martedì 7 luglio 2015

“Igitur Cyríllus et Methódius illi expeditióni destináti, et in Moráviam célebri lætítia excépti, ánimos christiánis institutiónibus tanta vi tamque operósa indústria excoléndos aggrediúntur, ut non longo intervállo ea gens nomen Jesu Christo libentíssime déderit. Ad eam rem non parum sciéntia váluit dictiónis Slavónicæ, quam Cyríllus ante percéperat, multúmque potuérunt sacræ utriúsque Testaménti lítteræ, quas próprio pópuli sermóne reddíderat” (Litteræ Encyclicæ Leonis Papæ XIII – Lect. IV – II Noct.) - SANCTORUM CYRILLI ET METHODII, EPISCOPORUM ET CONFESSORUM, SLAVICÆ GENTIS APOSTOLORUM

Ecco due celebri missionari orientali che appartengono tuttavia anche a più di un titolo alla storia della Roma papale. Difatti, i popoli slavi sono debitori a Cirillo ed a Metodio della loro civiltà, della loro fede e, più ancora, della loro primitiva comunione con la Cattedra di Pietro, comunione che ha lasciato nella storia numerose ed indelebili tracce. Ancor’oggi, il pellegrino slavo che arriva a Roma e va’ a prostrarsi sul sepolcro del Principe degli Apostoli vede un quadro che rappresenta il Salvatore tra il santi Pietro e Paolo. Ora questa venerata icona sulla quale è tracciata un’iscrizione slava fu, si dice, deposta lì dai santi Cirillo e Metodio, quale omaggio della loro devozione alla Sede apostolica.
Si conosce la vita dei due fratelli. Al tempo di Adriano II, Roma li vide entrare trionfalmente nelle sue mura, seguiti da una truppa scelta di discepoli carichi di un prezioso fardello: le reliquie del martire Clemente ritrovate da essi nel Chersoneso.
Cirillo e Metodio giustificarono davanti al concilio romano la loro missione, e ricevettero la consacrazione episcopale dalle mani del Papa. Tuttavia le difficoltà sollevate contro di essi dai loro avversari furono assai pesanti; così che Cirillo, chiamato prima Costantino, all’estremo delle forze, preferì lasciare a suo fratello la cura della missione slava e restare a Roma all’ombra di San Clemente, dove preparò il suo proprio sepolcro. La morte non tardò a raggiungerlo, il 14 febbraio 869, ad appena quarantadue anni. Del suo sepolcro primitivo, nel narthex del titulus clementis, resta una pittura interessante. L’anima dell’apostolo defunto è presentata al Giudice supremo dai suoi santi protettori, Michele e Gabriele, l’apostolo Andrea e Clemente cingono il trono divino, mentre Metodio eleva, supplicante, il calice eucaristico per il riposo dell’anima di suo fratello Cirillo.
Un’altra pittura rievoca ugualmente Cirillo e Metodio nel titulus clementis. Si trova anch’essa nel nartece, a sinistra della porta, e rappresenta la traslazione del corpo del martire Clemente nella basilica che porta il suo nome. Dietro la bara portata dai diaconi, marcia per primo il papa Nicola I coi due fratelli, Cirillo e Metodio, a destra ed a sinistra. Il Pontefice è rivestito della casula e del pallio, e la sua fronte è coronata del regnum; mentre gli apostoli degli slavi hanno una semplice casula sotto la quale scendono, sulla tunica, le bande della stola. Due chierici portano le ferule episcopali dei due fratelli, ed il Papa non ne ha. È significativo notare che il nimbo rotondo orna solamente la testa di Nicola e di san Cirillo: si spiega del resto facilmente l’assenza di questo segno di venerazione liturgica intorno alla testa di Metodio. Il pittore romano dell’XI sec. aveva conoscenza soltanto della venerazione, di cui erano oggetto nell’Urbe, di Nicola I e di Cirillo, ignorando completamente la sorte dell’altro apostolo degli Slavi morto nell’885 in Moravia.
Un terzo monumento molto importante esisteva una volta a Roma, e si riferiva all’apostolato slavo dei due santi Vescovi ed all’opera zelante di missionario che aveva anche compiuta presso i bulgari il papa Formoso prima di salire sulla Cattedra apostolica. Si tratta dell’oratorio di San Lorenzo supra sanctum clementem, eretto tra le costruzioni del Celio che già reggeva, un tempo, il grande tempio di Claudio. Lì, nel 1689, Ciampini scoprì per la prima volta un’abside dipinta dove si vedeva il Salvatore tra i due Principi degli Apostoli Pietro e Paolo, Lorenzo ed Ippolito. Il Signore dava a Pietro il volume della Legge, e si leggevano queste parole: DÑUS (le)GEM (dat), «Il Signore dà la legge».
Si vedevano anche il papa Formoso ed il re dei Bulgari, Michele, prostrati davanti a lui in atto di adorazione.
Questo Michele è lo stesso Boris o Bogoris, primo re cristiano dei Bulgari, che, convertito alla fede da san Metodio, attirò al Cristo quasi tutto il suo popolo. Assunse il nome di Michele al momento del battesimo (864), in onore del suo padrino, l’imperatore bizantino Michele III.
Per non comunicare con l’intruso Fozio di Costantinopoli, Boris inviò dei messaggeri al papa Nicolò I da cui, nell’867, egli ricevette la celebre lettera che rispondeva alle sue questioni. Boris cambiò in seguito (889) il diadema reale con il saio monastico e morì santamente nello stato religioso il 2 maggio 907. Presso i Bulgari è onorato del culto liturgico dei santi.
Dobbiamo menzionare qui altri cinque personaggi, tutti discepoli e coadiutori dei santi Cirillo e Metodio nell’evangelizzazione dei Bulgari.
San Naum, prima di associarsi al vescovo Clemente per convertire la Bulgaria, aiutò nella loro missione i santi Cirillo e Metodio. Lavorò con loro alla traduzione dei libri liturgici in slavo ed andò con i due santi a Roma a vedere il papa Adriano II.
San Clemente condivise in origine le fatiche e le persecuzioni dei due fratelli apostoli della Moravia; scacciato in seguito dalla Pannonia, entrò in Bulgaria e morì nel 916 quale vescovo di Tiberiopolis.
San Gozardo successe nell’885 a Metodio in qualità di metropolita della Moravia e della Pannonia. Scacciato l’anno seguente, l’esiliato diresse la sua attività missionaria presso i Bulgari, in quest’impresa egli ebbe per imitatori Saba (o Sabba) ed Angelario, di cui si sa soltanto che erano oggetto di un culto liturgico.
La festa dei santi Cirillo e Metodio non fu introdotta nel Messale romano che da Leone XIII.
Roma cristiana ha dedicato ai due santi fratelli una chiesa nella zona Acilia Nord, Santi Cirillo e Metodio, costruita nel 1996-97.
La messa Sacerdótes è la stessa per la traslazione di san Leone Magno il 28 giugno, salvo le particolarità seguenti. Le collette sono proprie.
Il Vangelo è tratto da san Luca (Lc. 10, 1-9). Solo la Chiesa cattolica ha diritto e l’incarico di andare ed insegnare, nella persona degli apostoli, a tutte le genti: Euntes, docete omnes gentes, «Andate ed insegnate a tutte le genti» (Mt 28, 19).
La divina Eucarestia non è solamente l’antidoto contro i peccati commessi, è anche una leva potente che slancia l’anima verso il cielo. Può essere paragonata a quel zampillo di acqua di cui parla il Vangelo che si eleva impetuoso. Così parlava di sé sant’Ignazio di Antiochia: Sento in me qualche cosa che mi eleva, mentre risuona ai miei orecchi come una voce che mi dice: vieni al Padre.



Icona russa dei SS. Cirillo e Metodio, XVIII-XIX sec.


Artur Orlenov, SS. Cirillo e Metodio, 2007



Josef Zelený, SS. Cirillo e Metodio, 1863, Monastero benedettino, Rajhrad


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