lunedì 2 ottobre 2023

Nuovi Dubia e Sinodo sulla sinodalità (o della discordia)

1. Abbiamo pubblicato, in assoluta anteprima, in data odierna, festa dei Santi Angeli Custodi, insieme ad alcune testate, nazionali ed internazionali, i testi integrali della Notifica ai fedeli di Cinque Cardinali (i cardd. Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Juan Sandoval Íñiguez, Robert Sarah e Joseph Zen Ze-kiun), della lettera inviata alla Santa Sede circa i primi Dubia (10.7.2023) e della lettera dei nuovi Dubia (datata 22.7.2023) sempre inviata alla medesima (21.8.2023).

2. Per chiarire questa pubblicazione è bene ripercorrere brevemente l’antefatto. I cinque cardinali firmatari, in ragione della loro responsabilità di assistenza alla Sede Petrina nella cura quotidiana della Chiesa universale, allarmati – come si legge nella Notifica ai fedeli laici a norma del can. 212 § 3 del Codice di diritto canonico – da «varie dichiarazioni di alcuni alti Prelati inerenti alla celebrazione del prossimo Sinodo dei Vescovi, palesemente contrarie alla costante dottrina e disciplina della Chiesa, e che hanno generato e continuano a generare tra i fedeli e in altre persone di buona volontà grande confusione e la caduta in errore», manifestando, al contempo, la loro preoccupazione circa quanto si prospetta nell’assemblea sinodale di prossima apertura, sottoponevano a Francesco, con lettera del 10.7.2023, cinque Dubia affinché lo stesso potesse, attraverso i suoi responsa [risposte], ribadire la dottrina e la disciplina della Chiesa.

Le ragioni di preoccupazione, tra le altre cose, derivavano dal fatto che, per un verso, da più parti si erano sollevate questioni circa la possibilità di benedire le unioni tra persone dello stesso sesso (in questo senso, pioniere sono state le chiese tedesca ed olandese: cfr. Gianni Cardinale, Benedizioni delle coppie omosessuali e celibato, strappo della Chiesa tedesca, in Avvenire, 11.3.2023; Tonia Mastrobuoni, Il sinodo tedesco sfida il Vaticano: "Sì alle benedizioni delle coppie dello stesso sesso", in La Repubblica, 10.3.2023; Innocenzo, “Per le coppie che si amano”. Il documento del sinodo cattolico tedesco sulla benedizione delle unioni omosessuali, in Progetto Gionata, 6.4.2023; Leone Grotti, Coppie gay. Cattolici e anglicani cedono alla «dittatura del relativismo», in Tempi, 2.9.2023; Luisella Scrosati, «Noi vescovi belgi benediciamo le coppie gay, con l’ok del Papa», in LNBQ, 22.3.2023); per altro verso, anche l’Instrumentum Laboris del c.d. Sinodo sulla sinodalità, lungi dal fugare questi timori,  non mancava di destare non pochi allarmi nei più attenti osservatori (cfr. Nico Spuntoni, Il Sinodo dei timori: aria di scisma nella Chiesa di Francesco?, in Il Giornale, 27.8.2023;  Jacopo Scaramuzzi, La spinta del sinodo su gay, donne diacono e preti sposati: “La crisi degli abusi chiede alla Chiesa una riforma”, in La Repubblica, 20.6.2023).

Tematica, questa, altamente divisiva all’interno della Chiesa (cfr. di recente: „Christen verschanzen sich nicht hinter glaubensfeindlichen Ideologien“, in Kath.net, 29.9.2023, trad. it. Card. Müller: “Una ‘benedizione’ fittizia di coppie dello stesso sesso non è solo una bestemmia contro il Creatore del mondo e dell’umanità, ma anche un grave peccato contro la salvezza delle persone interessate”, in Blog di Sabino Paciolla, 30.9.2023; Mons. Joseph E. Strickland, Vescovo Strickland: Dio non benedice e non può benedire il peccato, in Osservatorio Internazionale Card. Van Thuan, 28.9.2023).

Oltre al thema della benedizione delle unioni tra persone dello stesso sesso (su cui, peraltro, la Congregazione per la dottrina della fede, con un Responsum del 22.2.2021, aveva dato già risposta negativa), altro timore destava la questione dell’accesso agli ordini sacri delle donne, in primis al diaconato, svuotando di significato il Magistero pontificio sul punto. Lo stesso Giovanni Paolo II, approvando il Responsum ad dubium del 28.10.1995 (v. nota di commento qui), in effetti, chiariva che la Lett. ap. Ordinatio Sacerdotalis del 1994 aveva avuto l'intento e l'effetto di certificare, per così dire, che quella dottrina fosse già stata proposta infallibilmente dal Magistero ordinario e universale, e quindi andava creduta per Fede. Tale orientamento era stato mantenuto lodevolmente dall’allora Congregazione per la dottrina della Fede con nota del 29.5.2018 (cfr. Gianni Cardinale, Dottrina della fede: il «no» alle donne prete è definitivo, in Avvenire, 30.5.2018).

Trattandosi di questioni attinenti direttamente al depositum fidei ed a Verità rivelate e definitive, esse non avrebbero dovuto neppure esse discusse nell’ambito di un sinodo né presentate come oggetto di disquisizione nell’ambito di un Instrumentum Laboris.

Ad colorandum, come ulteriore motivo di allarme vi era la prospettata decisione circa l’abolizione generalizzata, per la Chiesa latina, dell’obbligo del celibato sacerdotale, come richiesto, del resto, dallo stesso sinodo tedesco.

Ad onor del vero, quello del celibato sacerdotale è stato da secoli un tema caro ai Germani. Nel XVI sec., cioè all’indomani della rivolta luterana, vi fu un ampio dibattito sul celibato e sulla partecipazione dei fedeli alla messa. Il papa, sotto la pressione dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo, succeduto al padre Ferdinando I, nel luglio 1564, istituì a Roma una commissione di cardinali, canonisti e teologi per discutere circa il connubio dei preti: questo era un tema talmente scottante da costituire, all’epoca, il più importante negoziato tra il papa e l’imperatore del tempo. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, rispetto a quanto oggi accade. Pio IV ed il suo entourage, infatti, conducevano una politica di «iucunda concordia», come fu definita, con la corte imperiale, «cercando soluzioni di compromesso sia con Ferdinando sia con il figlio» (così ricorda Elena Bonora, Giudicare i vescovi. La definizione dei poteri nella Chiesa postridentina, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 255).

Tornando al nostro tema, quindi, i Dubia dei cardinali nascevano a ragion veduta.

La formulazione dei Dubia, infatti, afferiva proprio su questi aspetti controversi nella Chiesa di oggi, col chiaro intento di provocare (se così possiamo dire) un chiaro intervento magisteriale che fosse in grado di superare le perplessità suscitate dall’Instrumentum Laboris e che estromettesse, di fatto, dalla discussione quelle questioni su cui il Magistero si fosse pronunciato autorevolmente, scongiurando al contempo il pericolo di uno scisma lacerante per la Catholica.

3. Bergoglio, con straordinaria celerità, con lettera da lui firmata dell’11.7.2023, forniva delle risposte, le quali, in verità, lasciavano aperte le questioni a lui sottoposte ed al contempo adombravano nuove perplessità.

I cinque porporati, dopo aver studiato con attenzione la lettera bergogliana, ravvisavano che essa non riscontrava, come sarebbe stato d’uopo in simili frangenti, in maniera lapidaria (con un  o con un No), mantenendo un tono equivoco ed ambiguo, secondo uno stile a cui da tempo Francesco ci ha abituati: lo stile del “sì, ma anche no” o, se vogliamo, del “ni, che non è sì, ma neanche no”. Uno stile, se per questo, tutt’altro che assimilabile a quello evangelico: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt. 5, 37).

Un Dubium, in effetti, lo diciamo per chi fosse non avvezzo ai lavori ed al linguaggio ed alla prassi ecclesiastica, rappresenta – dal punto di vista teologico-canonico – un atto giuridico con il quale si chiede alla Sede Apostolica, ovvero ad un Dicastero della Curia romana (ad es., il Dicastero della Dottrina della Fede), la risoluzione di una o più quaestiones giuridico-teologiche sollevate, come avviene normalmente, da pastori o anche da fedeli, che hanno bisogno di un chiarimento orientativo, appunto, su una questione controversa di fronte all’incertezza suscitata da affermazioni o da prassi problematiche circa ambiti decisivi per la vita o la fede cristiana. La risoluzione di un Dubium si concreta, appunto, in un Responsum ad dubium, mediante un atto avente comunque valenza canonica (e, vista la natura dei Dubia formulati, anche teologica) (ad es., un rescritto) per tutta la Chiesa.

Al contrario, la risposta di Francesco era ritenuta – dai cinque cardinali – del tutto inadeguata allo scopo. E, possiamo dire, non pertinente con la natura dell’atto richiesto. Per questa ragione, si legge nella Notifica, riformulavano «dubia per suscitare una risposta chiara, basata sulla perenne dottrina e disciplina della Chiesa», che venivano sottoposti nuovamente alla Sede Petrina, a cui però Francesco, ad oggi, non forniva alcuna risposta.

Del resto, non si sperava in una risposta da parte di questi. Lo lasciava intendere, qualche tempo fa, il neo-cardinale Víctor Manuel Fernández, neo-prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, il quale, in un’intervista per La Civiltà cattolica, parlando dell’Esort. Ap. Amoris laetitia, così commentava: «Francesco ha subito inviato loro una lettera formale, confermando che il senso del capitolo VIII dell’AL è questo. Ma ha aggiunto: “Non ci sono altre interpretazioni”. Non è necessario attendersi risposte diverse dal Papa. Tanto gli orientamenti quanto la lettera del Pontefice sono stati pubblicati negli Acta Apostolicae Sedis, insieme a un rescritto che li dichiara “magistero autentico”. Di conseguenza non ci sono più dubbi, ed è chiaro che il discernimento che tiene conto dei condizionamenti o fattori attenuanti può avere conseguenze anche nella disciplina sacramentale» (Antonio Spadaro, Vita e dottrina nella fede Un dialogo con mons. Víctor Manuel Fernández, in La Civ. catt., q. 4158, 16.9.2023).

4. Per tale ragione, i Cardinali, vista la gravità dei temi affrontati dai Dubia, nonché delle materie che saranno trattate dell’imminente Sinodo sulla sinodalità, che rischia di avere effetti dirompenti sulla Chiesa e che rischia di far compiere alla stessa un percorso non dissimile da quello compiuto dalla comunità anglicana (ad es., con riferimento all’ordinazione delle donne), decidevano di dar luogo alla pubblicazione dei primi Dubia (riscontrati da Francesco l’11.7.2023) e dei secondi Dubia (rimasti privi di risposta) e ciò al fine di salvare i fedeli dalla «confusione, errore e scoraggiamento», invitandoli a pregare per la Chiesa e per la Cattedra di Pietro, «perché il Vangelo sia insegnato sempre più chiaramente e seguito sempre più fedelmente».

Un atto di responsabilità pastorale, dunque, da parte di questi porporati al fine di far comprendere ai fedeli, per un verso, che ci sono voci che gridano nel deserto della dissoluzione odierna e, per altro verso, che stiano in guardia e non si facciano disorientare dinanzi allo scoperchiarsi di un vaso di Pandora dalle conseguenze imprevedibili per la fede ed, in generale, per la vita cristiana (cfr. Roberto de Mattei, Il Sinodo sulla Sinodalità: un “vaso di Pandora” dalle conseguenze imprevedibili, in Corrispondenza romana, 20.9.2023).

Augustinus Hipponensis

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