mercoledì 4 novembre 2015

“Abstinéntia fuit admirábili; jejunábat sæpíssime, pane tantum et aqua, solis quandóque lupínis conténtus. Noctúrnis vigíliis, aspérrimo cilício, assíduis flagéllis corpus domábat. Humilitátis ac mansuetúdinis studiosíssimus fuit. Oratiónem ac verbi Dei prædicatiónem, gravíssimis licet curis occupátus, numquam intermísit. Multas ecclésias, monastéria, collégia ædificávit. Plura scripsit, ad episcopórum præsértim instructiónem utilíssima; cujus étiam ópera parochórum catechísmus pródiit” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI CAROLI BORROMÆI, EPISCOPI MEDIOLANENSIS ET CONFESSORIS

Se Milano guarda san Carlo come il più illustre dei suoi pastori dopo sant’Ambrogio, la Chiesa Madre di Roma lo stringe al suo cuore e lo saluta come uno dei più cari e dei più meritevoli dei suoi figli.
Difatti, l’opera di san Carlo può essere considerata in due periodi e su due campi distinti. Dapprima la sua attività a fianco di suo zio Pio IV, attività che abbracciò non solo Roma ma la Chiesa universale stessa. Viene poi l’azione pastorale compiuta a Milano dal Santo, apostolo e pastore di questa vasta diocesi.
Segretario di Stato di Pio IV, san Carlo si trovò a fianco del Pontefice in una delle epoche più decisive per la storia del papato. Si trattava di sapere se la Santa Sede si sarebbe impegnata infine in maniera risoluta sulla via della riforma ecclesiastica, così lungamente ed universalmente reclamata; o se fosse rinviata ancora questa difficile impresa, accontentandosi, come purtroppo avevano fatto alcuni dei Pontefici di quel secolo, di mezze misure.
Fu sotto l’influenza personale di san Carlo che Pio IV si decise per la riforma; e da quel giorno il Santo, in nome e con l’autorità di suo zio, camminò arditamente nella via aperta, senza curarsi delle considerazioni umane. Si può dire dunque che, di Roma, diresse l’ultimo periodo del Concilio di Trento, e ciò che è ancora più importante, quando il Concilio fu approvato dal Papa, san Carlo si applicò con tutte le proprie energie a realizzarne effettivamente il piano di riforma.
Qui comincia la seconda parte della vita di san Carlo. Essendo morto Pio IV, il nostro Santo si fissò definitivamente nella sua Chiesa di Milano, dove erano da rialzare le rovine accumulate dai lunghi anni di cattivo governo, nell’assenza dei pastori legittimi.
San Carlo, per santificare il suo gregge, cominciò col santificare se stesso. Come Gesù aveva voluto riscattare il mondo meno con la sua predicazione ed i suoi miracoli, quanto più con la sua passione, così san Carlo si offrì egli stesso come vittima a Dio per il suo popolo con una vita molto austera. Le anime, diceva, si guadagnano in ginocchio, facendo così allusione alle sue lunghe preghiere ai piedi del Crocifisso o nella cripta della chiesa del Santo Sepolcro a Milano.
L’attività svolta da san Carlo in ogni tipo di lavoro pastorale è incredibile. Il suo campo di azione, a titolo di metropolita di Milano e di legato della Santa Sede, era immenso. E tuttavia non ci fu villaggio delle Alpi o paese disperso nel quale san Carlo non si recasse per fare la visita pastorale. I suoi biografi ci dicono che in meno di tre settimane gli capitò di consacrare ben quindici chiese.
L’arcivescovo di Milano aveva all’epoca da risolvere importanti e difficili problemi. L’eresia, che aveva infettato i cantoni svizzeri che confinano con la diocesi, minacciava di contaminare anche questa. Occorreva almeno paralizzarne l’influenza e san Carlo lo fece. Bisognava formare inoltre dei vescovi e dei preti ispirati dall’ideale più elevato: il Santo eresse dei collegi e dei seminari, riunì dei concili, promulgò dei canoni, favorì l’apertura di case religiose per l’educazione della gioventù.
L’affievolimento dello spirito ecclesiastico nel clero è favorito quasi sempre dal potere civile che avvilisce difatti il prete per poterlo assoggettare poi più comodamente. San Carlo fu il vendicatore intrepido dell’autorità episcopale: non solo ebbe a lottare pure contro i canonici, le religiose ed i religiosi che si erano scostati della loro strada primitiva – per es., gli Umiliati che tentarono perfino di assassinare il Santo – ma trovò molti avversari più temibili nei governatori spagnoli e dal Senato di Milano, troppo gelosi delle pretese prerogative della corona della Spagna su quella Chiesa. Nell’attuare i decreti tridentini, in effetti, il Borromeo si espose infatti alla reazione di coloro che vedevano lesi i propri privilegi: fu minacciato con i bastoni dai frati minori osservanti, aggredito con le spade dai canonici di Santa Maria della Scala, minacciato dalle monache di Sant’Agostino, vilipeso da quelle di Lecco e colpito con una archibuggiata alla schiena da un sicario dell’ordine degli umiliati. Nella notte del 26 ottobre 1569, infatti, un certo Gerolamo Donato detto il Farina, originario di Astano, frate degli Umiliati, entrò, verso le 22, in Arcivescovado di Milano con un archibugio e un archibugetto, una specie di lunga pistola, sorprendendo san Carlo Borromeo in preghiera in una cappella insieme ai suoi familiari e collaboratori. Si stava, in quel momento, cantando il Nolite timere. Estratto l’archibugio, alle parole Non turbetur cor vestrum, esplose un colpo mirando alla schiena del Santo, senza però uccidere l’Arcivescovo, il quale, rimanendone illeso, fece cenno che nessuno si muovesse e terminasse la preghiera. Eppure san Carlo era alto un metro ed ottanta e nonostante ciò il Farina non riuscì ad ucciderlo, benché sparasse a distanza ravvicinata.
Il medico del Santo, immediatamente accorso, ebbe modo di non riscontrare sul suo corpo alcuna ferita, segno che la palla di piombo rovente miracolosamente s’arrestò di botto e rimbalzò dal corpo, forando solo il rocchetto cardinalizio, che ancora oggi è conservato ed è custodito nella basilica milanese di Sant’Eustorgio, dove viene esposto una volta all’anno. Il Donato, approfittando del generale sbigottimento, riuscì a fuggire dalla porta che dà sul lato destro del Duomo e a far perdere momentaneamente le sue tracce dileguandosi, ma nell’aprile successivo fu catturato e condotto a Milano, rinchiuso nelle carceri vescovili. Venne impiccato in piazza Santo Stefano, sebbene il santo arcivescovo non volesse che l’attentatore ed i suoi tre complici (fra’ Gerolamo Legnano, prevosto di San Cristoforo, e fra’ Lorenzo Campana, prevosto di San Bartolomeo e fra’ Clemente Merisio, prevosto di Caravaggio) fossero uccisi.
A seguito di quell’attentato nonché per la loro sospetta vicinanza all’eresia calvinista, la congregazione degli Umiliati fu soppressa, nel suo ramo maschile, da san Pio V il 7 febbraio 1571.
Così visse, agì e combatté il grande san Carlo Borromeo, il quale si mostrò degno campione della lotta sacra per la quale si immolò. Consumato prima del tempo dalle dure fatiche della sua vita pastorale, morì sulla breccia la sera del 3 novembre 1584, all’età di soli quarantasei anni. Fu canonizzato nel 1610 da papa Paolo V, che iscrisse la sua festa nel calendario nel 1613 come semidoppia ad libitum. Papa Innocenzo X ne fece una semidoppia di precetto nel 1652 con commemorazione dei santi martiri Vitale ed Agricola, ed Alessandro VII, nel 1659, l’elevo al rito doppio.
La messa è dal comune Státuit, eccetto la prima colletta, che è propria.
In essa, la Chiesa riassume il suo elogio in queste brevi ma eloquenti parole: pastoralis sollicitudo gloriosum reddidit.
Roma conserva di lui numerosi ricordi, a San Martino ai Monti, per es., di cui riparò il soffitto (Mariano ArmelliniLe chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 216) ed a Santa Prassede di cui fu titolare e nella quale fece svolgere importanti lavori di restauro (ibidem, pp. 237-238). Il suo cuore è conservato nella grande chiesa che gli è dedicata vicino alla porta Flaminia, chiesa che rappresenta oggi il santuario particolare dei lombardi nella Città eterna. Oltre questa Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso, oggi nota anche come chiesa di San Carlo al Corso (ibidem, pp. 337-338. Cfr. anche Ch. HuelsenLe Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 407, il quale ricorda come la chiesa fosse in origine dedicata a san Nicola: San Nicolai de Tofo o De Tofis), due altri santuari dell’Urbe sono dedicata al suo nome. Esse sono: San Carlo a’ Catinari, il cui nome esteso è chiesa dei Santi Biagio e Carlo ai Catinari (originariamente, la Chiesa di San Carlo ai Catinari sorgeva nei pressi della Chiesa di San Biagio ai Catinari. Cfr. Armelliniop. cit., p. 446. Ma quando quella fu profanata e distrutta il nome di san Carlo fu unito a quello della chiesa di san Biagio. Cfr. Ibidem, pp. 445-446), e, nel rione Monti, San Carlo alle Quattro Fontane, detta popolarmente San Carlino ed opera del Borromini (ibidem, p. 187). Nella piazza di Santa Maria della Scala vi era un tempo la piccola chiesa dei Santi Carlo e Teresa (d’Avila) (ibidem, p. 651).
Una chiesa moderna è, poi, stata dedicata, nel 2011, al nostro Santo: si tratta di San Carlo Borromeo alla Fonte Laurentina.
Nel palazzo Altemps, presso la cappella di Sant’Aniceto, si venera ancora la camera abitata dal Santo e nella sacrestia vi si conserva la sua pianeta (ibidem, p. 347). Presso la Chiesa di San Girolamo della Carità, dove abitava san Filippo Neri, san Carlo vi si recava per intrattenersi in santi colloqui col santo dei giovani (ibidem, p. 414). Presso poi la Chiesa di San Giacomo in Settignano, oggi nota pure come San Giacomo alla Lungara, san Carlo vi aveva fatto costruire un monastero, al tempo di Pio IV, per accogliere le penitenti donne di malaffare (ibidem, p. 653).
Quanto al mantello di porpora del grande Cardinale, esso è conservato religiosamente nel Titolo di Santa Cecilia.


Domenico Cresti da Passignano, Michelangelo presenta a papa Paolo IV il modello per il completamento dell’edificio e della cupola di San Pietro, Galleria Buonarroti, Firenze. In primo piano a sinistra uno degli allievi di Michelangelo (Jacopo Duca operò fedelmente nella scia del suo Maestro) guarda devoto e ammirato il grande architetto. Nei due volti ai lati del Papa si riconoscono quelli dei Cardinali nipoti, S. Carlo Borromeo e Giov. Antonio Serbelloni.

Johann Sadeler I, Ritratto di S. Carlo, 1588-94, Rijksmuseum Amsterdam

Giovanni Ambrogio Figino, Ritratto di S. Carlo, 1603-08, Pinacoteca Ambrosiana, Milano

Federico Zuccari, Imposizione del cappello cardinalizio al beato Carlo Borromeo, 1603-04, Collegio Borromeo, Pavia

Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, San Francesco e il beato Carlo Borromeo in preghiera davanti all'Assunta di San Celso a Milano, XVII d.C., Galleria Sabauda, Torino

Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, S. Carlo Borromeo dinanzi al Cristo morto di Varallo, 1610 circa, Museo del Prado, Madrid

Luca Giordano, S. Carlo Borromeo fa la carità, XVII sec., Museo del Prado, Madrid

Agostino Ciampelli, S. Carlo Borromeo, XVII sec., collezione privata

Ambito lombardo, S. Carlo intercede contro la peste, XVII sec., museo diocesano, Milano

Rutilio Manetti, Madonna del Rosario tra i SS. Domenico, Caterina, Pio V, Carlo Borromeo ed altri Santi, XVII sec., parrocchiale di S. Giovanni Battista, Nervesa della Battaglia

Autore anonimo, S. Carlo in preghiera, XVII sec., collezione privata

Orazio Borgianni, S. Carlo Borromeo, 1610-16, Hermitage, San Pietroburgo


Orazio Borgianni, S. Carlo intercede presso la SS. Trinità, 1611-12, Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, Roma


Guercino, S. Carlo in orazione, 1613-14, Collegiata di S. Biagio, Cento

Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, S. Carlo in abiti pontificali, XVII sec., Chiesa di Santa Maria di Canepanova, Pavia

Carlo Saraceni, S. Carlo Borromeo porta in processione il Sacro Chiodo, 1618-19, Chiesa di S. Lorenzo in Lucina, Roma

Carlo Saraceni, S. Carlo Borromeo comunica un appestato, 1618-19, Chiesa sei servi di Maria, Cesena

Morazzone, S. Carlo in gloria, 1618, Santuario di Santa Maria della Noce, Inverigo

Francesco Furini, Volto di S. Carlo, 1604 ss., Rijksmuseum Amsterdam

Jan Thomas, Ritratto di S. Carlo da un'opera del Figino, 1627 ss., Rijksmuseum Amsterdam

Henry Ferguson, Paesaggio fantastico con S. Carlo ed adorazione dei Pastori, 1700-20 circa, Rijksmuseum Amsterdam

Giovanni Battista Pittoni il giovane, Madonna col Bambino tra i SS. Carlo Borromeo, Rosa da Lima, Domenico e Bonaventura, XVIII sec., collezione privata

Ambito di Francesco Trevisani, S. Carlo, XVII sec., collezione privata


Giambattista Tiepolo, S. Carlo Borromeo con il Crocifisso, 1767-69 circa, Art Museum, Cincinnati

Raymond Balze, S. Carlo assiste lo zio morente Pio IV, 1856, chiesa di San Rocco, Parigi





Francesco Maria Richini, Cripta di S. Carlo Borromeo (detta popolarmente Scurolo di san Carlo) con urna del Santo di Giovanni Battista Crespi detto Il Cerano, 1606, Duomo di Milano. La Cripta fu modificata negli anni 1810-20 da Pietro Pestagalli

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