lunedì 27 marzo 2017

“Neque solum contra Iconómachos orthodóxam fidem deféndit; sed omnes ferme hæréticos, præsértim Acéphalos, Monothelítas, Theopaschítas strénue impugnávit. Ecclésiæ jura potestatémque egrégie vindicávit. Primátum Príncipis Apostolórum disertíssimis verbis asséruit; ipsúmque ecclesiárum cólumen, infráctam petram, orbis terrárum magístrum et moderatórem sæpius nóminat. Univérsa autem ejus scripta non modo eruditióne et doctrína præstant, sed étiam quemdam ingénuæ pietátis sensum prǽferunt, præcípue cum Genitrícis Dei laudes prǽdicat, quam singulári cultu et amóre prosequebátur” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI JOANNIS DAMASCENI, CONFESSORIS ET ECCLESIÆ DOCTORIS

Questa festa fu introdotta nella liturgia romana nel 1890 e coincide con quel primo periodo del pontificato di Leone XIII in cui la questione dell’Oriente gli fu particolarmente cara. Se gli sforzi del Papa non ebbero tutto il successo che egli poteva sperare, questo non fu certo errore di zelo da parte della Chiesa cattolica, che allora, come oggi d’altronde, apre le sue braccia materne per accogliere i figli diseredati d’Oriente, indeboliti da uno scisma quasi millenario ed avviliti inoltre dalla loro servitù sotto la Mezzaluna.
Sebbene la messa sia stata composta con grande attenzione e rivela tuttavia il suo carattere moderno con delle reminiscenze storiche accentuate.
Ciò che ha dovuto colpire il redattore della Messa è l’episodio, molto incerto, del braccio tagliato al santo ed il suo contributo dato in difesa delle immagini dei santi.
Il ruolo eminente rivestito da Giovanni Damasceno nella storia dalla teologia cattolica, la sua influenza sulla formazione dello stesso sistema scolastico, e soprattutto il fatto che egli chiuse, presso i greci, l’età patristica al punto che tutte le generazioni bizantine che seguirono dopo lui non furono più capaci di portare alcun rilevante contributo all’edificio teologico, del resto così ammirevole, da lui innalzato, tutto ciò non sembra avere influito sullo spirito del redattore della Messa di questo giorno.
Il secondo Concilio di Nicea, nel 787, tessé i più grandi elogi a questo monaco gerosolimitano della laura di Mar Sabbas, e l’esaltò come il più valoroso campione dell’ortodossia contro gli errori degli Iconoclasti. Lo si chiamava comunemente Χρυσορρόας, Chrysorrhoas, e già nell’813 Teofane attesta che Giovanni portava questo titolo onorifico per la sua grazia spirituale, risplendente come l’oro, che sboccia nella sua dottrina e nella sua vita.
I Greci celebrano la sua festa il 4 dicembre, ma il nome del Chrysorrhoas di San Saba ricorre molto spesso in testa ai loro inni liturgici poiché le splendide composizioni di san Giovanni Damasceno giunsero sino al punto di far dimenticare quelle di Romano il Melode, pur esse magnifiche.
La lettura del libro della Sapienza (Sap. 10, 10-17) rivela una scelta molto felice. Questo testo parla di Giuseppe e di Mosè e della convinzione che Dio non li abbandonò nella prigione e nell’esilio, ma li colmò di una tale sapienza che si resero terribili persino ai re. Tale passo ben si applica oggi a san Giovanni Damasceno, che ebbe molto a soffrire delle calunnie degli eretici ai tempi di Costantino V Copronimo, figlio di Leone III l’Isaurico. Questo sovrano cambiò per derisione il nome arabo di Giovanni, Mansur, in quello di Mánzêros, che significa «bastardo». Il conciliabolo iconosclasta riunito a Costantinopoli nel 754 riversò il suo furore contro il Santo maledicendolo con una quadruplice maledizione ed anatemizzandolo, così come il patriarca Germano di Costantinopoli ed un certo Giorgio di Cipro: la Trinità stermini questa triade (cfr. Conciliabulum Constantinopolitanum, in J. D. Mansi, Sacrorum Conciliorum. Nova et amplissima collectio, vol. XII, Florentiæ 1766, col. 575 ss.).
Il Graduale rievoca con insistenza il ricordo del braccio tagliato al quale l’Introito faceva già allusione.
Al braccio tagliato a san Giovanni è ugualmente ispirato il brano evangelico in cui si racconta la guarigione di un uomo dalla mano inaridita (Lc 6, 6-11). Simbolicamente questo miracolo significa l’impotenza delle sole forze naturali per fare il bene e la necessità della grazia divina. Così è condannata l’eresia pelagiana che pretendeva che la natura umana decaduta può arrivare da se stessa alla via soprannaturale della grazia e, nell’altro mondo, alla gloria. – Non io, dichiarava l’Apostolo, ma la grazia divina ha operato in me.
Nell’antifona sulle offerte ritorna il pensiero al braccio amputato e miracolosamente restituito a san Giovanni, con l’immagine dell’albero tagliato che riacquista il suo vigore ed i suoi rami gemmati più abbondantemente.
La secreta vuole introdurre in maniera un po’ forzata il ricordo dell’opera di Giovanni nella controversa sulle immagini: ne risulta una composizione un po’ affettata, sebbene lo stile non sia del tutto privo di eleganza.
Il ricordo del braccio tagliato torna nell’antifona di Comunione. È bene qui menzionare un bel pensiero di san Giovanni Chrysorrhoas sull’indipendenza della Chiesa dinanzi al potere civile che, all’epoca, come oggi in Oriente, esercitava l’autorità sulle chiese dette autocefale: Ad imperatores spectat recta reipublicae administratio: Ecclesiae regimen, ad pastores et doctores. Ejusmodi invasio latrocinium est, fratres. Cum Samuelis pallium scidisset Saul, quid ei contigit? Regnum ipsius abscidit Deus (San Giovanni Damasceno, Oratio II, Adversus eos qui Sacras Imagines abjiciunt, in PG 96, col. 1295D).
Il Cristianesimo non condanna la scienza, ma l’orgoglio, perché questo impedisce l’accesso alla verità. I sapienti sono molto utili alla Chiesa, soprattutto quando uniscono alla dottrina un’eminente santità di vita, poiché così non soltanto essi possono camminare sui sentieri della vita, ma col loro esempio edificante possono attrarre un gran numero di anime. Il santo monaco della laura di San Saba a Gerusalemme, sulla terra, non occupò alcun posto sublime né fu vescovo né capo. E pertanto, poiché amò la verità e la predicò con animo invincibile, meritò il titolo di vero Chrysorrhoas, ultimo dottore della Chiesa d’Oriente, fiamma che dové risplendere solo nella triste notte dello scisma che già all’epoca si profilava.



Ambito veneto, S. Giovanni Damasceno, 1688, Padova

Ambito veneto, Visione di S. Giovanni Damasceno, 1698, Padova

Giovanni Gasparro, S. Giovanni Damasceno e la SS. Vergine Tricherusa, 2015, collezione privata

Giovanni Gasparro, Studio per la testa di S. Giovanni Damasceno, 2015, collezione privata

Nessun commento:

Posta un commento