sabato 31 ottobre 2015

Dio, misericordia, peccato, Inferno, dannazione in un aforisma di S. Alfonso M. de' Liguori, tratto dal suo "Apparecchio alla morte"

S. Alfonso M. de’ Liguori, Apparecchio alla morte, Considerazione XXIII, Inganni che ‘l Demonio mette in mente a’ peccatori, punto II


Quando la partecipazione attiva a riti pagani ed idolatrici per la Congregazione della dottrina della fede non è un problema ........

Alla vigilia della festa dell’Assunta di quest’anno (v. qui), avevamo segnalato la lodevole iniziativa dei giornalisti cattolici Deotto e Gnocchi, volta a segnalare alla Congregazione per la dottrina della fede l’idolatrica partecipazione attiva di ecclesiastici a riti pagani. Nella speranza che questa dicesse una parola chiara ed esprimesse una chiara e ferma condanna di siffatte condotte, contrarie alla fede cattolica ed al primo Comandamento!
Come volevasi dimostrare il Dicastero vaticano non ha risposto alcunché come riferisce Riscossa cristiana (v. qui). Ne eravamo, in fondo, certi. Ma nutrivamo forse l’irrazionale speranza che, in fondo, almeno queste condotte estreme ed apertamente offensive della fede fossero stigmatizzate.
Nella neo “chiesa della tenerezza” o “chiesa della misericordia” o “liquida” son tutti accetti. Meno che i cattolici (v., ad es., qui, qui e qui. Sulla liquefazione della Chiesa, v. qui). Ce ne faremo una ragione.
Che Dio ci e li perdoni! Che i santi intercedano per noi!



Pieter Paul Rubens, I SS. Francesco, Domenico ed altri proteggono il mondo dai fulmini del Cristo, 1618-19, Musée des Beaux-Arts de Lyon, Lione

Pieter Paul Rubens, S. Francesco e la Vergine proteggono il mondo dai fulmini del Cristo, 1635 circa, Koninklijke Musea voor Schone Kunsten van België, Bruxelles

Il continuo martirio dei cristiani in Siria

Continua la testimonianza di sangue dei martiri cristiani in terra siriana e nel Vicino Oriente per mano del sedicente califfato islamico (v. qui e qui), sostenuto da alcuni governi … (v. qui), dagli errori e malefatte di molti occidentali (v. qui),  e dimenticati, più o meno volutamente, pressoché da tutti (v. quiqui e qui). 
Tutti? Non proprio. Tranne da il vituperato - in Occidente - governo russo, che sta offrendo un aiuto concreto alle popolazioni di quelle terre (v. qui e qui). 
Nella sofferenza, la fede di quei cristiani si rafforza (v. qui).
E questo avviene mentre l’Occidente, imbelle ed impregnato dal pensiero debole e debosciato (v. qui), sta morendo abbandonandosi a scempi, profanazioni e demolizioni anche per far posto .... a moschee (v. quiqui e qui). Giustificate addirittura per legge e dai giudici (v. qui). Nell'Occidente opulento, laico ed ateo, a parte le questioni gender, una delle preoccupazioni è decidere se lo scimpanzé sia o no una persona (v. qui) o "delocalizzare" i presepi (v. qui). Il che la dice lunga come sia messo. 
A differenza di quanto avviene in terra russa (v. qui), dove con lungimiranza, e con maggior senso storico delle origini della religione islamica (v. qui), si è compreso, ad es., pure che il fenomeno immigratorio di questi tempi è orchestrato ed è una vera e propria invasione musulmana, che bisogna contrastare adeguatamente, rinviando indietro i c.d. profughi islamici (v. qui), evitandosi di fare discorsi sull'accoglienza come ha anche ricordato, peraltro, in ambito cattolico il patriarca della chiesa cattolica greco-melkita, Gregorio III Laham (v. qui).
Nella vigilia della festa di Ognissanti e nella memoria di S. Alfonso Rodriguez, confessore, rilancio quest’articolo de Il Foglio.

Francisco de Zurbarán, Visione di S. Alfonso Rodríguez, 1630, Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid


Artista sconosciuto posteriore ad Anton Wierix II, S. Alfonso Rodríguez, XVII sec., Philadelphia Museum of Art, Philadelphia

Undici cristiani decapitati e crocifissi in Siria. 
Sulle croci il cartello “infedele”

di Matteo Matzuzzi

I dettagli circa la strage degli undici cristiani nei dintorni di Aleppo sono stati divulgati da Christian Aid Mission

Undici cristiani siriani, appartenenti a un gruppo attivo nell’assistenza delle popolazioni locali, sono stati decapitati e crocifissi lo scorso mese nei dintorni di Aleppo. Ne ha dato notizia l’organizzazione no profit statunitense Christian Aid Mission, con sede a Charlottesville, in Virginia. Agli undici era stata offerta la possibilità di salvarsi, lasciando la propria casa e rinnegando la fede in Cristo. Dieci di loro hanno rifiutato, mentre il più piccolo del gruppo (un dodicenne) è stato prima torturato e poi ucciso davanti al padre, il capo missione, che si era rifiutato di “tornare all’islam”. Il direttore del gruppo, 41 anni, in cui erano impegnati gli undici (il cui nome non è stato divulgato per ragioni di sicurezza) ha confermato a Christian Aid Mission l’accaduto, spiegando che aveva suggerito loro di abbandonare al più presto la regione, considerata l’avanzata delle milizie del califfo Abu Bakr al Baghdadi. La risposta era stata semplice: “Noi vogliamo stare qui, questo è ciò che Dio ci ha detto di fare e questo è ciò che noi vogliamo fare”.
Stando alle ricostruzioni e le testimonianze delle famiglie dei decapitati, gli undici sono stati catturati lo scorso 7 agosto in un piccolo villaggio non distante dalla periferia di Aleppo. Il 28 dello stesso mese, i miliziani hanno chiesto loro cosa avessero deciso di fare, se rinunciare al Cristianesimo e tornare alla religione islamica. Davanti al rifiuto, i prigionieri sarebbero stati trascinati in mezzo alla folla. Il primo a essere brutalizzato è stato (sempre secondo quanto dichiarato dai testimoni presenti in loco) il figlio dodicenne del campo missione: dopo il taglio delle dita è stato picchiato. Al padre è stato spiegato che la tortura si sarebbe fermata solo se avesse rinnegato Cristo. Dinanzi all’ennesimo rifiuto, tutti i membri del gruppo avrebbero quindi incontrato la morte per decapitazione, prima di essere messi in croce, dove “sono stati lasciati per due giorni e a nessuno era permesso di tirarli giù da lì”, ha aggiunto il capo missione. Sulle croci era stato attaccato il cartello con la scritta “infedele”.

giovedì 29 ottobre 2015

Interessante intervento di don Nicola Bux sulla "Comunione in mano"

Intervento alla presentazione del libro di Mons. Laise, 24.10.2015

Conferenza del 26.9.2013

Un giudice sotto attacco .... perché cattolico ....

Cosa c’è di strano che un giudice applichi la legge? Nulla … se non fosse che quel giudice è cattolico! Terribile delitto!
La cosa può avere dei contorni tragicomici ed invece è reale. Accade in Italia. Sì proprio in quel Paese che, a parole, riconosce la libertà religiosa, non discrimina in base al credo religioso, riconosce la libertà di professare la propria fede, ecc. …, sancite addirittura con parole altisonanti nel testo “sacro” della Carta costituzionale. A parole, ovviamente.
Queste, però, cedono allorché si passi ai fatti. Eh sì. In quel caso, quel diritto costituzionalmente tutelato ... cede. Il che, tradotto, vuol dire “libertà per tutti”, purché tutti la pensino e si riconoscano in quel sistema o nel politicamente corretto di quel momento. Chi è liberale, tollerante per essenza, in fondo, si mostra non tollerante con chi non la pensa come lui … . È una questione classica nel pensiero liberale. Chiunque non si uniforma e non pensa come impone il sistema semplicemente non ha diritti e non ci sono carte costituzionali che tengano!!! Come è avvenuto, del resto, nella "patria delle libertà", gli USA, per la sig.ra Kim Davis (v. qui, qui, quiqui, qui, quiqui e qui).
Non desta meraviglia, dunque, se pure la nostra società occidentale arrivi a negare la libertà a chi è al di fuori del fondamento di esse. Solo che in questa nostra società, il fondamento non è più Dio né la sua Legge divina. Per questo, anche un giudice che applichi né più né meno che la legge, sol perché cattolico e favorevole alla famiglia così come voluta da Dio, non sarebbe imparziale e, quindi, la sua sentenza sarebbe “ideologicamente orientata”. E poco importa che magari quella decisione sia stata assunta in un collegio giudicante ed all’unanimità. No. Semplicemente deve colpirsi il giudice cattolico, perché assuntamente “non imparziale”. Per la verità si accusa, anche gli altri giudici, sebbene con minor clamore, facendo una colpa del presidente del collegio giudicante di appartenere all'Opus Dei (v. qui)!
Ecco quindi che nell’Italia libertaria desti scandalo sui giornali che un magistrato sia semplicemente cattolico e sul suo profilo twitter, peraltro privato, manifesti tali suoi convincimenti.


Ciò che, però, desta scandalo è che ci si scandalizzi per questo e cioè che un magistrato possa avere un credo religioso!!! O meglio, possa essere cattolico e cerchi coerentemente di vivere quella fede professata.
A sollevare lo “scandalo” è stato in Italia il quotidiano, amato dal vescovo di Roma, La Repubblica (v. Nozze gay, dopo il no del Consiglio di Stato è polemica su giudice ‘schierato’. Lui: “Ho solo applicato la legge”, qui), su sollecitazione – evidentemente – delle lobby omosessuali “per i diritti civili” (v. qui e qui) e dal partito del PD (v. qui). Il casus è l’annullamento, da parte della Consiglio di Stato (sentenza del 26.10.2015 n. 4897, v. qui), delle trascrizioni dei c.d. matrimoni omosessuali celebrati all’estero (v. qui, qui e qui), in riforma delle pronunce di alcuni TAR (segnatamente quello del Lazio, qui, e quello lombardo, qui), che, negando le attribuzioni del Ministero dell'Interno, avevano affermato che la questione interessasse il giudice civile e non già il dicastero governativo (v. qui), negando l'ovvietà che la legge italiana consente la trascrizione di matrimoni contratti all'estero sì, ma tra persone di diverso sesso  (cfr. quiqui e qui). Il magistrato aveva semplicemente applicato la legge, come lo stesso ha ricordato (v. qui)! La normativa, tanto costituzionale quanto ordinaria, non permette siffatte trascrizioni. Per cui l'ovvietà sarebbe che se le lobbies desiderano le trascrizioni, non possono ottenerle per via giudiziaria, ma solo mediante la legge e con i meccanismi della legge, sopportando anche gli strumenti che la legge appresta contro le normative incostituzionali e, se necessario, persino il diritto inalienabile all'obiezione di coscienza. Se si accettano i principi della democrazia, deve sottostarsi ai meccanismi da questa permessi, evitando di ... saltare i passaggi ... .
Ed invece nella nostra società l'ovvio non viene colto ... .
Per questo, il giudice è stato fatto oggetto di un grave linciaggio mediatico (v. qui), di vergognosi attacchi, come evidenzia Riccardo Cascioli (v. qui), ovvero di un attacco indecente come sottolinea Avvenire (v. qui). Ed inserito nella lista di .... proscrizione del ... registro italiano dei razzisti e omofobi (v. qui. Su questo "registro", v. qui). Come dire? Colpire uno per educarne cento (v. qui)!

L’impeccabile intervista di Deodato che spiega come si può essere giudici e cattolici

di Redazione

Attaccato per le sue opinioni personali, l’estensore della sentenza sulle trascrizioni delle nozze gay risponde difendendosi dalle accuse.

Oggi sui maggiori quotidiani italiani si parla della sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciate le trascrizioni delle nozze omosessuali contratte all’estero. Come vi abbiamo raccontato ieri, subito è esplosa l’assurda polemica intorno alle convinzioni personali dell’estensore della sentenza, il giudice Carlo Deodato. L’accusa è di essere cattolico e di aver condiviso sul proprio profilo twitter alcuni articoli, tra cui tempi.it, la Nuova Bussola quotidiana, il Foglio (a guardar bene ve ne sono anche dell’Huffington Post e de Linkiesta, ma – chissà come mai – loro non fanno parte della “lobby antigender”).
Intervistato oggi da Repubblica, Deodato risponde alle domande della giornalista Liana Milella perché sebbene, da buon giudice, vorrebbe lasciare la parola al testo scritto, tuttavia ha deciso di esporsi per «chiarire il ruolo e la funzione del giudice», augurandosi che «questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale».

DECISIONE CORRETTA. Dopo la diffusione della notizia e le polemiche, quella di ieri è stata per Deodato una giornata difficile. «Non posso nascondere – spiega – una certa amarezza per i violenti attacchi personali che mi sono stati rivolti. Ma resto comunque sereno perché ritengo di aver fatto il mio dovere». Il giudice difende quanto scritto: «Ritengo che la decisione assunta sia tecnicamente e giuridicamente corretta, senza alcun inquinamento ideologico. Le accuse che mi sono state indirizzate sono tutte riferite a un mio presunto pregiudizio ideologico, ma non al merito della decisione, che invito tutti a leggere con animo sereno e distaccato». Il Consiglio di Stato, prosegue, non ha fatto altro che «confermare quanto aveva già stabilito il Tar del Lazio, nei confronti del quale non mi ricordo che siano state formulate le medesime critiche…».

RISPETTARE LA LEGGE. Già, il problema di Deodato, però, è che è «cattolico». La risposta all’accusa è cristallina: «Le opinioni personali e la formazione culturale che appartengono a ogni giudice, e che possono essere espresse in diverse forme, non incidono in alcun modo sull’esercizio della funzione giurisdizionale. Un buon giudice è quello che applica la legge assumendo decisioni coerenti con essa, senza farsi in alcun modo condizionare dai propri convincimenti di ordine politico, morale, o religioso».
Per questo, è la risposta ovvia di Deodato, il suo compito è limitato a «identificare la norma di legge che disciplina la fattispecie in questione e provvedere alla sua rigorosa applicazione. Con questo modus procedendi non esiste il rischio che le convinzioni personali possano inquinare la correttezza del giudizio. Aggiungo che le decisioni del Consiglio di Stato sono assunte da un collegio di 5 magistrati, in modo da limitare al massimo il rischio che eventuali condizionamenti personali possano inficiare la correttezza della decisione».

«LA RISCRIVEREI». I giornali fanno notare che anche il presidente del collegio, Giuseppe Romeo, è dell’Opus Dei. Ma, anche su questo, la risposta di Deodato è ferma: «Premesso che al di fuori del presidente ignoro le convinzioni religiose degli altri componenti del collegio, ritengo che la decisione assunta fosse l’unica possibile in quanto l’unica rispettosa dell’ordinamento giuridico in vigore in Italia».
Quindi, riscriverebbe così la sentenza? «Mi sta chiedendo se sono disposto a cambiare idea per il solo fatto che la sentenza non è piaciuta ad alcune persone? Allora sì che non sarei un buon giudice. La riscriverei esattamente così. Mi resta però una profonda amarezza per gli attacchi personali molto violenti che non penso di meritare, ma mi auguro che questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale e soprattutto a chiarire che la soluzione alla questione della disciplina delle unioni omosessuali non deve essere chiesta al giudice, ma alla politica».