Sante Messe in rito antico in Puglia

venerdì 8 luglio 2011

In memoria dell'Abate Caronti

di Vito Abbruzzi 


Quarantacinque anni fa, esattamente il 22 luglio 1966, alle 2.40 del mattino, dopo una lenta agonia, cessò di vivere su questa terra l’Abate Emanuele Caronti. Si spense  nell’Abbazia di Santa Maria della Scala in Noci (BA) – ove è sepolto –, che aveva fondato trentasei anni prima (nel 1930), quando era abate del monastero di San Giovanni Evangelista in Parma. 

Scrive Padre Giovanni Lunardi nella sua biografia sull’Abate Caronti: «Era finita la sua liturgia quaggiù; poteva iniziare, nella Liturgia Celeste, il canto eterno di gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo» (G. Lunardi, Uomo di Dio e della Chiesa. Ab. Emanuele Caronti O.S.B., ed. La Scala, Noci 1982, p. 229). Come sempre accade, ci si accorge del valore di una persona quando scompare alla nostra vista, per trapiantarsi nel nostro cuore. Così è stato – ed è – per Padre Caronti! Il Papa Paolo VI, che lo stimava tantissimo (si dice che lo volesse creare cardinale, ma che egli avesse fatto sapere al Santo Padre di lasciar perdere), pronunciò a Subiaco (culla dell’Ordine benedettino; Casa Madre della Congregazione Sublacense; città natale di Don Emanuele), nel 1971, un discorso nel quale encomiò la personalità dell’Abate Caronti. E lo fece con parole che vogliamo restino nella memoria di quanti lo stimarono in vita e continuano a stimarlo tuttora per il valore dei suoi scritti e della sua tenace opera in favore del “rinnovamento liturgico” in Italia, e non solo: «Singolare e radiosa figura di monaco sublacense… maestro tra i primi della rinascita liturgica in Italia, e monaco veramente saggio ed esemplare nell’armonica fusione della vita interiore con l’azione esteriore, sempre fedele alla formula incomparabilmente sintetica e feconda del programma benedettino Ora et Labora» (L’Osservatore Romano del 10.9.1971). All’Abate Caronti va riconosciuto, dunque, il merito della “rinascita liturgica in Italia”: rinascita che operò seguendo in toto le orme impresse da Dom Prosper Guèranger, primo abate del monastero di Solesmes in Francia. Don Emanuele fu, infatti, entusiasta, sin dagli anni del suo studentato a Roma presso il “Pontificio Ateneo S. Anselmo”, del metodo solesmense per il canto gregoriano. Metodo col quale vorrà, una volta divenuto abate, che cantassero i suoi monaci. E così è stato – e ancora è – ascoltando quel che sopravvive dell’immenso repertorio di canto gregoriano eseguito dai monaci di Noci. Ma il merito maggiore è stato quello di aver fondato, nel lontano 1914 (in un momento storico-politico assai travagliato per la nostra giovane Nazione e per l’Europa intera), la Rivista Liturgica, a Praglia (Padova), dove era monaco professo. E lo fece servendosi della preziosa collaborazione di Don Ildefonso Schuster (Beato), dapprima monaco e dopo abate di San Paolo Fuori le Mura in Roma (in seguito cardinale arcivescovo di Milano). Ancora oggi la Rivista Liturgica gode di una certa fortuna, visto che continua ad essere pubblicata. Non così l’altra rivista fondata dallo stesso Caronti nel 1923, quando era abate a Parma: il Bollettino Liturgico. «Esso non voleva essere un duplicato o un contraltare nei confronti della Rivista Liturgica, ma, come il direttore, l’abate Caronti, sottolineava nel primo numero, mirava a “volgarizzare la preghiera della Chiesa in una maniera piana, semplice, accessibile ad ogni classe di persone” con particolare riferimento alle esigenze delle parrocchie, “perché il fulcro della vita liturgica è la parrocchia, esso è diretto innanzi tutto alla formazione ed educazione del senso parrocchiale» (E. Caronti, Editoriale, in Bollettino Liturgico 1, 1923, p. 3). 
Purtroppo, il Bollettino Liturgico, che usciva a cadenza mensile, smise di essere pubblicato a metà degli anni Trenta del secolo scorso, quasi in coincidenza della elezione ad Abate Generale della Congregazione Sublacense di Padre Caronti. Sicuramente questo nuovo ministero, che costringeva l’Abate a spostamenti continui per visitare in tutto il mondo i monasteri sotto la sua giurisdizione, unito agli altri incarichi affidatigli dalla Santa Sede (Consultore presso il Sant’Uffizio e Visitatore Apostolico presso varie congregazioni religiose) fu la causa della fine del Bollettino Liturgico, che sarebbe auspicabile che altri lo riprendessero nel nome e, quel che più conta, nella sostanza. 

Concludo accennando alla Mediator Dei, capolavoro di teologia liturgica di Pio XII. E lo faccio non tanto per dar lustro al Caronti, “che sembra aver collaborato alla sua stesura” (come testimonia Padre Lunardi, alludendo ad una conversazione avuta nel 1948 con Padre Emanuele), quanto alla strenua difesa che ne fece questi, polemizzando apertamente con la dottrina del “mistero” di Odo Casel. Dice il Lunardi: «Nello stesso colloquio [Padre Caronti] sosteneva […] che la “Mediator Dei” condannava implicitamente la dottrina di Odo Casel» (Lunardi, Uomo di Dio e della Chiesa, cit., p. 167), ravvisando nell’enciclica di Pio XII “il punto di arrivo invalicabile, la voce definitiva della Chiesa” (ivi). Sono aspetti, questi, che meritano di essere adeguatamente approfonditi. È quanto mi prefiggo di fare nel prossimo futuro. 

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