Sante Messe in rito antico in Puglia

martedì 22 luglio 2014

Respirare a pieni polmoni

Respirare a pieni polmoni

di Vito Abbruzzi

Qualche giorno fa un amico mi ha scritto: “Si è pensato, per la Tradizione, di immaginare qualcosa di simile al pellegrinaggio annuale Parigi-Chartres, che si svolge a Pentecoste, e che possa coinvolgere i giovani in un percorso, magari in qualche data significativa tra luglio-agosto. Già un gruppo di scout lo fa ogni 11 luglio per ricordare il Santo di Norcia, ma questa data non sarebbe gradita ad alcuni tradizionalisti (visto che per essi S. Benedetto è solo il 21 marzo). Per cui, bisognerebbe scegliere una data opportuna, che non susciti risentimenti né tra i moderni né tra i ridetti tradizionalisti puristi. Tu che ne pensi?”. Bella domanda!
All’amico ho subito risposto con pochissime battute – secondo lo stile delle E-mail – in questi termini: “Per quanto riguarda i suddetti tradizionalisti: io credo che proprio il Summorum Pontificum abbia il merito di aver riconciliato tutti e dato un’ampia libertà di culto: è bene non stracciarsi le vesti ed approfittarne. D’altronde, lo stesso accade per il festeggiamento degli onomastici”: chi li festeggia col vecchio calendario liturgico e chi con quello nuovo. Prova ne sono le feste in onore dei Santi Patroni, moltissime delle quali – non so se per timore o per rispetto della popolazione – sono rimaste fedeli alla data originale. Un esempio tra tutti: la festa dei Santi Medici ad Alberobello, che cade puntualmente ogni anno il 27 settembre, quando, invece, in altri santuari a loro dedicati – come quello più antico di Conversano, dedicato anche a S. Rita da Cascia – la ricorrenza liturgica la si fa cadere il giorno prima: come stabilito dal calendario  attualmente in vigore.
Quando dico che il Motu Proprio a favore della “Liturgia romana anteriore alla riforma del 1970” ha il merito di aver riconciliato tutti e dato un’ampia libertà di culto, apro una polemica con chi si ostina ad alzare barricate, dividendo il mondo cattolico in moderni, o modernisti, da una parte e tradizionalisti – per di più puristi – dall’altra: inconciliabilmente distinti e distanti gli uni dagli altri.
Noi – grazie a Dio – ci sentiamo e siamo realmente cattolici! Nel senso più genuino del termine: non chiusi monoliticamente in questo o quello schieramento, bensì aperti alla multiversalità delle espressioni di culto che caratterizzano da sempre proprio il Cattolicesimo; e soltanto esso. E ciò in ossequio a quanto già felicemente esprimeva il santo papa Giovanni XXIII, a proposito dell'allora celebrando Concilio Vaticano II: “Il Concilio è convocato, anzitutto, perché, la Chiesa cattolica, nella fulgida varietà dei riti, nella multiforme azione, nella infrangibile unità, si propone di attingere novello vigore per la sua divina missione. Perennemente fedele ai sacri principii su cui poggia e all’immutabile dottrina affidatele dal Divin Fondatore, la Chiesa, seguendo sempre le orme della tradizione antica, intende, con fervido slancio, rinsaldare la propria vita e coesione, anche di fronte alle tante contingenze e situazioni odierne”.
L’errore che tanto il fronte modernista quanto quello tradizionalista commette è quello “di respirare, per così dire, come un tisico, che con un solo polmone”, secondo la celebre frase del poeta, filosofo e filologo russo Vjaceslav Ivanov (Mosca, 28 febbraio 1866Roma, 16 luglio 1949), ripresa da Giovanni Paolo II nel Discorso ai partecipanti al simposio internazionale su “Ivanov e la cultura del suo tempo”; ma se per l’ortodosso Ivanov si tratta di “un sentimento di malessere, divenuto a poco a poco sofferenza, per essere staccato dall’altra metà di questo tesoro vivo di santità e di grazia”, costituito, appunto, dalla Chiesa di Roma con la ricchezza della sua Liturgia, a molti cattolici, ahimè!, sfugge tutto questo. E pensare che “la Lettera Apostolica, Summorum Pontificum Motu Proprio data, del Sommo Pontefice Benedetto XVI del 7 luglio 2007, entrata in vigore il 14 settembre 2007, ha reso più accessibile alla Chiesa universale la ricchezza della Liturgia Romana”! (Istruzione Universae Ecclesiae, n. 1).
Ho abbondantemente trattato questo argomento, nell’articolo “La ‘ricchezza’ della Liturgia Romana”, e non voglio, perciò, ripetermi; ma mi preme che coloro i quali si considerano come “i buoni cattolici, i bravi figli della Chiesa” (Paolo VI), non si lascino irretire ed etichettare, con argomenti faziosi e capziosi, da chi fomenta lo scandalo della divisione: ad extra, ma soprattutto ad intra della Chiesa di Roma.
Noi, vivaddio!, siamo a pieno titolo buoni cattolici e bravi figli della Chiesa: liberi, veramente liberi, “di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa” (CIC, can. 214).
Riflettano, adunque, gli altri e convengano sul fatto che “non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone” (Giovanni Paolo II); e che si deve, necessariamente, respirare – come noi facciamo – a pieni polmoni!

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