sabato 28 marzo 2015

“A Nicoláo quinto contra Judæos et Saracénos generális inquisítor in Itália constitútus, plúrimos ad Christi fidem convértit … In Germánia aliísque provínciis Dei glóriam sexennáli ministério mirífice auxit, Hussítis, Adamítis, Thaborítis, Hebræísque innúmeris doctrínæ veritáte ac miraculórum luce ad Ecclésiæ sinum tradúctis” (Lect. V – II Noct.) – SANCTI JOANNIS A CAPISTRANO, CONFESSORIS

Morto il 23 ottobre 1456, fu inquisitore sotto diversi papi, combattendo le eresie ed i turchi. Canonizzato nel 1690 da papa Alessandro VIII, la sua festa fu iscritta nel calendario dal Leone XIII sotto il rito semidoppio nel 1890. Di III classe dal 1960. Il 1° aprile 1984, Giovanni Paolo II l’ha nominato patrono dei cappellani militari del mondo intero.
Durante questo periodo quaresimale, i nostri avi, sino al XVII sec., erano molto sobri nella celebrazione di feste di santi e ciò per non distogliere dal più grande raccoglimento e, sotto la direzione illuminata della liturgia, dagli esercizi di penitenza e di purificazione che devono prepararci a celebrare la solennità pasquale. L’affievolirsi della fede in questi ultimi secoli ha consigliato alla Chiesa di addolcire molto l’antica disciplina quaresimale, per adattarla alla debolezza degli spiriti moderni; ne è risultato che questo santo periodo, non differenziandosi più dal resto dell’anno, vede la stessa sua liturgia meno compresa e passata in secondo piano.
Quasi tutti i giorni che, nel calendario romano di san Pio V, erano ancora liberi dall’ufficio di santi, furono dunque posteriormente occupati da nuovi uffici, belli senza dubbio, ed importanti dal punto di vista storico e teologico, ma che hanno tuttavia l’inconveniente di aver rotto, ovvero di aver quasi distrutto questo ciclo meraviglioso così antico e profondamente teologico, che è la liturgia di Quaresima.
Noi siamo ben lontani dall’età d’oro in cui la preparazione alla Pasqua esigeva la chiusura dei teatri e dei tribunali; all’epoca, tutto il mondo romano, a cominciare dai Basileus di Bisanzio, si cingevano di cilicio e si coprivano di cenere ed il digiuno rigoroso sino al tramonto del sole era così universale che sembrava essere divenuto piuttosto che un atto particolare di devozione una delle forme essenziali del culto del mondo romano e cristiano.
Oggi, per i tiepidi fedeli del nostro secolo, la santa Quarantena non comporta più, per così dire, alcun cambiamento nella vita ordinaria dell’anno; anche la sacra liturgia che, in pratica, è sempre stata, in tutti i tempi, un riflesso esatto dello spirito cristiano dell’epoca, si limita pur essa, durante la maggior parte della Quaresima, ad aggiungere all’ufficio divino in onore del santo del giorno una commemorazione speciale della feria corrente.
Tuttavia, san Pio X, fedele al suo programma di restaurare tutto in Cristo, dopo aver ridonato la nativa freschezza alle melodie gregoriane, ha voluto ridonare all’antico salterio lo spazio nella preghiera ecclesiastica. Per meglio attendere a questo scopo, ha allegato al calendario solo qualche festa, donando uno spazio maggiore alla presenza dell’ufficio dominicale e feriale, in modo che il primitivo ufficio De tempore cominciasse a rappresenta, secondo la luce delle sue linee classiche, come un antico capolavoro liberato dalle aggiunte posteriori che lo deformavano.
La liturgia oggi celebra san Giovanni da Capistrano. Dovunque andasse questo santo, era ricevuto in processione solenne per il popolo ed il clero. Le più grandi chiese non potevano contenere le folle di uditori. Fu per questo che era obbligato a predicare all’aria aperta, su strade. A Meissen predicò da un tetto. Dovunque, folle immense si affrettavano ai suoi sermoni. Egli aveva talvolta, attorno a sé, venti o trentamila uomini. Ad Erfurt, egli ebbe, una volta, 60.000 uditori. Un giorno, a Vienna, centomila persone attendevano l’inizio del suo sermone. Il popolo l’ascoltava piangendo e gemendo, sebbene non comprendesse il suo linguaggio. Predicava in latino; uno dei suoi compagni dava poi la traduzione in tedesco. Sebbene il sermone fosse durato due o tre ore, il popolo restava ancora altrettanto tempo, all’aperto o nelle vie, malgrado la neve ed il freddo, finché l’interprete avesse finito la traduzione.
La V lezione del Mattutino odierno così lo ricorda: «Designato inquisitore in Italia contro Giudei e Saraceni da Nicolò V, ne convertì moltissimi alla fede ... si deve principalmente ai suoi consigli e al suo coraggio se si riportò la vittoria di Belgrado».
La messa di san Giovanni da Capistrano (+ 1456), francescano, insigne predicatore della crociata contro i Turchi, fu istituita nel 1890 da Leone XIII. Il suo redattore si è lasciato profondamente impressionare dalla splendida vittoria di Belgrado, riportata soprattutto grazie alle preghiere e dalle esortazioni del Santo. Questa messa è un po’ più ricca e variegata rispetto alla precedente in onore di san Giovanni Damasceno. Essa si ispira in gran parte alla devozione professata dal grande francescano verso il santo Nome di Gesù.
La preghiera di colletta ha delle reminiscenze storiche. Le antiche crociate contro gli infedeli dovevano essere considerate dal punto di vista soprannaturale come le consideravano i nostri padri. Esse rappresentavano lo sforzo supremo della cristianità affinché la forza brutale dei musulmani non annientasse la civiltà del Vangelo. L’anima di questa potente resistenza, lunga e finalmente vittoriosa a Lepanto ed a Vienna, fu il pontificato romano, che, durante più di cinque secoli, non si risparmiò in sacrifici e spese, raccogliendo in un unico fascio, sotto lo stendardo della Croce, le forze cattoliche di ogni nazione e le dirigevano contro la Mezzaluna, risparmiando all’Europa un gran numero di guerre intestine ed assicurandole inoltre il trionfo sull’Asia occidentale e sull’Islam.
Prodigio della destra dell’Altissimo! Per compiere le sue grandi meraviglie, Egli impiega di preferenza degli strumenti umilissimi, affinché il suo successo non possa essere attribuito alla creatura, ma al solo Creatore. Così, nel XV sec., in pieno umanesimo, quando le stesse potenze cristiane, in luogo di ascoltare la voce del Pastore supremo e di marciare insieme contro la Mezzaluna, che minacciava la libertà del mondo civilizzato, rivaleggiavano tra loro con una politica menzognera, Dio suscitò un umile discepolo di san Francesco, di insignificante apparenza, povero e senza mezzi, che infiammò con la sua parola mezza Europa e la condusse in trionfo sotto le mura di Belgrado. Digitus Dei est hic.
Roma cristiana può considerare come un santuario di san Giovanni da Capistrano il vecchio monastero di Santa Maria sul Campidoglio (Santa Maria in Capitolio), oggi santa Maria in Aracoeli, che, passato dai monaci benedettini ai Minori durante il basso Medioevo, fu santificato dalla residenza del Santo.



Sebald Popp, Predica all’aperto di S. Giovanni da Capestrano (20 agosto 1452), Historisches Museum, Bamberg



Bartolomeo Vivarini, S. Giovanni da Capistrano, 1480 circa, Muséè du Louvre, Parigi

Autore lombardo anonimo, S. Giovanni da Capestrano e l'Immacolata, XVII sec., Museo diocesano, Milano

Pieter van Lint, Miracolo di S. Giovanni da Capestrano, XVII sec., Koninklijk Museum voor Schone Kunsten Antwerpen, Anversa





Pulpito esterno detto di S. Giovanni da Capistrano (vicino alla Torre Nord) da cui il Santo predicò contro l’invasione turca portando alla vittoria dell’esercito cristiano nel 1456 nella battaglia di Belgrado, Cattedrale di S. Stefano, Vienna

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