a quanto succede in numerosi seminari americani come nel caso di Guadalajara, la curva negativa del numero dei loro studenti, e quindi delle ordinazioni, difficilmente potrà essere invertita.

5) Signori vescovi, non sarà il caso di cominciare ad aprire davvero le porte dei vostri seminari e di lasciare un po’ di spazio a questi nuovi candidati al sacerdozio desiderosi di esercitare un ministero allo stesso tempo ordinario e straordinario al fine di concretizzare l’esperienza dell’arricchimento reciproco voluta da Benedetto XVI? Una tale apertura darà l’ulteriore beneficio di nutrire l’unità del clero attraverso una migliore conoscenza delle specificità reciproche.

Il seminario maggiore di Guadalajara è oggi il più grande seminario del mondo.

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