giovedì 29 marzo 2018

Come vivere la Settimana Santa

In questo inizio del Triduo pasquale, rilanciamo questo contributo di Cristina Siccardi.





Ulisse Sartini, Ultima cena, 2015




Come vivere la Settimana Santa

(di Cristina Siccardi)


Se i Santi sono i testimoni del Vangelo vissuto, ognuno con la propria inconfondibile impronta, i Santi Padri della Chiesa sono coloro che hanno anche donato insegnamenti la cui profondità dottrinale e spirituale è inesauribile. I Padri della Chiesa, a differenza di tanti teologi del Novecento e del Duemila, non volevano essere originali e/o alternativi, loro obiettivo era esclusivamente di porsi al servizio di Cristo, della Chiesa e, dunque, della Verità rivelata, ed è per questo che il loro dire rimane autorevole e non conosce vecchiaia.
È per tale ragione che desideriamo riprendere alcuni loro pensieri e proporli per la Settimana Santa, la Settimana del Crocifisso, dove al centro sta appunto Cristo prima (Passione), durante (Crocifissione), dopo (Deposizione e Santo Sepolcro) la Santa Croce, della quale nessun credente può vergognarsene, perché segno di amore indefettibile, di vittoria contro il peccato e la morte, e segno della più grande libertà. «Nessuno, dunque, si vergogni dei segni sacri e venerabili della nostra salvezza, della croce che è la somma e il vertice dei nostri beni, per la quale noi viviamo e siamo ciò che siamo. Portiamo ovunque la croce di Cristo, come una corona. Tutto ciò che ci riguarda si compie e si consuma attraverso di essa. Quando noi dobbiamo essere rigenerati dal battesimo, la croce è presente; se ci alimentiamo di quel mistico cibo che è il corpo di Cristo, se ci vengono imposte le mani per essere consacrati ministri del Signore, e qualsiasi altra cosa facciamo, sempre e ovunque ci sta accanto e ci assiste questo simbolo di vittoria. Di qui il fervore con cui noi lo conserviamo nelle nostre case, lo dipingiamo sulle nostre pareti, lo incidiamo sulle porte, lo imprimiamo sulla nostra fronte e nella nostra mente, lo portiamo sempre nel cuore. La croce è infatti il segno della nostra salvezza e della comune libertà del genere umano, è il segno della misericordia del Signore che per amor nostro si è lasciato condurre come pecora al macello (Is. 53,7; cf. Atti, 8, 32)» (San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 54, 4-5).
Il Crocifisso è degno di adorazione. Gesù stesso, istruì in tal modo i suoi discepoli: «Apparirà allora nel cielo il segno del Figlio dell’uomo» (Mt 24, 30), ovvero la Croce; anche l’angelo che annunciò alle donne la risurrezione di Cristo disse: «Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso» (Mc 16, 6) e San Paolo da parte sua afferma: «Noi predichiamo il Cristo crocifisso» (1 Cor 1, 23). Ogni atto compiuto da Cristo è una gloria di Santa Romana Chiesa, ma la gloria delle glorie è proprio la Croce.
Infatti, ancora san Paolo dichiara: «A me non avvenga mai di menar vanto, se non nella croce di Cristo» (Gal 6,14). San Leone Magno esorta: «Non ci si deve mostrare sciocchi tra le vanità, né timorosi tra le avversità. Ivi ci allettano le lusinghe, qui ci aggravano le fatiche Ma poiché la terra è piena della misericordia del Signore (Sal. 32, 5), ovunque ci sostiene la vittoria di Cristo, affinché si adempia la sua parola: Non temete, perché io ho vinto il mondo (Gv. 16, 33). Quando dunque combattiamo, sia contro l’ambizione del mondo, sia contro le brame della carne, sia contro gli strali degli eretici, siamo armati sempre della croce del Signore. E mai ci allontaneremo da questa festa pasquale, se – nella verità sincera – ci asterremo dal fermento dell’antica malizia. Tra tutti i trambusti di questa vita, oppressa da molte passioni, dobbiamo ricordare sempre l’esortazione dell’Apostolo che ci istruisce dicendoci: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Sermoni, 74,4-5).
Mentre sant’Atanasio, colui che pagò di persona e salvò, con pochi altri, la Chiesa dall’eresia ariana che attanagliò il mondo cattolico per lungo e doloroso tempo, esalta così la Croce di Cristo: «I pagani ci calunniano e ci scherniscono, ridendo sguaiatamente di noi, senza aver nient’altro da rimproverarci che la croce del Cristo. Ed è soprattutto questa loro incoscienza che suscita pietà: essi calunniano la croce, senza rendersi conto che la sua potenza ha riempito la terra intera e che, grazie ad essa, si son resi manifesti a chiunque i frutti della conoscenza di Dio» (Contro i pagani, 1).
Il Salvatore si è lasciato crocifiggere, allo stesso modo siamo chiamati noi a crocifiggere i nostri peccati, causa delle prigioni che costruiamo con le nostre mani. Meno vizi e più virtù per vergognarsi delle proprie mancanze e per gloriarsi della Crux cordis. Provare a vivere la Settimana Santa sentendo addosso lo sguardo del Crocifisso dovrebbe liberarci un po’ dalle zavorre terrene, migliorare qualcosa nel nostro essere… altrimenti avremmo vissuto invano una nuova Santa Pasqua.

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