martedì 28 aprile 2015

“Tanta in ejus péctore alebátur divínæ caritátis flamma, ut indúsium quod erat cordi própius, sæpe véluti igne adústum, et binæ cóstulæ elátæ apparúerint” (Lect. VI – II Noct.) - SANCTI PAULI A CRUCE, CONFESSORIS ET FUNDATORIS

Quest’apostolo dei tempi moderni, al secolo Paolo Francesco Danei, potente in opere ed in parole, e che rinnovò nelle sue predicazioni i prodigi dei primi anni della Chiesa, passò al Signore il 18 ottobre 1775 e fu sepolto nel Titolo di Pammachio, in cui oggi si celebra la sua festa solenne. Tuttavia, siccome il 18 ottobre è consacrato a san Luca, Pio IX decretò che la memoria di san Paolo della Croce fosse celebrata in tutta la Chiesa alla data del 28 aprile. Questo avvenne nel 1869, epoca in cui la tradizione liturgica era poco studiata e, nella pratica, era negletta. Ed è così che la messa di san Vitale, che è riportata da tutti gli antichi documenti e che appartiene davvero al fondo liturgico tradizionale della Città eterna, scomparve e non si conservò che la sua commemorazione.
Roma cristiana ha dedicato al nostro Santo una chiesa nel 1983 nel suburbio Gianicolense. La chiesa, dal 1985, è titolo cardinalizio (San Paolo della Croce a Corviale).
La messa di san Paolo, considerata sotto l’aspetto della sua composizione, ha tutti i meriti e tutti i difetti delle messe moderne. Il suo redattore non ha tenuto alcun conto del carattere musicale e salmodico delle antifone e dei responsori dell’Introito, dell’offertorio, ecc., tutte scelte che ignorava probabilmente.
Ha spigolato dunque semplicemente nelle epistole di san Paolo e di san Pietro dei testi relativi a Gesù Crocifisso e li ha disposti abilmente, come un mosaico, nella sua composizione. È così che nel Graduale si va dalla Lettera ai fedeli di Galazia a quella ai Corinzi e da questa alla secunda Petri; nel Tratto, si va da Pietro ai Corinzi e poi agli Ebrei, dimenticando totalmente che si tratta di parti liturgiche ritmiche e musicali per loro natura. In compenso, la composizione respira l’amore ed eccita alla devozione verso la Passione del Salvatore.
Il testo della prima lettura è quasi identico a quello della messa di san Giustino e forse è più adatto rispetto a quella. La congregazione religiosa fondata da san Paolo della Croce non si dedica alle opere parrocchiali, alle scuole né agli istituti di educazione, ma i suoi membri vanno di preferenza a predicare delle missioni nelle campagne e nelle povere borgate, annunciando Gesù Crocifisso ai peccatori. Bisogna notare che i Passionisti, oltre ai voti religiosi abituali, emettono nella loro professione quello di propagare tra i fedeli la devozione alla Passione del Salvatore.
La lettura del Vangelo è presa dalla festa da san Marco. Come non commuoversi al ricordo di questo nuovo apostolo del Crocifisso nel XVIII sec. che lo predicava tra le più dure penitenze e viaggiava sempre a piedi nudi! Capitò talvolta che in piena foresta i briganti loro stessi, inteneriti, stendessero i loro mantelli al passaggio di san Paolo della Croce, affinché i suoi piedi non fossero feriti dalle spine.
Si racconta, infatti, che un giorno col fratello andava in missione verso una località chiamata Montiano, quand’ecco, ad un tratto alcuni briganti a cavallo passarono accanto a loro. Il padre Paolo li salutò e parlò loro soavemente di Dio. Commossi i briganti invitarono i missionari a salire sui loro cavalli, tanto più che i piedi di quei padri erano insanguinati dagli sterpi che ostacolavano la via. Padre Paolo sorrise, ma non accettò. Fu un lampo: scesi da cavallo, i due banditi stesero a terra i loro mantelli, affinché i servi di Dio vi potessero passare sopra. Durante l’intera missione, in fondo alla Chiesa, padre Paolo, mentre predicava, scorse i due briganti e, terminata la missione, vennero a confessarsi, uno dopo l’altro, dal Santo, rinunciando al loro mestiere criminoso, conducendo da allora un’esemplare vita cristiana (Luigi-Teresa di Gesù Agonizzante, S. Paolo della Croce, Roma 1952, cap. XXIX).
La vita attiva della Chiesa proviene dalla sua vita di preghiera e di contemplazione; è un’illusione perniciosa dunque credere che si possa illuminare gli altri se prima non bruci in sé stessi la fiamma del santo amore. San Paolo della Croce e san Leonardo da Porto-Maurizio furono in Italia i due più grandi restauratori della vita apostolica nel XVIII sec.; l’uno e l’altro compresero che, per produrre degli apostoli e dei missionari, il ritiro dalla vita, la solitudine, il raccoglimento dello spirito, la rigida povertà, l’austera penitenza sono necessari; così san Paolo istituì la Congregazione dei Passionisti lontano dai rumori delle città e tra le rocce solitarie del Monte Argentario. Quanto a san Leonardo, egli si fece il promotore, in seno alla famiglia serafica, di una riforma particolare, adottata dai Conventi detti di ritiro, e che contribuì grandemente a mantenere vivo nei Minori l’ideale francescano primitivo.






Autore anonimo, S. Paolo della Croce, XIX sec., Museo diocesano, Viterbo

Ignazio Tosi, S. Paolo della Croce verga le regole dei Passionisti, XIX sec., Accademia Urbense, Ovada


Pietro Maggi, S. Paolo della Croce in gloria, 1853, museo diocesano, Alessandria

Autore anonimo, Predica di S. Paolo della Croce mentre un angelo gli suggerisce le parole, XIX sec., museo diocesano, Civitavecchia-Tarquinia

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