giovedì 5 febbraio 2015

“Qui me dignátus est ab omni plaga curáre et mamíllam meam meo péctori restitúere, ipsum ínvoco Deum vivum” (Comm.) - SANCTÆ AGATHÆ, VIRGINIS ET MARTYRIS

Il culto di questa martire siciliana, venerata ugualmente in Oriente, e nominata nei dittici del Canone romano della Messa, è molto antico nella Città eterna. Il papa Simmaco (498-514) le edificò una basilica sulla via Aureliana (L. Duchesne, Le Liber Pontificalis, Coll. Bibliothèque des Ecoles Françaises d’Athènes et de Rome, tomo 1, Paris 1886, p. 262) e san Gregorio Magno, nel 593, le dedicò nella Suburra un’antica basilica, che era stata restaurata una prima volta da Flavio Ricimero (o Recimero) ai tempi dei Goti ariani, verso il 470 d.C., e nota oggi, per questo motivo, come Sant’Agata dei Goti (Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 201-202; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, pp. 166-167). Su questa chiesa, v. lo studio storico di Ralph W. Mathisen, Ricimer’s Church in Rome: How an Arian Barbarian Prospered in Nicene World, in Andrew Cain – Noel Emmanuel Lenski (a cura di), The Power of Religion in Late Antiquity, Farnham-Burlington 2009, pp. 307-326, e di Isaac Sastre De Diego, La iglesia de Santa Agata dei Goti. Reflexiones acerca de un caso único de edificio arriano en Roma, in Sacralidad y Arqueología, Antig. Crist. (Murcia), XXI, 2004, pp. 77-100. Sulla figura di Ricimero, cfr. Annunziata Maria Papini, Ricimero: l’agonia dell’Impero Romano d’Occidente, Milano 1959).
Noi abbiamo ancora, nei Dialoghi di san Gregorio, il ricordo di questa dedicazione (San Gregorio Magno, Dialogorum Libri IV De Vita et Miraculis Patrum Italicorum, lib. III, cap. XXX, in PL 77, col. 287A-290B, partic. col. 287B-288B): Arianorum ecclesia, in regione Urbis hujus quæ Subura dicitur, cum clausa usque ante biennium remansisset, placuit ut in fide catholica, introductis illic beati Sebastiani et sanctæ Agathæ Martyrum Reliquiis, dedicari debuisset; quod factum est.
Ed anche nella sua epistola all’accolito Leone (Id., Epistola XIX, Ad Leonem Acolythum, Ecclesiam sanctae Agathae in Subura commendat, ivi, col. 688B-689A).
Anteriormente a questa dedicazione, la basilica si elevava verosimilmente sotto il titolo del Salvatore e degli Apostoli, che si vedevano, in effetti, rappresentati in un mosaico all’interno della curva absidale.
L’iscrizione di Ricimero era così concepita:

FLA • RICIMER • VI • MAG • VTRIVSQ • MILITIAE
EXCONS • ORD • PRO • VOTO • SVO • ADORNAVIT

Da allora il nome di Agata appartenne alla tradizione liturgica di Roma, in cui si ritrova la sua festa tanto nei lezionari quanto nei sacramentari. Ella è pure celebrata dai Bizantini (cfr. Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 223-224).
L’introduzione delle reliquie della martire siciliana Agata nell’antico santuario ariano dei Goti fece talora considerare questa basilica come consacrata ad una martire orientale: in effetti, ai tempi delle grandi traslazioni dei corpi dei santi dai cimiteri suburbani, si trasportarono pure in questa chiesa le reliquie dei martiri conosciuti sotto il nome di Martiri greci, dal cimitero di Callisto, le cui reliquie sono ancora conservate sotto l’altare principale di questa diaconia e furono rinvenute nel novembre 1933.
La festa di questi ultimi santi si celebra in diversi giorni del mese di ottobre e di novembre. Ad essi, anche se non sono più compresi nel calendario romano, papa Damaso pare compose delle epigrafi, che i pellegrini copiarono sulle loro tombe ed i cui originali sono perduti (Le epigrafi sono riprodotte anche in Mariano Armellini, Le catacombe romane, Roma 1880, pp. 358-359).
Di altre chiese, dedicate a sant’Agata, una decina circa, si elevarono sul Celio (Armellini, Le chiese cit., p. 504; Huelsen, op. cit., p. 165), a Trastevere (Armellini, op. ult. cit., p. 669; Huelsen, op. cit., p. 165), a Borgo e sul Monte Mario: tutte vantano una grande antichità, essendo state, per la maggior parte, erette dai papi dell’Alto Medioevo. Tra tutte, la più celebre era quella che si eleva a Trastevere di fronte alla basilica di San Crisogono, e che fu eretta dal papa Gregorio II nella sua propria casa paterna (Armellini, op. ult. cit., p. 688; Huelsen, op. cit., p. 168), dopo la morte di sua madre, che si chiamava Onesta (Così ricorda Armellini, op. ult. cit., p. 688).
Oggi, nell’Epistola (1 Cor. 1, 26-31), san Paolo mette in evidenza il profondo mistero della grazia che eleva gli strumenti più deboli e meno adatti al compimento dei prodigi più meravigliosi. Che può esserci, in effetti, di più debole di una giovane donna? E tuttavia, sotto l’azione dello Spirito Santo, sant’Agata affrontò intrepida la crudeltà e l’oscena cattiveria dei persecutori, e, cinta della doppia corona della verginità e del martirio, s’involò verso lo Sposo celeste, per diventare la protettrice della sua città natale, e anche di tutta la Chiesa. Si sa difatti che non solo sant’Agata è invocata a Catania contro le eruzioni dell’Etna, ma anche l’antichità cristiana ha attribuito un’efficacia speciale alla sua intercessione contro i terremoti. Per questo, in Italia, nelle città e nelle campagne, si vedono da tutte le parti, ancora oggi, di numerose cappelle dedicate alla martire di Catania.
Nella lettura evangelica (Mt 19, 3-12), che sembra male accordarsi oggi con la mentalità cristiana (Gesù parlava a degli ebrei grossolani), si trova l’elogio della verginità. Questa non è tuttavia una legge universale, ma una vocazione speciale alla quale Dio chiama solamente alcune anime scelte. Come ci sono degli eunuchi “che così sono nati dal ventre della madre; ci sono eunuchi resi tali per mano umana”, così ci sono delle anime generose che, mediante la spada spirituale della mortificazione, si impongono volontariamente la castità perfetta, per essere consacrati a Dio sia nel loro corpo sia nel loro cuore.
L’elenco dei Vangeli di Würzburg assegna oggi come lettura la parabola delle dieci Vergini, come nel giorno di sant’Agnese.

Alessandro Turchi, S. Pietro guarisce S. Agata in carcere, 1640-45, Walters Art Museum, Mount Vernon-Belvedere, Baltimora

Giovanni Lanfranco, S. Pietro risana S. Agata, 1613-14, Galleria Nazionale, Parma

Simon Vouet, S. Agata è visitata da S. Pietro in carcere, 1624 circa


Carletto Veronese, S. Agata, 1590-93, Museo del Prado, Madrid

Andrea Vaccaro, S. Agata, 1635 circa, Museo del Prado, Madrid

Andrea Vaccaro, S. Agata in prigione, XVII sec., Museo del Prado, Madrid

Francisco Rizi, S. Agata, 1680-85, Museo del Prado, Madrid

Massimo Stanzione, S. Agata confortata dall’angelo in carcere, XVII sec., Museo di Capodimonte, Napoli


Francisco de Zurbarán, S. Agata, 1630-33, Musée Fabre, Montpellier


S. Agata, facciata, Duomo, Catania




S. Agata, Cripta di S. Cecilia, Basilica di S. Cecilia in Trastevere, Roma

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