Sante Messe in rito antico in Puglia

sabato 25 dicembre 2010

La vera data del Natale. Le falsità degli altri.

di Vito Abbruzzi

Non so perché, ma ogni anno, con l’avvicinarsi della festa del Santo Natale, noi cristiani (particolarmente noi cattolici) veniamo messi in crisi da chi non si fa scrupoli ad irridere la nostra buona fede sul giorno della nascita di Cristo, celebrata da sempre in tutto il mondo il 25 dicembre. Secondo qualcuno, infatti, questa data “non ha fondamenti storici”; sarebbe stata “scelta per sostituire il culto pagano del Sol invictus”, “fino a rendere l’invenzione d’un giorno il mito più persistente del nostro tempo”. Ciò che inquieta e indispone (me soprattutto) è che questo “qualcuno” non è il solito testimone di Geova che va in giro accusandoci di essere inconsapevolmente pagani, ma un archeologo, di nome Maurizio Zuccari, che sulla rivista Archeo di Dicembre 2009 (pp. 24-25) parla di “difficoltà sulla storicizzazione della vita di Gesù”. E ciò non senza pregiudizi (cosa grave per un archeologo), dal momento che egli afferma: « Il 25 dicembre marca, con la nascita del Cristo a Betlemme, l’ora zero del nostro tempo, le radici stesse della cultura di una metà del globo, che ha imposto all’altra metà tempi e costumi ».
Non a caso ho tirato in ballo “il solito testimone di Geova” e ho parlato di “pregiudizi”. L’archeologo in questione, infatti, similmente al testimone di Geova, argomenta le sue “difficoltà […] su tempi, luoghi e modalità del Natale di Cristo”, citando, tra gli altri, “l’episodio dei pastori” narrato in Luca 2, 8-20. Questo dato, secondo lui, lascerebbe “supporre che [il periodo più probabile della nascita di Gesù] fosse primavera o autunno, visto che a Betlemme nei mesi invernali, quando la temperatura scende vicino allo zero, non può tenersi bestiame all’aperto”. Ma nel Vangelo di San Luca non si dice affatto che il bestiame fosse all’aperto; si fa cenno soltanto ad “alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al proprio gregge (vigilantes et custodientes vigilias noctis super gregem suum)” (Lc 2, 8). E qui un altro madornale errore: la scarsa conoscenza dei mestieri, tra cui quello del pastore. Si tratta di un mestiere tra i più duri inventati dall’uomo, perché comporta, sin da bambini, un grande spirito di sacrificio e di rinuncia, nonché di enorme responsabilità. Si è pastori non soltanto quando si portano al pascolo le greggi, ma anche quando le si governano all’interno dell’ovile (compresi i mesi invernali); di giorno e, soprattutto, di notte, quando più facilmente il ladro può rubare le pecore. Ciò spiega perché Gesù ama definirsi il “pastore buono” che “offre la propria vita per le sue pecore (animam suam dat pro ovibus suis)” (Gv 10, 11), non permettendo al lupo che le rapisca e le disperda (cf Gv 10, 12).
Per quanto riguarda poi la festa del Sol invictus, il capodanno degli antichi Romani, l’archeologo in questione scrive: « Nel III secolo il dies natalis Sol invicti diventa il culto ufficiale dell’impero e su questa credenza Costantino opera magistralmente, unendo in un solo giorno due fedi e unificando i simboli solari a quelli del nascente cristianesimo, fecendosene corifeo. […] Non è un caso che la data del Natale venga ufficializzata alla vigilia della morte dell’imperatore (nel 337), […] per collocare la nascita di un uomo chiamato Gesù dall’umile mangiatoia in una grotta ai ruderi di un impero in sfacelo di cui si raccoglieva l’eredità universale ». Questo suo giudizio è condiviso da altri storici del Cristianesimo, ma quella del Sol invictus – secondo lui “un mito astronomico comune a molte popolazioni, culmine del solstizio d’inverno [23 dicembre] e della festività dei Saturnalia, che celebrava il rinnovarsi della natura” – è solo una felice coincidenza con la nascita del Messia, quale “luce per illuminare le genti” (Lc 2, 32) vaticinato dai Profeti (cf Is 42, 6; 49, 6).
Bisogna, in definitiva, stare attenti a non fare del dubbio una certezza: cosa deontologicamente molto scorretta per un ricercatore storico! Il rischio che si corre è proprio quello di pensarla esattamente alla maniera del curioso personaggio eduardiano di Luca di Natale in casa Cupiello, il quale, rimproverando a sua moglie di avergli comprato dei pedalini di lana giudicata non vera, vede intorno a sé “tutta una mistificazione”. E per questo consiglio la lettura del bel libro di Nicola Bux, Gesù il Salvatore. Tempi e luoghi della sua venuta nella storia, Cantagalli, 2009.

2 commenti:

  1. caro Vito, intervento ottimo (come sempre) e opprtuno :)

    Della faccenda della "data di nascita" mi ero occupato anch'io qualche anno fa.
    Se può interessare, qs è il mio articolino:
    http://portodimarebis.blogspot.com/2007/12/la-data-di-nascita-di-ges-nato.html

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  2. Riprendo, a mo' di postilla, l'errata affermazione che "nei mesi invernali, quando la temperatura scende vicino allo zero, non può tenersi bestiame all’aperto”.
    Senza farla apposta, durante queste ultime vacanze di Natale, trovandomi in Westfalia, feci con la mia famiglia una gita ad Amsterdam. Aveva nevicato abbondantemente e la temperatura era perennemente sotto lo zero. Eppure vidi greggi di pecore pascolare tranquillamente, a brucare i pochi fili d'erba affioranti in mezzo alla neve.
    Ergo, risi di gusto con mio nipote, ripensando entrambi alla "falsità" di certe affermazioni, che andrebbero prima verificate... sul campo (per usare un'espressione cara agli archeologi).

    Alla prossima.

    Vito Abbruzzi

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