giovedì 24 settembre 2015

Aumentano le critiche canonistiche verso i due motu proprio dell'8 settembre

Già all’indomani della pubblicazione dei due m.p. gemelli era stata avvertita una certa perplessità per alcune disposizioni problematiche (ne avevamo parlato anche noi qui); perplessità accresciute dalle parole sull’Osservatore Romano di un personaggio qualificato, autore materiale di questa riforma (in quanto presidente della Commissione che l’ha concepita), mons. Pio Vito Pinto, secondo cui i due m.p. richiederanno «un cambiamento di mentalità che … convinca [i vescovi] e sorregga a seguire l’invito di Cristo, presente nel loro fratello, il vescovo di Roma, di passare dal ristretto numero di poche migliaia di nullità a quello smisurato di infelici che potrebbero avere la dichiarazione di nullità — per l’evidente assenza di fede come ponte verso la conoscenza e quindi la libera volontà di dare il consenso sacramentale — ma sono lasciati fuori dal vigente sistema» (v. Pio Vito Pinto, La riforma del processo matrimoniale per la dichiarazione di nullità, in L’Osservatore romano, 8.9.2015. V. anche qui e qui. Per una riflessione sulle parole di mons. Pinto in senso critico, v. qui).
E non possiamo, in effetti, dargli torto, visto che, a ben vedere, questa riforma ribalta il principio canonistico del favor matrimonii a beneficio di un favor nullitatis.
Del resto, per rendersene conto basti solo leggere il novellato can. 1687 § 1 c.i.c., secondo cui «Ricevuti gli atti, il Vescovo diocesano, consultatosi con l’istruttore e l’assessore, vagliate le osservazioni del difensore del vincolo e, se vi siano, le difese delle parti, se raggiunge la certezza morale sulla nullità del matrimonio, emani la sentenza. Altrimenti rimetta la causa al processo ordinario».
In sede di processo matrimoniale breve, dunque, il vescovo potrà assumere solo due decisioni: o dichiarare la nullità del vincolo oppure rimettere la causa al processo ordinario. Non potrà dunque concludere in alcun modo circa la validità del matrimonio ed il rigetto della domanda di nullità. Quest’opzione decisionale non è prevista. Al più, dunque, qualora dovesse essere convinto circa la validità del vincolo, l’unica opzione che avrà a disposizione sarà quella di rimettere la causa al processo ordinario. Per incidens, non si comprende peraltro neppure che valenza assumano in questo giudizio gli eventuali atti istruttori svolti dinanzi al Vescovo … né è dato comprendere se la rimessione al giudizio ordinario comporti un ricominciare da capo la procedura di nullità con un nuovo libello, ecc. … Ma sorvoliamo su queste lacune procedurali.
Quel che conta rilevare è che l’esclusione del potere del vescovo di potersi esprimere sulla validità del vincolo, con conseguente rigetto della domanda, fa emergere indiscutibilmente quel favor nullitatis, che poco si concilia con l’altro favor, formalmente non toccato dalla riforma, ma di fatto svuotato di significato, qual è quello sancito dal can. 1060: «Il matrimonio ha il favore del diritto; pertanto nel dubbio si deve ritenere valido il matrimonio fino a che non sia provato il contrario».
Nel nostro caso può, invece, dirsi, dopo la riforma che entrerà in vigore l’8 dicembre prossimo, che il matrimonio sarà considerato nullo, sino a prova contraria.
Nella memoria liturgica della Madonna della Mercede, affinché interceda per la Chiesa e perché l’opera dei novatori non distrugga il matrimonio quale sacramento, riducendolo a sacramentale, rilancio quest’articolo di Chiesa e postconcilio.


Francisco de Zurbarán, Apparizione della Vergine della Mercede a S. Pietro Nolasco, 1628-30 circa, collezione privata


Francisco de Zurbarán, Vergine della Mercede con il Bambino con i SS. Pietro Nolasco e Raimondo Nonnato, 1635-40, collezione privata

Jerónimo Jacinto de Espinosa, S. Pietro Nolasco intercede presso il Cristo e la Vergine della mercede per i suoi frati infermi, 1651-52, Colección de la Real Academia de San Carlos, Museo de Bellas Artes, Valencia

Juan de Roelas, Vergine della Mercede, Museo de Bellas Artes, Siviglia

Alonso Miguel de Tovar, Apparizione della Vergine della Mercede a S. Pietro Nolasco, 1723, Museo de Bellas Artes, Siviglia

Vicente López Portaña, La Vergine della mercede libera gli schiavi, 1798-1803, Valencia

Gil de Castro, Vergine della Mercede con i SS. Pietro Nolasco e Raimondo Nonnato, 1814, Collezione privata

Madonna della Mercede, San Fernando (Cádiz)


Divorzio cattolico – Le critiche canoniche sulla riforma dell’annullamento si accumulano: saranno prese in considerazione dal Vaticano, dai vescovi e dagli yes men di Francesco?

Riprendiamo da Rorate Caeli. In parte ne abbiamo parlato qui.

C’è decisamente qualcosa nell’aria: eminenti canonisti che inizialmente avevano elogiato le riforme dell’annullamento del matrimonio si sono tirati indietro e successivamente si sono anche pronunciati duramente contro di esse; è sorto un autentico dibattito sul malcontento tra un numero significativo di avvocati canonici e prelati. E in questo caso non stiamo parlando di tradizionalisti! Le riforme arbitrarie e straordinariamente problematiche del processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio introdotte dal Papa, elaborate senza consultazioni a vasta scala, in relativa segretezza, e pubblicate l’8 settembre tramite il motu proprio Mitis Iudex, si sta trasformando rapidamente in una crisi d’autorità senza precedenti per il suo ruolo. Tale crisi d’autorità è autentica e nemmeno la grande quantità di negazioni e atteggiamenti riduttivi da parte dell’establishment dei media cattolici e di “rispettabili” blogger cattolici la possono nascondere.
Nei primi giorni dopo la promulgazione del Mitis Iudex, le valutazioni critiche da parte del canonista Kurt Martens e del professore di filosofia sistematica Chad Pecknold, entrambi docenti alla Catholic University of America, hanno raggiunto un vasto pubblico grazie al reportage delWashington Post sulla riforma (“Pope Francis announces biggest changes to annulment process in centuries“ [“Papa Francesco annuncia i più grandi cambiamenti da secoli nel processo di annullamento”]). Per quanto ne sappiamo, Martens è stato il primo a riferirsi pubblicamente alla riforma come alla “versione cattolica del divorzio consensuale”. Se avrete l’opportunità di incontrare qualche vescovo o apologeta professionista che accusa una presunta cospirazione secolarista di aver fabbricato l’idea secondo cui il Papa avrebbe appena istituito il “divorzio cattolico”, fateglielo presente. Ma stiamo facendo una digressione...
Nonostante l’articolo del Washington Post, l’approfondita analisi iniziale delle riforme nella stampa cattolica “conservatrice” è rimasta piuttosto neutrale o addirittura a favore. Oltre alla lista neutrale di “cose da sapere e condividere” sul motu proprio a cura di Jimmi Akin, sono stati tre saggi che elogiavano o sottovalutavano la gravità delle riforme, scritti da avvocati canonisti, ad imperversare sui social media:

Benedict Nguyen, “Annulment Reform: 6 Misconceptions and 6 Developments“ (“La riforma dell’annullamento: sei fraintendimenti e sei sviluppi”);

Edward Peters, “A first look at Mitis Iudex“ (“Un primo sguardo al Mitis Iudex”, e il correlativo post su Facebook);

Ed Condon, “Mitis Iudex: The Good, The Bad, & The Ugly“ (“Il Mitis Iudex: Il buono, il brutto e cattivo”).

Questi tre esperti hanno presto cominciato a pubblicare ulteriori risposte critiche.
In poche ore, Ed Peters ha cominciato a postare ulteriori analisi, una più critica dell’altra: 1) “A second look at Mitis, especially at the new fast-track annulment process“ (“Un secondo sguardo alMitis Iudex, in modo particolare al nuovo processo accelerato d’annullamento”, 8 settembre), “Nah, that twern’t no smear“ (“No, non era una presa in giro”, 10 settembre), “Who is satisfied with Mitis Iudex?“ (“Chi è soddisfatto del Mitis Iudex?”, 13 settembre), e quella che per adesso è l’ultima: “Note: Avoiding the requirements of Mitis would not be easy for bishops“ (“Nota: evadere le richieste del Mitis Iudex non sarà facile per i vescovi”, 4 settembre). Le critiche e le riserve di Ed Peters a proposito delle riforme sono state diffusamente discusse su blog e siti cattolici e pertanto non le tratteremo ulteriormente in questa sede.
A Modest Proposal“ (“Un’umile proposta”, 12 settembre), di Ed Condon, sostiene tuttora che “vi sono più elementi positivi che negativi nelle riforme”, ma si sofferma diffusamente sui serissimi pericoli inerenti al “processo abbreviato” autorizzato da Papa Francesco. Condon ha anche riportato la seguente riminiscenza a proposito della crescente mancanza di perizia giuridica tra idefensores matrimonii – gli ufficiali incaricati di difendere la presunta validità del matrimonio che è sotto questione – una mancanza che verrebbe solo aggravata dalle nuove riforme.
Da quanto ho potuto constatare tramite la mia esperienza nei tribunali matrimoniali – che è molto variegata –, nella maggioranza dei casi nessuno dei partecipanti ha un dottorato e solo alcuni dei giudici hanno la licenza. In effetti, di solito al posto del collegio di tre giudici clericali ce n’è uno solo (questa, che precedentemente era un’eccezione frequentemente permessa negli Stati Uniti, viene ora resa una regola universale dal Mitis Iudex), e le parti non hanno alcun avvocato, mentre quando lo hanno è raro che questi sia un avvocato canonista.
Meno della metà delle opinioni espresse dai difensori del vincolo matrimoniale che io ho letto in qualità di giudice sono firmate da una persona che abbia la licenza in diritto canonico. Di solito sono firmate da un sacerdote, o sempre più spesso da un diacono permanente che non ha alcuna formazione canonica e che assume l’incarico di difensore del vincolo matrimoniale come se fosse un noioso lavoro straordinario che lo distoglie dal suo lavoro pastorale ordinario in parrocchia. Un difensore del vincolo matrimoniale di cui sono a conoscenza, in realtà, non fa altro che inoltrare lo stesso dossier di una sola pagina per ogni caso che gli viene assegnato. Nessuno scrive più un appello.
Ciò è reso possibile dal fatto che un tribunale può richiedere alla Segnatura Apostolica di concedergli di nominare per questi ruoli “esperti alternativi” (leggi “formalmente privi di qualificazione”) quando non si è in grado di rintracciare uno staff sufficientemente qualificato.
(...)
Con ciò non voglio affermare che non siano in buona fede, che non lavorino duro o che non meritino rispetto e gratitudine per i loro sforzi; ma è d’altro canto inutile aspettarsi che possano svolgere un ruolo vitale come quello di difensori del vincolo matrimoniale. Credete forse che anche una sola delle parti in un caso di nullità matrimoniale accetterebbe di essere rappresentata da una persona che non fosse laureata in giurisprudenza nel processo di divorzio civile, anche qualora essa fosse un volontario con molta buona volontà?
Questo per quanto riguarda lo stato attuale del processo negli Stati Uniti, nazione tra quelle che hanno il numero più alto (se non quella che ne ha il numero più alto in assoluto) di avvocati canonici. Ci chiediamo: quanto a maggior ragione il processo abbreviato, “accelerato”, autorizzato da Francesco, aprirà le porte a una valanga di richieste di dichiarazione di nullità?
Lo stesso giorno in cui Condon ha pubblicato il suo articolo ammonitore, Benedict Nguyen ha rilasciato una breve intervista alla radio National Catholic Register (12 settembre – ascolta qui). Egli ha parlato apertamente della mancanza tanto di una consultazione dei vari vescovi del mondo come delle facoltà richieste dalla legge canonica da parte della commissione incaricata dal Papa, che ha lavorato da sola in tutta segretezza. Ha anche menzionato il desiderio di molti avvocati canonici di assistere a un’estensione della vacatio legis concessa dal Papa prima che le riforme vengano implementate (8 dicembre), per permettere una consultazione a vasta scala all’interno della Chiesa su queste riforme. Pochi giorni dopo, egli ha pubblicato un altro articolo, stavolta sul britannico Catholic Herald, che aveva sfacciatamente elogiato le riforme solo la settimana precedente.
Il titolo del secondo articolo di Nguyen è chiaro: “We’re heading for ‘Catholic divorces‘” (“Stiamo arrivando ai ‘divorzi cattolici’”, 18 settembre). Nguyen spiega brevemente e chiaramente perché le nuove riforme annullano la presunzione di validità per i matrimoni e consente che molti di essi vengano considerati pregiudizialmente nulli persino prima che cominci il processo (il grassetto nei paragrafi seguenti è nostro):
... Molti rispettabili avvocati canonisti e commentatori stanno esprimendo gravi preoccupazioni sul testo, man mano che lo vanno studiando più attentamente. Unisco la mia al crescente numero di voci di quanti si trovano in apprensione. A mio modo di vedere, certi cambiamenti rischiano di arrecare più danni che benefici, creando più confusione che chiarezza sulla validità del matrimonio e sul proposito della dichiarazione del processo di nullità.
Il cambiamento più significativo proposto nel Mitis Iudex è la creazione della “procedura abbreviata” per i casi la cui decisione viene affidata al vescovo diocesano, affinché decida lui stesso con una sorta di fiat amministrativo. Questo cambiamento, estremamente problematico, fa scaturire serie questioni e gravi confusioni.
Ai vescovi diocesani – già estremamente occupati –, compresi quelli che non sono formati nella legge matrimoniale, verrà chiesto di decidere potenzialmente su centinaia di casi di matrimonio canonico all’anno basandosi quasi solamente sul referto di consulenti che neanche loro sono avvocati canonisti. È in questo modo che si pretende di “accelerare” il processo. Eppure è praticamente impossibile comprendere come lo si possa fare senza che il vescovo diocesano avalli le decisioni senza adeguata valutazione o le prenda lui, in tutta fretta, privilegiando la velocità all’accuratezza. In entrambi i casi si tratterebbe di un’ingiustizia.
(...) Il diritto canonico utilizza già un “processo documentale” più corto per i casi che implichino la mancanza di capacità per sposarsi (canoni 1073-1094) o una mancanza o un difetto della forma canonica (canoni 1108-1123). Per la terza categoria di casi di matrimonio – quelli che comportano mancanza di consenso (canoni 1095-1107), che utilizzano la “procedura matrimoniale formale” – il Mitis Iudex permetterà d’ora in poi di utilizzare i nuovi “processi abbreviati” laddove questi casi sembrano essere nulli “per argomenti particolarmente evidenti”.
È qui che nascono i problemi. Come dovrebbero essere considerati tali “argomenti evidenti” di fronte a un processo adeguato?
Ciò che il Mitis Iudex ha realmente fatto è annullare nella pratica il principio di fondamentale importanza che si trova nel canone 1060, in cui si sancisce che il matrimonio deve essere considerato valido finché non viene provato il contrario. Permettendo il processo abbreviato per casi che sembrano nulli “per argomenti particolarmente evidenti”, il Mitis Iudex permette una sorta di giudizio di nullità per difetto del matrimonio prima ancóra che un processo venga avviato. Il risultato è che alcuni matrimoni verranno considerati nulli ancor prima che il processo cominci. Ciò va direttamente contro la presunzione di validità richiesta dalla giustizia, dalla logica e dal canone 1060. Il Mitis Iudex ha creato una situazione invertita in cui i matrimoni hanno la presunzione di nullità e in cui è la validità che deve essere provata.
L’ultimo ma non meno importante dei commenti su quella che potrebbe verosimilmente diventare la parola più pericolosa nel motu proprio del Papa – quell’”etc.” alla fine della lista di circostanze che possono essere essere invocate affinché si adotti il “processo breve” per giudicare la validità del matrimonio – è stato pubblicato dai nostri amici del Canon Law Centre(“The “Et Cetera” Time Bomb In Article 14 §1 Of The Ratio Procedendi” [“La bomba ad orologeria ‘Et Cetera’ nell’articolo 14 § 1 della Ratio Procedendi”]). Il grassetto nel seguente paragrafo è nostro:
Analogamente a certe altre ambiguità ed espressioni vaghe che hanno trovato spazio nei documenti ufficiali del Vaticano II, sostengo che l’”etc.” nell’articolo 14 § 1 sarà potenzialmente uno degli strumenti più abusivamente utilizzati dalle interpretazioni eterodosse che si trovano nelle nuove norme. Questi abusi saranno resi possibili dalle vaste riserve di discrezioni amministrative concesse ai vescovi diocesani sotto la legge riformata. Pur essendo vero che bisogna soddisfare alcuni requisiti fondamentali affinché un caso sia ascoltato in base al processus brevior, è altrettanto vero che tali requisiti non sono molto difficili da soddisfare sotto le nuove norme.
Il Canon Law Center sostiene anche che il “processo abbreviato” per l’emissione rapida delle dichiarazioni di nullità diventerà la norma, non l’eccezione:
... sarebbe piuttosto ingenuo credere che il processus brevior sarà qualcosa di eccezionale o di raro nelle pratiche degli odierni tribunali. In realtà, se le recenti tendenze delle procedure penali canoniche possono fornire delle indicazioni riguardo a quanto ci si possa aspettare in un futuro prossimo (negli scorsi due anni si è assistito a uno sforzo collettivo guidato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per ridurre i processi giudiziali e stabilire dei processi amministrativi più brevi come norma), l’opinione di chi scrive è che in questo modo il processus brevior diventerà poco a poco la norma, in luogo delle pratiche giudiziali. Questo processo abbreviato aprirà senza dubbio le porte ad abusi nell’amministrazione della giustizia, dal momento che verranno concentrati nelle mani di una sola persona, il vescovo, molti ruoli. Su queste basi, la fiducia nella validità dei processi di nullità del matrimonio verterà necessariamente sulla fiducia nel vescovo che pronuncerà il giudizio.
Fino ad ora, i bloggers di Rorate non hanno visto nemmeno un commento esteso e non liberale sul Mitis Iudex che sia nettamente a favore di esso, e che non sia stato in certa misura ritrattato. È vero che alcune diocesi cattoliche e alcune conferenze episcopali hanno pubblicato comunicati stampa che elogiano le riforme, ma francamente questo c’era da aspettarselo. Alcune diocesi cattoliche conservatrici (per es. Madison, Wisconsin) hanno pubblicato commenti che cercavano di minimizzare la natura dirompente delle riforme, il che ci sembra più un tentativo di limitare i danni che altro. È vero, non è realistico aspettarsi che le diocesi emettano delle critiche ufficiali ai decreti romani. Tuttavia, i vescovi che cercano di fare buon viso al cattivo gioco di un pessimo esemplare di norma della Chiesa – e per giunta una che avrà delle conseguenze sulla giusta comprensione della dottrina – non rendono un servizio alla verità.

Ma noi speriamo che gli avvocati canonici si uniscano presto tra di loro per esercitare delle pressioni su Roma, in modo pubblico e organizzato, per ritardare l’entrata in vigore del Mitis Iudex. Quel che è in ballo è nient’altro che la solidità storica e la credibilità della Chiesa Cattolica e del suo insegnamento sul matrimonio. Sarà un’ironia grande e terribile se la festività dell’Immacolata Concezione diventerà quest’anno il giorno in cui quest’insegnamento comporterà un colpo devastante da cui ci si potrebbe non riavere per varie generazioni, se non per secoli.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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