mercoledì 7 marzo 2018


Nella festa di S. Tommaso d’Aquino, confessore e dottore della Chiesa, rilanciamo questo contributo.

San Tommaso d’Aquino nel magistero di Leone XIII

San Tommaso d’Aquino, nato a Roccasecca verso il 1225, a cinque anni fu inviato come oblato presso l’Abazia di Montecassino. A Napoli, dove studiava, entrò nell’Ordine di san Domenico nel 1244. Iniziò subito la sua carriera universitaria come discepolo di Alberto Magno e poi come professore egli stesso in Francia, in Germania e in Italia. Congiungendo in Cristo la sapienza cristiana con quella pagana, diede alla Cristianità validi strumenti per la comprensione filosofica e teologica delle verità della fede. Morì a Fossanova il 7 marzo 1274 mentre si recava al Concilio Lugdunense Secondo. Canonizzato il 18 luglio 1323 da Giovanni XXII, fu proclamato Dottore della Chiesa da san Pio V l’11 aprile 1567 col titolo di Angelico. Leone XIII aggiunse il titolo di Dottore Comune, il Teologo “ufficiale” della Chiesa Latina; e Pio XI il titolo di Dottore Eucaristico, per l’ardente suo amore per Gesù Sacramentato, che si può vedere nell’ufficio del Corpus Domini che ebbe proprio l’Aquinate come autore.
Papa Pecci, che restaurò il Tomismo, così insegnava dell’Angelico Tommaso nella sua Enciclica “Æterni Patris” del 4 agosto 1879.


I Dottori del medio evo, che vanno sotto il nome di Scolastici, intrapresero un’opera di grande rilievo, vale a dire raccogliere con diligenza la feconda ed ubertosa messe di dottrina sparsa nei moltissimi volumi dei Santi Padri e, dopo averla raccolta, riporla come in un sol luogo, ad uso e vantaggio dei posteri. Ma quali siano l’origine, l’indole e l’eccellenza della Scolastica, vogliamo, Venerabili Fratelli, qui dichiararlo più diffusamente con le parole del sapientissimo Nostro Predecessore Sisto V: “Per dono divino di Colui il quale, solo, dà lo spirito della scienza e della sapienza, e il quale nel corso dei secoli ricolma di nuovi benefici la sua Chiesa secondo il bisogno, e la munisce di nuovi presidi, fu trovata dai nostri maggiori, savissimi uomini, la Teologia scolastica, che in modo particolare i due gloriosi Dottori l’angelico San Tommaso ed il serafico San Bonaventura, professori chiarissimi di questa facoltà... coltivarono ed illustrarono con eccellente ingegno, con assiduo studio, con grandi fatiche e con lunghe veglie e la lasciarono ai posteri ottimamente ordinata ed in molti e chiarissimi modi esplicata. Per certo la cognizione e l’esercizio di una scienza così salutare, che deriva dalle abbondantissime fonti delle divine Lettere, dei Sommi Pontefici, dei Santi Padri e dei Concili, poterono senza dubbio apportare sempre alla Chiesa grandissimo aiuto, sia per intendere ed interpretare, secondo il loro vero e schietto senso, le stesse Scritture, sia per leggere e spiegare con maggiore sicurezza e con maggiore utilità i Padri; sia per scoprire e confutare i vari errori e le eresie. In questi ultimi tempi, in cui sono giunti quei giorni pericolosi descritti dall’Apostolo, ed uomini blasfemi, superbi e seduttori procedono di male in peggio, errando essi stessi e traendo gli altri nell’errore, essa certamente è oltremodo necessaria per confermare i dogmi della fede cattolica e per ribattere le eresie” . Tali parole, benché sembrino riferirsi soltanto alla Teologia scolastica, nondimeno vanno chiaramente intese come dette anche per la Filosofia e per le sue doti. Giacché quelle chiare doti che rendono la Teologia scolastica tanto terribile per i nemici della verità “vale a dire, come aggiunge lo stesso Pontefice, quella concatenazione delle cose e delle loro cause tra sé, quell’ordine e quella disposizione come di soldati schierati a battaglia, quelle limpide definizioni e distinzioni, quella sodezza di argomenti e quelle sottilissime dispute per le quali la luce è separata dalle tenebre e il vero dal falso, e le menzogne degli eretici, avviluppate da molti inganni ed intrighi, come se fosse loro strappata di dosso la veste, sono rese manifeste e messe a nudo” , codeste preclare e mirabili doti, diciamo, si debbono attribuire al retto uso di quella filosofia, della quale i maestri scolastici si avvalsero assai frequentemente di proposito e con savio intendimento anche nelle dispute di Teologia. Oltre a ciò, essendo una singolarità tutta propria dei Teologi scolastici l’avere congiunto tra loro con strettissimo nodo la scienza umana e la divina, di certo la Teologia, in cui essi furono eccellenti, non si sarebbe acquistata nell’opinione degli uomini tanto onore e tanta lode, se avessero usato una filosofia monca, imperfetta o leggera. Per la verità, sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e maestro San Tommaso d’Aquino, il quale, come avverte il cardinale Gaetano, “perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori, per questo ebbe in sorte, in certo qual modo, l’intelligenza di tutti” . Le loro dottrine, come membra dello stesso corpo sparse qua e là, raccolse Tommaso e ne compose un tutto; le dispose con ordine meraviglioso, e le accrebbe con grandi aggiunte, così da meritare di essere stimato singolare presidio ed onore della Chiesa Cattolica. Egli, d’ingegno docile ed acuto, di memoria facile e tenace, di vita integerrima, amante unicamente della verità, ricchissimo della divina e della umana scienza a guisa di sole riscaldò il mondo con il calore delle sue virtù, e lo riempì dello splendore della sua dottrina. Non esiste settore della filosofia che egli non abbia acutamente e solidamente trattato, perché egli disputò delle leggi della dialettica, di Dio e delle sostanze incorporee, dell’uomo e delle altre cose sensibili, degli atti umani e dei loro principi, in modo che in lui non rimane da desiderare né una copiosa messe di questioni, né un conveniente ordinamento di parti, né un metodo eccellente di procedere, né una fermezza di principi o una forza di argomenti, né una limpidezza o proprietà del dire, né facilità di spiegare qualunque più astrusa materia. A questo si aggiunge ancora che l’angelico Dottore speculò le conclusioni filosofiche nelle intime ragioni delle cose e nei principi universalissimi, che nel loro seno racchiudono i semi di verità pressoché infinite, e che a tempo opportuno sarebbero poi stati fatti germogliare con abbondantissimo frutto dai successivi maestri. Avendo adoperato tale modo di filosofare anche nel confutare gli errori, egli ottenne così di avere debellato da solo tutti gli errori dei tempi passati e di avere fornito potentissime armi per mettere in rotta coloro che con perpetuo avvicendarsi sarebbero sorti dopo di lui. Inoltre egli distinse accuratamente, come si conviene, la ragione dalla fede; ma stringendo l’una e l’altra in amichevole consorzio, di ambedue conservò interi i diritti, e intatta la dignità, in modo che la ragione, portata al sommo della sua grandezza sulle ali di San Tommaso, quasi dispera di salire più alto; e la fede difficilmente può ripromettersi dalla ragione aiuti maggiori e più potenti di quelli che ormai ha ottenuto grazie a San Tommaso. Per queste ragioni, specialmente nelle passate età, uomini dottissimi e celebratissimi per dottrina teologica e filosofica, ricercati con somma cura gl’immortali volumi di Tommaso, si diedero tutti all’angelica sapienza di lui, non tanto per averne ornamento e cultura, quanto per esserne sostanzialmente nutriti. È cosa nota che quasi tutti i fondatori e i legislatori degli Ordini religiosi hanno ingiunto ai loro seguaci di studiare le dottrine di San Tommaso, e di attenersi ad esse con la maggiore fedeltà, provvedendo che a nessuno sia lecito impunemente dipartirsi anche di poco dalle orme di tanto Dottore. Per non dire dell’Ordine domenicano, il quale come per suo proprio diritto si onora di questo sommo maestro, sono tenuti da tale legge anche i Benedettini, i Carmelitani, gli Agostiniani, la Compagnia di Gesù e parecchi altri, come attestano i loro specifici statuti. E qui con grande diletto il pensiero corre a quelle celebratissime Accademie e Scuole che un tempo fiorirono in Europa, quelle, cioè, di Parigi, di Salamanca, di Alcalà, di Douai, di Tolosa, di Lovanio, di Padova, di Bologna, di Napoli, di Coimbra, e moltissime altre. Nessuno ignora che il nome di tali Accademie è venuto crescendo in qualche modo con il tempo, e che negli affari di maggior momento i loro responsi ebbero presso tutti grandissimo peso. Ora non è men certo che in quelle grandi sedi dell’umano sapere, Tommaso aveva un posto come il principe nel proprio regno, e che gli animi di tutti, vuoi maestri, vuoi discepoli, si ritrovavano pienamente, con meraviglioso accordo, nel magistero e nell’autorità del solo Aquinate. Ma, quel che più conta, i Romani Pontefici Nostri Predecessori esaltarono con singolari manifestazioni di lodi e con amplissime testimonianze la sapienza di Tommaso d’Aquino. Infatti Clemente VI , Nicolò V , Benedetto XIII ed altri attestano che tutta la Chiesa viene illustrata dalle sue meravigliose dottrine; San Pio V poi confessa che mercé la stessa dottrina le eresie, vinte e confuse, si disperdono come nebbia, e che tutto il mondo si salva ogni giorno per merito suo dalla peste degli errori. Altri, con Clemente XII , affermano che dagli scritti di lui sono pervenuti a tutta la Chiesa copiosissimi beni, e che a lui è dovuto quello stesso onore che si rende ai sommi Dottori della Chiesa Gregorio, Ambrogio, Agostino e Girolamo. Altri, infine, non dubitarono di proporlo alle Accademie e ai grandi Licei quale esempio e maestro da seguire a piè sicuro. A conferma di questo Ci sembrano degnissime di essere ricordate le seguenti parole del Beato Urbano V all’Accademia di Tolosa: “Vogliamo, e in forza delle presenti vi imponiamo, che seguiate la dottrina del Beato Tommaso come veridica e cattolica, e che vi studiate con tutte le forze di ampliarla” . Successivamente Innocenzo XII , nella Università di Lovanio, e Benedetto XIV , nel Collegio Dionisiano presso Granata, rinnovarono l’esempio di Urbano. Ma a questi giudizi dei Sommi Pontefici su Tommaso d’Aquino mette come una corona la testimonianza d’Innocenzo VI: “La dottrina di questo (di Tommaso) possiede sopra tutte le altre, eccettuata la canonica, la proprietà delle parole, la forma del dire, la verità delle sentenze; così che non è mai capitato che abbiano deviato dalla verità quelli che l’hanno professata, e sempre sono stati sospetti circa la verità quelli che l’hanno impugnata” . Gli stessi Concili Ecumenici, nei quali risplende il fiore della sapienza raccoltovi da tutto l’universo, si adoperarono per onorare in modo singolare Tommaso d’Aquino. Nei Concili di Lione, di Vienna, di Firenze e del Vaticano si direbbe che Tommaso abbia assistito e quasi presieduto alle deliberazioni ed ai decreti dei Padri, combattendo con invincibile valore e con lietissimo successo contro gli errori dei Greci, degli eretici e dei razionalisti. Ma somma lode e tutta propria di Tommaso, concessa a nessun altro dottore cattolico, è che i Padri del Concilio Tridentino hanno voluto che nel mezzo dell’aula delle adunanze, insieme con i codici della Sacra Scrittura e con i decreti dei Romani Pontefici, stesse aperta, sull’altare, anche la Somma di Tommaso d’Aquino per derivarne consigli, ragioni e sentenze. Infine parve riservata ad un uomo così incomparabile anche la palma di strappare di bocca agli stessi nemici del nome cattolico ossequi, elogi ed ammirazione. Infatti, è cosa nota che fra i capi delle fazioni eretiche non mancarono coloro che confessarono pubblicamente che, tolta una volta di mezzo la dottrina di Tommaso d’Aquino, “essi potrebbero facilmente affrontare tutti i dottori cattolici, vincerli, ed annientare la Chiesa”. Vana speranza senza dubbio; ma non vana testimonianza.


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