lunedì 2 ottobre 2023

I nuovi Dubia ed il Sinodo della discordia

Pubblichiamo qui di seguito le domande di cinque cardinali alla Sede Apostolica su questioni cruciali dell’insegnamento cattolico.

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Notifica ai fedeli laici (can. 212 § 3)

Sui dubia sottomessi a Papa Francesco

Fratelli e sorelle in Cristo,

Noi, membri del Sacro Collegio Cardinalizio, avendo presente il dovere di tutti i fedeli “di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa” (can. 212 § 3) e, soprattutto, avendo presente la responsabilità dei Cardinali che “assistono il Romano Pontefice … come singoli … nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale” (can. 349), considerate varie dichiarazioni di alcuni alti Prelati inerenti alla celebrazione del prossimo Sinodo dei Vescovi, palesemente contrarie alla costante dottrina e disciplina della Chiesa, e che hanno generato e continuano a generare tra i fedeli e in altre persone di buona volontà grande confusione e la caduta in errore, abbiamo manifestato la nostra profondissima preoccupazione al Romano Pontefice. Ricorrendo alla provata prassi della sottomissione di dubia [domande] ad un superiore per fornirgli l’occasione di chiarire, attraverso i suoi responsa [risposte], la dottrina e la disciplina della Chiesa, con la nostra lettera del 10 luglio 2023 abbiamo sottomesso a Papa Francesco cinque dubia, di cui è allegata una copia. Papa Francesco ci ha risposto con lettera dell’11 luglio 2023.

Avendo studiato detta lettera, che non ha seguito la prassi dei responsa ad dubia [risposte a domande], abbiamo riformulato i dubia per suscitare una risposta chiara, basata sulla perenne dottrina e disciplina della Chiesa. Con la nostra lettera del 21 agosto 2023, noi abbiamo sottomesso al Romano Pontefice i riformulati dubia, di cui è allegata una copia. Finora non abbiamo ricevuto risposta.

Data la gravità della materia dei dubia, specialmente in vista della predetta imminente sessione del Sinodo dei Vescovi, abbiamo giudicato che è nostro dovere informare Voi fedeli (can. 212 § 3), affinché non siate soggetti a confusione, errore e scoraggiamento, invitandovi a pregare per la Chiesa universale e, in particolare, per il Romano Pontefice, perché il Vangelo sia insegnato sempre più chiaramente e seguito sempre più fedelmente.                    

Vostri in Cristo,

Walter Card. Brandmüller

Raymond Leo Card. Burke

Juan Card. Sandoval Íñiguez

Robert Card. Sarah

Joseph Card. Zen Ze-kiun

 Roma, 2 ottobre 2023

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D U B I A

1 Dubium circa l’affermazione che si debba reinterpretare la Divina Rivelazione in base ai cambiamenti culturali e antropologici in voga.

Dopo le affermazioni di alcuni vescovi, che non sono state né corrette né ritrattate,  si chiede se nella Chiesa la Divina Rivelazione debba essere reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo e secondo la nuova visione antropologica che questi cambiamenti promuovono; oppure se la Divina Rivelazione sia vincolante per sempre, immutabile e quindi da non contraddire, secondo il dettato del Concilio Vaticano II, che a Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede”(Dei Verbum 5); che quanto è rivelato per la salvezza di tutti deve rimanere “per sempre integro” e vivo, e venire “trasmesso a tutte le generazioni” (7) e che il progresso della comprensione non implica alcun mutamento della verità delle cose e delle parole, perché la fede è stata “trasmessa una volta per sempre” (8), e il Magistero non è superiore alla parola di Dio, ma insegna solo ciò che è stato trasmesso (10).

2 Dubium circa l’affermazione che la diffusa pratica della benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, concorderebbe con la Rivelazione e il Magistero (CCC 2357).

Secondo la Divina Rivelazione, attestata nella Sacra Scrittura, che la Chiesa “per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone” (Dei Verbum 10): “In principio” Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina li creò e li benedisse, perché fossero fecondi (cfr Gen 1, 27-28), per cui l’Apostolo Paolo insegna che è la conseguenza della negazione del Creatore (Rom 1, 24-32). Si chiede: può la Chiesa derogare a questo “principio”, considerandolo, in contrasto con quanto insegnato da Veritatis splendor 103, come un semplice ideale, e accettando come “bene possibile” situazioni oggettivamente peccaminose, come le unioni con persone dello stesso sesso, senza venir meno alla dottrina rivelata?

3 Dubium circa l’affermazione che la sinodalità è “dimensione costitutiva della Chiesa” (Cost. Ap. Episcopalis Communio 6), sì che la Chiesa sarebbe per sua natura sinodale.

Dato che il Sinodo dei vescovi non rappresenta il collegio episcopale, ma è un mero organo consultivo del Papa, in quanto i vescovi, come testimoni della fede, non possono delegare la loro confessione della verità, si chiede se la sinodalità può essere criterio regolativo supremo del governo permanente della Chiesa senza stravolgere il suo assetto costitutivo voluto dal suo Fondatore, per cui la suprema e piena autorità della Chiesa viene esercitata, sia dal Papa in forza del suo ufficio, sia dal collegio dei vescovi insieme col suo capo il Romano Pontefice (Lumen gentium 22).

4 Dubium circa il sostegno di pastori e teologi alla teoria che “la teologia della Chiesa è cambiata” e quindi che l’ordinazione sacerdotale possa essere conferita alle donne.

In seguito alle affermazioni di alcuni prelati, che non sono state né corrette né ritrattate, secondo cui col Vaticano II sarebbe cambiata la teologia della Chiesa e il significato della Messa, si chiede se è ancora valido il dettato del Concilio Vaticano II, che “il sacerdozio comune dei fedeli e quello ministeriale differiscono essenzialmente e non solo di grado” (Lumen Gentium 10) e che i presbiteri in virtù del “sacro potere dell’ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati” (Presbyterorum Ordinis 2), agiscono in nome e nella persona di Cristo mediatore, per mezzo del quale è reso perfetto il sacrificio spirituale dei fedeli? Si chiede, inoltre, se è ancora valido l’insegnamento della lettera apostolica di san Giovanni Paolo II Ordinatio Sacerdotalis, che insegna come verità da tenere in modo definitivo l’impossibilità di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, per cui questo insegnamento non è più soggetto a cambiamento né alla libera discussione dei pastori o dei teologi.

5 Dubium circa l’affermazione “il perdono è un diritto umano” e l’insistere del Santo Padre sul dovere di assolvere tutti e sempre, per cui il pentimento non sarebbe condizione necessaria per l’assoluzione sacramentale.

Si chiede se sia ancora vigente l’insegnamento del Concilio di Trento, secondo cui, per la validità della confessione sacramentale è necessaria la contrizione del penitente, che consiste nel detestare il peccato commesso con il proposito di non peccare più (Sessione XIV, Capitolo IV: DH 1676), cosicché il sacerdote deve rimandare l’assoluzione quando sia chiaro che questa condizione non è adempiuta.

Città del Vaticano, 10 luglio 2023

Walter Card. Brandmüller

Raymond Leo Card. Burke

Juan Card. Sandoval Íñiguez

Robert Card. Sarah

Joseph Card. Zen Ze-Kiun, S.D.B.

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A Sua Santità

FRANCESCO

Sommo Pontefice

Beatissimo Padre,

Vi siamo molto grati per le risposte che ci avete gentilmente voluto offrire. Vorremmo innanzitutto chiarire che, se Vi abbiamo posto queste domande, non è per paura del dialogo con gli uomini del nostro tempo, né delle domande che potrebbero rivolgerci sul Vangelo di Cristo. Siamo infatti convinti, come Vostra Santità, che il Vangelo porti pienezza alla vita umana e offra risposta a ogni nostra domanda. La preoccupazione che ci muove è un’altra: ci preoccupa vedere che ci sono pastori che dubitano della capacità del Vangelo di trasformare i cuori degli uomini e finiscono per proporre loro non più la sana dottrina, bensì “insegnamenti secondo le loro voglie” (cf. 2 Tim 4, 3).  Ci preoccupa, inoltre, che non si comprenda che la misericordia di Dio non consiste nel coprire i nostri peccati, ma è molto più grande, in quanto ci rende capaci di rispondere al suo amore osservando i suoi comandamenti, cioè di convertirsi e credere al Vangelo (cf. Mc 1, 15).

Con la stessa sincerità con cui Voi ci avete risposto, dobbiamo aggiungere che le Vostre risposte non hanno risolto i dubbi che avevamo sollevato, ma li hanno semmai approfonditi. Ci sentiamo quindi in dovere di riproporre, riformulandole, queste domande, a Vostra Santità, che come successore di Pietro, è incaricato dal Signore di confermare i Vostri fratelli nella fede. Ciò è tanto più urgente in vista dell’imminente Sinodo, che molti vogliono utilizzare per negare la dottrina cattolica proprio sulle questioni su cui vertono i nostri dubiaVi riproponiamo quindi le nostre domande, in modo che ad esse si possa rispondere con un semplice “sì” o “no”.

1. Vostra Santità insiste sul fatto che la Chiesa può approfondire la sua comprensione del deposito della fede. Questo è effettivamente ciò che insegna Dei Verbum 8 e appartiene alla dottrina cattolica. La Vostra risposta, però, non coglie la nostra preoccupazione. Molti cristiani, compresi pastori e teologi, sostengono oggi che i cambiamenti culturali e antropologici del nostro tempo dovrebbero spingere la Chiesa a insegnare il contrario di ciò che ha sempre insegnato. Questo riguarda questioni essenziali, non secondarie, per la nostra salvezza, come la confessione di fede, le condizioni soggettive per accedere ai Sacramenti e l’osservanza della legge morale. Vogliamo quindi riformulare il nostro dubium: è possibile che la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale, sia da parte del Papa ex cathedra, sia nelle definizioni di un Concilio ecumenico, sia nel magistero ordinario universale dei vescovi sparsi nel mondo (cfr. Lumen Gentium 25)?

2. Vostra Santità ha insistito sul fatto che non ci può essere confusione tra il matrimonio e altri tipi di unioni di natura sessuale e che, pertanto, qualsiasi rito o benedizione sacramentale di coppie omosessuali, che darebbero luogo a tale confusione, dovrebbero essere evitati. La nostra preoccupazione, tuttavia, è un’altra: siamo preoccupati che la benedizione di coppie omosessuali possa creare in ogni caso confusione, non solo in quanto possa farle sembrare analoghe al matrimonio, ma anche in quanto gli atti omosessuali verrebbero presentati praticamente come un bene, o almeno come il bene possibile che Dio chiede alle persone nel loro cammino verso di Lui. Riformuliamo quindi il nostro dubbio: è possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio? Legato a questo dubium è necessario sollevarne un altro: continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui si realizzi e dall’intenzione con cui si compia?

3. Voi avete insistito sul fatto che esiste una dimensione sinodale della Chiesa, in quanto tutti, compresi i fedeli laici, sono chiamati a partecipare e a far sentire la propria voce.

La nostra difficoltà, tuttavia, è un’altra: oggi si sta presentando il futuro Sinodo sulla “sinodalità” come se, in comunione con il Papa, esso rappresentasse la Suprema Autorità della Chiesa. Tuttavia, il Sinodo dei Vescovi è un organo consultivo del Papa, non rappresenta il collegio episcopale e non può dirimere le questioni in esso trattate né emanare decreti su di esse, a meno che, in casi determinati, il Romano Pontefice, cui spetta ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia espressamente concesso potestà deliberativa (cf. can.343 C.I.C.). Si tratta di un punto decisivo in quanto non coinvolgere il collegio episcopale in questioni come quelle che il prossimo Sinodo intende sollevare, le quali toccano la costituzione stessa della Chiesa, andrebbe proprio contro la radice di quella sinodalità, che si afferma di voler promuovere. Ci sia permesso quindi di riformulare il nostro dubium: il Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma e che include solo una rappresentanza scelta di pastori e di fedeli, eserciterà, nelle questioni dottrinali o pastorali su cui sarà chiamato ad esprimersi, la Suprema Autorità della Chiesa, che spetta esclusivamente al Romano Pontefice e, una cum capite suo, al Collegio dei Vescovi (cf. can.336 C.I.C.)?

4. Nella Vostra risposta Vostra Santità ha chiarito che la decisione di San Giovanni Paolo II in Ordinatio sacerdotalis è da tenersi in modo definitivo, e ha giustamente aggiunto che è necessario comprendere il sacerdozio, non in termini di potere, ma in termini di servizio, per capire rettamente la decisione di nostro Signore di riservare gli ordini sacri soltanto agli uomini. D’altra parte, nell’ultimo punto della Vostra risposta ha aggiunto che la questione può ancora essere approfondita. Siamo preoccupati che qualcuno possa interpretare quest’affermazione nel senso che la questione non è ancora stata decisa in modo definitivo. Infatti, San Giovanni Paolo II afferma in Ordinatio sacerdotalis che questa dottrina è stata insegnata infallibilmente dal magistero ordinario e universale, e quindi che appartiene al deposito della fede. Questa è stata la risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium sollevato riguardo alla lettera apostolica, e questa risposta fu approvata dallo stesso Giovanni Paolo II. Dobbiamo quindi riformulare il nostro dubium: la Chiesa potrebbe in futuro avere la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, contraddicendo così che la riserva esclusiva di questo sacramento ai battezzati di sesso maschile appartenga alla sostanza stessa del Sacramento dell’Ordine, che la Chiesa non può cambiare?

5. Infine, Vostra Santità ha confermato l’insegnamento del Concilio di Trento secondo cui la validità dell’assoluzione sacramentale richiede il pentimento del peccatore, che include il proposito di non peccare di nuovo. E ci ha invitato a non dubitare dell’infinita misericordia di Dio. Vorremo ribadire che la nostra domanda non scaturisce dal dubbio sulla grandezza della misericordia di Dio, ma al contrario, nasce dalla nostra consapevolezza che questa misericordia è così grande da renderci capaci di convertirci a Lui, di confessare la nostra colpa e di vivere come Lui ci ha insegnato. A sua volta, qualcuno potrebbe interpretare la Vostra risposta come se il solo fatto di avvicinarsi alla confessione sia una condizione sufficiente per ricevere l’assoluzione, in quanto potrebbe includere implicitamente la confessione dei peccati e il pentimento. Vorremo quindi riformulare il nostro dubium: può ricevere validamente l’assoluzione sacramentale un penitente che, pur ammettendo un peccato, si rifiutasse di fare, in qualunque modo, il proposito di non commetterlo di nuovo?

Città del Vaticano, 22 luglio 2023

Walter Card. Brandmüller

Raymond Leo Card. Burke

Juan Card. Sandoval Íñiguez

Robert Card. Sarah

Joseph Card. Zen Ze-kiun

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