domenica 25 gennaio 2015

“Saule, Saule, quid me perséqueris?” (Act. 9, 4 – Ep.) - IN CONVERSIONE SANCTI PAULI APOSTOLI


Questa commemorazione, che, nel martirologio geronimiano, porta il semplice titolo di Romæ translatio sancti Pauli, manca completamente negli antichi sacramentari e capitolari romani, e sembra essere entrata nell’uso della corte papale soltanto verso il X sec., in seguito all’influenza franca. Il martirologio di san Pietro dell’XI sec., infatti, annuncia al 25 gennaio il natale di san Gregorio il Teologo e quella di san Prisco, poi aggiunge: eodem die conversio sancti Pauli.
Il testo di una messa in conversione sancti Pauli apostoli si trova precisamente, intorno al 700 d.C., nel Messale Gotico (Missale Gothicum, pubbl. da L.C. Mohlberg, Roma 1961, p. 42. Il calendario di san Willibrordo, che risale agli stessi anni, testimonia dell’esistenza della festa in Inghilterra. Fu pubbl. da H.A. Wilson, The Calendar of St Willibrord, Henry Bradshaw Society (H.B.S.), London 1918, p. 3), in cui essa fa seguito a quella della Cattedra di san Pietro, accostamento assai significativo per allontanare l’ipotesi dell’effettivo anniversario della conversione del grande Apostolo delle Genti sulla via di Damasco.
Non è facile determinare la genesi e l’evoluzione di questa festa. È possibile tuttavia che nei martirologi la translatio sancti Pauli si ricolleghi ad una delle ipotesi seguenti:
a) La traslazione del santo corpo dell’Apostolo dal nascondiglio ad catacumbas sulla via Appia alla sua tomba primitiva sulla via per Ostia, dopo che Galliano restituì ai cristiani i loro cimiteri;
b) la riedificazione della sua basilica sepolcrale sulla via d’Ostia, cominciata da Teodosio, proseguita da Valentiniano ed Onorio ed infine completata da san Leone I;
c) una traslazione occasionale della sua statio (natalis) in ragione di qualche ostacolo sopravvenuto – come avvenne un certo anno in cui il papa Leone Magno, essendo assente, i Romani attesero il suo ritorno per celebrare la festa dei santi Pietro e Paolo;
d) infine, ed è quella più probabile, una traslazione qualsiasi nelle Gallie dei veli applicati alla tomba di san Paolo e della limatura delle sue catene. Questi oggetti di devozione erano impropriamente chiamati «reliquie» ed il fatto della loro deposizione negli altari prendeva il titolo di «traslatio», che si inseriva finanche nei martirologi locali: grazie ad una sorta di fictio iuris queste reliquie costituivano un annesso, un’estensione diciamo così del sepolcro dello stesso Apostolo di Roma. L’indicazione Romæ sarebbe penetrata nel Laterculus per l’ignoranza del copista, il quale, leggendo di una translatio sancti Pauli, avrebbe pensato che non poteva convenire che a Roma, al posto di riferirla ad una chiesa qualsiasi, Autun, Arles o qualsiasi altra.
In ogni caso, sia o non sia di origine romana, questa festa invernale di san Paolo si trovò, nelle Gallie, legata a quella della Cattedra di san Pietro, in un’epoca in cui Roma non le celebrava entrambe – e tuttavia la sede apostolica non celebrò mai la traslatio di san Paolo.
Perciò, ci si può domandare: dal momento che la festa è nata in Gallia, si può spiegare la scelta della sua data al 25 gennaio mettendo la Conversione di san Paolo in correlazione con un’ottava della festa della Cattedra di san Pietro, che certe chiese della Gallia celebravano il 18 gennaio? Spiega lo storico Pierre Batiffol (il quale, per alcune sue tesi, fu considerato modernista) in un’opera pubblicata postuma: «les deux fêtes vont de pair: la signification de l’une éclaire la signification de l’autre» (Pierre Batiffol, Cathedra Pétri. Études d’histoire ancienne de l’Église, Éditions du Cerf, Paris 1938, p. 129). L’ipotesi, dunque, può essere accolta, sebbene essa sia lontana dal risolvere tutti i problemi (così Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, pp. 218-219).
Poco a poco, però, il significato storico della celebrazione mutò, ed al concetto di una traslazione materiale di reliquie di san Paolo, si sostituì quella di una traslazione o cambiamento psicologico e spirituale sopravvenuto nell’Apostolo sul cammino di Damasco: In vas electionis de persecutore translatus est, direbbe san Girolamo. Così, dalla traslatio fisica si passò alla conversio mistica di Saulo.
La festa della conversione di san Paolo è annotata in questo giorno nel Laterculus di Berna del martirologio geronimiano: Translatio et conversio sancti Pauli in Damasco. Nell’Ordo di Pietro Amelio, nel XIV sec., si attribuisce a questa solennità la prevalenza sullo stesso ufficio dominicale (Ordo Romanus XV, cap. III. De Conversione sancti Pauli, in PL 78, col. 1340B). Peraltro in questo giorno, come il 1° gennaio nell’Ottava di Natale e nelle Ottave dei santi Stefano, Giovanni Apostolo e Santi Innocenti, non si teneva il Concistoro (Ordo Romanus XIV, cap. CI. In quibus diebus et solemnitatibus consueverunt Romani pontifices a consistoriis abstinere, In Januario, ivi, col. 1228B). Inoltre, il papa celebrava di persona e predicava, o lasciava la predicazione ad un cardinale (ibidem, cap. XCVIII. Quibus diebus et solemnitatibus consueverunt Romani pontifices Missarum solemnia in persona celebrare, ivi, col. 1223A).
Nella basilica patriarcale di San Paolo ha luogo in questo giorno una stazione molto solenne e, in assenza del Sovrano Pontefice, in virtù di un’antica tradizione, ratificata da Innocenzo III nel 1203, gli abati di questo sacratissimum monastero, che ha donato alla Chiesa san Gregorio VII, celebrano nel rito pontificale il divino Sacrificio sullo stesso altare papale che ricopre, ancor oggi, la camera funeraria dell’Apostolo (cfr. Rinaldo Fabris, Paolo: l’Apostolo delle Genti, Milano 1997, p. 563). Mentre, in effetti, nelle altre basiliche patriarcali di Roma, il papa non concede ordinariamente il permesso ai rispettivi cardinali arcipreti di celebrare la messa all’altare papale, fa eccezione per San Paolo, in cui, ogni anno, in questo giorno, l’Abate di questo monastero gode del privilegio papale di celebrare la messa pontificale sull’altare che ricopre la tomba dell’Apostolo. Il motivo di una così grande importanza attribuita dalla liturgia alla conversione di san Paolo sulla via di Damasco dev’essere ricercato nell’efficacia apologetica che ebbe un tale cambiamento imprevisto, tanto da potersi dire che, dopo la resurrezione di Cristo, alcun altro prodigio nella storia della Chiesa primitiva, tenuto conto delle circostanze, dimostri meglio la divinità di Cristo che, appunto, la conversione di Saulo.
Questo concetto è ben espresso in un epigramma di papa Damaso (Damaso, Iamdudum Saulus procerum precepta, Carm. VII, De S. Paulo apostolo, in PL 13, 379A-381A): Iamdudum Saulus, procerum præcepta secutus, / Cum Domino patrias vellet præponere leges, /Abnueret sanctos Christum laudasse prophetas, / Cædibus adsiduis cuperet discerpere plebem, / Cum lacerat sanctæ matris pia foedera coecus, / Post tenebras verum meruit cognoscere lumen, / Temptatus sensit possit quid gloria, Christi. / Auribus ut Domini vocem lucemque recepit, / Composuit mores Christi præcepta secutus. / Mutato placuit postquam de nomine Paulus, / Mira fides rerum; subito trans æthera vectus, / Noscere promeruit possent quid præmia vitæ. / Conscendit raptus martyr penetralia Christi, / Tertio, lux cæli tenuit paradisus euntem; / Conloquiis Domini fruitur, secreta reservat, […] / Credentes docuit possent quo vincere mortem. / Dignus amore Dei, vivit per sæcla magister, / Versibus his breviter, fateor, sanctissime Doctor / Paule, tuos Damasus, valut, monstrare triumphos.
Anche san Pier Damiani non è da meno celebrandolo in quest’inno in dimetro giambico: Excélsam Pauli glóriam / concélebret Ecclésia, / quem mire sibi apóstolum / ex hoste fecit Dóminus. / Quibus succénsus æstibus / in Christi nomen sæviit, / exársit his impénsius / amórem Christi prædicans […].

Laurent de la Hyre, Conversione di S. Paolo, 1637, Cattedrale di Notre Dame, Parigi

Pieter Paul Rubens, Conversione di S. Paolo sulla via di Damasco, XVII sec.

Jean Daret, La conversione di S. Paolo, 1647 circa, Musée d'Art Roger Quillot, Clermont-Ferrand


Nicolas-Bernard Lépicié, Conversione di Saulo, 1767


Benjamin West, Pala della Conversione di S. Paolo, 1786, Dallas Museum of Art, Dallas







Esterno ed Interno della casa di S. Anania, dove S. Paolo fu accolto dopo la conversione e dove fu battezzato, Damasco

Cappella di S. Anania, nel 1950, prima delle trasformazioni conciliari


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