martedì 27 gennaio 2015

“Testíficor coram Deo … praédica verbum, insta opportúne, importúne: árgue, óbsecra, íncrepa in omni patiéntia, et doctrína” (II Tim. 4, 1-2 – Ep.) - SANCTI JOANNIS CHRYSOSTOMI, EPISCOPI CONSTANTINOPOLITANI, CONFESSORIS ET ECCLÉSIÆ DOCTORIS

Quest’invincibile campione della verità dovette soccombere alle pene dell’esilio a Komoma o Cumano (l’attuale Gumenek), nel Ponto, nell’odierna Turchia, il 14 settembre 407. Tuttavia, poiché questo giorno la Chiesa romana celebrava dapprima la festa dei martiri Cornelio e Cipriano, poi aveva fissato quella dell’Esaltazione della santa Croce, la sua memoria fu trasferita al 27 gennaio, anniversario della traslazione del suo corpo a Costantinopoli.
I Bizantini ed i Copti celebrano la festa del nostro Santo il 13 novembre, anniversario del suo ritorno trionfale a Costantinopoli dopo il suo primo esilio (403), mentre i siriaci anticipano il suo natale al 13 settembre. In Occidente, il calendario di Napoli, nel quale si mescolano le tradizioni latine e quelle bizantine, annuncia la deposizione di san Giovanni Crisostomo il 13 novembre, ma Floro ne fa memoria il 27 gennaio, giorno della traslazione del suo corpo a Costantinopoli nel 438. Adone ed Usuardo hanno conservato la stessa data. La memoria di san Giovanni Crisostomo penetrò a Roma nell’XI sec., contemporaneamente a quella di san Basilio, grazie al sacramentario di san Lorenzo in Damaso, nel quale si possono scoprire numerose tracce d’influenza orientale. Nel secolo successivo, è sempre alla data bizantina che la festa è iscritta nel sacramentario di san Trifone e poi nel calendario di san Pietro. Nel XII sec., non si fa ancora menzione di una tradizione secondo la quale il corpo di san Giovanni Crisostomo sarebbe stato trasferito a san Pietro (così Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p. 310) da cui, ahimé, in gran parte, con una dolorosa e discutibile donazione il papa Giovanni Paolo II, unitamente alle reliquie di S. Gregorio il Teologo (di Nazianzio), il 27 novembre 2004, le fece consegnò agli scismatici bizantini, auspice il noto card. Kasper, e sono oggi conservate nella chiesa bizantina di S. Giorgio ad Istanbul.
Roma cristiana ha dedicato al nostro santo una chiesa nel quartiere Monte Sacro Alto costruita alla fine degli anni ‘60 del XX sec. e titolo cardinalizio dal 1969.
San Giovanni Crisostomo morì vittima dei maltrattamenti e delle pene subite per la fede e per l’esercizio intrepido dei suoi doveri episcopali di fronte alla corte corrotta di Bisanzio. Tuttavia poiché alcuni prelati, notoriamente cattolici, presero parte alla persecuzione che egli soffrì – il Signore lo permise così per perfezionare la virtù del Santo – e poiché egli non morì propriamente parlando di morte violenta per la difesa del dogma cattolico, la messa in suo onore è quella dei vescovi confessori e non quella dei martiri.
La festa di san Giovanni Crisostomo nel calendario romano oggi assume un significato speciale e dimostra come il primato pontificio rappresenti una fonte di bene ed una garanzia di libertà per tutta la Chiesa cattolica. Giovanni, vinto dai suoi avversari e deposto dalla sua sede, secondo il giudizio di vescovi legati alla Corte bizantina, si appellò alla Cattedra apostolica (Cfr. San Giovanni Crisostomo, Ad Innocentium Papam, Etiam antequam, aprile 404, in PG 52, col. 529C-536A, nonché nel corpus di Innocenzo I, Ep. IV, in PL 20, col. 494B. La lettera al Papa ci è tramandata da manoscritti posteriori (a cominciare forse dal VII sec.) dell’opera di Palladio di Elenopoli, Dialogus Historicus cum Theodoro, Ecclesiæ Romanæ diacono, De vita et conversatione Beati Joannis Chrysostomi, Episcopi Constantinopolis, cap. II, in PG 47, col. 8B-12B, ora in Id., Dialogo sulla vita di Giovanni Crisostomo, trad., introduzioni e note di Lorenzo Dattrino (a cura di), Roma 1995, pp. 105 ss.).
Il papa Innocenzo I prese immediatamente le difese del perseguitato (Sant’Innocenzo I, Ad Joannem Chrysostomum Constantinopolitanum Episcopum, Etsi innocens (o Etsi insontem), Ep. XII, in PL 20, col. 513A-514B ed in PG 52, col. 537A-538A), in cui lo riconosce innocente, lo definisce «tot popolorum doctor et pastor», «dottore e pastore di tanti popoli», e lo esorta alla pazienza richiamandogli i numerosi esempi di santi e di giusti tribolati in vario modo, di cui si narra la storia nelle Sacre Scritture), annullò l’ingiusta sentenza e, dopo la morte del Crisostomo, esigé dai suoi avversari, come condizione di comunione con la Sede pontificia, che il suo nome fosse di nuovo inserito nei dittici episcopali (Innocenzo – Bonifacio Presbitero, De pace Antiochenæ ecclesiæ impertita, Ecclesia Antiochena, Ep. XXIII, in PL 20, col. 546A-547A), che, nelle forme giuridiche dell’epoca, era equivalente ad una canonizzazione. Il papa scrisse anche una lettera di consolazione al clero e al popolo di Costantinopoli, nel 404 o 405, esprimendo il proprio rifiuto di entrare in comunione col vescovo che era stato insediato al posto del grande Proscritto, del Crisostomo, e attestando di adoperarsi perché venisse convocato un concilio ecumenico (Ad Clerum et popolum Constantinopolitanum, Ex litteris, Ep. VII, in PL 20, col. 501B-508A ed in PG 52, col. 537B-538C).
Oggi, gli scismatici orientali hanno troppo facilmente dimenticato l’opera della Chiesa romana e le lotte sostenute un tempo dai papi per difendere precisamente l’ortodossia e la fama dei più grandi dottori, come Basilio, Atanasio, Giovanni Crisostomo, ecc. Ma non si può cambiare la storia e questa dimostra, per l’Oriente soprattutto, che l’esercizio del Primato pontificio è stato nell’antichità la garanzia dei primi concili ecumenici e l’ancora di salvezza che, nel naufragio che minacciava già le disgraziate Chiese orientali, afferrava con fiducia questi campioni dell’ortodossia cattolica.
Δόξα τ Θε πάντων νεκεν. «Benedetto sia Dio per tutto!». Fu l’ultimo grido del nostro santo, valoroso campione della fede, quando già la morte si preparava a mettere fine ai suoi tormenti ed a sottrarlo alla mano degli sbirri. Sì, in verità, che in tutto Dio sia lodato, ma più in particolare quando ci conferisce l’onore inestimabile di soffrire qualche cosa per Lui, poiché la croce è sempre la condizione più propizia per fare del grande progresso nelle vie di Dio.
La morte del santo vescovo, infatti, ricorda molto da vicino quella di un martire.
I soldati della guardia imperiale, infatti, lo conducevano e lo costringevano a camminare velocemente. Speravano di giungere, per mezzo delle stanchezze eccessive, a sbarazzarsi del santo. A dispetto della pioggia che cadeva violentemente, i soldati lo spingevano senza pietà davanti a loro. Non si faceva mai pausa nelle città e nelle borgate. Malgrado tutti questi maltrattamenti, il santo conservò, durante questi tre mesi di un viaggio faticoso, la sua calma e la sua serenità.
Dopo avere attraversato, senza fermarvisi, la città di Komona, si fece pausa a cinque o sei miglia da questa, vicino al santuario di un martire. Lì, durante la notte, il santo vescovo vide, in una visione, san Basilisco, vescovo di Komoma, che era stato martirizzato in Bitinia, sotto l’imperatore Massimino; con lui era il martire Luciano di Antiochia: «Coraggio Giovanni, fratello mio», gli dice il santo vescovo, «domani, saremo riuniti insieme». Nella fede a questa promessa, il santo chiese l’indomani mattina ai soldati di lasciarlo in questo luogo fino all’ora quinta. Ma questi si rifiutarono e lo costrinsero a partire. Ma appena aveva fatto trenta stadi, si videro costretti a tornare sui loro passi perché Giovanni era caduto malato. Il santo vescovo domandò gli abiti bianchi che convenivano alla purezza della sua vita. Distribuì i propri abiti ai presenti, conservando solo le sue scarpe. Dopo aver ricevuto i santi misteri e fatto dinanzi ai fedeli raccolti la sua ultima preghiera con la formula abituale, che abbiamo ricordato: «Benedetto sia Dio per tutto» («doxa to Theo pantôn eneke»), colui i cui piedi non si erano stancati per portare i penitenti alla salvezza e distogliere i grandi peccatori dalla via della perdizione, entrò nel suo eterno riposo. Era il 14 settembre 407. Il suo corpo fu trasferito a Costantinopoli, sotto Teodosio II, il 27 gennaio 438.


Cristo benedicente tra i Santi Padri, VIII sec., chiesa di Santa Maria Antiqua, Roma. Cristo con nimbo cruciforme è seduto sopra una cattedra coperta di porpora, in atto di benedire con la destra, mentre con la sinistra tiene un libro. Ai lati, santi in ricchi costumi bizantini; quelli a destra del Salvatore appartenenti alla Chiesa di Occidente, quelli a sinistra alla Chiesa di Oriente. I nomi, scritti in greco, sono dipinti in bianco verticalmente fra ciascun santo. Questi affreschi sono riferibile al pontificato di Paolo I (757-767).

S. Giovanni Crisostomo (a ds.) e S. Basilio (a sn.), chiesa di Santa Maria Antiqua, Roma


S. Giovanni Crisostomo, Basilica di Hagia Sophia, Istanbul

Οι Άγιοι Τρείς ΙεράρχεςIcona dei Tre Santi Gerarchi (celebrati il 30 gennaio): Basilio, Giovanni Crisostomo e Gregorio il Teologo 

Icona dei Tre Santi Gerarchi: Gregorio il Teologo, Giovanni Crisostomo e Basilio 

Jean-Paul Laurens, S. Giovanni Crisostomo e l’imperatrice Eudossia, 1893, Musée des Augustins, Tolosa

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