Sante Messe in rito antico in Puglia

giovedì 19 marzo 2020

San Giuseppe prototipo della Consacrazione a Maria

L’8 dicembre 1870, con il decreto Quemadmodum Deus, il prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, cardinal Patrizi, a nome del beato papa Pio IX, proclamava S. Giuseppe patrono della Chiesa: «[…] Ora, poiché in questi tempi tristissimi la stessa Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici, è talmente oppressa dai mali più gravi, che uomini empi hanno pensato che infine le porte dell’inferno abbiano prevalso contro di lei, i Venerabili Eccellentissimi Vescovi dell’universo Orbe Cattolico hanno inoltrato al Sommo Pontefice le loro suppliche e quelle dei fedeli affidati alla loro cura chiedendo che si degnasse di costituire San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica. Avendo poi essi rinnovato nel Sacro Ecumenico Concilio Vaticano [I] più insistentemente le loro domande e i loro desideri, il Santissimo Signor Nostro Pio Papa IX, costernato per la recentissima e luttuosa condizione di cose, per affidare Sé stesso e i fedeli tutti al potentissimo patrocinio del Santo Patriarca Giuseppe, volle soddisfare i voti degli Eccellentissimi Vescovi e solennemente lo dichiarò Patrono della Chiesa Cattolica [...]. Egli stesso inoltre ha disposto che tale dichiarazione, per mezzo del presente Decreto della Sacra Congregazione dei Riti, fosse pubblicata in questo giorno sacro all’Immacolata Vergine Madre di Dio e Sposa del castissimo Giuseppe» (vqui il testo. V. anche qui).
Quest’anno 2020, quindi, ricorre il 150° anniversario di quella proclamazione.
Dopo Pio IX, a mostrare particolare attaccamento al Santo Patriarca fu il papa Leone XIII. Egli, eletto papa il 20 febbraio 1878, un mese dopo, come ebbe a dire ai cardinali, in una allocuzione del 28 marzo 1878, affermò di aver messo il suo pontificato sotto la protezione di San Giuseppe. Poi, in calce alla lettera enciclica Quamquam pluries del 15 agosto 1889 pose la preghiera «A te, o beato Giuseppe», che sarebbe diventata popolarissima tra i cattolici.
Dopo Leone XIII fu la volta di S. Pio X, al quale spettò approvare le litanie del Padre putativo di Gesù. Per la verità, le prime litanie in onore di San Giuseppe che conosciamo sono riportate nel testo Sommario delle eccellenze del glorioso San Giuseppe, del 1597, del carmelitano P. Girolamo Graziano della Madre di Dio. Ma fu solo con decreto di approvazione della Congregazione dei Riti, del 18 marzo 1909, che il papa San Pio X approvò e fissò le litanie di San Giuseppe. Commenta il padre Gaithier: “Grazie a questo decreto, Maria e Giuseppe erano i due soli santi che godevano di litanie autorizzate per il culto pubblico”. Pio XI, con decreto del 21 marzo 1935, applicò alla loro recita cinque anni di indulgenza ogni volta ed un’indulgenza plenaria se la recita delle Litanie, dei versicoli e dell’orazione è ripetuta ogni giorno per un mese intero. Per il testo delle litanie, cfr. Radiospada, 19.3.2020.
Benedetto XV, ricorrendo il 50° anniversario della proclamazione del Santo a Patrono della Chiesa Universale, con il Motu proprio Bonum Sane del 25 luglio 1920, esortava l’Episcopato dell’orbe cattolico a promuovere il culto nei confronti di S. Giuseppe.


In onore di S. Giuseppe, quindi, rilanciamo questo contributo:

San Giuseppe prototipo della Consacrazione a Maria

di P. Serafino M. Lanzetta

Il mese di marzo è dedicato alla grande figura di san Giuseppe. In questa riflessione vorrei mettere in rilievo il mistero dell’unione di san Giuseppe con la Beata Vergine Maria. In ciò vi è la sorgente di tutte le grazie di cui è ricco il mistero giuseppino, oltre che al modo in cui il Santo di Nazareth viene introdotto dal Nuovo Testamento ed è conosciuto nella Chiesa. Se guardiamo attentamente alla sua vita, tutto accade per mezzo di Maria. Giuseppe comincia ad essere conosciuto come lo sposo di Maria (vedi Mt 1, 16) e proprio in ragione di questa relazione sponsale – da essere approfondita nella sua profondità spirituale – è introdotto nel mistero di Cristo divenendo suo padre putativo. Tutto per Maria.
Concentriamoci per un momento sul Vangelo di Matteo (1, 18-19) dove Giuseppe di Nazareth viene presentato prima di tutto quale sposo di Maria e quindi come “uomo giusto”: «Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto». Con ciò comprendiamo che Maria e Giuseppe erano già sposati quando la Vergine si trovò incinta miracolosamente del suo Figlio Gesù. Dicendo «promessa sposa», il Vangelo mette in evidenza il costume ebraico di celebrare le nozze in due momenti: l’unione legale, quale vero matrimonio con tutti gli effetti civili e religiosi e la coabitazione che poteva avvenire anche un anno dopo la promessa di matrimonio. Anche il Vangelo di Luca riferisce che Giuseppe era già unito a Maria da un patto matrimoniale. Infatti l’angelo fu mandato «a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe» (1, 27). Da questa unione sponsale benedetta con Maria prende forma anche la relazione di san Giuseppe con Gesù. Il Santo falegname entra in contatto personale con Gesù mediante la Madonna quando è lui a dare il nome “Gesù” al figlio di Maria (cf. Mt 1, 21). Anche al momento dell’adorazione dei pastori, che arrivarono in fretta per vedere il segno di Dio, Giuseppe si trova tra Maria e Gesù: «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» ci dice il Vangelo (Lc 2, 16); come per dire che il cammino cristiano che conduce a scoprire pienamente chi è quel Bambino è da Maria a Gesù. Attraverso lo sposalizio con Maria, Giuseppe stringe Gesù e lo tiene tra le sue braccia. Egli pertanto è l’icona più perfetta della consacrazione a Maria, dell’adagio classico a Gesù per Maria.
Riflettiamo più a fondo sullo sposalizio unico e verginale di san Giuseppe con la Madonna, vera chiave per capire la figura del Falegname di Nazareth come primo tipo o modello esemplare della consacrazione mariana. Questo matrimonio santo fu senza dubbio straordinario. Nel considerare questo mistero dobbiamo trascendere il suo significato naturale e puntare subito alla profondità dell’aspetto spirituale. Tutto infatti depone a favore di un’unione speciale e interamente spirituale. Nel racconto di san Matteo (1, 18-19) appena citato, circa il fatto che Giuseppe fosse già sposato con Maria pur non coabitando ancora, possiamo scoprire qualcosa in più in virtù di una lettura anagogica del testo. E cioè, mentre Giuseppe era già unito in matrimonio a Maria – inizialmente e legalmente – non era però ancora pienamente unito a lei; ciò potremmo leggerlo nel senso di non essere ancora consacrato a lei, dal momento che la coabitazione sarebbe stata, di comune accordo, verginale e casta. Le ragioni di ciò le vedremo tra breve. Il matrimonio giuseppino dovrebbe essere considerato sotto un’altra luce in riferimento a due momenti superiori: l’unione maritale iniziale e la sua consumazione, da essere letta come consacrazione a Maria: una piena donazione di se stesso alla Vergine. La consumazione del matrimonio allora acquisterebbe un significato spirituale nuovo, preannunciando ciò che Gesù sceglierà nel suo matrimonio mistico con la Chiesa sulla Croce. Come per Gesù Crocifisso il dono di sé alla Sposa è “consumato” nel suo amore «fino alla fine» (Gv 13,1), amore totale fino alla morte, così sarà per san Giuseppe. Il suo totale amore a Maria sarà consumato nel sacrificio di se stesso fino alla morte per essere uno con Maria e ciò al fine di partecipare alla Redenzione di Cristo. Questa consacrazione a Maria accade dopo la rivelazione dell’Angelo, quando Giuseppe ha la piena conoscenza di chi è Maria e chi è quel Figlio che Lei portava in grembo. Ora Giuseppe è pronto per prendere Maria nella sua vita e per mezzo di Lei di prendersi cura di Gesù. Possiamo contemplare tutto ciò alla luce del racconto del Vangelo di Matteo (1, 20-24), in cui leggiamo: «Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: ”Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa».
Qui dovremmo concentrarci soprattutto sull’ultima frase di questa pericope, che nell’originale greco recita così: «kaiparélabentèngunaîkaautou» («prese con sé la sua sposa»). Il verbo para-lambano, “prendere”, ha generalmente due significati: 1) prendere con sé, unire a sé o 2) ricevere ciò che è trasmesso. Questo verbo è lo stesso che troviamo nel Vangelo di Giovanni (19, 27) per descrivere l’atto del prendere/ricevere Maria nella propria vita da parte del discepolo prediletto: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (l’originale dice: «élaben o mathetèsautèneistaídia», “la prese tra le sue cose più care”). Quindi, possiamo facilmente concludere che anche Giuseppe, prima di ogni altro, da quell’ora, l’ora in cui fu istruito dall’Angelo per mezzo dello Spirito Santo circa il mistero di Maria e del Bambino nel suo grembo (echeggianti le parole di Nostro Signore sulla Croce al discepolo prediletto in riferimento alla sua Madre), prese Maria con sé. Da quel momento dell’unione piena e perfetta con Maria, Giuseppe consegnò se stesso interamente a Lei, così che attraverso di Lei potesse entrare nel mistero di Cristo e partecipare attivamente all’opera della Redenzione.
Bisogna chiarire un ultimo punto al fine di presentare un quadro completo del matrimonio di San Giuseppe con Maria quale consacrazione a Lei. Il fatto che il matrimonio fu verginale è di grande importanza. Questo prova che la consegna completa che Giuseppe fece di se stesso a Maria durante la seconda fase delle nozze deve essere intesa piuttosto come consumazione spirituale di quella unione. Il Vangelo, sottolineando il modo in cui Giuseppe accoglie Maria nella sua vita, dice anche che «senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (Mt 1, 25). Questa è certamente la traduzione corretta del testo originale che però presenta la particella “fino a” (éos). Con una traduzione più letterale, si dovrebbe rendere il testo così: Giuseppe «non la conobbe fino a quando ella partorì il suo figlio ed egli lo chiamò Gesù». La preposizione “fino a”, comunque, non sta a significare che dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe ebbero una normale relazione maritale. Infatti, ci sono diversi esempi biblici in cui “fino a” non implica mai un cambiamento successivo. Possiamo richiamare tra i tanti, ad esempio, le parole del Salmo messianico (109 [110],1): «Oracolo del Signore al mio signore: siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Ovviamente Cristo non regna alla destra del Padre solo fino a quando i suoi nemici saranno sconfitti. Anche quando Gesù promise ai suoi Apostoli di rimanere con loro «fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20), non volle lasciar intendere che sarebbe stato con loro solo fino alla Parusia. Al contrario, con la preposizione temporale “fino a”, l’Evangelista desidera dire che Giuseppe e Maria, diversamente da una coppia giudaica ordinaria, non consumarono il loro matrimonio durante la prima notte di nozze. Questo perché Maria aveva fatto voto di verginità, come chiaramente appare dalla sua risposta all’Angelo: «Non conosco uomo» (Lc 1, 34). Ciò non era sconosciuto alla tradizione giudaica, ma fu un voto di astinenza secondo il libro dei Numeri (cap. 30) che Giuseppe aveva accettato e quindi avallato.
Proviamo ora a trarre qualche conclusione da tutto ciò. Immagiamo ciò che poté significare a livello pratico per san Giuseppe ricevere Maria nella sua vita, cosicché ognuno possa avere nel grande Patriarca un modello di consacrazione a Maria. Fu anzitutto per san Giuseppe condividere tutta la sua vita: pensieri, volontà, beni, con Maria per poter piacere a Gesù e per fare la volontà di Dio; fu ancora essere verginalmente obbediente a Maria per poter essere conformato all’obbedienza di Gesù al Padre; fu amare Maria con tutto il suo cuore casto così da rimanere sempre vigilante nel suo ministero di custode di Cristo e di servo della Redenzione; fu infine rimanere devotamente alla presenza di Maria così da essere sempre alla presenza di Gesù. Conoscere chi è Maria fu per Giuseppe conoscere chi è Dio, dove Egli abita.
La consacrazione a Maria, che san Giuseppe fece prima di tutti e in modo più perfetto, dovrebbe allora mirare ad ottenere in primis quella casta disposizione giuseppina del cuore. Nella misura in cui amiamo la Madonna con un cuore puro, con il cuore puro di san Giuseppe, in risposta, Lei ci accoglie sotto il suo manto di purità e ci rende suoi sposi d’amore, così da essere al sicuro da tutte le insidie di impurità e di empietà presenti nel mondo. Che san Giuseppe sia ancora più conosciuto quale Patriarca di amore a Gesù attraverso Maria e nel suo ruolo di sposo mistico della Santa Vergine.

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