sabato 8 luglio 2017

Il decennale del Summorum Pontificum… nel nascondimento

Sono passati i tempi cupi in cui la Messa Romana era proibita perché, come disse Paolo VI nel Concistoro del 24 maggio 1976 «L’adozione del nuovo “Ordo Missae” non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’Ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populo. Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico … . Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino» (FONTE). E la sostituzione equivaleva all’abrogazione (quantomeno tacita) (sul punto, cfr. Ci fu abrogazione?, in Unavox, ott. 2008; Il Novus Ordo è stato imposto illegalmente da Paolo VI?, in Le pagine di don Camillo; Davanti alla storia – La liberalità di san Pio V e l’intransigenza di Paolo VI, in Chiesa e postconcilio, 5.9.2013)!
Oggi tutti sono per la Messa Romana e ne ringraziamo il buon di Dio.
Tuttavia non è tutto oro quello che luccica perché il rito non è per sé stesso garanzia di fede ortodossa. Infatti la Messa Romana rischia sempre più di trasformarsi modernisticamente in un vuoto contenitore ora di questa ora di quella istanza “sentimentale”. Non di rado, in effetti, si son visti e si vedono modernisti sin nel midollo, complici dell’attuale demolizione e protestantizzazione della Chiesa, celebrare l’antico rito con ogni fasto e con ogni plauso, essendo però al contempo totalmente avulsi dalla Verità cattolica che quel rito contiene, esprime e trasmette.
Si tratta in quel caso di vero e proprio paganesimo delle forme!
Possa il felice anniversario aiutare a far comprendere che non la lex orandi esprime sempre la lex credendi e se manca questa, il rispetto della prima si riduce vieppiù a parata storico-nostalgica.
Nel decennale del m.p. pubblichiamo questo contributo di don Giuliano della Rovere (alias don Giuseppe Laterza), con una premessa del prof. Vito Abbruzzi.

Il decennale del Summorum Pontificum… nel nascondimento

di Vito Abbruzzi

Non c’è titolo migliore di questo per celebrare oggi il decennale del Summorum Pontificum, “ma di nascosto per timore” (Gv 19, 38) di critiche feroci e insulse di chi non si è mai sforzato di capirne le ragioni.
Ma pur nel nascondimento, noi celebriamo comunque questo primo decennio di vita del Summorum, che, ad onta delle continue opposizioni, non ha smesso di crescere! E lo facciamo proprio mediante il rendimento di grazie per antonomasia: il Sacrificio Eucaristico secondo la forma extraordinaria del Rito Romano.
Nell’articolo di Don Giuseppe Laterza c’è un richiamo a San Michele Arcangelo: fa bene a farlo perché – non dimentichiamolo, anzi teniamolo ben a mente! – il 7 luglio è oramai anch’essa una data micaelica. Il 7.7.7 (7 luglio 2007) non è affatto casuale: è il numero di Michele! Ed è il numero del Vincente! Lo sanno benissimo i figli spirituali della Serva di Dio Francesca Lancellotti, che oggi festeggiano i cento anni della nascita di lei, e – cosa ancora più importante – l’apparizione di San Michele, avvenuta nella sua casa di Oppido Lucano (PZ) il 7 luglio 1956. L’Arcangelo destinava Francesca a Roma, dove fu avvicinata da importantissime personalità, comprese quelle di Curia. Tra queste il Card. Oddi, suo amico e confidente, non a caso primo presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.
E sempre non a caso, il Summorum Pontificum è pubblicato alla pagina 777 degli Acta Apostolicae Sedis: anno 2007, volume 99. Tutto ciò a ribadire che il Summorum non è opera nostra! È opera di Dio! Bando, dunque, agli scoramenti, facendo nostra l’esortazione dell’Apostolo: “Confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti” (1 Ts 5, 14).



La battaglia per la Tradizione liturgica. Uno scritto di don Giuseppe Laterza per il X Anniversario del Summorum Pontificum


di Don Giuliano della Rovere

Per ricordare il decimo anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum pubblichiamo qui di seguito le riflessioni di don Giuseppe Laterza che hanno il merito di individuare, con immediatezza di giudizio, i buoni frutti di un buon albero radicato nella Tradizione della Chiesa e nell’opera della Redenzione, e di indicare ciò che alla sua crescita oggi si oppone. Ben si comprendono le parole del Sacerdote pugliese, se si tiene costantemente presente che il Summorum Pontificum deve essere contemplato non tanto come un’autorizzazione a celebrare a determinate condizioni un Rito “straordinario” (tutto ciò, se negli articoli del documento è rinvenibile, appartiene più al compromesso con Conferenze episcopali e altri potentati ecclesiastici che alla sostanza del pronunciamento), ma come il riconoscimento da parte di un Pontefice, che così si pronunciò autorevolmente sulla Liturgia della Chiesa, della non abrogabilità della “forma antica” della Messa.

07/07/07 - 07/07/17 sono passati 10 anni dal Summorum Pontificum, legge di Benedetto XVI che, istituita non per riavvicinare i preti della Fraternità San Pio X, prevede la ripresa della celebrazione della Messa di San Pio V. Istituita per riprendere l’uso di un messale mai abolito e che ha nutrito per secoli la cattolicità; sdoganare i preti che volessero usare questo messale dalle richieste a vescovi e superiori, che spesso hanno negato nei tempi questi uso. Sono sorte molte messe in Europa e nel Mondo, molti giovani frequentano il rito di San Pio V, pochi anziani... molte vocazioni al sacerdozio. Ringraziamo Dio per quanto opera nella sua Chiesa.
Al contempo vogliamo anche notare gli aspetti negativi di quanto succede: tanti sacerdoti sono perseguitati e messi al margine delle loro realtà perché hanno scelto di usare questo messale e celebrano. Privati di incarichi parrocchiali e della possibilità di sostentarsi sono messi alle strette, obbligati a non seguire il motu proprio che è una legge della Chiesa. Vescovi che parlano di “pastorale” non si curano delle esigenze di una piccola porzione del loro gregge, ma fanno di tutto per estinguere con la forza il nascere e il conoscere questo rito, quasi come Erode si prodigò nel cercare il Fanciullo divino per farlo morire e come il Sinedrio si adoperò per evitare la predicazione Apostolica. Oh! Che temi Erode? Colui che viene non toglie regni umani! Che temete, Eccellenze Serenissime? Forse una Messa non santifica quanto l’altra? Forse una Messa vale più dell’altra? Forse temete venga meno qualcosa?
Ciò che Cristo ha unito nessuno divida: il popolo è di Dio e al sacerdozio ne spetta la guida e l’istruzione con ogni mezzo possibile. Non vorremmo combattere contro Dio nel far guerra alla Messa che per secoli è stata celebrata nelle chiese del mondo! Non vogliamo trovarci ad affrontare Dio e San Michele Arcangelo negando alla gente di nutrirsi intorno all’altare... e ai preti di celebrare! Se si danno le chiese ai musulmani per pregare, se si tollerano spettacolini durante le messe, messe aperitivo, balletti e coreografie varie, perché non permettere anche la Messa in Latino? Perché su questo tasto ci si divide in casa? Non si dialoga e non ci si ama? Non ha forse detto Gesù che l’amore è il principio vitale del Cristianesimo? Forse il Concilio Vaticano II non ha spinto il sacerdozio a guardare le nuove sfide pastorali?
Forse ci preoccupiamo troppo di cose umane, di mantenere un potere inutile e di evitare problemi... ma la vera via per il Regno passa solo attraverso un indicare la croce, un amore per l’altro che, discendendo dal nostro amore per Dio, può aprirsi al fratello. Ed il fratello non è il lontano, ma l’uomo che è affidato alle cure pastorali del sacerdozio. Quando qualcosa viene da Dio, più la si opprime è più cresce, perché lo Spirito che è nel cuore dell’uomo riconosce nella oppressione l’intervento diabolico che vuole ostacolare la Verità, che non vuole anime vicine a Dio. Fu così ai tempi degli Apostoli, più li opprimevano e più erano felici e più crescevano di numero! Sara così anche ai giorni nostri, perché più si vuol eliminare qualcosa e, se viene da Cristo, più si fortifica, perché lui è il vero Sacerdote, noi siamo solo partecipazione al suo Sacerdozio. Lui è lo Sposo, noi gli amici dello Sposo. Nell’oppressione la forza, perché in noi agisca la morte ed in voi la vita!
Riflettiamo, Chiesa e anime sono di Dio e non nostre, la Messa è opera di Dio che rinnova in modo incruento il sacrificio di Cristo e non un palcoscenico per soubrette mal riuscite, non un palco dove una comunità viene privata della trascendenza e del sacro. Dio ce ne chiederà conto... e sarà molto severo perché con Lui non si scherza...

Fonte: Vigiliae Alexandrinae, 7.7.2017

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