martedì 20 settembre 2022

Il "Calvario" della chiesa della Passione di Conversano esempio di Crocifisso tipo giansenista

 A cura di Deodata Cofano 

Commento del pittore prof Giorgio Esposito, con il prof Vito Abbruzzi e studi del Card Costantini 

Vito A.-I crocifissi giansenisti,  non attirano nell'amplesso ideale il fedele, come nei crocifissi in cui le braccia e le mani sono aperte in gesto di accoglienza, ma hanno le braccia tese verso l'alto con le mani chiuse e lo sguardo verso l'alto. Il Card Costantini  nel suo saggio "Il crocifisso nell'arte" li definisce "un errore storico". C'é da tener presente che sul patibolo della croce, il condannato assumeva varie posizioni per respirare e non morire subito di asfissia...seguite la lettura fino in fondo(ndr) 

 Il cosiddetto "Calvario" presente nella chiesa della Passione di Conversano databile tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, ne è un esempio

Consummatum est!

Il cosiddetto "Calvario" presente nella chiesa della Passione di Conversano è databile tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800

Giorgio E. - Molto bello

Vito A.- Rispecchia moltissimo l'Uomo della Sindone.

Giorgio E.- Il punto è che i critici d'arte, oggi, studiano solo storia dell'arte, però non hanno studiato l'anatomia, né la geometria del corpo umano, né la prospettiva e purtroppo neanche la tecnica della pittura antica, specialmente quella fatta a strati. Queste materie le può studiare solo qualcuno che ama l'arte e si dedica anima e corpo alla pittura. Questo spiega perché l'arte attualmente langue. Se avviene questo è perché chi la dirige è una persona poco competente

Un vero critico e storico dell'arte era il Vasari, dato che era anche un ottimo pittore, per cui conoscendo l'arte dal di dentro era in grado di esprimere giudizi molto competenti.

Interessante notare come  questo crocifisso mostri il muscolo coracobrachiale,  il quale si mette in evidenza esclusivamente quando si solleva il braccio e si trova fra il bicipite e il tricipite. Anche l'infossatura dello sterno è ben descritta con i vari fasci del grande pettorale che si dirigono verso il capo mediale del deltoide. Chi lo ha scolpito sicuramente ha passato almeno 20 anni della sua vita  nello studio dell'anatomia.  Studio ovviamente scientifico.

Gli occhi invece sono tipici del morente. Infatti quando si dorme le palpebre si chiudono verso il basso a causa del rilasciamento del muscolo elevatore della palpebra  superiore, per cui la palpebra inferiore si nota appena, nella morte invece le palpebre sono chiuse meno fortemente e per l'avvicinamento dell'una all'altra,  non più in basso, come nel sonno, ma in modo da mostrare anche la palpebra inferiore.

Questi particolari mostrano egregiamente l'alta qualità della scultura, che ovviamente non può cogliere un critico d'arte,  ma uno studioso profondo dell'anatomia come lo erano i nostri grandi maestri del passato. A volte si tende a credere che fossero abili artigiani e spesso si parla anche di "bottega",  ma  anzitutto erano intellettuali di prim'ordine.

 Vito A-  ed io che pensavo non fosse così perfetto anatomicamente... Grazie per queste magistrali delucidazioni.


 Vito A. ll giansenismo, col suo rigorismo, fondamentalmente nasce in opposizione al molinismo, giudicato lassista. A un Dio misericordioso, che alla fine perdona tutto e tutti, i giansenisti contrappongono un Dio che giudica severamente i peccatori.

Di questi Crocifissi ci offrono molti esempi il Girardon (1628-1715), Jordaens (1593-1678), Duquesnoy (1597-1674) e Giulio Carpioni (1613-1679).

                                                  

Crocifisso, avorio,                                     George Petel Crocifisso, avorio             Arte povera altezza cm. 43 circa,                                1628 circa, Copenaghen,                       anni 1930 circa                              XVIII secolo, collezione privata.               Castello Frederiksburg                            Puglia

 Nota 1  (ndr )In un vecchio testo scritto dal cardinale Celso Costantini intitolato Il Crocifisso nell’arte (Libreria Salesiana, Firenze 1911)  si definiscono giansenisti i Crocifissi in cui le braccia non sono allargate sul legno traverso della Croce, ma sono riunite discendendo pressoché parallele fino all’attacco delle spalle. Accompagnati da questa definizione appaiono frequentemente sul mercato dei Crocifissi in avorio o altri materiali che presentano la caratteristica descritte. La maggior parte è di artefice anonimo e di epoca non sempre facilmente precisabile.

 Ma, lo stesso Card Costantini li definisce un “errore storico”  così come Biavati e Marchetti, in Antiche sculture lignee a Bologna,  non fanno alcun riferimento al Giansenismo e così spiegano: “Le braccia alzate, notevolmente ravvicinate, sono proprie di un corpo in trazione e ne accentuano l’espressione di sofferenza”.

Eppure, la dizione “giansenista” non è un vezzo del mercato antiquario, bensì trova credito anche presso le istituzioni museali e lo stesso mons. Costantini ne offre testimonianza citando un Crocifisso conservato presso il museo di Troyes (alludendo probabilmente al Museo Saint-Loup) e ivi catalogato come “Cristo giansenista”.
Uno dei fondamenti del Giansenismo, sviluppatosi all’interno della dottrina cattolica, ma successivamente condannato a partire dal 1641, è credere che Cristo non sia morto per tutti, ma per un ristretto numero di eletti. Quindi le braccia raccolte indicano questo concetto di esclusività – “molti i chiamati, pochi gli eletti” (Mt 22,14) – tanto quanto le braccia distese recano un invito di accoglienza rivolto a tutta la comunità.

Possiamo quindi ritenere che gli artisti che desideravano associarsi alle tesi gianseniste ne offrissero una dimostrazione iconografica attraverso il Crocifisso?
Il Giansenismo si sviluppa maggiormente proprio nell’epoca a cui i Crocifissi si riferiscono, ossia Seicento e il Settecento, ma anche tra i numerosi esemplari usciti dalle botteghe francesi nel corso dell’Ottocento potremmo trovare oggetti con la caratteristica evidenziata. Si ricordi che, in pieno Ottocento, venivano attribuire simpatie gianseniste anche ad Alessandro Manzoni.
Tuttavia, il Costantini è il primo a dubitare di una relazione tra Giansenismo e questi Crocifissi e reca in merito una duplice considerazione.
La prima è che al “museo di Londra” (quasi certamente il British) si conserva un’incisione di Michelangelo con le braccia stirate come i cosiddetti Crocifissi giansenisti e al tempo di Michelangelo il giansenismo non esisteva ancora, così come dimostrano altri due celebri disegni attribuiti a Michelangelo dove non sembra si possa evidenziare la caratteristica delle “braccia stirate”.

Sembra probabile, altresì, che la nuova figurazione, laddove non vi sia intenzionalmente la rappresentazione giansenista, sia piuttosto figlia delle stravaganze barocche come ad esempio quella di voler scolpire il Crocifisso in un solo pezzo di legno o avorio. Inoltre «A. Grazier cita vari Crocifissi stampati su libri di carattere assolutamente giansenista, i quali però hanno le braccia allargate secondo la forma ordinaria».

                                      Disegno attribuito a Michelangelo, Cristo Crocifisso con le mani alzate

Ttratto da https://www.antiquanuovaserie.it/crocifisso-giansenista/

Biavati e Marchetti,  Antiche sculture lignee a Bologna, Off. Graf. Bolognesi, Bologna 1974,

P.  COSTANTINIIl crocifisso nell’arte, p. 145. llezza.

lunedì 19 settembre 2022

Conversano, Parrocchia Maria SS del Carmine, restaurato l'altare di San Giorgio

L’ALTARE DI SAN GIORGIO

E’ TORNATO AD ESSERE VOTATO ALLA GLORIA DI DIO.





Nella serata di Domenica 11 settembre 2022, in una chiesa gremita di fedeli, l’altare di San Giorgio è finalmente tornato ad essere dedicato alla maggior gloria di Dio.
Come è noto, questo seicentesco altare versava in condizioni di estremo degrado e soprattutto di grave pericolo, a motivo delle sue condizioni statiche.
Infatti gli ancoraggi lignei che lo tenevano fissato alla muratura si erano completamente disintegrati, a motivo della nefasta azione dei tarli. Inoltre le continue e pesanti sollecitazioni e vibrazioni, ad opera del traffico automobilistico di piazza Carmine, avevano contribuito a rendere tutta la struttura ancora più debole e pericolante. Infine delle vistose e profonde lesioni verticali erano comparse sulle colonne di sostegno, facendo temere un improvviso cedimento.
Ottenuti i permessi della Sovrintendenza, i lavori di recupero e di restauro sono iniziati nel 2021 e terminati la scorsa settimana.
Tutta la struttura è stata anzitutto messa in sicurezza mediante dei nuovi ancoraggi alla muratura e con la riparazione di tutte le parti interessate a lesioni e debolezze.
Il restauro ha anche riportato alla luce il seicentesco colore originario dell’altare, che è quello di un particolare e intenso azzurro mare.
Per poter finanziare le gravose spese di restauro si era pensato di lanciare una iniziativa, rivolta a tutti i ragazzi e i giovani che un tempo frequentavano la Parrocchia del Carmine al tempo del parroco don Giovanni Martellotta, recentemente scomparso.
Come è noto don Giovanni amava appellare i ragazzi e i giovani con il termine di “giorgino/a”. Trattandosi dell’altare dedicato a S. Giorgio e a seguito della recente morte di don Giovanni, il passaggio è stato spontaneo, naturale e immediato: si è chiesto agli allora “giorgini” di aiutare la Parrocchia a sostenere le spese del restauro, in memoria dell’indimenticato e amato parroco.
Molti “giorgini” hanno accettato la proposta e hanno collaborato, coprendo la metà delle ingenti spese che la Parrocchia ha dovuto sostenere.
A tutti loro va quindi la nostra riconoscenza e gratitudine per questo gesto di generosità fatta nella memoria di don Giovanni.
Accanto all’altare restaurato è stata anche collocata una targa con i loro nomi e, soprattutto, con un ritratto dell’amato parroco, eseguito e donato dal maestro Leonardo Salvemini, al quale va tutta la nostra gratitudine per la generosa disponibilità mostrata.





Questo il testo della targa:
“QUESTO SEICENTESCO ALTARE
DEDICATO AL MARTIRE SAN GIORGIO,
GRAVEMENTE COMPROMESSO DALL’USURA DEL TEMPO,
VENIVA RESTAURATO A CURA DEI “GIORGINI”
E DI ALTRI FEDELI
DURANTE L’ANNO DEL SIGNORE 2022
NELLA RICONOSCENTE MEMORIA
DI DON GIOVANNI B. MARTELLOTTA
ZELANTE PASTORE DI QUESTA COMUNITA’ DAL 1979 AL 1989
IL SUO RITRATTO, GENEROSAMENTE DONATO
DAL MAESTRO LEONARDO SALVEMINI,
VIENE LASCIATO COME IMPEGNO E STIMOLO
PER UNA COSTANTE CRESCITA
NELLA FEDE E NELLA VITA COMUNITARIA”.
Domenica 11 settembre, alla presenza della comunità parrocchiale, del maestro Salvemini, del Presidente della B.C.C. (Istituto che ha generosamente donato un contributo per il completamento del restauro) e soprattutto dei familiari di don Giovanni, giunti numerosi dalla città di Monopoli, si è proceduto alla benedizione dell’altare e allo svelamento della targa e del ritratto.
La celebrazione è stata presieduta da S. Ecc.za Rev.ma Mons. Gianfranco Gallone, Arcivescovo Titolare di Mottola e Nunzio Apostolico in Zambia e Malawi, che nella sua omelia ha sottolineato l’importanza del ritorno all’essenzialità tramite la condivisione della sua esperienza con i popoli africani, presso i quali opera in nome del Santo Padre.
Al termine della Messa i familiari di don Giovanni Martellotta, visibilmente commossi, hanno scoperto la targa commemorativa e il ritratto del loro congiunto, del quale è sempre viva la memoria.
A conclusione del tutto c’è stato l’intervento della dott. Rosanna Guglielmo, curatrice del lavoro di restauro dell’altare, che ha voluto brevemente presentare tutte le delicate fasi delle operazioni che si sono realizzate per restituire, non solo alla nostra chiesa ma a tutta la città di Conversano, una pregevole reliquia della nostra storia e della nostra fede.

lunedì 5 settembre 2022

La grotta di San Gregorio Magno, ovvero di San Michele in Monte Laureto a Putignano (BA)

Di Vito Abbruzzi

A cura di Deodata Cofano

Il 3 settembre (12 marzo nel calendario tradizionale) la Chiesa fa memoria di San Gregorio Magno, nato verso il 540 dalla famiglia senatoriale degli Anici e Papa dal 03 settembre del 590 al 12 marzo del 604. E’ uno dei più grandi Papi della storia, dottore della Chiesa, iniziatore del potere temporale della Chiesa e, in particolare, fu lui che riformò la liturgia della Chiesa Romana  e raccolse e ordinò i canti sacri che presero il nome di Canti gregoriani.

 

La sua appartenenza ad una delle famiglie senatoriali più importanti di Roma, lo lega alla grotta di San Michele in Monte Laureto a Putignano (BA).

Infatti, la grotta (e il territorio circostante ad essa) sarebbe appartenuta alla famiglia Anicia e fatta consacrare da San Gregorio Magno all'indomani della sua salita al soglio pontificio, esattamente nel 591.

(In questo bellissimo video troverete presentazione e visita del Santuario rupestre dedicato al culto di San Michele Arcangelo in Monte Laureto, a Putignano. Situato su una collina distante circa 3 chilometri dall'abitato. Dal 912 al 1045, ha ospitato inizialmente i monaci Cluniacensi e in seguito i Benedettini. Oggi, grazie alla passione di volontari laici, la grotta è aperta alle visite e alla preghiera)


Sappiamo benissimo la devozione del santo Papa all'Arcangelo Michele, al quale fece dedicare l'anno stesso della sua elezione il mausoleo di Adriano, famoso, appunto, come "Castel Sant'Angelo".

E sappiamo pure quanto egli tenesse molto a cristianizzare nella penisola italica quei luoghi ancora interessati dai culti pagani.

Si dice che proprio la nostra grotta di Putignano fosse dedicata al dio Apollo, motivo per cui San Gregorio si preoccupò sin da subito del suo pontificato di farla consacrare a San Michele. E a questo scopo avrebbe incaricato il generale Tulliano, di stanza a Siponto con le sue truppe.

A conferma di questo lo stesso nome del comune di Putignano, tra le cui diverse etimologie ci sarebbe anche quella di "puteum Tullianum", a ricordo del "gran pozzo, che vi scavò Tulliano, [...] essendo quà venuto [...] colle armi di Siponto a costruire Barsento e S. Michele; avesse voluto donare di una vasta cisterna la buona gente che l'accolse e prestossi devota ai lavori delle badie, imponendo e alla cisterna ed ad al paese il suo nome". A dircelo è Pietro Gioja, nelle sue "Conferenze istoriche sulla origine e su i progressi del comune di Noci in Terra di Bari" (Napoli 1842, pag. 149), avvalorando la tesi del Sarnelli, "dotto in archeologia" (ivi).

Ma anche anche l'origine del nome Putignano "da Apollo Pithunis (uccisore del serpente Pitone) da cui deriverebbe Pethunianum. Ciò per via della presunta presenza di un santuario di Apollo all'interno di una grotta presso Monte Laureto, un alto colle nell'agro putignanese". Dato confermato dalla splendida scultura lapidea di San Michele, firmata dall'eccezionale Stefano da Putignano, posta all'interno della omonima grotta di Monte Laureto.

Il San Michele ivi raffigurato ha tutti gli stilemi del dio Apollo. E sarebbe - a giudizio degli esperti - la sua opera più bella.

Quindi parliamo di una grotta-santuario davvero importante, sebbene meno conosciuta rispetto ad altri luoghi analoghi dedicati a San Michele; l'unica, a mio modesto parere, che può vantare l'ex aequo con quella più famosa di Monte Sant'Angelo.

Non poche analogie tra le due. Per storia, arte, fede. Addirittura la grotta di Monte Laureto è, pur di poco, più ampia e più spaziosa di quella del Gargano. E ha un'acustica perfetta.

Inoltre è in una posizione baricentrica da un punto di vista geografico: un passaggio ineludibile per gli spostamenti dalla sponda adriatica a quella jonica, e viceversa, attraversando la Murgia barese-tarantina. E, dunque, non solo una tappa quasi obbligata, ma un punto di convergenza provenendo dalle varie località della Puglia centro-meridionale. Lo capiamo grazie agli innumerevoli toponimi, cappelle, edicole dedicati a San Michele.

Perciò, non resta che andare a visitare e, soprattutto, a pregare il  "gloriosissimo Principe delle celesti milizie, Arcangelo San Michele" nella grotta-santuario a Lui dedicata in Monte Laureto a Putignano: un effetto davvero sorprendente e un senso di meraviglia ogni volta che ci si va.