giovedì 11 agosto 2016

Omelia in occasione dell'inaugurazione del coro ligneo della Chiesa di San Francesco d'Assisi in Trani

Su segnalazione, volentieri rilanciamo, nell’odierna festa delle Sante vergini e martiri Susanna di Roma e Filomena, la bella omelia di Mons. Saverio Pellegrino della chiesa romanica di San Francesco d’Assisi in Trani, in occasione dell’inaugurazione del coro ligneo della chiesa, che lo stesso presbitero ha fatto ricostruire ex novo ... una rarità di questi tempi … . Appena disponibili sarà nostra cura pubblicare in questo blog alcune foto del coro.

Anonimo lombardo, S. Susanna, 1600-10, museo d'arte sacra, Scaria

Ambito pesarese, Madonna col Bambino in gloria tra i SS. Cristoforo e Susanna, 1735-40, Pesaro

S. Susanna, 1845 circa, museo diocesano, Trento

Ambito emiliano, S. Filomena, XVIII sec., Bologna


Ambito ferrarese, S. Filomena, XIX sec., Ferrara

Ambito veneto, SS. Filomena e Giovanni Battista, XIX sec., Venezia

Ambito veneto, S. Filomena giacente, XIX sec., Verona

Giuseppe Bertini, Madonna con Bambino appaiono a S. Filomena in carcere, 1835, Chiesa di Santa Maria Forisportam, Lucca

Eugenio Guglielmi (attrib.), S. Filomena, 1840-45, chiesa di S. Luca, Padova

Ambito di Gerolamo Bellani, Martirio di S. Filomena, 1846, Bologna

Filippo Agricola, S. Filomena, 1850 circa, Tivoli

Filippo Giuseppini, Martirio di S. Filomena, 1840-60, chiesa parrocchiale, Tricesimo

Stefano Lembi, S. Filomena, 1867, Chiesa di S. Michele in Foro, Lucca

Raffaele Aloisio o Alojsio, Martirio di S. Filomena, 1872, chiesa della Natività della Vergine, Rotonda


Ambito dell'Italia meridionale, S. Filomena flagellata, XIX sec., Campobasso


Antonio Papa, S. Filomena, 2007, Isernia

INAUGURAZIONE CORO LIGNEO
CHIESA DI SAN FRANCESCO
TRANI

19 Giugno 2016

Forse vi è capitato, qualche volta, davanti ad una scultura o a un quadro o a un manufatto di pregio …. di provare un’ intima emozione, un senso di gioia, di percepire – più chiaramente – che di fronte a voi non c’è soltanto un pezzo di pietra, di legno, di bronzo, una tela dipinta …, ma qualcosa che parla, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’anima (cfr. Benedetto XVI).
E così l’arte cerca, attraverso le forme, di comunicare il senso profondo del mondo e delle cose.
L’arte esprime e rende visibile il bisogno dell’uomo di andare “oltre ciò che si vede”; e manifesta la sete e la ricerca di infinito …
L’arte è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano.
Certe espressioni artistiche sono vere e proprie strade verso Dio, sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui. Si tratta di opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede.
Un esempio lo è proprio questa antichissima Chiesa romanica – oggi detta di San Francesco – risalente al sec. XI e già Chiesa Abbaziale benedettina, filiazione del prestigioso monastero di Cava dei Tirreni, e intitolata alla SS Trinità.
Ci incanta la possanza della sua struttura e – al tempo stesso – la sua agilità, la successione tripartita degli archi, delle navate, particolarmente delle tre cupole in asse a tamburo che fanno di questa chiesa un monumento di raro pregio.
Ci incanta ciò che rimane dell’antico e ricco apparato scultoreo, particolarmente dei due portali; così come il lacerto di affresco raffigurante l’Arcangelo Gabriele, residua testimonianza che questa Chiesa era interamente affrescata. Possiamo così immaginare la nitidezza delle immagini, la vividezza dei colori, e la moltiplicazione delle scene bibliche rappresentate, che ne ricoprivano per intero il paramento murario.
E che dire del coro ligneo, scomparso da tempo immemorabile? Quel coro in cui generazioni e generazioni di monaci, per secoli e secoli, notte e giorno, hanno elevato a Dio le loro struggenti preghiere? L’amore di Dio li convocava, e quello stesso amore trasformava i loro canti rendendoli austeri come il granito e dolci come il vino.
Quell’antico coro, oggi è rimpiazzato dall’attuale, ridando così alla Chiesa ciò che era già suo. L’attuale intervento costituisce pertanto una parziale riparazione della spogliazione delle opere d’arte e di fede che questa chiesa ha subito nel tempo.
Guardando questa monumentale Chiesa di San Francesco, non si può non pensare alla fede degli antenati che l’hanno pensata, voluta, edificata. Con l’odierna mentalità molti si chiederebbero:
“Perché costruirla? Non si poteva risparmiare quel danaro? Non sarebbe bastato un semplice capannone o stanzone per pregare?”
 I nostri avi non costruivano le chiese per spendere o risparmiare danaro, né per ficcarci dentro la gente, così, alla buona.
Edificando le chiese, essi cercavano Dio e lo cercavano in modo così puro, così integrale che tutto quello che toccavano e facevano doveva parlare di Lui, della Sua onnipotenza, della Sua maestà, del Suo amore, della Sua bellezza.
Pensiamo alla nostra cattedrale così bella, così grande, così ammirata e invidiata dal mondo intero … chi avrebbe il coraggio di dire che si sia trattato di uno spreco di denaro?
I Santi che sono la maggioranza qualificata della Chiesa (e non certo le maggioranze dei tanti organismi collegiali) insegnano esattamente il contrario dell’attuale pensiero dominante.
A preti, a frati raccomandano la povertà della loro cella e – ai fedeli cristiani – la sobrietà del loro tenore di vita, mentre non lesinavano sulla bellezza del luogo di culto.
S. Gaetano da Thiene così esortava: “sia povera la cella, sobrio il vitto, ma ricca la Chiesa”.
Così pure S. Francesco d’Assisi che – a dispetto di tanta odierna, adulterata e falsa spiritualità francescana – raccomandava lo splendore della chiesa e la vita povera per i frati: “la povertà – Egli soleva dire – deve fermarsi ai piedi dell’altare”.
E che dire di S. Giovanni Maria Vianney (il curato di Ars) parroco dalle più austere penitenze e privazioni, ma ricercatore di paramenti e di vasi sacri tra i più belli e i più preziosi. Così egli soleva dire: “niente è troppo bello per Dio!” e tanti altri Santi ancora.
E perché? Perché i Santi hanno compreso che la chiesa non è solo il popolo dei pellegrini; Essa è anche la città della gloria, abitata dallo Spirito del suo Signore, perciò non può appagarsi dell’ordinario, dell’usuale, del solo utile.
Non si tratta di trionfalismo. Attraverso la bellezza dell’arte e del culto, la Chiesa esprime la bellezza di Dio, la gioia della fede, la vittoria della verità sull’errore, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte.
La bellezza nei luoghi di culto non è appannaggio di una casta sacerdotale; è ricchezza di tutti! Anche dei poveri che la desiderano e non se ne scandalizzano affatto, come invece oggi fanno non pochi benpensanti.
La storia ci insegna che i più poveri sono sempre stati spontaneamente generosi, disposti anche a privarsi del necessario, pur di rendere onore al loro Dio e Signore, senza tirchieria o spilorceria alcuna.
Alcuni benpensanti – al contrario di quanto insegnano i Santi - credono che l’arte e la bellezza nei luoghi di culto sia uno spreco, quasi un insulto ai poveri. Costoro hanno come protettore Giuda Iscariota, il traditore di Gesù.
Anche Giuda lamentò lo spreco del prezioso unguento con cui la donna peccatrice cosparse i piedi di Gesù: “ che spreco!”, disse, “Si poteva vendere questo profumo e il ricavato darlo ai poveri!”. In realtà, a Giuda non importava dei poveri. Egli prendeva liberamente dalla cassa quello che altri vi mettevano. Pensava solo a se stesso. Era un egoista.
Sono convinto che forse sia emersa tra alcuni la stessa domanda: “perché questo coro? Si poteva spendere questo danaro per i poveri!”.
È lodevole che ci si preoccupi dei poveri. Il fatto è che costoro vogliono fare la beneficenza ai poveri con i soldi degli altri, con i soldi della parrocchia, non certo con i propri.
Costoro sono una smentita di quanto insegnano i Santi che vogliono la Chiesa bella e sobrio il tenore di vita di preti e di cristiani. Oggi, al contrario, una strana filosofia vuole povero il luogo di culto e agiato e ricco il proprio tenore di vita grazie al quale- preti e cristiani- non si fanno mancare pressoché nulla.
Non ci si accorge che con questo riduttivo modo di pensare e di agire, il mondo sta precipitando sempre più nella bruttezza, nella insensatezza, nell’orrore …, un mondo privo di armonia,di gioia, di speranza, di bellezza.
Ogni giorno – attraverso i mass media – il male fisico, il male morale, il male estetico viene raccontato, ripetuto abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e – in qualche maniera – intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito, e giorno per giorno si accumula: i cuori si induriscono, i pensieri diventano cupi (cfr. Benedetto XVI)
I mass media tentano di farci sentire sempre spettatori, come se il male riguardasse sempre gli altri. E invece siamo tutti attori. Nel bene e nel male, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.
Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, della sporcizia delle nostre strade. Ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città.
E tuttavia, c’è un altro inquinamento, un’altra sporcizia meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericolosa: è l’inquinamento dello spirito.
La spazzatura non è solo nelle nostre strade, è anche nelle coscienze. La sporcizia, il disordine, la non curanza della nostra città sono rivelativi della sporcizia interiore. Questa città è diventata l’immagine di ciò che parte dei suoi abitanti ha fatto della propria anima.
Per questo è sommamente necessaria e urgente un’ecologia dello spirito e della bellezza.
Erich Fromm si poneva questo drammatico quesito: “può un’intera società ammalarsi?”. È possibile! E ciò proprio in virtù di una riduzione antropologica, di una concezione miserrima dell’uomo.
Cos’è diventato l’uomo oggi?
L’uomo oggi – per i più – è solo un fascio di bisogni che devono essere acquietati e soddisfatti: mangiare, bere, vestirsi, fare sesso, divertirsi, stordirsi… È questo l’uomo? Un essere intrappolato in questo circolo insensato? Dov’è finita la sua dimensione morale, la sua dimensione intellettuale, la sua dimensione spirituale?
Già Socrate scriveva: “ non faccio nient’altro che andare in giro a persuadere voi, ateniesi, giovani e vecchi, a capire che la vostra prima preoccupazione non deve riguardare il vostro corpo o le vostre ricchezze ma la vostra anima in modo che sia la più eccellente possibile”.
Anche Gesù ci ha avvertiti: “Non di solo pane vive l’uomo!”. Non di solo pane! Questa affermazione è vera! Rimane vera anche quando si fa fatica a mettere il pane sulla tavola. Rimane vera anche quando il pane manca.
O si è nella abbondanza, o si è nella indigenza, l’uomo non vive solo di pane! È questo il messaggio di verità che tutti i grandi inconquistabili maestri dell’umanità ci hanno lasciato.
Già, ma i poveri?
A questa domanda offro due risposte concrete:
1. La parrocchia continuamente pensa e provvede ai nostri fratelli bisognosi. La nostra caritas parrocchiale sostiene ordinariamente ben 50 famiglie, oltre a situazioni impreviste e imprevedibili. E come? Con aiuti economici, con derrate alimentari, con farmaci, visite mediche, pagamento di bollette, libri scolastici, e altro.
2. Con la realizzazione del coro ligneo la parrocchia ha dato lavoro a un architetto, alla ditta fornitrice del legno, a tre falegnami, a due ebanisti, a due muratori, a un elettricista, a tre restauratori.
Ben nove famiglie hanno potuto portare il pane a casa! La parrocchia ha dato lavoro, ha fatto girare il danaro contribuendo al circolo virtuoso dell’economia.
E dare lavoro alle persone è molto più dignitoso che fare la carità. Dare il lavoro, questa è la vera carità che nobilita l’uomo e non lo umilia.
Ringrazio i piccoli e i grandi oblatori, persone sensibili al senso di Dio e della bellezza, che hanno notevolmente contribuito a questa significativa realizzazione.
Ringrazio gli artefici di quest’opera, così valenti, così entusiasti e così pazienti:
- L’architetto Giorgio Gramegna;
- Il maestro falegname Signor Giuseppe di Tondo, e i suoi collaboratori Signor Gianluca Amoruso e Signor Vincenzo Paduos.
- I maestri ebanisti: Signor Giuseppe Cusmai e Signor Luca Musci
- Il professor Cosimo Cilli, direttore del Laboratorio Diocesano di Restauro di Trani.
- Il maestro elettricista Signor Rino d’Amato e i suoi collaboratori
- I maestri muratori Signori Francesco e Nicola Valenziano.
A tutti loro va il mio sincero apprezzamento.
Rendo noto, altresì, che questi lavori sono stati autorizzati dalla Soprintendenza ai beni artistici e monumentali di Bari con approvazione del 31 gennaio 2016.
Lode, onore, e gloria alla Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.

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